Matematica
Glossario Matemàtica Fibonacci,
Leonardo Insieme Hilbert, David Logicismo
Dizionario di matematica e geometria iniziale A
Dizionario di matematica e geometria iniziale B
Dizionario di matematica e geometria iniziale C
Dizionario di matematica e geometria iniziale D
Dizionario di matematica e geometria iniziale E
Dizionario di matematica e geometria iniziale F
Dizionario di matematica e geometria iniziale G
Dizionario di matematica e geometria iniziale I
Dizionario di matematica e geometria iniziale K
Dizionario di matematica e geometria iniziale L
Dizionario di matematica e geometria iniziale M
Dizionario di matematica e geometria iniziale N
Dizionario di matematica e geometria iniziale O
Dizionario di matematica e geometria iniziale P
Dizionario di matematica e geometria iniziale Q
Dizionario di matematica e geometria iniziale R
Dizionario di matematica e geometria iniziale S
Dizionario di matematica e geometria iniziale T
Dizionario di matematica e geometria iniziale U
Dizionario di matematica e geometria iniziale V
Dizionario di matematica e geometria iniziale Z
Ecdl-Patente Europea del Personal Computer
Patente Europea del Computer E C D L
La storia dell'informatica
Modulo 1 Concetti di base della tecnologia dell'informazione
Modulo 2 Uso del computer e gestione dei file
Modulo 3 Elaborazione testi. Microsoft Word
Modulo 4 Il foglio elettronico Microsoft Excel
Modulo 5 Basi di dati. Microsoft Access
Modulo 6 Strumenti di presentazione Microsoft Power Point
Modulo 7 Le reti informatiche
ECDL Quiz
Modulo 1
Modulo 2
Modulo 3
Modulo 4
Modulo 5
Modulo 6
Modulo 7
Geometria
Geometria Scienza delle
Figure
GEOMETRIA PIANA - ELEMENTI FONDAMENTALI DELLA GEOMETRIA
GEOMETRIA PIANA - GLI ANGOLI
GEOMETRIA PIANA - IL CERCHIO
GEOMETRIA PIANA - IL TRIANGOLO
GEOMETRIA PIANA - LINEE SUL PIANO
GEOMETRIA PIANA - QUADRILATERI E POLIGONI
GEOMETRIA PIANA - SUPERFICI DEI POLIGONI
GEOMETRIA SOLIDA - CILINDRI E PRISMI
GEOMETRIA SOLIDA - CONI E PIRAMIDI
GEOMETRIA SOLIDA - GLI ESAEDRI
GEOMETRIA SOLIDA - LA SFERA
GEOMETRIA SOLIDA - NOZIONI GENERALI
GEOMETRIA SOLIDA - SOLIDI DI ROTAZIONE
INFORMATICA - ALTRI SISTEMI OPERATIVI
INFORMATICA - BASIC I DATI E LE PRIME ISTRUZIONI
INFORMATICA - BASIC IL TRATTAMENTO DEI DATI
INFORMATICA - BASIC LE FUNZIONI INTRINSECHE O PREDEFINITE
INFORMATICA - BASIC LE ISTRUZIONI DI CONTROLLO
INFORMATICA - BASIC LINGUAGGIO E AMBIENTE DI SVILUPPO
INFORMATICA - BASIC PROCEDURE E FUNZIONI
INFORMATICA - BASIC PROGRAMMI DOS, SUONO E GRAFICA
INFORMATICA - BASIC RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - BASIC VETTORI E MATRICI
INFORMATICA - BORLAND DELPHI
INFORMATICA - CARATTERISTICHE DEI LINGUAGGI DI PROGRAMMAZIONE
INFORMATICA - I DATA BASE
INFORMATICA - I FILE
INFORMATICA - I FILE RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - I LINGUAGGI DI PROGRAMMAZIONE
INFORMATICA - I PACCHETTI APPLICATIVI
INFORMATICA - I SISTEMI OPERATIVI
INFORMATICA - I SISTEMI OPERATIVI RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - IL MULTIMEDIA
INFORMATICA - IL SISTEMA OPERATIVO DOS
INFORMATICA - IL SISTEMA OPERATIVO DOS RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - INTERNET E INTRANET
INFORMATICA - INTRODUZIONE
INFORMATICA - LA PROGRAMMAZIONE INTERFACCIA UTENTE
INFORMATICA - L'AMBIENTE MICROSOFT WINDOWS
INFORMATICA - LE APPLICAZIONI
INFORMATICA - LE APPLICAZIONI RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - LE PERIFERICHE DEL COMPUTER
INFORMATICA - LE RETI DI COMPUTER
INFORMATICA - LE RETI RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - LE STRUTTURE DI DATI
INFORMATICA - LE STRUTTURE DI DATI RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - L'HARDWARE DEL PC RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - L'HARDWARE DEL PERSONAL COMPUTER
INFORMATICA - LINGUAGGI RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - MICROSOFT VISUAL BASIC
INFORMATICA - PERIFERICHE RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE DALL'ALGORITMO AL PROGRAMMA
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE I FILE
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE I PRIMI ELEMENTI
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE I VETTORI
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE IL CONTROLLO DEGLI ERRORI
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE LA GRAFICA
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE LA STRUTTURA CONDIZIONALE
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE L'ANALISI TOP DOWN
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE LE MATRICI
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE LE STRUTTURE CICLICHE
INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE RAD
INFORMATICA - RAPPRESENTAZIONE DATI IN MEMORIA
INFORMATICA - RICERCHE COMPLEMENTARI
INFORMATICA - SISTEMI DI NUMERAZIONE
INFORMATICA - STORIA DEL COMPUTER
INFORMATICA - STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DEL COMPUTER
INFORMATICA - STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DEL COMPUTER RICERCHE COMPLEMENTARI
MATEMATICA - EQUAZIONI DI SECONDO GRADO
MATEMATICA - GEOMETRIA ANALITICA
MATEMATICA - I NUMERI COMPLESSI
MATEMATICA - I NUMERI IMMAGINARI
MATEMATICA - I NUMERI INTERI RELATIVI
MATEMATICA - I NUMERI NATURALI
MATEMATICA - I NUMERI RAZIONALI
MATEMATICA - I NUMERI REALI
MATEMATICA - IL CALCOLO LETTERALE ED EQUAZIONI DI PRIMO GRADO
MATEMATICA - INSIEMI NUMERICI
MATEMATICA - INTRODUZIONE
MATEMATICA - LA DIVISIBILITA'
MATEMATICA - LA PROPORZIONALITA'
MATEMATICA - SISTEMI DI NUMERAZIONE
MATEMATICA - TEORIA DEGLI INSIEMI
PESI E MISURE
MATEMATICA E INFORMATICA
Schema di funzionamento del Compact Disk
Addizione di numeri interi relativi
Addizione di polinomi
Analisi aerodinamica applicata allo Sport
Definizione dell'operazione di addizione
Definizione di Massimo Comun Divisore
Definizione di Minimo Comune Multiplo
Definizione di Prodotti notevoli
Definizione di coseno
Definizione di divisione
Definizione di equazione di primo grado
Definizione di moltiplicazione
Definizione di monomio
Definizione di multiplo
Definizione di numeri interi relativi
Definizione di numeri razionali
Definizione di numero primo
Definizione di polinomio
Definizione di potenza
Definizione di prodotti notevoli
Definizione di radice cubica
Definizione di seno
Definizione di sottrazione
Definizione di tangente
Definizione ed estrazione di radice quadrata
Divisione di numeri relativi
Elevamento a potenza di numeri relativi
I tre criteri di similitudine dei triangoli
I tre criteri di uguaglianza dei triangoli
Il Teorema di Pitagora
Il cilindro
Il cilindro cavo
Il cono
Il cubo
Il doppio cono
Il toro
Il triangolo equilatero
Il triangolo rettangolo
Il triangolo scaleno
Il tronco di cono
La robotica applicata alle esplorazioni spaziali
La sfera
Moltiplicazione di due polinomi
Operazione coi numeri razionali: divisione
Operazione coi numeri razionali: somma e sottrazione
Potenza di un numero razionale
Primo teorema di Euclide
Prodotti di numeri relativi
Produzione robotizzata di microprocessori
Proprietà dell'addizione
Proprietà della moltiplicazione
Proprietà della sottrazione
Proprietà delle potenze
Radice cubica
Radice quadrata di un numero razionale
ANGOLI_HD
ANGOLI_SD
Angoli.associati.parte1
Angoli.associati.parte2
Angoli al centro della circonferenza HD
Lezioni di geometria Gli angoli
Lezioni di geometria Gli angoli SD
Sezioni coniche
Scomposizione in fattori primi
Secondo teorema di Euclide
Sottrazione di numeri interi relativi
Teorema dei seni
Teorema del coseno
Teorema di Talete
Toro
Videogames dell'ultima generazione
Realtà aumentata: le nuove frontiere dell'informatica
MATEMATICA Geometria
Angoli - HD
Angoli - SD
Angoli associati parte1
Angoli associati parte2
Angoli al centro della circonferenza HD
Lezioni di geometria -Gli.angoli
Lezioni di geometria -Gli angoli SD
Matematica e Informatica media
Schema di funzionamento del Compact Disk
Addizione di numeri interi relativi Addizione
di polinomi
Analisi aerodinamica applicata allo Sport
Definizione dell'operazione di addizione
Definizione di Massimo Comun Divisore
Definizione di Minimo Comune Multiplo
Definizione di Prodotti notevoli
Definizione di coseno
Definizione di divisione
Definizione di equazione di primo grado
Definizione di moltiplicazione
Definizione di monomio
Definizione di multiplo
Definizione di numeri interi relativi
Definizione di numeri razionali
Definizione di numero primo
Definizione di polinomio
Definizione di potenza
Definizione di prodotti notevoli
Definizione di radice cubica
Definizione di seno
Definizione di sottrazione
Definizione di tangente
Definizione ed estrazione di radice quadrata
Divisione di numeri relativi
Elevamento a potenza di numeri relativi
I tre criteri di similitudine dei triangoli
I tre criteri di uguaglianza dei triangoli
Il Teorema di Pitagora
Il cilindro
Il cilindro cavo
Il cono
Il cubo
Il doppio
cono
Il toro
Il triangolo equilatero
Il
triangolo rettangolo
Il
triangolo scaleno
Il tronco
di cono
La
robotica applicata alle esplorazioni spaziali
La sfera
Moltiplicazione di due polinomi
Operazione coi numeri razionali: divisione
Operazione coi numeri razionali: somma e sottrazione
Potenza
di un numero razionale
Primo
teorema di Euclide
Prodotti
di numeri relativi
Produzione robotizzata di microprocessori
Proprietà
dell'addizione
Proprietà
della moltiplicazione
Proprietà
della sottrazione
Proprietà
delle potenze
Radice
cubica
Radice
quadrata di un numero razionale
Angoli -
HD
Angoli -
SD
Angoli associati parte 1
Angoli associati parte 2
Angoli al centro della circonferenza (HD)
Lezioni di geometria - Gli angoli
Lezioni di geometria - Gli angoli (SD)
Sezioni
coniche
Scomposizione in fattori primi
Secondo
teorema di Euclide
Sottrazione di numeri interi relativi
Teorema
dei seni
Teorema
del coseno
Teorema
di Talete
Toro
Videogames dell'ultima generazione
Realtà
aumentata: le nuove frontiere dell'informatica
COME RISOLVERE I PROBLEMI DI MATEMATICA.
COS'E' UN PROBLEMA DI MATEMATICA?
1.
Come prima cosa, occorre sapere se si è capito cos'è un problema di matematica,
com'è costruito e a cosa serve.
Un problema di matematica è una situazione o un enunciato che contiene:
Informazioni per:
La storia nella quale ci si trova.
Dare un nome o precisare chi sono gli individui o gli oggetti che sono
all'interno di questa storia.
Indicazioni che permetteranno di rispondere alla domanda che ci viene posta.
Domande alle quali dobbiamo rispondere, utilizzando le informazioni che ci sono
state date.
Ci sono tre tipi di domande:
Le domande che aiutano a capire il testo del problema.
Le domande che aiutano a trovare (o a calcolare) le informazioni che ci mancano.
La domanda finale che è anche la soluzione del problema.
La prima cosa da fare è quindi distinguere le diverse domande ed i loro
contenuti.
2. CAPIRE L'ENUNCIATO
La seconda tappa è assicurarsi che si abbia capito ciò che si ha letto.
Si può sapere leggere benissimo senza avere per forza capito quello che si ha
appena letto, sia perché alcune parole sembrano prive di senso sia perché la
situazione o la storia che si è presentata non ha, ne capo ne coda. Essere
sicuri di aver capito tutte le parole dell'enunciato. Cercate di identificare le
parole che non appartengono al vocabolario abituale, chiedetevi e spiegate cosa
significano queste parole. Se necessario, consultate un vocabolario per prendere
l'abitudine di cercare nel vocabolario ciò che non si capisce. Oltre alle
parole, si può benissimo non capire l'insieme dell'enunciato, semplicemente
perché non si riesce a "visualizzare" e a rappresentarsi la situazione. Spiegare
o semplicemente riassumere a parole o con l'aiuto di un disegno o di uno schema.
3. CAPIRE LA RICHIESTA.
La situazione è capita. Si deve ora capire cosa viene richiesto dal problema.
In altre parole, si deve individuare:
La domanda finale.
Le domande che sono di aiuto a rispondere alla domanda finale.
4. TROVARE GLI INDIZI.
Individuare tutte le informazioni che servono a trovare la soluzione e che sono
contenute nell'enunciato ma che sono spesso nascoste o codificate. Bisogna
dunque trasformarsi in un detective per identificare tutte le informazioni da
utilizzare per riuscire a rispondere alle domande. Se si è capito la domanda
finale, trovate nel testo dell'enunciato:
Tutti gli elementi di risposta.
Le informazioni o gli indizi che possono aiutare a trovare le informazioni che
mancano.
5. TRADURRE GLI INDIZI (LE INFORMAZIONI) IN OPERAZIONI.
Quando si sono recuperati tutte le informazioni che sono necessarie, occorre
tradurle in operazioni matematiche:
Addizioni Sottrazioni Moltiplicazioni Divisioni.
6. VERIFICARE IL LAVORO SVOLTO.
Rileggere e verificare il proprio lavoro è fondamentale. E', e sarà in futuro,
l'unico modo che si ha a disposizione per auto-correggersi e continuare a
progredire da soli senza ricorrere ad aiuti esterni, un passo fondamentale per
l'adulto che diventerà.
Glossario
Matemàtica.
Scienza che studia le proprietà dei numeri, delle figure e delle grandezze. ║ M.
pura: studio dei problemi matematici considerati indipendentemente da ogni
applicazione pratica. ║ M. applicata: studio di problemi matematici in vista
dell'applicazione agli usi di altre scienze. ║ M. attuariale: teoria matematica
che studia la tecnica delle assicurazioni in base alle statistiche e al calcolo
delle probabilità. ║ M. finanziaria: applicazione della m. allo studio delle
operazioni finanziarie caratterizzate da movimenti di capitale e servizi
disponibili o esigibili con particolari modalità. ║ Analisi matematica: ramo
della m. che affronta i problemi dell'algebra classica, in particolare del
calcolo combinatorio, delle equazioni algebriche in campo reale e complesso e
dell'analisi infinitesimale, basata sullo studio delle funzioni a valori reali o
complessi. Un settore fondamentale dell'analisi matematica è costituito
dall'analisi funzionale, che studia le proprietà di opportuni spazi, detti spazi
funzionali, i cui punti sono funzioni; tale settore è un esempio di come
interagiscano tecniche algebriche e analitiche, consentendo di affrontare e
risolvere problemi analitici grazie ad analogie geometriche.
- Ord. scol. - Disciplina scolastica.
- St. - La m. fu, in origine, la scienza che si occupava dei calcoli e delle
misure: scienza pratica, legata agli oggetti del suo studio (i numeri e le
figure). Fu soltanto nel XIX sec., dopo la rivoluzione provocata dallo studio
delle funzioni, cioè delle grandezze variabili, che la m. si affermò come
scienza astratta, liberata dal suo oggetto di studio e definita dal suo metodo,
quindi in grado di contribuire allo sviluppo di vari campi di ricerca
scientifica. Per giungere a tali risultati la m. dovette compiere un cammino di
secoli, iniziatosi con lo sviluppo stesso della civiltà. ║ Darigini all'età
classica: le prime testimonianze della conoscenza e dell'uso della m. risaterzo
millennio a.C., epoca in cui l'uomo si trovò nella necessità di inventare
utodologia per risolvere i problemi di misurazione che quotidianamente gli si
presentavano nel commercio, nella navigazione, nell'astronomia, nel calcolo del
calendario, ecc. La civiltà maya, ad esempio, utilizzò la m. per la risoluzione
di problemi astronomici e per la misurazione del tempo; i loro calcoli furono
sorprendentemente precisi, tanto che il loro calendario civile (di 365,2420
giorni) si avvicina alla durata assoluta dell'anno solare (365,2422 giorni) più
di quanto faccia quello gregoriano (365,2425 giorni), di parecchi secoli
posteriore. In Cina, nel XIII sec a.C., veniva utilizzato un sistema di
numerazione decimale simile al nostro sistema posizionale. Più ricca e minuziosa
è la documentazione sulle conoscenze matematiche degli Egizi e dei Babilonesi:
già anteriormente al 2.000 a.C. erano in grado di eseguire calcoli (anche
frazionari), determinare aree e volumi, risolvere problemi di 1° e 2° grado,
come attestano papiri e tavolette giunti fino a noi. Tra il VII e il VI sec a.C.
anche i Greci vennero a conoscenza della m., grazie ai contatti diretti o
mediati con questi popoli medio-orientali. Ai Greci spetta, però, il merito di
aver fatto della m. una scienza deduttiva, basata sul ragionamento. Il secolo
d'oro della m. greca (III sec. a.C.) ebbe le sue premesse in Talete di Mileto (VI
sec. a.C.) e nei pitagorici (VI-V sec. a.C.), che diffusero una visione della m.
e dei numeri più mistica che scientifica (tutte le cose sono individuate da un
numero che permette di conoscerle; tutti i rapporti di grandezze sono
esprimibili con rapporti di numeri interi). In opposizione alla scuola dei
pitagorici si pose la scuola di Elea e in proposito sono noti i paradossi di
Parmenide e di Zenone. Una svolta decisiva si ebbe con la scoperta
dell'esistenza di grandezze incommensurabili (la diagonale e il lato del
quadrato, un segmento e la sua parte aurea), che portò alla formulazione della
teoria delle proporzioni da parte di Eudosso di Cnido (IV sec. a.C.), al
superamento della dottrina pitagorica e all'affermazione della teoria platonica
delle idee. Il III sec. a.C. vide il massimo sviluppo della m. ellenica: ne sono
un esempio gli Elementi di Euclide, prima trattazione sistematica e rigorosa
delle conoscenze matematiche acquisite fino ad allora, e gli studi di geometria
compiuti da Archimede (calcolo del pi greco, π, con il metodo delle
approssimazioni successive, determinazione dei volumi del cilindro e della
sfera, ricerche sulle curve) e da Apollonio di Perge (teoria delle sezioni
coniche). In particolare Archimede si distaccò dal metodo platonico e impostò le
sue ricerche affiancando al rigore nei ragionamenti l'applicazione tecnica
esatta. Tale applicazione non poté sfociare nella fondazione dell'analisi
infinitesimale perché le correnti filosofiche allora dominanti, platonica e
aristotelica, non consentivano di considerare l'infinito in atto. I secoli
successivi furono caratterizzati dal conseguimento di nuovi risultati nella
trigonometria, nell'aritmetica (Diofanto, III sec. d.C.) e nella geometria
(Pappo). Dopo il IV sec. lo studio della m. decadde presso i Greci, sostituito
da un interesse sempre più focalizzato verso l'astronomia, e anche a Roma la m.
venne usata esclusivamente in funzione delle sue applicazioni pratiche di
calcolo. Nello stesso periodo, invece, in India cominciarono a diffondersi studi
matematici originali caratterizzati dalla tendenza a privilegiare l'aspetto del
calcolo numerico piuttosto che il rigore delle dimostrazioni. I calcoli venivano
eseguiti sulla base di un sistema numerico posizionale decimale, fondato cioè
sull'uso di nove cifre, dotate di un valore di posizione, e dello zero. Il
trattato Sūryasiddhānta (forse V sec.) illustra per la prima volta questo
sistema di numerazione. Altri studi di matematici indiani furono associati al
campo dell'astronomia (Ārybhata, V-VI sec.; Brahmagupta, VI-VII sec.). Il sapere
dei Greci, comunque, non andò perso, ma servì di base ai successivi studi
condotti dagli Arabi. ║ Dall'Alto Medioevo al XVI sec.: gli Arabi ebbero il
grande merito di raccogliere l'eredità scientifica del mondo greco e indiano,
sviluppando i propri studi nella scia dell'influsso alessandrino e superando le
difficoltà di fronte alle quali si erano fermati i matematici precedenti. Quando
nel 762 il califfo Al-Mansūr scelse Baghdad per farne la capitale scientifica
del Regno, l'Occidente stava attraversando un periodo di decadenza. L'opera
scientifica dei Greci fu quindi raccolta, tradotta e assimilata dai matematici
arabi che integrarono la scienza alessandrina con le conoscenze astronomiche e i
procedimenti di calcolo conosciuti in India e sconosciuti fino ad allora al
mondo occidentale. Tra i matematici arabi spicca Al-Khuwārizmī (IX sec.),
geniale autore di opere fondamentali sul metodo di numerazione e sulle
operazioni per semplificare le equazioni, al quale si deve l'origine dei termini
algoritmo e algebra. Gli apporti fondamentali della cultura araba nel campo
della m. furono introdotti in Occidente da Leonardo Fibonacci, che nei suoi
libri Liber abaci (1202) e Practica geometriae (1220) dimostrò di aver appreso e
assimilato molte delle conoscenze matematiche arabe. Dopo una stasi di quasi tre
secoli si assistette ad una nuova e più efficace divulgazione del pensiero
matematico arabo grazie all'opera di Luca Pacioli (1494). Ad essa attinsero gli
studiosi successivi e in particolare gli algebristi italiani (S. Dal Ferro, N.
Tartaglia, G. Cardano, L. Ferrari. R. Bombelli), i quali riuscirono a risolvere
le equazioni di 3° e 4° grado superando così i limiti delle conoscenze
matematiche dei Greci. ║ I secc. XVII e XVIII: la tradizione algebrica italiana
fu ereditata e portata avanti in Francia da Viète, Cartesio e Fermat, tra la
fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. Essi si dedicarono allo
studio dei rapporti tra geometria e algebra creando così una nuova disciplina
matematica definita geometria analitica. Con l'introduzione del sistema di
coordinate (gli assi cartesiani) per rappresentare le figure geometriche, fu
possibile stabilire una corrispondenza biunivoca fra i punti del piano e le
coppie di numeri reali, con il risultato che ogni problema geometrico poté
essere ricondotto a un problema numerico e viceversa e quindi anche nella
geometria il calcolo prese il posto delle precedenti dimostrazioni rigorose. Non
solo, ma creando il primo strumento atto allo studio di grandezze variabili, la
geometria analitica divenne essenziale per l'applicazione dei metodi matematici
alla fisica e, al tempo stesso, premessa al calcolo infinitesimale, elaborato da
Leibniz e Newton nel corso del XVII sec. Tale metodo rivelò immediatamente il
suo potenziale innovativo e la sua utilità pratica per la risoluzione dei
problemi legati alle funzioni. I progressi dell'analisi infinitesimale furono
quindi rapidi, anche grazie agli studi di E. Torricelli e I. Barrow, e per tutto
il Settecento nuovi risultati furono conseguiti da matematici quali J. Bernoulli,
L. Eulero (Introduzione all'analisi infinitesimale, 1748; Istituzioni di calcolo
differenziale, 1755; Istituzioni di calcolo integrale, 1768-70), G.L. Lagrange
(Meccanica analitica, 1811-15), G. Monge (Applicazione dell'analisi alla
geometria, 1795), A.-L. Cauchy e K.T.W Weierstrass. ║ I secc. XIX e XX:
nell'Ottocento ebbe inizio una profonda rivoluzione del pensiero matematico che
portò lo studio della m. ad essere sempre più svincolato dalla necessità di una
corrispondenza tra enti matematici (logica) ed enti naturali (realtà), rendendo
la m. oggetto di ricerche anche dal punto di vista delle speculazioni
filosofiche. Questa tendenza innovativa portò, da un lato, allo sviluppo della
teoria degli insiemi ad opera di G. Cantor e alle successive teorie matematiche
di David Hilbert, dall'altro alla nascita di una vera e propria filosofia della
m., che ebbe tra i suoi sostenitori G. Boole, E. Shröder, G. Frege. Entrambi i
fenomeni rispecchiano e illustrano la tendenza, tipica del XIX sec.,
all'astrazione e alla ricerca di un nuovo assetto della m., in grado di
privilegiare l'aspetto logico della disciplina su quello più "applicativo".
Anche lo studio della geometria subì l'influenza di questo spirito di
astrazione, tanto che N.I. Lobacevskij e J. Bolyai, ipotizzando la possibilità
di geometrie non-euclidee che non tenessero più in considerazione il postulato
euclideo delle parallele (unicità della parallela da un punto a una retta in un
piano), risolsero per la prima volta il problema logico dell'indimostrabilità
del suddetto postulato. Nel XX sec. si accentuò la tendenza all'astrazione,
unitamente alla esigenza di un'unificazione concettuale dei vari settori della
ricerca matematica; proseguirono inoltre, con rinnovato vigore, gli studi sui
fondamenti della m., già iniziati nella seconda metà del XIX sec., al fine di
elaborare una spiegazione generale della m. come disciplina. Ebbe grande
sviluppo il settore della logica matematica, che rese possibile affrontare il
problema di una sistematizzazione e chiarificazione dell'intero pensiero
matematico; il dibattito sui fondamenti della m. proseguì comunque lungo tutto
il secolo, dando vita a numerose scuole di pensiero (ad esempio il Bourbakismo,
da N. Bourbaki), fino ai nostri giorni. Nella seconda metà del secolo, con la
comparsa e la diffusione degli elaboratori elettronici, si svilupparono nuovi
ambiti della ricerca matematica, quali l'analisi degli automi e la teoria
dell'ottimizzazione; il calcolo numerico, inoltre, perse il carattere empirico e
artigianale dei secoli precedenti, per divenire una disciplina rigorosa,
finalizzata alla risoluzione numerica di problemi matematici ed allo studio di
nuovi settori ad essa connessi, quali la teoria degli errori, l'analisi della
stabilità e della convergenza dei risultati. Un altro indirizzo di sviluppo
della m. del XX sec. derivò dal massiccio utilizzo di metodi statistici e
probabilistici nei più diversi campi e dalla prospettiva dell'applicazione di
tali metodi in ambiti sempre più vari e diversificati. Accanto a tutto ciò sono
comunque proseguiti anche gli studi relativi all'analisi matematica (L.
Fantappiè, V. Volterra, H.M. Morse, G.A. Hunt), all'algebra (D. Hilbert, A.
Weil, A. Albert, M. Hall) e alla geometria (E. Bertini, C. Segre, F. Severi).
Fibonacci, Leonardo.
Pseudonimo di Leonardo Bigollo. Matematico italiano. Giovanissimo, si recò in
Algeria ed in altri paesi del Levante, dove s'iniziò agli studi matematici.
Rientrò in Italia nel 1200; nel 1202 pubblicò il Libro d'Abaco, opera di
aritmetica ed algebra in 15 capitoli. Nel 1220 pubblicò la Pratica della
geometria, che contiene regole per la misura delle lunghezze, delle aree e dei
volumi, e per la divisione delle figure. Fra le altre opere, fondamentale è
inoltre il Liber quadratorum, che studia i numeri i cui quadrati, aumentati o
diminuiti di uno stesso numero, dànno ancora un quadrato (Pisa 1175 circa-1250
circa).
Insieme.
Il concetto di i. venne formulato fin dall'età greca dai matematici e
considerato un concetto primitivo, cioè tale da poter essere chiarito al massimo
mediante sinonimi, ma non con definizione. Consideriamo l'i. delle lettere
contenute in una pagina di questo libro, poi l'i. delle vocali della stessa
pagina (che è un sottoinsieme proprio del precedente), l'i. delle consonanti,
l'i. delle maiuscole, l'i. delle minuscole, l'i. delle lettere "a", e così via.
In tutti questi casi si vede come il concetto d'i. (e quello derivato di
sottoinsieme) non possa essere definito in termini più intuitivi di quanto dica
da solo il termine impiegato. Si comprende quindi come per molti secoli sia
l'analisi matematica che l'algebra che la geometria utilizzassero il concetto di
i. senza occuparsi della sua definizione: frasi come "l'i. dei punti di una
retta", "l'i. dei numeri naturali" ecc. erano perfettamente comprese. Proprio
per la sua semplicità e generalità il concetto di i. può essere applicato
indipendentemente dalla natura degli elementi: ne consegue che le leggi ricavate
per gli i. si possono trasferire tali e quali nei più svariati campi della
matematica. Lo studio delle proprietà degli i. e delle leggi che definiscono i
rapporti fra un i. ed i suoi membri come pure fra due o più i. e fra gli
elementi di un i. e quelli di un altro fu posto su basi scientifiche da Georg
Cantor (1845-1918) verso il 1880. A Cantor si fa risalire la nascita di una
nuova branca della matematica, detta appunto teoria degli i. Secondo questo
studioso si dice i. "una qualunque collezione, intesa come un tutto, di oggetti
definiti e distinti dalla nostra intuizione o dal nostro pensiero". Il periodo
di Cantor viene però oggi visto come l'inizio del "periodo storico" della teoria
degli i.: oggi le ricerche in questo campo sono ben oltre le formulazioni di
Cantor. Oggi la stessa teoria degli i. è già divisa in due campi: lo studio
degli i. immersi in un ambiente e degli i. in generale. Mentre la prima branca è
strettamente collegata alle altre branche della matematica, la seconda
rappresenta il massimo grado di speculazione raggiunto nelle scienze esatte. Nel
seguito sarà adottata un'esposizione che ricalca approssimativamente lo sviluppo
storico della teoria degli i. in generale: se ne farà quindi l'estensione agli
i. immersi in un ambiente. ║ La scoperta di Cantor: secondo questo studioso si
dice i. una qualunque collezione, intesa come un tutto, di oggetti definiti e
distinti dalla nostra intuizione o dal nostro pensiero. Questa definizione dice
poco più di niente. Infatti un i. viene definito come una collezione: questo
termine non è se non un sinonimo d'i. e non è affatto più intuitivo. Inoltre si
possono avanzare dubbi sulla possibilità di concepire una "collezione di oggetti
distinti" come un tutto. A prescindere dalla validità della definizione di
Cantor, assumeremo come intuitivo il concetto d'i., secondo quanto detto prima.
La prima grande scoperta di Cantor fu la dimostrazione che anche gli i. infiniti
e non solo quelli finiti possono essere di diverse dimensioni e che non sempre
vale il concetto intuitivo dei geometri greci secondo il quale "il tutto è più
grande di una sua parte", sul quale è fondata tutta la geometria euclidea.
Consideriamo dapprima il secondo caso. Esaminiamo la serie dei numeri naturali
(cioè 1, 2, 3, 4, 5, ecc.). Se si domanda quale è il numero di numeri naturali
compresi fra 1 e 1.000 (inclusi) la risposta è ovvia: 1.000. Se si chiede quanti
sono i numeri (naturali) pari compresi fra 1 e 1.000 la risposta è immediata:
500. Se invece di considerare 1.000 come limite consideriamo un numero N
(naturale) grande quanto si vuole e ad es. sempre maggiore di 1.000, il numero
dei numeri naturali compresi fra 1 e N (inclusi) è N; invece il numero dei
numeri (naturali) pari compresi fra 1 ed N è N/2 se N è pari ed (N-1)/2 ≅ N/2 se
N è dispari. Per estensione si è portati a credere che il numero dei numeri pari
esistenti sia la metà del numero dei numeri naturali esistenti, dato che quanto
sopra detto è valido per un N grande a piacere. Cantor dimostrò invece che
questa deduzione non è corretta. Fra la serie dei numeri naturali e la serie dei
numeri naturali pari esiste una corrispondenza biunivoca che, ad es., associa
ogni numero naturale col suo doppio (sicuramente pari). Costruiamo quindi le due
serie:

Come si vede ad ogni termine di una serie si può far corrispondere univocamente
un termine dell'altra (cioè dato un numero della prima serie è sempre possibile
trovarne il corrispondente nella seconda e viceversa) onde il numero di termini
delle due serie deve essere lo stesso. Ne consegue che i due i. sono, secondo un
termine introdotto da Cantor, equipotenti. Nello stesso modo si può dimostrare
che la serie dei numeri razionali (cioè dei rapporti fra numeri interi) è
equipotente con la serie dei numeri naturali. Infatti ordiniamo tutti i numeri
razionali con il seguente criterio: a) in successione crescente del valore della
somma di numeratore e denominatore; b) nel caso di frazioni con somma uguale, in
ordine di numeratore crescente. È facile dimostrare che l'i. SR dei numeri
razionali così ordinati è in corrispondenza biunivoca coll'i. dei SN numeri
naturali. Infatti si può scrivere:

Tenendo conto che la SR si può anche scrivere nel seguente modo:

si vede che la SR costituisce un i. di cui la SN è un sottoinsieme proprio. Data
la corrispondenza che si può stabilire fra ogni termine dei due i., essi sono
equipotenti. In entrambi questi casi non vale l'assioma euclideo secondo cui un
tutto è sempre maggiore di ogni sua parte. Cantor introdusse il concetto di
cardinalità di un i.: il numero cardinale transfinito di un i. è press'a poco
quanto è stato chiamato potenza dell'i. Egli formulò anche un'importante
deduzione: tutti gli i. aventi la stessa cardinalità dell'i. dei numeri naturali
(e che quindi possono essere messi in corrispondenza biunivoca, elemento con
elemento, con l'i. dei numeri naturali) sono anche numerabili, cioè i loro
elementi possono essere ordinati in modo che ognuno di essi possa essere
inequivocabilmente indicato col numero naturale che ad esso corrisponde nell'i.
dei numeri naturali. Diremo £0 questa cardinalità; gli i. aventi cardinalità £0
sono tutti numerabili. La scoperta importante fu che non tutti gli i. hanno la
stessa cardinalità. Consideriamo ad esempio l'i. dei punti di una retta: è un i.
di infiniti elementi, come quello dei numeri naturali. È però impossibile
stabilire una corrispondenza biunivoca fra questi due i., mentre è possibile ad
es. stabilirne una fra i punti di un segmento o di una retta e quelli di una
semicirconferenza, come è mostrato in figura con un esempio geometrico. Diciamo
£c la cardinalità di un simile i. continuo, secondo Cantor); essa è anche la
cardinalità di una regione di piano, di una regione di spazio, di una regione di
iperspazio e così via. Secondo Cantor tutte le possibili cardinalità di i. sono
comprese fra £0 e £c: oggi questa affermazione è stata negata (anzi, si è
addirittura negata l'ipotesi del continuo) nella cosiddetta teoria degli i.
non-cantoriani. La grande scoperta di Cantor consiste però nella dimostrazione
dell'esistenza di i. di potenza diversa da £0. A ciò si arriva attraverso il
concetto di i. di tutti i sottoinsiemi. Si consideri un certo i. I, finito o
infinito, e si costruiscano tutti i suoi possibili sottoinsiemi, compreso l'i.
vuoto (indicato con ∅) cioè l'i. che, per definizione, non contiene alcun
elemento. Consideriamo l'i. di tutti questi sottoinsiemi di I, che chiameremo J.
Si può dimostrare rigorosamente che I e J non sono equipotenti, anzi, che se p è
la potenza di I la potenza di J è2P. Come esemplificazione consideriamo il caso
in cui I sia finito, ed in particolare sia costituito da 3 elementi, ad es. i
tre simboli "&", "$" e "§". Scriveremo convenzionalmente:
I = (&, $,§)
Costruiamo ora tutti i possibili sottoinsiemi di I, chiamandoli S1, S2, ecc.,
iniziando dal sottoinsieme vuoto. Avremo:
S1 = ( ) (sottoinsieme vuoto)
S2 = (&)
S3 = ($)
S4 = (§)
S5 = (&, $)
S6 = (&, §)
S7 = ($, §)
S8 = (&, $, §)
Non esistono altri sottoinsiemi. S1, S2, ... S8 sono gli elementi di J: l'i. dei
sottoinsiemi di I ha quindi 8 elementi mentre I ne ha solo 3. Pertanto se n sono
gli elementi di I, gli elementi di J sono 2n nell'esempio da 3 elementi di I si
passa ad 8 = 23 per J ma la legge è generale, sia per i. finiti che per i.
infiniti. L'i. J. i. di tutti i sottoinsiemi di I, viene detto i. potenza di I
ed indicato col simbolo 2l. Se dunque L0 è la cardinalità di 1 (pensato come
finito o infinito), la cardinalità di J è 2£0. Costruiamo ora l'i. K. i. di
tutti i sottoinsiemi di J; esso comprenderà i termini:
( ); (S1); (S2); ... (S8); (S1, S2); (S1, S3);
...(S7, S8); (S1, S2, S3); (S1, S2, S4);
...(S1, S2, S3, S4, S5, S6, S7,S8).
L'i. K è l'i. potenza di J: esso è costituito da 2j elementi ovvero da

elementi. Sicuramente gli elementi di H sono in numero maggiore di quelli di J e
gli elementi di J sono in numero maggiore di quelli di I. L'operazione di
costruzione dell'i. di tutti i sottoinsiemi di un dato i. porta alla creazione
di una successione di i. fra loro non equipotenti, anzi, a potenza crescente via
via. Se l'i. di partenza è infinito, sia la prima potenza che le sue potenze
successive saranno pure infinite ma sempre a potenza crescente. Mediante questa
operazione otteniamo una successione di possibili potenze:

se n è la cardinalità dell'i. da cui si è partiti per costruire gli i. potenza.
Nel caso particolare in cui questo i. sia numerabile, e quindi abbia potenza £0,
la successione è la seguente:

Si dimostra in particolare che:

cioè che il secondo termine della successione delle potenze è uguale alla
potenza del continuo. Mediante altre considerazioni si arriva a determinare una
successione di numeri cardinali transfiniti:

problema del collegamento fra le due serie, che hanno in comune il primo
elemento, venne risolto mediante la cosiddetta ipotesi del continuo, oggetto di
forti contrasti fra i matematici ancora ai nostri giorni. Secondo questa ipotesi
i due secondi termini delle due successioni sono fra loro uguali, cioè:

e, generalizzando, anche i termini successivi sono fra loro uguali a coppie,
cioè genericamente:

Sulla negazione dell'ipotesi del continuo si basa la teoria non cantoriana degli
i., attualmente in fase di sviluppo. È da notare che questo fatto non è per
nulla singolare. Si pensi ad esempio allo sviluppo della Geometria, che per
secoli fu euclidea e cioè basata sul postulato che per ogni punto passa una ed
una sola retta parallela ad una retta data. La storia della scienza insegna come
la negazione di questo postulato ad opera di Gauss e Riemann abbia portato alla
creazione di nuove geometrie, non-euclidee, ma non meno vere di quella euclidea,
tanto che hanno trovato applicazione con successo in molti campi della fisica,
ad esempio nella formulazione della teoria della relatività. Le teorie degli i.
che negano i presupposti di Cantor sono dette teorie non standard o
non-cantoriane e sono in fase di sviluppo solo ai nostri giorni. L'ipotesi del
continuo di Cantor, oggetto della scissione della teoria degli i., equivale ad
affermare che non esistono i. dotati di cardinalità intermedia fra £0 e £1, fra
£1 e £2, ecc. Vale a dire che la successione dei numeri cardinali transfiniti è
discreta. Per quanto Cantor cercasse di dimostrare l'esistenza di un simile tipo
di i. non ebbe mai successo, donde la sua conclusione. Ma, è ovvio chiedersi, un
simile tipo di i. esiste o no? Il fatto che né Cantor ne gli altri lo abbiano
mai trovato non dimostra nulla. Soltanto Gödel pose fine alle discussioni
sull'argomento dimostrando che, seppure l'ipotesi del continuo non poteva essere
dimostrata come vera, non poteva nemmeno essere dimostrata falsa: questo
significa che sia la teoria cantoriana che la teoria non standard (o ristretta)
degli i. hanno la stessa validità concettuale, come si dirà poi. ║ Il paradosso
di Russel: una profonda revisione critica della teoria degli i., che va sotto il
nome di crisi dei fondamenti, fu innescata da un paradosso (o antinomia)
scoperto nel 1902 dal giovane Bertrand Russel sugli i. degli i. che non sono
membri di se stessi. Consideriamo il caso dell'i. di tutti gli uomini: esso è
sicuramente diverso da un uomo e quindi non può essere un elemento di se stesso.
Potremo quindi dire che un i. di questo tipo è un i. regolare o i.-R. Vi sono
però anche dei casi in cui un i. contiene se stesso, cioè è un membro di se
stesso. Ad esempio "l'i. di tutti gli enti descrivibili con 13 parole in lingua
italiana" contiene se stesso in quanto è descritto proprio con 13 parole (fra
virgolette) in lingua italiana. Gli i. di questo tipo saranno detti i.
irregolari o i.-NR (non-regolari). Consideriamo ora l'i. Y di tutti gli i.-R.
cioè che non contengono se stessi. Allora Y sarà un i.-R o un i.-NR.
Consideriamo i due casi separatamente: A) Sia Y un i.-R, cioè che non contiene
se stesso. Allora, dato che Y e l'i. di tutti gli i.-R, deve contenere anche se
stesso, e quindi è un i.-NR, contrariamente a quanto abbiamo supposto. B) Sia Y
un i.-NR, cioè che contiene se stesso. Allora Y deve appartenere ad Y stesso, e,
dato che questo comprende solo i.-R. deve essere anch'esso un i.-R,
contrariamente a quanto supposto. Come si vede sia supponendo che Y sia un i.-R
che un i.-NR si giunge ad un paradosso, risolvibile solo affermando che Y non
può essere né un i.-R né un i.-NR. Questa affermazione va però contro l'ipotesi
che tutti i sistemi siano di un tipo o dell'altro. Il paradosso di Russel è
stato oggetto di diverse volgarizzazioni che, pur perdendo la rigorosità di
formulazione, hanno il pregio di renderlo di più immediata comprensione. Una
delle più note è il cosiddetto paradosso del postino. Si abbia un certo paese,
uno degli abitanti del quale svolge il lavoro di postino per tutto il paese.
Egli deve prendere e consegnare ai destinatari tutta la posta delle persone che
non se la prendono da sole, mentre non deve prendere e consegnare la posta delle
persone che se la prendono da sole. Che ne sarà della posta indirizzata a lui?
Se la prende non la deve prendere perché non deve prendere la posta di coloro
che se la prendono da soli. Se non la prende la deve prendere perché deve
prendere la posta di tutti coloro che non la prendono da soli. La soluzione a
questa antinomia esiste: si può negare che esista il postino o addirittura che
esista il paese: non è invece possibile confutare il modo così semplice
l'antinomia di Russel nella sua formulazione rigorosa. Per inciso è da notare
che si può ravvisare in questo paradosso un certo parallelismo con il famoso
paradosso di Protagora ed Euatlo. Euatlo fu allievo di Protagora, con l'accordo
che avrebbe pagato il maestro non appena avesse vinto una causa nel foro. Dato
che Euatlo ritardava l'ingresso nel foro, Protagora gli fece causa.
L'argomentazione di Protagora fu di questo tono: "Euatlo mi deve pagare
comunque: se vince questa causa perché ha vinto la sua prima causa; se perde
questa causa perché il tribunale lo condanna a pagare". La risposta di Euatlo
dovette essere di questo genere: "Io non devo comunque pagare Protagora,
comunque vada la causa: se la perdo non devo pagare perché non ho ancora vinto
nessuna causa; se la vinco perché il tribunale sentenzia che non devo pagare".
D'altra parte questi paradossi non sono gli unici. Val la pena di ricordare, per
l'influenza che ebbe sulle riflessioni di molti matematici, il cosiddetto
paradosso del mentitore che ricorderemo in una forma estremamente semplice. Una
certa persona M afferma "io sto mentendo". Mente o dice la verità? Supponiamo
che M menta. Allora egli dice la verità, e quindi non mente. Supponiamo invece
che dica la verità. Allora egli mente perché dice di mentire e dice invece la
verità. ║ Le nuove formulazioni: il superamento della crisi dei fondamenti
iniziò con E. Zermelo che nel 1908 fondò la teoria assiomatica degli i.: i
concetti fondamentali non sono considerati intuitivi bensì come assiomi o
postulati che possono essere o meno accettati ma, una volta assunti come validi.
non vengono messi in discussione in tutta la costruzione logica che da essi
deriva. Questa concezione è perfettamente parallela a quella della geometria:
postulati ed assiomi enunciati da Euclide sono alla base di tutta la geometria,
senza che vengano discussi (salvo la negazione del postulato delle parallele già
citato, che dà origine alle cosiddette geometrie non euclidee). La sistemazione
degli assiomi della teoria degli i., sui quali sorvoliamo in quanto di
enunciazione a volte lunga e complessa, è dovuta a Zermelo ed A. Fraenkel. Quasi
tutti questi assiomi sono accettati senza discussioni: la deviazione fra teoria
standard e teoria non-standard sta nel fatto che questa rifiuta il cosiddetto
assioma della scelta, che possiamo così enunciare: siano A, B, C,... degli i. e
sia W l'i. di questi i. Se nessuno degli i. A, B, C,... è vuoto, esiste allora
un i. Z tale che contiene esattamente un elemento di ogni i. di cui è composto
W, cioè un elemento di A, un elemento di B, ecc. Ad esempio si abbia: A = i. di
tutte le vocali del presente volume; B = i. di tutte le consonanti di questo
volume: C = i. di tutti i numeri contenuti nel presente volume; D = i. di tutti
gli altri simboli stampati (esclusi cioè lettere e numeri) del presente volume.
Allora W = (A, B, C, D) sarà l'i. di tutti i simboli stampati del presente
volume. L'i. Z sarà quindi composto da una vocale, una consonante, un numero ed
un simbolo fra quelli contenuti nel presente volume, ad esempio potrà essere:
Z = (a, b, 1, ?)
È intuitivo che di i. Z in questo esempio ne esistono moltissimi, anche se in
numero finito perché è finito il numero di vocali, consonanti, numeri e simboli
presenti in questo volume e quindi anche il numero delle loro combinazioni 4 a
4. L'assioma della scelta appare più che intuitivo: sembra a prima vista strano
che esso possa essere oggetto di discussioni. Si pensi però agli i. infiniti ed
alla successione di i. infiniti di potenza sempre più grande di cui si è detto
sopra: che possibilità effettiva si ha di estrarre da ognuno un membro, di
operare una scelta fra queste infinite collezioni di infiniti termini? Né
d'altra parte questo teorema è di secondaria importanza. Esso infatti,
permettendo di estrarre da ogni i. un altro i. rappresentativo dei membri del
primo i. permette di ragionare sugli elementi di ogni i. e di generalizzarle col
metodo induttivo ben noto dalla matematica. La teoria assiomatica degli i., da
poco fondata, si trovava già divisa in due parti: teoria standard e teoria non
standard, la prima delle quali accettava l'assioma di scelta mentre la seconda
lo refutava. La parte di assiomi che entrambe le teorie accettavano e quindi le
costruzioni logiche che da essa derivano, venne detta teoria ristretta degli i.
║ Il teorema di Gödel: una pietra miliare nella storia della teoria degli i. fu
posta da Kurt Gödel e da Alonzo Church (1931 e 1936 rispettivamente) con
l'enunciazione di due famosi teoremi limitativi o teoremi d'incompletezza.
Esprimiamo con una parafrasi semplificativa il teorema di Gödel, dato che la
dimostrazione rigorosa è un po' laboriosa. Si tenga presente a questo proposito
il paradosso del mentitore già sopra citato. In un sistema qualsiasi, ad esempio
la nostra logica comune, si abbia un enunciato E così formulato: "questo
enunciato non è dimostrabile". Supponiamo che E sia dimostrabile. Allora, dato
che E dice di non essere dimostrabile, esso non è vero. Supponiamo che E non sia
dimostrabile. Allora, non essendo esso dimostrabile, esso afferma la verità,
quindi è vero. Pertanto potremo concludere che se E è dimostrabile non è vero
mentre se è dimostrabile non è vero. Oppure che E è vero se e solo se non è
dimostrabile. Ne consegue che il sistema in cui è stato espresso l'enunciato E è
incoerente (cioè consente la dimostrazione di un enunciato falso) oppure è
incompleto (cioè contiene delle verità indimostrabili). Successive deduzioni di
Gödel portarono a dire che se un sistema logico è consistente (cioè basato su
presupposti tali da non portare mai a contraddizioni interne) allora anche un
sistema basato sulla negazione di alcuni presupposti del primo sistema è pure
consistente. In particolare la consistenza della geometria euclidea comporta la
consistenza della geometria non euclidea; la consistenza della teoria non
standard degli i. comporterebbe quella della teoria standard e così via. In un
passo successivo Gödel dimostrò che la teoria ristretta degli i. e la teoria
standard degli i. hanno la stessa consistenza: vale a dire che l'ammissione
dell'assioma di scelta è inessenziale al fine della consistenza del sistema.
Anzi, egli dimostrò anche che l'ipotesi del continuo poteva essere assunta come
teorema per lo stesso motivo. Con questo non veniva dimostrata l'ipotesi stessa
ma veniva dimostrata l'impossibilità di formulare una qualsiasi dimostrazione
che la dimostrasse errata. Una delle altre importanti formulazioni di Gödel
riguarda la ω-incompletezza dei sistemi formali. Un sistema formale qualsiasi è
ω-incompleto allorché si possono formulare delle affermazioni non dimostrabili
nella loro generalità ma vere in tutti i casi particolari che sono umanamente
esaminabili in un tempo finito. Consideriamo un esempio famoso: la cosiddetta
congettura di Goldbach. Secondo questa affermazione, ogni numero naturale pari
maggiore di due è esprimibile come somma di due numeri primi. Ad esempio 6 = 1 +
5; 16 = 3 + 13; 20 = 3 + 17; 50 = 3 + 47; 100 = 17 + 83; 1.000 = 3 + 997; 2.884
= 881 + 2.003, ecc. Questa congettura fu enunciata nel 1742: nessuno finora è
riuscito a trovare un caso in cui la regola sopra detta non sia vera. Ma nessuno
è nemmeno riuscito a dimostrare che questa proprietà sia vera per qualsiasi
numero pari maggiore di due. Si tratta dunque (salvo nuovi sviluppi) di un caso
di omega -incompletezza: anche se i singoli casi che si possono presentare sono
tutti rispondenti all'enunciato non siamo in grado di affermare in assoluto che
questo è vero in quanto non è lecito astrarre la regola generale se non dopo
aver esaminato tutti i numeri pari, che sono però infiniti. Se considerassimo
invece il campo dei numeri naturali limitato superiormente ad esempio dal valore
10.000, è possibile dimostrare considerando tutti i numeri pari di questo campo
che la congettura di Goldbach è sicuramente veritiera. È da notare però che non
è ancora dimostrato che questa congettura è effettivamente un caso di
ω-incompletezza (anche se si è portati a crederlo): se lo fosse infatti sarebbe
dimostrato che non esistono numeri pari maggiori di 2 che non siano somma di due
numeri primi, il che equivarrebbe ad una dimostrazione della congettura di
Goldbach. D'altra parte questo non escluderebbe la possibilità di una
dimostrazione della congettura stessa; dal fatto che si tratta di un caso di
ω-incompletezza scaturirebbe solo la conseguenza che la congettura non è
dimostrabile nel sistema dei numeri reali e con le regole dell'aritmetica ma non
vieterebbe che essa fosse dimostrabile, ad esempio, coi metodi dell'analisi
infinitesimale. Un altro caso di probabile (ma non dimostrata) ω-incompletezza è
il cosiddetto ultimo teorema di Fermat secondo il quale se x, y e z sono tre
numeri naturali qualsiasi ed n è un numero naturale maggiore di 2 vale sempre la
relazione:
xn + yn ≠ zn
Il teorema di Church afferma invece che non esiste nessun algoritmo che possa
portare all'accettazione o alla negazione di un predicato del tipo "l'enunciato
E esprime una verità dell'aritmetica". Vale a dire che in ogni sistema esistono
sempre delle verità indimostrabili (si noti l'analogia con Gödel): in ogni
sistema formale manca sempre una procedura decisionale che può essere creata nel
sistema solo introducendo un nuovo sistema nel quale essa sia dimostrabile. Ma
questo sistema a sua volta avrà dei predicati indimostrabili e così via. Ci si
trova quindi di fronte ad un cerchio chiuso, che si può allargare fin che si
vuole ma resta sempre chiuso. Per quante assunzioni si facciano, in un certo
sistema esistono sempre delle verità che non possono essere dimostrate. Ci
troviamo di fronte ad una incapacità sistematica di fare tutte le assunzioni
necessarie per dimostrare tutte le verità dell'aritmetica. D'altra parte mentre
dal teorema di Gödel discende che non esiste calcolatore elettronico che possa
essere programmato in modo che produca tutti gli enunciati veri dell'aritmetica
e solo quelli, il teorema di Church dice che esistono dei problemi
dell'aritmetica che nessun calcolatore elettronico può essere programmato a
risolvere. Lo stesso si può dire anche di un ipotetico calcolatore umano, anche
operante a velocità grandissime. Si riscontra in questa conclusione una forte
analogia con il mondo della fisica. Come i nostri sensi possono concepire la
realtà solo in modo limitato, così la loro estensione attraverso strumenti
(rivelatori di radiazioni, microscopi, rivelatori di particelle atomiche e
subatomiche, ecc.) non ci porta alla conoscenza completa, per quanto raffinati
essi possano essere. Ciò in virtù di un principio di indeterminazione formulato
per la prima volta da Heisemberg: non è possibile conoscere in uno stesso
istante posizione e quantità di moto di una particella con un errore inferiore
ad un certo valore, proporzionale alla costante di Planck. Può sembrare che
queste limitazioni abbiano un effetto limitativo sulla possibilità di conoscenza
umana, ma non è così. Lo stabilire che un certo sistema (la matematica, la
descrizione della fisica, ecc.) comporta una limitazione non significa che lo
scibile sia finito all'interno del sistema: caso mai è una sfida ad estendere il
sistema, ad allargarne i limiti, anche se sappiamo già che non potremo mai
oltrepassarli. Sotto questo aspetto i teoremi limitativi, sia in matematica che
in fisica, rappresentano veramente una scoperta rivoluzionaria. ║ Enunciazione
formale: raccogliamo qui le principali proprietà degli i. e le leggi più
semplici della teoria degli i. in generale, che poi estenderemo agli i. immersi
in un ambiente, allo scopo di fornire il materiale di base della teoria degli i.
Nello stesso momento introdurremo la simbologia propria della teoria degli i.,
che è stata poi assorbita dall'algebra moderna. Si abbia un i. J; se un elemento
x appartiene ad esso diremo che x è un elemento di J ovvero appartiene a J e
scriveremo simbolicamente:

Per dire invece che x non è un elemento di J, cioè che non appartiene a J,
scriveremo:

oppure


ove il simbolo
ha il significato di negazione del predicato che segue. Per dire che l'elemento
x, l'elemento y e l'elemento z appartengono a J scriveremo:

oppure semplicemente

Dati due i. J e K definiamo intersezione di questi due i. un terzo i. I che
contiene tutti e soli gli elementi che appartengono sia a J che a K.
Simbolicamente scriveremo:

Dati sempre due i. J e K definiamo unione dei due i. un terzo i. I che contiene
tutti e soli gli elementi che appartengono a J, a K o ad entrambi.
Simbolicamente scriveremo:

Le operazioni di unione e d'intersezione godono della proprietà commutativa,
cioè:

In particolare l'unione (o intersezione) di un sistema con se stesso è uguale al
sistema di partenza. Vale a dire che:

L'i. vuoto per definizione non contiene alcun elemento. Esso si indica con il
simbolo ø. Si dimostra immediatamente che l'intersezione di un i. con ø produce
ancora ø mentre l'unione di un i. con ø produce l'i. di partenza. In simboli:

Per analogia con l'aritmetica, l'unione è anche detta somma mentre
l'intersezione è anche detta prodotto. Si vede come, assimilando ø a zero e J ad
un numero l'analogia abbia un significato, anche se può facilmente indurre in
errori. Le operazioni di unione e di intersezione godono della proprietà
commutativa. Se J, K, H sono tre i. si può scrivere che:

ovvero:

e così via. Dalla definizione dell'unione (o intersezione) di due i., date
queste proprietà, è possibile eseguire l'unione (o intersezione) di un numero
qualsiasi di i. Le operazioni di unione e di intersezione godono anche della
proprietà distributiva, secondo le seguenti formule:

Assegnato un i. J, diremo che l'i. H è un suo sottoinsieme se tutti gli elementi
di H sono contenuti in J e se le regole operative definite per J valgono anche
per H e viceversa. H sarà un sottoinsieme proprio di J se vi sono degli elementi
di J non contenuti in H; viceversa si dirà sottoinsieme improprio o
semplicemente sottoinsieme. Nel caso che H sia un sottoinsieme proprio di J si
scriverà

mentre se è un sottoinsieme improprio si scriverà:

È evidente che se H è un sottoinsieme improprio di J e J è un sottoinsieme
improprio di H consegue che H e J sono uguali. In simboli questo si scriverà:

È immediato dimostrare che se H è un sottoinsieme di J valgono le seguenti
relazioni:

Nell'ambito degli i. o fra i. si possono poi definire le proprietà transitive.
Ad es. se H è un sottoinsieme di J e K è un sottoinsieme di H, consegue che K è
un sottoinsieme di J. In simboli:

analogamente valgono le relazioni:

Naturalmente la proprietà transitiva può essere estesa al confronto fra più i. ║
I. immersi in un ambiente: supponiamo che esista un i. di cui tutti gli i. che
si possono definire siano dei sottoinsiemi: detto i. sarà chiamato universo o
ambiente ed indicato con A*. Il problema della definizione di un i. I si traduce
in questo caso nella definizione di una regola che serva per distinguere gli
elementi di I fra tutti gli elementi dell'universo. Ad es. consideriamo come
ambiente lo spazio euclideo, rappresentato con una terna di coordinate
cartesiane (x, y, z). Elementi ne sono tutti i punti. Un sottoinsieme di questo
ambiente è ad es. l'i. dei punti appartenenti ad un piano (o, semplicemente, un
piano), ad es. quello avente equazione z = 1. Se su questo piano consideriamo
una retta qualsiasi, abbiamo definito un sottoinsieme del piano, che a sua volta
è sottoinsieme dello spazio; anche la retta quindi è un sottoinsieme dello
spazio. Anche i punti interni al cubo di lato unitario ed avente un vertice in
(0, 0, 0), quello opposto in (1, 1, 1) e tre lati paralleli agli assi x, y e z è
un sottoinsieme dell'ambiente (o universo) ora detto. Supposta quindi
l'esistenza di un ambiente, sia J un i., che naturalmente è un sottoinsieme
dell'ambiente A*. Definiamo i. complemento o semplicemente complemento di J un
i., indicato con J, tale che:

vale a dire che il complemento di un i. J contiene tutti gli elementi
dell'ambiente che non sono contenuti in J. Naturalmente il complemento del
complemento di J, indicato con J, è ancora J. Per quanto riguarda la proprietà
distributiva, osserviamo che essa comporta la trasformazione dell'unione in
intersezione (o viceversa) allorché si applica la complementazione. Formalmente:

Queste relazioni vanno comunemente sotto il nome di leggi di De Morgan.
Osserviamo che è immediato dimostrare le due relazioni seguenti:

come è pure facile dimostrare, dato che l'i. vuoto è sottoinsieme di qualsiasi
i., che:

Queste due relazioni possono anche essere poste come definizione. Lo studio
degli i. immersi in un ambiente è la parte della teoria degli i. che ha
applicazione pratica più immediata, ad es. in geometria ed in topologia. ║
Algebra della logica: tralasciando tutte le conclusioni cui si può arrivare
mediante la teoria degli i., citiamo solo un nuovo ramo della logica matematica
che ha oggi una grandissima importanza. La matematica sviluppata da G. Boole
verso la metà del secolo scorso comprende due sole variabili, dette "vero" e
"falso" ovvero "1" e "0". L'algebra di Boole o algebra della logica, utilizzando
queste due variabili ed applicando le operazioni di congiunzione, unione,
complementazione, ecc. proprie della teoria degli i. costituisce una tecnica di
calcolo altrettanto valida quanto la matematica comune. Essa è utilizzata in
pressoché tutti i calcolatori elettronici numerici oggi costruiti.
Hilbert, David.
Matematico tedesco. Fornì fondamentali contributi a quasi tutti i rami della
matematica, dalla teoria dei numeri alla teoria delle forme a infinite
variabili, dove introdusse il primo esempio di spazio funzionale (spazio
hilbertiano). Il suo nome è però legato alla profonda revisione critica cui
sottopose la geometria euclidea (Fondamenti della geometria, 1899). H. fu il
primo matematico che presentò la geometria elementare come sistema
ipotetico-deduttivo, avvicinandosi ai concetti primitivi ed agli assiomi con
l'atteggiamento mentale tipico dell'assiomatica moderna. Però per H. la
geometria non si riduce a un puro gioco di regole convenzionali. Il suo sistema
assiomatico rimane pur sempre un tentativo di analisi logica della nostra
intuizione dello spazio. I concetti primitivi accettati da H. sono quelli di
punto, retta e piano; questi devono soddisfare alcune relazioni primitive che
sono espresse dalle parole "giacere, su, appartenere", "fra", "congruente". Gli
assiomi sono suddivisi in cinque gruppi: I) assiomi di collegamento o di
appartenenza; II) assiomi di ordinamento; III) assiomi di congruenza; IV)
assioma delle parallele; V) assiomi di continuità. Nel primo capitolo dei
Fondamenti, H. elenca gli assiomi e i più importanti teoremi che se ne deducono.
Nel secondo egli dimostra la non contradditorietà e l'indipendenza dei
postulati. Tratta poi della teoria delle proporzioni, dell'equivalenza e delle
varie geometrie-non: non archimedea, non pascaliana, non desarguesiana. Il
sistema assiomatico di H. non è simbolizzato: egli non usa il linguaggio
simbolico, ma quello ordinario: non è neppure completamente formalizzato perché
viene sottinteso in blocco tutto il complesso delle regole logiche in base alle
quali si conducono le deduzioni. H. si occupò anche di questioni di fisica
matematica e di problemi relativi al formalismo della meccanica quantistica
(Könisberg 1862 - Gottinga 1943).
Logicismo.
Indirizzo logico-matematico sorto nella seconda metà dell'800, principalmente ad
opera di Gottlob Frege. Esso va inquadrato nella tendenza dei matematici
dell'800 a ricondurre i concetti matematici entro principi sempre più elementari
(cioè logici) e rigorosamente definiti. Già ad opera di K. Weierstrass, G.
Cantor e R. Dedekind si era giunti a definire una completa teoria dei numeri
reali basata sul solo concetto di numero naturale; e con G. Peano si può
considerare conclusa la sostanziale aritmetizzazione di tutta la matematica.
Partendo di qui, il programma di Frege consisteva nell'affrontare l'analisi del
concetto di numero naturale per definirlo in termini puramente logici. In tal
modo l'intera matematica si sarebbe fondata sulla logica, ed essendo questa,
secondo le indicazioni kantiane, scienza del giudizio analitico a priori, si
sarebbe assicurata la base dell'intera conoscenza matematica. La teoria
elaborata da Frege consiste, in sintesi, nella riconduzione del concetto
(aritmetico) di numero intero a quello (logico) di classe, da cui vengono
ricavati gli assiomi matematici. È da notarsi che questo programma si rivela
essenzialmente opposto ad un'altra tendenza matematica che stava nascendo
contemporaneamente: quella assiomatica di D. Hilbert. Qui infatti i postulati di
base vengono dati senza necessità di analizzarli, e senza stabilire provenienze
logiche oppure intuitivo-fisiche. Ma il l. di Frege pervenne infine ad una
gravissima crisi (nota come "crisi dei fondamenti" della matematica), allorché
emersero dal suo sistema logico le cosiddette antinomie, cioè quesiti che in
ogni caso portano ad una contraddizione. L'analisi delle antinomie venne portata
avanti da B. Russel, che espose notevoli risultati nei suoi famosissimi
Principia Mathematica (in collaborazione con A.N. Whitehead, 1913); ma la
questione ancor oggi non appare interamente risolta. Il terreno sul quale si era
per primo posto Frege si rivelò comunque tanto suggestivo ed insieme complesso,
che molti notevoli studiosi vi si applicarono e tutt'ora vi si applicano.