I MILLE PERCHÉ - LA PREVENZIONE - IL PERICOLO AIDS

PERCHÉ SI È AVUTA L'IMPROVVISA COMPARSA DELL'AIDS?

È difficile offrire una risposta esauriente a questa domanda. Si possono azzardare soltanto alcune ipotesi e tra queste la più accreditata è quella che si rifà ai cambiamenti delle nostre abitudini di vita e costumi, che hanno fatto sì che un virus, prima circoscritto ad un'area limitata ed isolata, si diffondesse con facilità. Il propagarsi dell'AIDS nel mondo è, inoltre, una diretta conseguenza dell'incremento dei viaggi e quindi dei maggiori contatti fra popolazioni di diverso genere e provenienza, della liberazione dei costumi sessuali (soprattutto nelle comunità omosessuali), della sempre più frequente pratica delle trasfusioni sanguigne e dell'aumento della tossicodipendenza per via endovenosa.
In Africa ciò si verifica soprattutto in relazione alle grandi migrazioni verso le città e all'abitudine di iniettare medicinali in condizioni igieniche non ottimali. In queste zone e in genere nelle regioni tropicali sono soprattutto uomini e donne eterosessuali ad essere colpiti maggiormente dall'AIDS, molto più di quanto avvenga in Europa e negli Stati Uniti, dove invece la malattia si estende prevalentemente ai gruppi cosiddetti "a rischio": maschi omosessuali e bisessuali, tossicodipendenti, emofiliaci, soggetti sottoposti a trasfusioni di sangue ed eterosessuali.

PERCHÉ NASCONO BAMBINI MALATI DI AIDS?

Nel neonato il virus dell'AIDS è trasmesso dalla madre sieropositiva durante la gravidanza, o al momento del parto, o (ma non è ancora del tutto certo) nella fase dell'allattamento. I sintomi della malattia, presenti nel bambino fin dalla nascita, si manifestano più chiaramente solo intorno al sesto mese sotto forma di: calo improvviso del peso e della crescita, aumento del volume delle linfoghiandole, del fegato e della milza, infezioni di germi e di batteri.
È quindi consigliabile che le donne consapevoli di essere sieropositive o "a rischio" valutino attentamente i pericoli a cui espongono l'eventuale figlio, prima di assumersi la responsabilità di una gravidanza. Infatti è stato stabilito che vi è il 50% delle probabilità che nasca un bambino malato di AIDS.

PERCHÉ I TOSSICODIPENDENTI SONO ANNOVERATI TRA LE CATEGORIE DI INDIVIDUI PIU' ESPOSTI AL VIRUS DELL'AIDS?

I tossicodipendenti che fanno uso di droghe da iniettare per endovena, come l'eroina, sono soliti scambiarsi spesso tra loro aghi e siringhe usati o sporchi; in tal modo del sangue infetto presente sull'ago o nella siringa può trasmettersi da un individuo all'altro. È stato dimostrato che un solo scambio di siringa è sufficiente a trasmettere l'HIV. Bisogna inoltre fare attenzione a non toccare le siringhe usate che ormai sempre più spesso capita di vedere abbandonate in strada o nei giardini pubblici. I più esposti a questo pericolo sono soprattutto i bambini; a tale scopo è opportuno sorvegliarli attentamente, se sono molto piccoli, ed esortarli a non raccogliere niente da terra, in modo particolare siringhe od oggetti taglienti come lamette, vetri ecc.

PERCHÉ NON È PIU' PERICOLOSO DONARE O RICEVERE SANGUE?

Si è detto che un frequente veicolo di contagio dell'AIDS sono le trasfusioni di sangue. Tuttavia non bisogna cadere in un eccessivo allarmismo. Ad esempio, non si corre alcun pericolo donando sangue in un centro trasfusionale: gli aghi vengono utilizzati una sola volta e poi gettati. Inoltre donando sangue si è sottoposti gratuitamente ad una serie di esami clinici, tra cui quello dell'AIDS, finalizzati ad evitare qualsiasi rischio per il ricevente.
In proposito le norme del Ministero della Sanità sono molto severe: ogni flacone di sangue o di suoi derivati deve essere attentamente controllato prima di essere utilizzato per le trasfusioni.

PERCHÉ I QUOTIDIANI CONTATTI SOCIALI NON DIFFONDONO L'AIDS?

L'Aids è una malattia causata dal virus HIV che attacca il nostro sistema immunitario privandolo della capacità di difenderci dalle malattie e che infetta l'individuo solo quando si immette nel sangue. Di conseguenza, i principali veicoli di contagio si hanno con trasfusioni di sangue infetto, con l'utilizzo di siringhe o strumenti contaminati da sangue infetto o con rapporti sessuali con persone affette da questa malattia, mentre non esiste alcun rischio durante i normali contatti sociali o di lavoro.
Infatti non si tratta di una malattia che si trasmette attraverso l'aria o i cibi, né tende a colpire la popolazione nel suo insieme, quanto piuttosto solo quegli individui che hanno determinati stili di vita e di comportamento quali i tossicodipendenti, gli omosessuali, coloro che intrattengono rapporti sessuali promiscui, nonché le persone sottoposte a frequenti trasfusioni di sangue e la maggior parte dei bambini nati da madre sieropositiva (ossia portatrice del virus). Inoltre il virus dell'AIDS è "debole", cioè ha scarse capacità di sopravvivenza fuori dall'organismo umano ed è molto sensibile ai comuni disinfettanti come l'alcool, l'ipoclorito di sodio (presente ad esempio nella varechina) e l'acqua ossigenata, ai detersivi e, infine, alle temperature elevate (oltre i 60°C).
Per questi motivi venire a contatto o vivere con un sieropositivo o un malato di AIDS non costituisce un rischio di contagio se si fa attenzione ad osservare alcune precauzioni consistenti in semplici norme igieniche e in alcune misure di sicurezza, quali non utilizzare oggetti sui quali possono essere presenti piccole quantità di sangue o fare una particolare attenzione alla pulizia dei servizi igienici. Non bisogna quindi trattare i sieropositivi come degli emarginati, né esiste alcun motivo reale per escluderli dal loro ambiente di studio o di lavoro. I sieropositivi, a loro volta, devono attenersi a determinate norme precauzionali, rendendosi responsabili nei loro rapporti con l'ambiente sociale in cui vivono. Non bisogna indurre queste persone a vivere nascoste, nella clandestinità, ma accettarle e aiutarle nei loro problemi quotidiani.
I bambini sieropositivi in età scolare, per esempio, possono tranquillamente frequentare la scuola, non costituendo alcun pericolo per i compagni: è stato infatti dimostrato che fino ad oggi nessun bambino ha mai contratto il virus dell'AIDS da un coetaneo durante i giornalieri rapporti scolastici. Solo nel caso che il bambino presenti evidenti sintomi della malattia è preferibile sconsigliarne la frequenza scolastica, non tanto per evitare che contagi i compagni, quanto piuttosto perché egli stesso, a causa delle sue ridottissime difese immunitarie, non contragga delle malattie infettive da loro.
Per evitare, inoltre, ogni rischio di contagio occorre una corretta informazione sull'argomento: la prevenzione costituisce un'arma basilare per combattere la diffusione del virus. L'informazione è importante soprattutto per i giovani, che costituiscono il gruppo sociale più direttamente coinvolto in relazione alle modalità di diffusione dell'AIDS (rapporti sessuali e droga).
Tale informazione deve essere offerta anche dalla scuola, dove dovrebbe diventare parte integrante di ogni programma di igiene e di sanità. In tal modo si potrebbero salvare molte vite umane.
Fasi di trasmissione del virus dell'AIDS

 

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