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Cultura Arte Il Manierismo.

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Introduzione

Il Pontormo: "Visitazione"

Gli artisti del Manierismo

Vicenza: Villa La Rotonda del Palladio (1550)

Tintoretto

Tintoretto: "Ritratto di guerriero trentenne"

Tintoretto: "Nascita di S. Giovanni Battista" (Ermitage, Leningrado)

Paolo Veronese

CULTURA - ARTE - IL MANIERISMO

INTRODUZIONE

Già in artisti come Michelangelo e Raffaello iniziano a comparire, specie nelle opere più tarde, i primi segni della crisi politica, economica e religiosa che, nel corso del XVI secolo, farà sentire i suoi drammatici effetti sia in Italia sia in Europa. La nostra penisola, dopo essere divenuta campo di battaglia tra gli eserciti francese e imperiale, assiste impotente alla calata su Roma nel 1527 dei lanzichenecchi di Carlo V. La città papale viene saccheggiata con gravissime conseguenze sia per il patrimonio artistico sia per il prestigio e il primato della Chiesa cattolica. Quest'ultima vedrà inoltre direttamente minacciata la sua autorità spirituale dal dilagare del movimento riformistico, che in Martin Lutero e nelle sue tesi protestanti aveva trovato il più agguerrito sostenitore della dimensione puramente individuale della ricerca religiosa.

La visione del mondo elaborata dall'uomo rinascimentale ora si incrina, e i valori da assoluti si trasformano in relativi, perdendo gran parte della loro credibilità. L'angoscia e il generale disorientamento che ne derivano si riflettono in quasi tutta la produzione artistica del '500 inoltrato, compromettendo definitivamente quegli ideali di armonia, equilibrio e serenità, alla base della precedente concezione classico-umanistica della cultura e dell'arte.

La denominazione «manierismo» deriva da «maniera», termine che, secondo Giorgio Vasari (pittore, architetto e critico formatosi alla corte dei Medici nel XVI sec.) serve a designare lo stile dei maestri. Da una connotazione sostanzialmente positiva, passò però ad una negativa, individuando un gruppo di artisti che avevano preferito rivolgersi allo studio e all'imitazione dei grandi maestri del Rinascimento (Leonardo, Michelangelo e Raffaello), piuttosto che direttamente alla natura, secondo le convenzioni teoriche del Rinascimento. Solo il Novecento ha rivalutato questa corrente ed ha utilizzato il concetto per indicare una precisa tendenza stilistica collocabile storicamente fra il culmine del Rinascimento e l'arte barocca.

E' possibile riconoscere all'interno della corrente almeno due periodi: il primo manierismo (1520-40 ca.), con l'attività da un lato di Pontormo, Rosso Fiorentino e Domenico Beccafumi, dall'altro di Bronzino e Parmigianino; il secondo manierismo (dopo il 1540), caratterizzato dal ripetersi accademico delle formule stilistiche e dei contenuti precedenti.

Il Pontormo: "Visitazione"

Il Pontormo: Visitazione

Le principali caratteristiche del manierismo sono:

a) l'elaborazione di un'arte stilisticamente raffinata e cerebrale, legata ad una committenza quasi esclusivamente aristocratica;

b) la ricerca di nuovi valori di immagine, ispirati ad un'ardita elaborazione fantastica, e l'abbandono progressivo delle convenzioni prospettiche e proporzionali della visione rinascimentale;

c) la deformazione espressiva della figura umana, che viene rappresentata in pose avvitate e contorte, caratterizzate dall'uso della linea serpentina di derivazione michelangiolesca.

GLI ARTISTI DEL MANIERISMO

Una delle figure più significative del manierismo è Jacopo Carrucci, detto, dal luogo di nascita, il Pontormo. Spirito irrequieto (è anche autore di un tormentato Diario, che ne svela la notevole componente introspettiva), dipinge con colori innaturali e trasparenti, dai toni freddi, che smaterializzano le forme, rese simili a vetro soffiato (Deposizione in S. Felicita a Firenze; Visitazione nella Pieve di Carmignano).

Temperamento assai diverso è quello di Rosso Fiorentino, personaggio irruento e sanguigno, autore della celebre Deposizione dalla croce: sullo sfondo di un cielo che schiarisce all'orizzonte, si staglia la rigida geometria della croce attorno alla quale, in una disposizione aggrovigliata, le forme acquistano rilievi legnosi e sfaccettati.

Appartato nella sua Siena, Domenico Beccafumi predilige toni più dolci e modulati, e si caratterizza per un uso costante di suggestivi contrasti chioroscurali (San Michele e Natività della Vergine).

Centrale nella ricerca di Agnolo Allori, detto il Bronzino, è il problema del ritratto. Egli si distacca dalla partecipata attenzione psicologica del Rinascimento per tratteggiare fisionomie bloccate ed enigmatiche, atteggiamenti stereotipi che non lasciano trapelare alcun sentimento (ritratti di Ugolino Martelli ed Eleonora da Toledo).

Fuori dalla Toscana si svolge l'esperienza pittorica del Parmigianino, nel quale è ben riconoscibile la cifra stilistica della deformazione del corpo umano ormai portata all'estremo limite (Madonna dal collo lungo; Sposalizio mistico di Santa Caterina).

Anche Venezia partecipa alle tensioni manieristiche, grazie soprattutto all'attività di Tiziano dopo il 1540: al rigoroso disegno prospettico animato da lampi di luce del Tintoretto si accostano così i colori brillanti e le prospettive dilatate di Paolo Veronese.

Neppure l'architettura riesce a rimanere estranea al movimento, soprattutto per la costante fortuna delle formule michelangiolesche.

Un caso a parte è costituito da Andrea Palladio, che mette le sue nitide geometrie classicheggianti al servizio della classe dirigente veneziana che stava espandendo il suo potere nell'entroterra. Sorge così la mirabile serie delle ville lungo il Brenta (da sempre prediletto luogo di villeggiatura), nelle quali gli elementi delle strutture classiche vengono smontati e ricomposti secondo le nuove esigenze ambientali e produttive, ed interpretati in senso fondamentalmente pittorico (si ricordi in particolare la celebre villa Capra, detta «la Rotonda», o la villa Barbaro a Maser, con gli affreschi di Veronese).

Vicenza: Villa La Rotonda del Palladio (1550)

Vicenza: Villa La Rotonda del Palladio (1550)

I numerosi viaggi di artisti manieristi in Europa saranno determinanti per diffondere lo stile (si pensi ad esempio alla decorazione del castello di Fontainebleau del Primaticcio) e farne la prima vera esperienza internazionale dell'età moderna.

TINTORETTO

Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, nato a Venezia nel 1518, combina la potenza del disegno di Michelangelo con la brillantezza dei colori del Tiziano. Il Miracolo dello schiavo (1548) è opera audacemente innovativa che narra l'episodio miracoloso attraverso un inquadramento di quinte architettoniche e la disposizione coreografica di gruppi di figure, che, analogamente alla funzione del coro, commentano o sottolineano il fatto attraverso una vasta gamma di espressioni e atteggiamenti. Lo splendore della luce e la vividezza dei colori giungono a livelli di intensità senza precedenti: e questo grazie alla qualità tesa e scattante del segno di Tintoretto, all'arditezza delle sue soluzioni prospetti che e alla concitata velocità del suo procedimento di stesura dei colori. Nell'Ultima Cena (1547) per San Marcuola la prospettiva è spinta oltre ogni limite di verosimiglianza: il piano del pavimento è a tal punto inclinato, da apparire instabile e slittante, mentre le linee dell'architettura si tendono e si incurvano in scorci forzati a tal segno da respingere la profondità dello spazio e la corporeità delle figure, per lasciare posto ad un'esclusiva esaltazione del colore e della luce. Il Ritrovamento del corpo di San Marco realizza una sintesi tra l'ardita costruzione prospettica (una successione di archi tesa verso l'infinito) e la folgorante intensità luminosa, che si esprime nell'alternanza ritmica delle scintillanti linee di luce e degli intervalli d'ombra, che si susseguono in un crescendo velocissimo. Agli effetti chiaroscurali si sostituisce dunque la fulminea propagazione della luce, e all'equilibrio prospettico una tesa direttrice di movimento, scandita da una ritmata progressione.

La prospettiva è dunque forzata al limite estremo perché possa immedesimarsi con il percorso vorticoso dei raggi luminosi. La pittura di Tintoretto mira ad imporsi per la forza suggestiva dell'effetto, evidente anche nella deformazione delle figure, di cui vengono massimamente dilatate le dimensioni in primo piano e, all'opposto, massimamente rimpicciolite all'ultimo orizzonte della visione. Quella di Tintoretto è effettivamente un'immagine fantastica, una visione appunto, che non emana però da una fantasia fine a se stessa, da un'immaginazione gratuita e inconsistente, bensì ha un profondo significato religioso che le deriva dall'autenticità del suo impegno morale. Questa implicita spiritualità si esprime nell'intensità gestuale e nella potente torsione dei corpi che sembrano quasi evidenziare nel loro sforzo muscolare il compiersi di un'esperienza ascetica. La tensione deformante delle figure è un elemento manieristico che Tintoretto deriva dalla grande lezione di Michelangelo, e che si unisce con grande efficacia alla sua ricerca di una gamma infinita di effetti di luce, articolata in molte varianti: l'irraggiamento, la propagazione vorticosa, l'esplosione intensa e violenta come in un fuoco d'artificio, e molte altre ancora. Gli effetti di luce del Tintoretto raggiungono la loro piena resa stilistica ed espressiva nei Fatti della Passione per la Scuola di San Rocco, in cui la luce trasfigura ambienti e paesaggi, superando nettamente il dato naturalistico, e caricandosi di profonde implicazioni religiose e morali.

Tintoretto: "Ritratto di guerriero trentenne"

Tintoretto: Ritratto di guerriero trentenne

Tintoretto: "Nascita di S. Giovanni Battista" (Ermitage, Leningrado)

Tintoretto: Nascita di S. Giovanni Battista (Ermitage, Leningrado)

PAOLO VERONESE

La pittura di Paolo Veronese si identifica profondamente con l'anima della società veneziana del tempo, di cui interpreta l'altissima civiltà e la brillantezza dei costumi e della vita culturale, con la sua patina di luce intensa e scintillante, i suoi colori chiari e vivaci e le sue figure espanse e dilatate. L'animazione mondana e l'autentico progressismo che contraddistinguono la società veneta si esprimono con pienezza nella sua decorazione delle ville palladiane, improntate a una lucida visione della natura, intesa come ambiente dominato e controllato dall'uomo, territorio integrato sia dal punto di vista architettonico sia da quello della razionalizzazione agricola al vivo tessuto dell'insediamento umano. Veronese concepisce infatti la decorazione non in senso puramente ornamentale, bensì come vero e proprio completamento dell'immagine architettonica dell'edificio e istituzione di un collegamento con lo spazio esterno, con l'ariosa vastità della campagna aperta. La pittura ha infatti la funzione di sfondare i limiti architettonici, cancellando la superficie delle pareti ed aprendo, attraverso la ripresa dal basso e i colori puri, una spazialità abbagliante e fantasiosa popolata di figure dalle vesti ricchissime e fastose e dalle pose enfatiche e teatrali. Questi personaggi hanno un fascino quasi mitologico, con la loro statura poderosa, e i gesti solenni e coreografici, sia pure alleggeriti dall'evidente dilatazione delle proporzioni che suggerisce un'impressione di vaporosità e sospensione nell'atmosfera. Infatti lo scorcio dal basso prediletto da Veronese appiattisce ed espande massimamente i contorni delle figure, spingendole quasi verso lo sguardo dello spettatore.

Da queste superfici i personaggi raffigurati sembrano quasi affacciarsi, sullo sfondo di colossali architetture dal nitido disegno decorativo e dall'accentuata tornitura plastica.

In Veronese la luce sembra quasi sovrapporsi al colore, dandosi come una velatura scintillante, uno strato brillante che ne esalta il chiarore e la vividezza; persino le ombre hanno una lieve coloritura e le figure si ingigantiscono per consentire la massima espansione delle zone colorate, mai però risolte in stesure omogenee, bensì movimentate da pieghe e arricciature che consentono una variata modulazione luminosa. L'effetto di luce in Veronese viene infatti accentuato dalla frequenza dal passaggio da una tinta all'altra.

Questi esiti sono evidenti negli Affreschi della Villa Maser, mentre nelle figurazioni per la Libreria Marciana, per la Sala del Consiglio dei Dieci, per quella dei Tre Capi e per la Sala del Collegio, prevale la chiave allegorica, che traspone le immagini su un piano di assoluta lucidità intellettuale.

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