CULTURA - ARTE - LA PITTURA VENETA

INTRODUZIONE

L'arte veneta merita sicuramente un discorso a parte che sia in grado di metterne a fuoco l'innegabile originalità, sia sul piano dell'elaborazione teorica e della riflessione filosofico-religiosa, sia su quello della ricerca stilistica e della sperimentazione tecnica.
Da sempre la pittura veneta ha manifestato una vivissima sensibilità al colore e al tonalismo, cercando di studiare a fondo e modulare efficacemente gli effetti di luce sui piani cromatici, al fine di conservare l'immediatezza del dato percettivo e la spontanea vitalità degli elementi naturali del paesaggio, senza rinunciare al rigore di un'impostazione spaziale precisa e calibrata.
A questo senso vividissimo del colore e della luce, resi nella loro vibrante variabilità, si aggiungono l'analisi acuta dell'organizzazione della visione (evidente nelle prime «vedute» del Carpaccio), in cui però lo sfondamento spaziale e l'apertura fino all'ultimo orizzonte del campo visivo non sono perseguiti attraverso una pedante applicazione delle regole geometriche e prospettiche, bensì dando il massimo risalto al dato impressionistico della visione. Ciò è ottenuto mediante la ricerca di effetti di colore, l'abbozzo «illusionistico» di figurine simili a «macchiette» che rendono una viva sensazione di luce e movimento, e una scrupolosa ripresa descrittivistica del dettaglio.
Questi elementi di vivacità narrativa e di arguzia aneddotica si stemperano nella visione permeata di poesia e di intensa religiosità di Giovanni Bellini, che reinterpreta la grande lezione di Mantegna, il fondatore dell'Umanesimo in ambito settentrionale, riformulando il tema del rapporto storia-natura.
Questa ponderosa questione filosofica si trasforma in lui in un motivo lirico, interpretato liberamente, che trascorre in tutta la sua opera, dando alla sua visione della figura di Cristo quella tipica venatura di commozione e malinconia, che traspone la sua intensa spiritualità in una chiave personalissima di effusione sentimentale. Senza questi presupposti non si potrebbe intendere il profondo rinnovamento della pittura di Giorgione e Tiziano, che fornisce un'inedita interpretazione del rapporto storia-natura, non più considerato in chiave teologica, e cioè facendo riferimento al problema filosofico dell'essenza e della trascendenza, bensì riportandolo alla dimensione della concreta esistenza dell'uomo, del suo vissuto quotidiano, che riassume tutti questi aspetti in una prospettiva integrale.

GIOVANNI BELLINI

Giovanni Bellini, nato nel 1430 a Venezia, assimila la lezione di rigore che gli deriva dall'impegno prospettico del disegno di Mantegna e dalla severità morale dell'opera di Vivarini. Come risulta evidente ad un'analisi della Trasfigurazione, Giovanni Bellini si limita ad assimilare alcuni tratti esteriori dell'impostazione spaziale del Mantegna, senza però riuscire ad ereditarne la visione problematica della storia, che in lui si diluisce nella malinconia del sentimento. Anche nell'Orazione nell'orto (1460), Bellini proietta nel paesaggio naturale il senso dolente del tragico destino umano, espresso con pienezza d'accenti nella figura di Cristo, che, nella concezione di Bellini, rappresenta una perfetta sintesi di aspetti umani e divini. Per Bellini il sentimento pervade la natura, e si effonde in una luce vibrante che permea il paesaggio di commozione.
Splendido esempio della interpretazione belliniana della figura di Cristo è la Pietà (1460 ca.), in cui il sentimento, inteso nei suoi accenti di malinconia e di dolore, diviene l'unico tramite del rapporto misterioso tra uomo e natura: la luce livida che si diffonde nel paesaggio compenetra la figura esangue ed abbandonata del Cristo morente, mentre la Madonna e San Giovanni, che lo sostengono, esprimono, nei tratti sofferenti del volto, l'afflizione e lo sbigottimento di fronte al dramma dell'esistenza. Da ricordare anche la Pala di Pesaro, in cui il colore non è più modulato in sfumature e trasparenze indefinite, bensì rigidamente delimitato in zone geometriche che definiscono prospetticamente lo spazio, investito di valori simbolici. La Pala di San Giobbe segna l'incontro con la pittura di Antonello da Messina, e la Sacra Conversazione, colma di riferimenti allegorici, rivela però immediatamente nell'intensità dell'immagine, che si accende di valori cromatici e luminosi, la profonda fusione di umanità e natura.
Giovanni Bellini: "La pietà"

GIORGIONE

Scarse sono le notizie biografiche certe su questo pittore, che pure godeva di grande fama già presso i suoi contemporanei, anche sollecitata dall'importante riconoscimento che Vasari gli tributò nelle Vite, celebrando la sua «maniera nuova», consistente nell'abolizione del disegno, nella stesura diretta del colore e nella ricerca di valori tonali (studio sulla reazione del colore alla luce). Giorgione si era formato alla scuola del Bellini e aveva assimilato i valori pittorici espressi dall'opera di Carpaccio, con la sua straordinaria dovizia descrittiva e lo splendore dei valori cromatici, nutrendosi anche di studi filosofici, che spesso intessono i suoi quadri di citazioni e motivi eruditi di ardua interpretazione. Giorgione rappresenta dunque l'espressione culminante della grande tradizione pittorica veneta, di cui esalta la vivacissima ricerca cromatica, il tonalismo e la profonda fusione tra figura umana e paesaggio, ottenuti attraverso l'integrazione dei valori «atmosferici», che creano effetti spaziali e prospettici attraverso la reazione dei piani cromatici alla luce. É per questa esigenza di libertà espressiva e di accensione cromatica, che Giorgione si svincola dalla rigidezza compositiva delle tradizionali pale d'altare presentandosi come un audace innovatore del repertorio iconografico e dei valori stilistici.
Esemplare è, sotto questo punto di vista, la Madonna di Castelfranco, in cui l'inquadramento paesistico dirada in lontananze sfumate e dissolve gli elementi architettonici trasformandoli in vibranti piani di colore, che istituiscono un rapporto di armonizzazione tra le figure e l'ambiente circostante. Fitto di riferimenti filosofici, il dipinto dei Tre filosofi vede il proseguimento dell'audace ricerca coloristica di Giorgione, basata sull'eliminazione dei contorni, l'affinamento del tocco e l'irruzione del colore persino nelle zone d'ombra.
Da ricordare infine la Tempesta, saggio dell'assoluta libertà di invenzione tematica e compositiva dell'autore, che ha suscitato le più diverse interpretazioni da parte dei critici, ma che resta, al di là dei suoi possibili significati, uno dei più efficaci esempi di resa lirica del paesaggio e di straordinaria intensificazione degli accordi cromatici.
Giorgione: "Madonna con bambino"

TIZIANO

Tiziano Vecellio nasce a Pieve di Cadore verso il 1490; giovanissimo si forma nella bottega di Gentile e Giovanni Bellini, di cui assimila la maniera pittorica, e nel 1508 collabora con Giorgione alla decorazione del Fondaco dei tedeschi. Il rapporto tra Tiziano e Giorgione è estremamente proficuo: Tiziano apprezza incondizionatamente l'audacia innovativa dello stile di Giorgione, pur liberandone il linguaggio espressivo dagli aspetti malinconici e contemplativi, per rafforzare il risalto drammatico dell'immagine attraverso l'intensificazione dei contrapposti di luce e di ombra. Esemplari di questo progresso sono gli affreschi dei miracoli di Sant'Antonio (1511) nella scuola del Santo a Padova, nei quali la struttura dell'immagine coglie la concitazione del dramma in atto, attraverso laceranti contrasti di colore e di luce, che colpiscono violentemente la visione suscitando un'intensa reazione. Questa è la differenza saliente tra Giorgione e Tiziano: mentre il primo ricerca un perfetto equilibrio dei valori formali, Tiziano compone i suoi quadri accentuando i contrasti e stabilendo richiami a distanza, affinché dall'emozione visiva si passi ad una riflessione sostenuta da motivi morali. Emblematica è a questo proposito la complessa struttura de L'amor sacro e l'amor profano, un'opera che riprende un tema classico, reinterpretato attraverso un intreccio di riferimenti eruditi e motivi iconografici, trasposti in un gioco complesso di contrasti di colore, di luce, di forme. Anche nell'Assunta, pur riprendendo l'amplificazione e la monumentalità della pittura religiosa romana, converte i rigorosi schieramenti prospettici di Raffaello nell'animazione del colore e della luce, che mira a comunicare anche i più complessi concetti morali e religiosi attraverso un puro stimolo visivo ed emotivo. Ne il Baccanale o gli Andrii raggiunge esiti di massimo splendore cromatico grazie all'affinamento della sua tecnica basata sulla stesura di larghe zone di colore frammisto a vernici brillanti alternate a veloci tocchi di colore pastoso. Da ricordare anche il Polittico Averoldi, primo esempio di rottura del tradizionale ordine narrativo, per concentrare l'attenzione su dettagli drammatici resi attraverso la crudezza degli effetti di luce e l'incupimento delle zone d'ombra. Nella Madonna di Ca' Pesaro la struttura della composizione e la costruzione dei piani prospettici sono ormai ottenute attraverso la graduazione delle zone di colore, che incorporano e riflettono variamente la luce suscitando effetti plastici e di distanza. Il Cristo coronato di spine esaspera la tensione emotiva attraverso una composizione concitata di diagonali che si intersecano, accompagnate a laceranti contrasti di luce, che rappresentano l'esito più manieristico della pittura di Tiziano. Importante anche la produzione ritrattistica, che mira ad un'approfondita penetrazione psicologica, attraverso la perfetta fusione della descrizione somatica, delle pose espressive e delle intuizioni acute sull'interiorità del personaggio ritratto con l'evocazione nitida degli ambienti e le sottili notazioni di costume.
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