CULTURA - MUSICA - LA MUSICA NEGLI STATI UNITI

UN MOVIMENTO MUSICALE NAZIONALE

Verso la fine dell'800 la produzione musicale americana ricalcava le orme della produzione tardo-romantica tedesca. Un gruppo di musicisti fra cui J.K. Paine (1839-1906), G.W. Chadwick (1854-1931) e E. Mac-Dowell (1861-1908) cercarono di dare vita ad un movimento musicale nazionale e ad uno stile che si emancipasse dalle influenze europee. Queste intenzioni vennero realizzate dai musicisti della generazione seguente, i quali riuscirono ad adattare l'educazione musicale europea con la cultura americana.
Ricordiamo le composizioni di W. Piston (1894-1976), R. Sessions (1896) e A. Copland (1900). Quest'ultimo cercò di dare vita ad uno stile tipicamente americano, fondendo la tradizione europea con elementi della musica locale e del jazz. Uno dei principali compositori di questo periodo fu Ch. Ives (1874-1954), che sviluppò un linguaggio musicale completamente autonomo ed originale.
Accanto ad Ives va nominato E. Varèse (1883-1965) che fu uno dai primi musicisti a sperimentare i suoni elettronici (Poema elettronico, 1958). Negli anni '30 emerse la figura di G. Gershwin (1898-1937) che iniziò come compositore di canzoni e di musical. Nelle opere sinfoniche (Rapsodia in blu, 1924; Un Americano a Parigi, 1928) riuscì a fondere il linguaggio musicale europeo con gli elementi della musica jazz, dando vita a composizioni originali ed efficaci. É inoltre autore dell'opera lirica Porgy and Bess (1935) in cui gli elementi della musica popolare nera (spirituals, song, blues) sono accolti nella struttura del melodramma tradizionale. Le sperimentazioni di Ives e Varèse furono accolte da J. Cage (1912) le cui opere si inseriscono nella crisi del linguaggio musicale degli anni 50-60.

IL JAZZ

Abbiamo visto nel capitolo precedente come negli Stati Uniti i compositori cercassero di dare vita ad un tipo di musica nazionale, libera dalle influenze della musica europea e come il più famoso compositore americano, G. Gershwin, riuscisse in questo intento fondendo la tradizione colta europea con la musica jazz, che negli anni Venti e Trenta riscuoteva un grande successo presso il pubblico.
La musica jazz è una delle principali manifestazioni della cultura della popolazione di colore americana: la sua storia è strettamente collegata alle vicende di queste genti, trasportate con la forza dall'Africa per essere vendute come schiavi nelle piantagioni.
Dalla loro terra d'origine portavano una tradizione musicale il cui elemento principale era il ritmo che si esprimeva attraverso l'improvvisazione dei suonatori, i quali diventavano così autori e creatori. La musica, inoltre, per gli africani costituiva una parte molto importante dei riti e delle cerimonie delle comunità ed era associata ai vari momenti della giornata lavorativa.
Una volta sbarcati in America e scontratisi con la tragica realtà della schiavitù, i neri trovarono nel canto uno dei momenti di sollievo dalla loro condizione di sfruttamento e di emarginazione. In questo furono aiutati dall'incontro con il cristianesimo che fornì loro modelli, temi ed una nuova fonte di ispirazione. Nacquero così gli spirituals ed i gospels, canti di argomento religioso.
Accanto a questi fiorirono i canti di lavoro (work songs), strutturati come i precedenti secondo uno schema domanda-risposta in cui il coro rispondeva al solista, che regolavano il lavoro nei campi, nelle piantagioni e poi lungo le strade ferrate durante la costruzione delle ferrovie.
Nel periodo seguente l'abolizione della schiavitù nacque il blues, un canto di argomento profano che non seguiva più lo schema domanda-risposta, ma che era eseguito da un solista, talvolta accompagnato dalla chitarra, che interpretava i sentimenti della comunità nera, non più schiava, ma emarginata nei ghetti delle città.
Nel jazz confluirono i canti di lavoro, quelli religiosi e quelli di argomento profano e dalla struttura della chiamata-risposta verso la fine del XIX sec. si passò a forme più elaborate che si servivano dell'accompagnamento strumentale e in cui erano evidenti le influenze della musica popolare europea (marce e quadriglie) soprattutto per la parte armonica e strumentale (ragtime). Accanto al ragtime altra forma strumentale è il boogie-woogie, uno stile pianistico derivato dal blues, ma con un ritmo più veloce, che si diffuse a Chicago verso l'inizio del 1900. Sempre all'inizio del XX sec. a New Orleans nacquero le prime bande (bands) di musicisti che si esibivano nelle parate e durante le funzioni religiose (funerali ecc.). Tutti questi musicisti non conoscevano la musica e suonavano d'istinto; elemento fondamentale delle loro esecuzioni era l'improvvisazione.
In questo periodo sorsero anche bands di musicisti bianchi che eseguivano una musica simile a quella delle bands di colore; a questo tipo di jazz bianco venne dato il nome di dixieland e fu proprio ad opera di una formazione bianca, la Original Dixieland Jazz Band, che nel 1917 venne inciso il primo disco di musica jazz. Del 1921 è la prima incisione da parte di una formazione di colore, la Sunshine Orchestra, a cui seguirono le incisioni della Creole Jazz Band, fra i cui musicisti era L. Armstrong (1900-71).
Louis Armstrong

Negli anni Venti il jazz si diffuse sul mercato discografico e subì una trasformazione soprattutto ad opera di Armstrong che attribuì una maggiore importanza al singolo suonatore e al suo strumento. In questo modo l'esecuzione collettiva era subordinata e concepita in funzione dell'esecuzione del solista alla cui improvvisazione veniva lasciato ampio spazio.
Sempre durante gli anni Venti nacquero le grandi orchestre, fra cui ricordiamo quelle di Duke Ellington (1899-1974) e di Count Basie (1904-1984), con cui iniziò una nuova fase della storia del jazz.
Duke Ellington

Il periodo compreso fra gli anni Trenta e la seconda guerra mondiale viene spesso chiamato «era dello swing» (da to swing, ondeggiare, dondolare, usato per definire il ritmo tipico della musica jazz) ed è caratterizzato dalla diffusione delle grandi orchestre, e dall'assimilazione dello swing da parte dei musicisti bianchi (come Benny Goodman, 1909-79, e Glenn Miller, 1904-1944) che contribuirono a far conoscere il jazz al grosso pubblico ma che spesso lo trasformarono in musica ballabile e di consumo.
Benny Goodman

A questa situazione reagirono negli anni Quaranta molti musicisti neri che diedero vita ad un nuovo tipo di jazz chiamato bop o bebop, che si ricollegava direttamente al blues e rivalutava l'improvvisazione e la figura del solista rispetto a quella dell'orchestra. Questo ritorno alle origini voleva anche essere l'espressione della protesta della popolazione di colore contro la condizione di emarginazione in cui era da sempre costretta a vivere. Il principale esponente del genere bop è il sassofonista Ch. Parker (1920-1955), accanto a cui ricordiamo Th. Monk (1920-82), M. Roach (1925) e Dizzy Gillespie (1917), trombettista e fondatore della sola grande orchestra di musica bop. Il bop infatti è un genere prevalentemente solista che si esprime attraverso un ritmo apparentemente frammentario. Dal bop si sviluppò ad opera di musicisti bianchi come il pianista L. Tristano (1919-78) il cool jazz, in cui non mancano influenze della musica europea e che si distingue dal bop per l'uso di un ritmo più lineare.
Il riferimento al blues e al gospel è presente anche nell'hard bop e nel genere funky che si opposero nettamente al jazz bianco. Importante è anche il contributo dato al jazz dal rhythm and blues, la musica da ballo delle popolazioni di colore.
Negli anni Cinquanta e Sessanta si affermò il free jazz che nacque come espressione dell'autonomia culturale dei neri americani che rifiutavano la cultura bianca. Con il free jazz ci fu un ritorno all'improvvisazione collettiva. Musicisti di rilievo che hanno operato nell'ambito del free jazz sono J. Coltrane (1926-67), Ch. Mingus (1922-79), O. Coleman (1930), Sun Ra (1914) e A. Ayler (1936-70).
 

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