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Cultura Arte Romanticismo e Realismo

 

INTRODUZIONE

Fin dai primi anni dell'800 il movimento romantico muove energicamente battaglia contro classicismo ed accademismo in nome della libertà dell'ispirazione, del realismo, della storia e soprattutto del sentimento. Il movimento romantico è assai vario e complesso: interessa la cultura, l'arte, la politica e si svolge con caratteri diversi nei vari paesi d'Europa. In generale si possono radunare sotto la definizione di movimento romantico tutte quelle manifestazioni di ribellione al formalismo accademico neoclassico, basato su regole considerate dalle scuole pittoriche obbligatorie ed indiscutibili. Talvolta la ribellione è puramente esteriore e si limita a cambiare i soggetti dei quadri, sostituendo ai motivi classici, ispirati all'antichità e alla mitologia greco-romana, tutto un nuovo patrimonio tematico ispirato all'arte cristiana del Medioevo. Talvolta, invece, ed è il caso degli esponenti di spicco di questa corrente, l'ispirazione trae alimento dalla storia contemporanea, ricca di fermenti sociali e quindi di più alti significati morali resi, d'impatto, con la pura espressione del sentimento. Il Romanticismo, con la sua concezione della figura dell'artista come intellettuale borghese impegnato particolarmente sui temi della libertà, presuppone una continuità tra arte e vita: infatti molti romantici parteciparono ai vari moti d'indipendenza nazionali sviluppatisi in tutta Europa nel corso del XIX sec. Il concetto di libertà viene quindi identificato dalla cultura romantica con il concetto di indipendenza nazionale e con il progetto politico di creazione dello Stato moderno. Il Romanticismo ebbe origine in Inghilterra e in Germania, sviluppandosi poi in tutta Europa: in Italia il movimento rimase ad un livello minore e, tutto sommato, provinciale, sia perché non si hanno in quel periodo, nella nostra nazione, grandi talenti pittorici (non si può infatti considerare tale neanche F. Hayez, il più noto ed importante artista della scuola romantica italiana) sia perché l'Italia partecipò in tono minore a quell'imponente moto di trasformazione culturale, sociale e politica, avviato dalla rivoluzione industriale nel resto d'Europa. Infatti, il parziale fallimento risorgimentale e l'arretratezza sociale ed economica non favorirono certo l'evoluzione della nostra società, che rimase chiusa in se stessa continuando a preferire un'espressione artistica provinciale, formale e conformista. Alcuni gruppi di pittori - ad esempio i macchiaioli toscani e la corrente della scapigliatura lombarda - cercarono d'uscire da questo circolo vizioso: ma i loro tentativi, pur apprezzabili, sono falliti, perché, in ultima analisi, non servirono a rinnovare nel profondo la tradizione pittorica italiana, in quanto rappresentarono una parentesi effimera. Ne è prova il fatto che nessun artista romantico italiano riuscì a superare il ristretto ambito nazionale, e che le loro opere non circolarono in Europa né furono seriamente valutate dai critici d'arte fino al secondo dopoguerra, quando venne loro assegnato un importante e meritato posto nella storia dell'arte europea. In architettura, a partire dal Gothic Revival, manifestatosi in Inghilterra fin dalla metà del XVIII sec. (ne è uno splendido esempio la residenza di Strawberry Hill, realizzata per Horace Walpole a Twickenham) e diffusosi poi in tutto il nord Europa, il Romanticismo privilegiò lo slancio verticale tipico appunto del gotico medioevale, individuando nelle sue tipiche strutture dinamiche (archi acuti) la falsariga stilistica per l'impiego di quei materiali (ferro, ghisa, vetro) che l'industria incominciava a produrre in grande quantità. Ne sono esempi il Ponte presso Coalbrookdale in Inghilterra (1777-1779), il Pont des Arts a Parigi (1801-1803), la Biblioteca Sainte-Geneviève di Henri Labrouste sempre a Parigi e l'imponente Palazzo di cristallo ideato da Joseph Paxton per l'Esposizione Universale (Londra 1851). Un altro stupendo esempio di neo-gotico è il famoso Palazzo della Camera dei Comuni con la sua svettante Torre dell'Orologio, realizzato a Londra sotto la direzione di Charles Barry ed Augustus Pugin dal 1840 al 1868. In Italia vi sono alcuni esempi di architettura romantica di tono decisamente minore. Minore è infatti in queste realizzazioni l'audacia costruttiva e stilistica, così come l'uso spregiudicato di nuovi materiali. Ricordiamo Camillo Boito, con il Palazzo delle Debite di Padova e la Casa di Riposo per musicisti a Milano, e Giuseppe Japelli il cui capolavoro è sicuramente da considerarsi il Caffè Pedrocchi di Padova.

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FRANCESCO GOYA

Francisco Goya è considerato il maggior artista spagnolo del periodo storico (1750-1850) che stiamo esaminando. La sua grandezza si manifesta in tutta la sua variegata produzione artistica. Nel 1789, quarantenne, Goya ottenne il primo, vero, grande incarico: fu nominato «Pintor de camera del Rey». In questo periodo è particolarmente intensa la sua produzione di ritratti di personaggi dell'alta società madrilena. Ma Goya, a dispetto delle committenze che fu costretto ad accettare, non fu mai un pittore di corte formale, accademico: infatti anche quando, in veste di primo pittore di Corte, rappresentò i Grandi di Spagna (La famiglia di Carlo IV, 1799; Museo del Prado, Madrid) riuscì, con intensa osservazione psicologica e spregiudicata stesura del colore a grandi macchie contrastanti, a rendere interamente l'ottusità e la grettezza della famiglia reale, le sue piccole e meschine vanità, tutto il senso dell'arretratezza che la monarchia spagnola in modo quasi emblematico rappresentava dopo i secoli del suo grande splendore. La Spagna del '700, mirabilmente evocata da Goya, è infatti una nazione in regresso in un'Europa in progresso. Goya è tra quegli intellettuali spagnoli che, prima sensibili alle idee illuministe e poi tentati dal fascino dell'idealismo romantico, vivono sulla loro pelle i laceranti dilemmi della loro cultura. Ne sono esempio le incisioni dei Capricci (1799), in cui Goya visualizza come il venir meno della ragione possa solo generare mostri, superstizione, malvagità ed oppressione. Con l'invasione dell'esercito napoleonico (1808), i sogni progressisti di Goya, a contatto con la violenta e cruda realtà della guerra e di un nuovo dispotismo, crollarono miseramente, ed in questo momento difficile il pittore si schierò con la «nazione» spagnola, anticipando quello che poi diverrà un tema del romanticismo storico. Testimonianza di questa sofferta e travagliata esperienza sono le acqueforti Los desastres de la guerra (1810) e soprattutto Los Fusilamientos (1808) che è un quadro decisamente realista. Infatti, documentando la repressione spietata dei moti antifrancesi, ci presenta dei soldati che, di notte, stanno giustiziando dei patrioti terrorizzati. I giustizieri sono ripresi di spalle, senza volto, come burattini in uniforme, simbolo di una forza cieca e bestiale che può solo produrre violenza e morte. La città (espressione della coscienza dell'uomo moderno) è immersa in un sonno simbolico, che la taglia fuori dalla consapevolezza dei drammi della storia. La storia è per Goya una serie infinita di disastri, violenze, morte. La libertà è solo un'illusione, un miraggio, un sogno dell'infanzia dell'uomo.

Trapani Francisco Goya (1746-1828): il 3 maggio 1808

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EUGENE DELACROIX

Delacroix è il capo riconosciuto della scuola romantica francese. Amico di Géricault (per cui posò, giovanissimo, per la «Zattera della Medusa»), Baudelaire, Chopin, Dumas e Hugo, assiduo frequentatore di salotti parigini, fu un personaggio noto e ammirato dai suoi contemporanei. Nella sua pittura prevale l'interesse per la storia contemporanea (Il massacro di Scio del 1823, La libertà guida il popolo del 1831) e il culto per gli eventi di grande impatto e suggestione emotiva, capaci di riassumere, nell'alta tensione drammatica di una figura eroica o nel gesto assoluto e pieno di pathos, un profondo significato morale e concettuale (La morte di Sardanapalo del 1827). Nella vita e nelle opere di Delacroix occupò un posto considerevole l'esotismo, anch'esso elemento decisamente romantico, che stimola la passione per i grandi viaggi, i paesi lontani e le loro culture (Festa di nozze ebraiche in Marocco del 1839). Delacroix usa il colore in modo brillante, sciolto, e il suo stile è intenso, luminoso, passionale. Certamente nei suoi quadri sono riconoscibili gli echi dei grandi maestri del passato a lui particolarmente cari, ed è il caso soprattutto di Rubens, da cui prende spunto sia per la tecnica pittorica che si può definire a denso impasto, sia per l'intera concezione spaziale che domina le sue opere. D'altro canto non gli sono estranee influenze di pittori a lui contemporanei, ed è il caso dell'amico Géricault, il cui dipinto La zattera della Medusa è chiaramente la fonte d'ispirazione dello schema compositivo de La libertà guida il popolo. Infatti in entrambi i quadri è presente un piano di posa instabile, fatto di corpi aggrovigliati e travi sconnesse, da cui sale e si sviluppa in crescendo la composizione triangolare, che viene comunemente definita dai critici come «piramide ascensionale». Certamente La libertà guida il popolo, pur essendo un quadro stilisticamente non innovativo, è un'opera fondamentale dell'800 francese, perché è il primo quadro politico nella storia della pittura moderna. Esalta infatti l'insurrezione che, nel 1830, scuote il regime assolutistico della restaurata monarchia. Delacroix raffigura borghesi e popolani che, insieme, lottano per la libertà e la Costituzione, obiettivi fondamentali del romanticismo rivoluzionario di cui il pittore era grande sostenitore. Certamente, la sua concezione della pittura, moderna e spregiudicata, si evidenzia appieno nei quadri sul mondo orientale (Donne d'Algeri del 1834), il cui linguaggio pittorico (pennellate vibranti, colori accesi) costituì il punto di partenza della straordinaria ricerca innovativa che, qualche decennio dopo, avrebbero condotto gli Impressionisti.

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THEODORE GERICAULT

Géricault fu, assieme a Delacroix, uno dei personaggi di spicco della pittura romantica francese dell'800. Tema costante di Géricault è l'energia, quella spinta interiore che può a volte portare agli estremi della follia e della morte. I suoi soggetti sono cavalli, in corsa ed in battaglia (l'energia), ritratti di persone alienate che hanno oltrepassato i limiti della ragione (la follia), situazioni in cui la vita è colta in tutta la sua precarietà o addirittura nel frangente drammatico del suo venir meno (la morte). La Zattera della Medusa è unanimemente considerata il suo capolavoro. Il quadro ha dimensioni eccezionali (m 4,91x7,16) e rivela un'attenzione non più rivolta, come nel caso di Delacroix, verso la storia contemporanea, bensì verso la cronaca, entrando così in relazione diretta con la realtà, colta quasi senza mediazioni nei suoi aspetti più brutali e caotici. Il fatto di cronaca, che suscitò all'epoca molto scalpore, riguardava l'odissea di alcuni naufraghi, alcuni dei quali perirono a seguito di indicibili sofferenze, mentre altri riuscirono a salvarsi. Il quadro ha un rigoroso equilibrio compositivo, che traspone nei criteri di disposizione delle figure il ritmo crescente del pathos (dramma). Dalla base oscillante della zattera in balia delle onde, su cui è un groviglio di corpi agonizzanti, si divincolano figure in pose via via più tese ed animate, in un crescendo di elevazione culminante nel vertice del braccio che sventola il cencio in un ultimo disperato miraggio di salvezza.

FRANCESCO HAYEZ

Hayez fu il maggior rappresentante della corrente romantica italiana. I suoi quadri, tra cui ricordiamo Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri, Vespri Siciliani, Maria Stuarda e La sede dei Crociati furono veri e propri manifesti del Romanticismo storico e delle aspirazioni che animarono il Risorgimento.

Trapani Francesco Hayez: "I vespri siciliani" (1846)

Hayez trattò questi temi con grande partecipazione emotiva e, pur non essendo un audace innovatore sul piano dello stile, realizzò in alcune opere, ad esempio il celebre Bacio, una notevole fusione tra il gusto corrente e l'espressione individuale del sentimento e delle passioni.

Trapani Francesco Hayez: "Il bacio" (Milano, Pinacoteca di Brera)

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GUSTAVE COURBET

Courbet fu il maggior esponente del Realismo, una corrente artistica che, a partire dal 1847, cercò di affrontare direttamente la realtà, cogliendone tutti gli aspetti senza alcuna interferenza emozionale o sentimentale. Tra le sue opere ricordiamo: L'Atelier, Courbet ed il cane nero e soprattutto Les demoiselles des bords de la Seine. L'apparizione di questo quadro produsse, nella società parigina del tempo, un'ondata di scandalo per l'ardito schema compositivo (orizzonte decisamente alto, mancanza di un centro ordinatore della composizione, pittura larga, di denso impasto, ottenuta con la spatola). La resa dei paesaggi è in Courbet legata alla sfera della percezione (Il ruscello coperto) ed anticipa la grande rivoluzione che, qualche anno dopo, compiranno gli Impressionisti.

Trapani Gustave Courbet: "Lo spaccapietre" (1849)

LA SCUOLA DI BARBIZON

Viene comunemente definito con la dizione «Scuola di Barbizon» o «Scuola di Fontainebleau» un gruppo di pittori che, a partire dal 1830, si stabilì appunto nei pressi della località di Fontainebleau. Facevano parte di questo gruppo Théodore Rousseau, Millet, Dupré, Troyon, Diaz, Decamps ed altri minori. La nuova visione del rapporto uomo-natura, basata sull'immediatezza del contatto emotivo e sulla profonda risonanza sentimentale, non è elemento caratteristico solo degli artisti della Scuola di Barbizon ma anche di Jean Baptiste Corot, ritenuto dalla critica il maggior paesaggista europeo dell'800.

Trapani Jean Baptiste Corot: "Il ponte romano di Narni"

Ne ricordiamo alcune opere, pervase di una luce chiara che si compone in nitidi piani prospettici e che infonde nel paesaggio una qualità estremamente moderna del sentimento della natura: La città ed il lago di Como; Tivoli ed i giardini della Villa d'Este.

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SCUOLA DI POSILLIPO

Viene definito con il nome di «Scuola di Posillipo» un gruppo di paesaggisti napoletani dell'800 che si mossero nella stessa direzione di ricerca degli artisti della Scuola di Barbizon. Esercitò grande influenza su questa scuola Antonio Pitloo, pittore olandese che si stabilì a Napoli nel 1815. Dipingendo dal vero («en plein air») influenzò particolarmente Giacinto Gigante, di cui ricordiamo lo splendido e luminoso acquarello Pozzuoli (1849).

I MACCHIAIOLI

Il gruppo dei Macchiaioli si formò a Firenze tra il 1855 ed il 1867. Ne fecero parte Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Raffaello Sernesi, Vito d'Ancona. I macchiaioli abolirono il chiaroscuro tradizionale, cercando di rendere i contrasti tra luce ed ombra attraverso macchie di colore più o meno luminoso. A questa ricerca tonale si accompagnò, nelle loro opere, un interesse per i problemi sociali dell'Italia risorgimentale. Infatti i protagonisti dei quadri dei macchiaioli appartengono spesso a ceti umili e disagiati (contadini, piccolo-borghesi) la cui difficile condizione economico-sociale era stata raramente affrontata dai pittori italiani. Tra le innumerevoli opere del gruppo ricordiamo di Fattori Mercato in Maremma e La rotonda di Palmieri, di Telemaco Signorini La toilette del mattino (1898).

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