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Matematica Glossario Matemàtica Fibonacci, Leonardo Insieme Hilbert, David Logicismo

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Ecdl-Patente Europea del Personal Computer

Patente Europea del Computer E C D L La storia dell'informatica Modulo 1 Concetti di base della tecnologia dell'informazione Modulo 2 Uso del computer e gestione dei file Modulo 3 Elaborazione testi. Microsoft Word Modulo 4 Il foglio elettronico Microsoft Excel Modulo 5 Basi di dati. Microsoft Access Modulo 6 Strumenti di presentazione Microsoft Power Point Modulo 7 Le reti informatiche

ECDL Quiz

Modulo 1 Modulo 2 Modulo 3 Modulo 4 Modulo 5 Modulo 6 Modulo 7

Geometria

Geometria Scienza delle Figure

GEOMETRIA PIANA - ELEMENTI FONDAMENTALI DELLA GEOMETRIA GEOMETRIA PIANA - GLI ANGOLI GEOMETRIA PIANA - IL CERCHIO GEOMETRIA PIANA - IL TRIANGOLO GEOMETRIA PIANA - LINEE SUL PIANO GEOMETRIA PIANA - QUADRILATERI E POLIGONI GEOMETRIA PIANA - SUPERFICI DEI POLIGONI GEOMETRIA SOLIDA - CILINDRI E PRISMI GEOMETRIA SOLIDA - CONI E PIRAMIDI GEOMETRIA SOLIDA - GLI ESAEDRI GEOMETRIA SOLIDA - LA SFERA GEOMETRIA SOLIDA - NOZIONI GENERALI GEOMETRIA SOLIDA - SOLIDI DI ROTAZIONE INFORMATICA - ALTRI SISTEMI OPERATIVI INFORMATICA - BASIC I DATI E LE PRIME ISTRUZIONI INFORMATICA - BASIC IL TRATTAMENTO DEI DATI INFORMATICA - BASIC LE FUNZIONI INTRINSECHE O PREDEFINITE INFORMATICA - BASIC LE ISTRUZIONI DI CONTROLLO INFORMATICA - BASIC LINGUAGGIO E AMBIENTE DI SVILUPPO INFORMATICA - BASIC PROCEDURE E FUNZIONI INFORMATICA - BASIC PROGRAMMI DOS, SUONO E GRAFICA INFORMATICA - BASIC RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - BASIC VETTORI E MATRICI INFORMATICA - BORLAND DELPHI INFORMATICA - CARATTERISTICHE DEI LINGUAGGI DI PROGRAMMAZIONE INFORMATICA - I DATA BASE INFORMATICA - I FILE INFORMATICA - I FILE RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - I LINGUAGGI DI PROGRAMMAZIONE INFORMATICA - I PACCHETTI APPLICATIVI INFORMATICA - I SISTEMI OPERATIVI INFORMATICA - I SISTEMI OPERATIVI RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - IL MULTIMEDIA INFORMATICA - IL SISTEMA OPERATIVO DOS INFORMATICA - IL SISTEMA OPERATIVO DOS RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - INTERNET E INTRANET INFORMATICA - INTRODUZIONE INFORMATICA - LA PROGRAMMAZIONE INTERFACCIA UTENTE INFORMATICA - L'AMBIENTE MICROSOFT WINDOWS INFORMATICA - LE APPLICAZIONI INFORMATICA - LE APPLICAZIONI RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - LE PERIFERICHE DEL COMPUTER INFORMATICA - LE RETI DI COMPUTER INFORMATICA - LE RETI RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - LE STRUTTURE DI DATI INFORMATICA - LE STRUTTURE DI DATI RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - L'HARDWARE DEL PC RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - L'HARDWARE DEL PERSONAL COMPUTER INFORMATICA - LINGUAGGI RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - MICROSOFT VISUAL BASIC INFORMATICA - PERIFERICHE RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE DALL'ALGORITMO AL PROGRAMMA INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE I FILE INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE I PRIMI ELEMENTI INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE I VETTORI INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE IL CONTROLLO DEGLI ERRORI INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE LA GRAFICA INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE LA STRUTTURA CONDIZIONALE INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE L'ANALISI TOP DOWN INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE LE MATRICI INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE LE STRUTTURE CICLICHE INFORMATICA - PROGRAMMAZIONE RAD INFORMATICA - RAPPRESENTAZIONE DATI IN MEMORIA INFORMATICA - RICERCHE COMPLEMENTARI INFORMATICA - SISTEMI DI NUMERAZIONE INFORMATICA - STORIA DEL COMPUTER INFORMATICA - STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DEL COMPUTER INFORMATICA - STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DEL COMPUTER RICERCHE COMPLEMENTARI MATEMATICA - EQUAZIONI DI SECONDO GRADO MATEMATICA - GEOMETRIA ANALITICA MATEMATICA - I NUMERI COMPLESSI MATEMATICA - I NUMERI IMMAGINARI MATEMATICA - I NUMERI INTERI RELATIVI MATEMATICA - I NUMERI NATURALI MATEMATICA - I NUMERI RAZIONALI MATEMATICA - I NUMERI REALI MATEMATICA - IL CALCOLO LETTERALE ED EQUAZIONI DI PRIMO GRADO MATEMATICA - INSIEMI NUMERICI MATEMATICA - INTRODUZIONE MATEMATICA - LA DIVISIBILITA' MATEMATICA - LA PROPORZIONALITA' MATEMATICA - SISTEMI DI NUMERAZIONE MATEMATICA - TEORIA DEGLI INSIEMI PESI E MISURE

MATEMATICA E INFORMATICA

Schema di funzionamento del Compact Disk Addizione di numeri interi relativi Addizione di polinomi Analisi aerodinamica applicata allo Sport Definizione dell'operazione di addizione Definizione di Massimo Comun Divisore Definizione di Minimo Comune Multiplo Definizione di Prodotti notevoli Definizione di coseno Definizione di divisione Definizione di equazione di primo grado Definizione di moltiplicazione Definizione di monomio Definizione di multiplo Definizione di numeri interi relativi Definizione di numeri razionali Definizione di numero primo Definizione di polinomio Definizione di potenza Definizione di prodotti notevoli Definizione di radice cubica Definizione di seno Definizione di sottrazione Definizione di tangente Definizione ed estrazione di radice quadrata Divisione di numeri relativi Elevamento a potenza di numeri relativi I tre criteri di similitudine dei triangoli I tre criteri di uguaglianza dei triangoli Il Teorema di Pitagora Il cilindro Il cilindro cavo Il cono Il cubo Il doppio cono Il toro Il triangolo equilatero Il triangolo rettangolo Il triangolo scaleno Il tronco di cono La robotica applicata alle esplorazioni spaziali La sfera Moltiplicazione di due polinomi Operazione coi numeri razionali: divisione Operazione coi numeri razionali: somma e sottrazione Potenza di un numero razionale Primo teorema di Euclide Prodotti di numeri relativi Produzione robotizzata di microprocessori Proprietà dell'addizione Proprietà della moltiplicazione Proprietà della sottrazione Proprietà delle potenze Radice cubica Radice quadrata di un numero razionale ANGOLI_HD ANGOLI_SD Angoli.associati.parte1 Angoli.associati.parte2 Angoli al centro della circonferenza HD Lezioni di geometria Gli angoli Lezioni di geometria Gli angoli SD Sezioni coniche Scomposizione in fattori primi Secondo teorema di Euclide Sottrazione di numeri interi relativi Teorema dei seni Teorema del coseno Teorema di Talete Toro Videogames dell'ultima generazione Realtà aumentata: le nuove frontiere dell'informatica

MATEMATICA Geometria

Angoli - HD Angoli - SD Angoli associati parte1 Angoli associati parte2 Angoli al centro della circonferenza HD Lezioni di geometria -Gli.angoli Lezioni di geometria -Gli angoli SD

Matematica e Informatica media

Schema di funzionamento del Compact Disk Addizione di numeri interi relativi Addizione di polinomi Analisi aerodinamica applicata allo Sport Definizione dell'operazione di addizione Definizione di Massimo Comun Divisore Definizione di Minimo Comune Multiplo Definizione di Prodotti notevoli  Definizione di coseno Definizione di divisione Definizione di equazione di primo grado Definizione di moltiplicazione  Definizione di monomio  Definizione di multiplo Definizione di numeri interi relativi Definizione di numeri razionali Definizione di numero primo Definizione di polinomio Definizione di potenza Definizione di prodotti notevoli Definizione di radice cubica Definizione di seno Definizione di sottrazione Definizione di tangente Definizione ed estrazione di radice quadrata Divisione di numeri relativi Elevamento a potenza di numeri relativi I tre criteri di similitudine dei triangoli I tre criteri di uguaglianza dei triangoli Il Teorema di Pitagora Il cilindro Il cilindro cavo Il cono Il cubo Il doppio cono Il toro Il triangolo equilatero Il triangolo rettangolo Il triangolo scaleno Il tronco di cono La robotica applicata alle esplorazioni spaziali La sfera Moltiplicazione di due polinomi Operazione coi numeri razionali: divisione Operazione coi numeri razionali: somma e sottrazione Potenza di un numero razionale Primo teorema di Euclide Prodotti di numeri relativi Produzione robotizzata di microprocessori Proprietà dell'addizione Proprietà della moltiplicazione Proprietà della sottrazione Proprietà delle potenze Radice cubica Radice quadrata di un numero razionale Angoli - HD Angoli - SD Angoli associati parte 1 Angoli associati parte 2 Angoli al centro della circonferenza (HD) Lezioni di geometria - Gli angoli Lezioni di geometria - Gli angoli (SD) Sezioni coniche Scomposizione in fattori primi Secondo teorema di Euclide Sottrazione di numeri interi relativi Teorema dei seni Teorema del coseno Teorema di Talete Toro Videogames dell'ultima generazione Realtà aumentata: le nuove frontiere dell'informatica


COME RISOLVERE I PROBLEMI DI MATEMATICA. COS'E' UN PROBLEMA DI MATEMATICA?
1.
Come prima cosa, occorre sapere se si è capito cos'è un problema di matematica, com'è costruito e a cosa serve.
Un problema di matematica è una situazione o un enunciato che contiene:
Informazioni per:
La storia nella quale ci si trova.
Dare un nome o precisare chi sono gli individui o gli oggetti che sono all'interno di questa storia.
Indicazioni che permetteranno di rispondere alla domanda che ci viene posta.
Domande alle quali dobbiamo rispondere, utilizzando le informazioni che ci sono state date.
Ci sono tre tipi di domande:
Le domande che aiutano a capire il testo del problema.
Le domande che aiutano a trovare (o a calcolare) le informazioni che ci mancano.
La domanda finale che è anche la soluzione del problema.
La prima cosa da fare è quindi distinguere le diverse domande ed i loro contenuti.
2. CAPIRE L'ENUNCIATO
La seconda tappa è assicurarsi che si abbia capito ciò che si ha letto.
Si può sapere leggere benissimo senza avere per forza capito quello che si ha appena letto, sia perché alcune parole sembrano prive di senso sia perché la situazione o la storia che si è presentata non ha, ne capo ne coda. Essere sicuri di aver capito tutte le parole dell'enunciato. Cercate di identificare le parole che non appartengono al vocabolario abituale, chiedetevi e spiegate cosa significano queste parole. Se necessario, consultate un vocabolario per prendere l'abitudine di cercare nel vocabolario ciò che non si capisce. Oltre alle parole, si può benissimo non capire l'insieme dell'enunciato, semplicemente perché non si riesce a "visualizzare" e a rappresentarsi la situazione. Spiegare o semplicemente riassumere a parole o con l'aiuto di un disegno o di uno schema.
3. CAPIRE LA RICHIESTA.
La situazione è capita. Si deve ora capire cosa viene richiesto dal problema.
In altre parole, si deve individuare:
La domanda finale.
Le domande che sono di aiuto a rispondere alla domanda finale.
4. TROVARE GLI INDIZI.
Individuare tutte le informazioni che servono a trovare la soluzione e che sono contenute nell'enunciato ma che sono spesso nascoste o codificate. Bisogna dunque trasformarsi in un detective per identificare tutte le informazioni da utilizzare per riuscire a rispondere alle domande. Se si è capito la domanda finale, trovate nel testo dell'enunciato:
Tutti gli elementi di risposta.
Le informazioni o gli indizi che possono aiutare a trovare le informazioni che mancano.
5. TRADURRE GLI INDIZI (LE INFORMAZIONI) IN OPERAZIONI.
Quando si sono recuperati tutte le informazioni che sono necessarie, occorre tradurle in operazioni matematiche:
Addizioni Sottrazioni Moltiplicazioni Divisioni.
6. VERIFICARE IL LAVORO SVOLTO.
Rileggere e verificare il proprio lavoro è fondamentale. E', e sarà in futuro, l'unico modo che si ha a disposizione per auto-correggersi e continuare a progredire da soli senza ricorrere ad aiuti esterni, un passo fondamentale per l'adulto che diventerà.

Glossario

Matemàtica.

Scienza che studia le proprietà dei numeri, delle figure e delle grandezze. ║ M. pura: studio dei problemi matematici considerati indipendentemente da ogni applicazione pratica. ║ M. applicata: studio di problemi matematici in vista dell'applicazione agli usi di altre scienze. ║ M. attuariale: teoria matematica che studia la tecnica delle assicurazioni in base alle statistiche e al calcolo delle probabilità. ║ M. finanziaria: applicazione della m. allo studio delle operazioni finanziarie caratterizzate da movimenti di capitale e servizi disponibili o esigibili con particolari modalità. ║ Analisi matematica: ramo della m. che affronta i problemi dell'algebra classica, in particolare del calcolo combinatorio, delle equazioni algebriche in campo reale e complesso e dell'analisi infinitesimale, basata sullo studio delle funzioni a valori reali o complessi. Un settore fondamentale dell'analisi matematica è costituito dall'analisi funzionale, che studia le proprietà di opportuni spazi, detti spazi funzionali, i cui punti sono funzioni; tale settore è un esempio di come interagiscano tecniche algebriche e analitiche, consentendo di affrontare e risolvere problemi analitici grazie ad analogie geometriche.
- Ord. scol. - Disciplina scolastica.

- St. - La m. fu, in origine, la scienza che si occupava dei calcoli e delle misure: scienza pratica, legata agli oggetti del suo studio (i numeri e le figure). Fu soltanto nel XIX sec., dopo la rivoluzione provocata dallo studio delle funzioni, cioè delle grandezze variabili, che la m. si affermò come scienza astratta, liberata dal suo oggetto di studio e definita dal suo metodo, quindi in grado di contribuire allo sviluppo di vari campi di ricerca scientifica. Per giungere a tali risultati la m. dovette compiere un cammino di secoli, iniziatosi con lo sviluppo stesso della civiltà. ║ Darigini all'età classica: le prime testimonianze della conoscenza e dell'uso della m. risaterzo millennio a.C., epoca in cui l'uomo si trovò nella necessità di inventare utodologia per risolvere i problemi di misurazione che quotidianamente gli si presentavano nel commercio, nella navigazione, nell'astronomia, nel calcolo del calendario, ecc. La civiltà maya, ad esempio, utilizzò la m. per la risoluzione di problemi astronomici e per la misurazione del tempo; i loro calcoli furono sorprendentemente precisi, tanto che il loro calendario civile (di 365,2420 giorni) si avvicina alla durata assoluta dell'anno solare (365,2422 giorni) più di quanto faccia quello gregoriano (365,2425 giorni), di parecchi secoli posteriore. In Cina, nel XIII sec a.C., veniva utilizzato un sistema di numerazione decimale simile al nostro sistema posizionale. Più ricca e minuziosa è la documentazione sulle conoscenze matematiche degli Egizi e dei Babilonesi: già anteriormente al 2.000 a.C. erano in grado di eseguire calcoli (anche frazionari), determinare aree e volumi, risolvere problemi di 1° e 2° grado, come attestano papiri e tavolette giunti fino a noi. Tra il VII e il VI sec a.C. anche i Greci vennero a conoscenza della m., grazie ai contatti diretti o mediati con questi popoli medio-orientali. Ai Greci spetta, però, il merito di aver fatto della m. una scienza deduttiva, basata sul ragionamento. Il secolo d'oro della m. greca (III sec. a.C.) ebbe le sue premesse in Talete di Mileto (VI sec. a.C.) e nei pitagorici (VI-V sec. a.C.), che diffusero una visione della m. e dei numeri più mistica che scientifica (tutte le cose sono individuate da un numero che permette di conoscerle; tutti i rapporti di grandezze sono esprimibili con rapporti di numeri interi). In opposizione alla scuola dei pitagorici si pose la scuola di Elea e in proposito sono noti i paradossi di Parmenide e di Zenone. Una svolta decisiva si ebbe con la scoperta dell'esistenza di grandezze incommensurabili (la diagonale e il lato del quadrato, un segmento e la sua parte aurea), che portò alla formulazione della teoria delle proporzioni da parte di Eudosso di Cnido (IV sec. a.C.), al superamento della dottrina pitagorica e all'affermazione della teoria platonica delle idee. Il III sec. a.C. vide il massimo sviluppo della m. ellenica: ne sono un esempio gli Elementi di Euclide, prima trattazione sistematica e rigorosa delle conoscenze matematiche acquisite fino ad allora, e gli studi di geometria compiuti da Archimede (calcolo del pi greco, π, con il metodo delle approssimazioni successive, determinazione dei volumi del cilindro e della sfera, ricerche sulle curve) e da Apollonio di Perge (teoria delle sezioni coniche). In particolare Archimede si distaccò dal metodo platonico e impostò le sue ricerche affiancando al rigore nei ragionamenti l'applicazione tecnica esatta. Tale applicazione non poté sfociare nella fondazione dell'analisi infinitesimale perché le correnti filosofiche allora dominanti, platonica e aristotelica, non consentivano di considerare l'infinito in atto. I secoli successivi furono caratterizzati dal conseguimento di nuovi risultati nella trigonometria, nell'aritmetica (Diofanto, III sec. d.C.) e nella geometria (Pappo). Dopo il IV sec. lo studio della m. decadde presso i Greci, sostituito da un interesse sempre più focalizzato verso l'astronomia, e anche a Roma la m. venne usata esclusivamente in funzione delle sue applicazioni pratiche di calcolo. Nello stesso periodo, invece, in India cominciarono a diffondersi studi matematici originali caratterizzati dalla tendenza a privilegiare l'aspetto del calcolo numerico piuttosto che il rigore delle dimostrazioni. I calcoli venivano eseguiti sulla base di un sistema numerico posizionale decimale, fondato cioè sull'uso di nove cifre, dotate di un valore di posizione, e dello zero. Il trattato Sūryasiddhānta (forse V sec.) illustra per la prima volta questo sistema di numerazione. Altri studi di matematici indiani furono associati al campo dell'astronomia (Ārybhata, V-VI sec.; Brahmagupta, VI-VII sec.). Il sapere dei Greci, comunque, non andò perso, ma servì di base ai successivi studi condotti dagli Arabi. ║ Dall'Alto Medioevo al XVI sec.: gli Arabi ebbero il grande merito di raccogliere l'eredità scientifica del mondo greco e indiano, sviluppando i propri studi nella scia dell'influsso alessandrino e superando le difficoltà di fronte alle quali si erano fermati i matematici precedenti. Quando nel 762 il califfo Al-Mansūr scelse Baghdad per farne la capitale scientifica del Regno, l'Occidente stava attraversando un periodo di decadenza. L'opera scientifica dei Greci fu quindi raccolta, tradotta e assimilata dai matematici arabi che integrarono la scienza alessandrina con le conoscenze astronomiche e i procedimenti di calcolo conosciuti in India e sconosciuti fino ad allora al mondo occidentale. Tra i matematici arabi spicca Al-Khuwārizmī (IX sec.), geniale autore di opere fondamentali sul metodo di numerazione e sulle operazioni per semplificare le equazioni, al quale si deve l'origine dei termini algoritmo e algebra. Gli apporti fondamentali della cultura araba nel campo della m. furono introdotti in Occidente da Leonardo Fibonacci, che nei suoi libri Liber abaci (1202) e Practica geometriae (1220) dimostrò di aver appreso e assimilato molte delle conoscenze matematiche arabe. Dopo una stasi di quasi tre secoli si assistette ad una nuova e più efficace divulgazione del pensiero matematico arabo grazie all'opera di Luca Pacioli (1494). Ad essa attinsero gli studiosi successivi e in particolare gli algebristi italiani (S. Dal Ferro, N. Tartaglia, G. Cardano, L. Ferrari. R. Bombelli), i quali riuscirono a risolvere le equazioni di 3° e 4° grado superando così i limiti delle conoscenze matematiche dei Greci. ║ I secc. XVII e XVIII: la tradizione algebrica italiana fu ereditata e portata avanti in Francia da Viète, Cartesio e Fermat, tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. Essi si dedicarono allo studio dei rapporti tra geometria e algebra creando così una nuova disciplina matematica definita geometria analitica. Con l'introduzione del sistema di coordinate (gli assi cartesiani) per rappresentare le figure geometriche, fu possibile stabilire una corrispondenza biunivoca fra i punti del piano e le coppie di numeri reali, con il risultato che ogni problema geometrico poté essere ricondotto a un problema numerico e viceversa e quindi anche nella geometria il calcolo prese il posto delle precedenti dimostrazioni rigorose. Non solo, ma creando il primo strumento atto allo studio di grandezze variabili, la geometria analitica divenne essenziale per l'applicazione dei metodi matematici alla fisica e, al tempo stesso, premessa al calcolo infinitesimale, elaborato da Leibniz e Newton nel corso del XVII sec. Tale metodo rivelò immediatamente il suo potenziale innovativo e la sua utilità pratica per la risoluzione dei problemi legati alle funzioni. I progressi dell'analisi infinitesimale furono quindi rapidi, anche grazie agli studi di E. Torricelli e I. Barrow, e per tutto il Settecento nuovi risultati furono conseguiti da matematici quali J. Bernoulli, L. Eulero (Introduzione all'analisi infinitesimale, 1748; Istituzioni di calcolo differenziale, 1755; Istituzioni di calcolo integrale, 1768-70), G.L. Lagrange (Meccanica analitica, 1811-15), G. Monge (Applicazione dell'analisi alla geometria, 1795), A.-L. Cauchy e K.T.W Weierstrass. ║ I secc. XIX e XX: nell'Ottocento ebbe inizio una profonda rivoluzione del pensiero matematico che portò lo studio della m. ad essere sempre più svincolato dalla necessità di una corrispondenza tra enti matematici (logica) ed enti naturali (realtà), rendendo la m. oggetto di ricerche anche dal punto di vista delle speculazioni filosofiche. Questa tendenza innovativa portò, da un lato, allo sviluppo della teoria degli insiemi ad opera di G. Cantor e alle successive teorie matematiche di David Hilbert, dall'altro alla nascita di una vera e propria filosofia della m., che ebbe tra i suoi sostenitori G. Boole, E. Shröder, G. Frege. Entrambi i fenomeni rispecchiano e illustrano la tendenza, tipica del XIX sec., all'astrazione e alla ricerca di un nuovo assetto della m., in grado di privilegiare l'aspetto logico della disciplina su quello più "applicativo". Anche lo studio della geometria subì l'influenza di questo spirito di astrazione, tanto che N.I. Lobacevskij e J. Bolyai, ipotizzando la possibilità di geometrie non-euclidee che non tenessero più in considerazione il postulato euclideo delle parallele (unicità della parallela da un punto a una retta in un piano), risolsero per la prima volta il problema logico dell'indimostrabilità del suddetto postulato. Nel XX sec. si accentuò la tendenza all'astrazione, unitamente alla esigenza di un'unificazione concettuale dei vari settori della ricerca matematica; proseguirono inoltre, con rinnovato vigore, gli studi sui fondamenti della m., già iniziati nella seconda metà del XIX sec., al fine di elaborare una spiegazione generale della m. come disciplina. Ebbe grande sviluppo il settore della logica matematica, che rese possibile affrontare il problema di una sistematizzazione e chiarificazione dell'intero pensiero matematico; il dibattito sui fondamenti della m. proseguì comunque lungo tutto il secolo, dando vita a numerose scuole di pensiero (ad esempio il Bourbakismo, da N. Bourbaki), fino ai nostri giorni. Nella seconda metà del secolo, con la comparsa e la diffusione degli elaboratori elettronici, si svilupparono nuovi ambiti della ricerca matematica, quali l'analisi degli automi e la teoria dell'ottimizzazione; il calcolo numerico, inoltre, perse il carattere empirico e artigianale dei secoli precedenti, per divenire una disciplina rigorosa, finalizzata alla risoluzione numerica di problemi matematici ed allo studio di nuovi settori ad essa connessi, quali la teoria degli errori, l'analisi della stabilità e della convergenza dei risultati. Un altro indirizzo di sviluppo della m. del XX sec. derivò dal massiccio utilizzo di metodi statistici e probabilistici nei più diversi campi e dalla prospettiva dell'applicazione di tali metodi in ambiti sempre più vari e diversificati. Accanto a tutto ciò sono comunque proseguiti anche gli studi relativi all'analisi matematica (L. Fantappiè, V. Volterra, H.M. Morse, G.A. Hunt), all'algebra (D. Hilbert, A. Weil, A. Albert, M. Hall) e alla geometria (E. Bertini, C. Segre, F. Severi).

Fibonacci, Leonardo.

Pseudonimo di Leonardo Bigollo. Matematico italiano. Giovanissimo, si recò in Algeria ed in altri paesi del Levante, dove s'iniziò agli studi matematici. Rientrò in Italia nel 1200; nel 1202 pubblicò il Libro d'Abaco, opera di aritmetica ed algebra in 15 capitoli. Nel 1220 pubblicò la Pratica della geometria, che contiene regole per la misura delle lunghezze, delle aree e dei volumi, e per la divisione delle figure. Fra le altre opere, fondamentale è inoltre il Liber quadratorum, che studia i numeri i cui quadrati, aumentati o diminuiti di uno stesso numero, dànno ancora un quadrato (Pisa 1175 circa-1250 circa).

Insieme.

Il concetto di i. venne formulato fin dall'età greca dai matematici e considerato un concetto primitivo, cioè tale da poter essere chiarito al massimo mediante sinonimi, ma non con definizione. Consideriamo l'i. delle lettere contenute in una pagina di questo libro, poi l'i. delle vocali della stessa pagina (che è un sottoinsieme proprio del precedente), l'i. delle consonanti, l'i. delle maiuscole, l'i. delle minuscole, l'i. delle lettere "a", e così via. In tutti questi casi si vede come il concetto d'i. (e quello derivato di sottoinsieme) non possa essere definito in termini più intuitivi di quanto dica da solo il termine impiegato. Si comprende quindi come per molti secoli sia l'analisi matematica che l'algebra che la geometria utilizzassero il concetto di i. senza occuparsi della sua definizione: frasi come "l'i. dei punti di una retta", "l'i. dei numeri naturali" ecc. erano perfettamente comprese. Proprio per la sua semplicità e generalità il concetto di i. può essere applicato indipendentemente dalla natura degli elementi: ne consegue che le leggi ricavate per gli i. si possono trasferire tali e quali nei più svariati campi della matematica. Lo studio delle proprietà degli i. e delle leggi che definiscono i rapporti fra un i. ed i suoi membri come pure fra due o più i. e fra gli elementi di un i. e quelli di un altro fu posto su basi scientifiche da Georg Cantor (1845-1918) verso il 1880. A Cantor si fa risalire la nascita di una nuova branca della matematica, detta appunto teoria degli i. Secondo questo studioso si dice i. "una qualunque collezione, intesa come un tutto, di oggetti definiti e distinti dalla nostra intuizione o dal nostro pensiero". Il periodo di Cantor viene però oggi visto come l'inizio del "periodo storico" della teoria degli i.: oggi le ricerche in questo campo sono ben oltre le formulazioni di Cantor. Oggi la stessa teoria degli i. è già divisa in due campi: lo studio degli i. immersi in un ambiente e degli i. in generale. Mentre la prima branca è strettamente collegata alle altre branche della matematica, la seconda rappresenta il massimo grado di speculazione raggiunto nelle scienze esatte. Nel seguito sarà adottata un'esposizione che ricalca approssimativamente lo sviluppo storico della teoria degli i. in generale: se ne farà quindi l'estensione agli i. immersi in un ambiente. ║ La scoperta di Cantor: secondo questo studioso si dice i. una qualunque collezione, intesa come un tutto, di oggetti definiti e distinti dalla nostra intuizione o dal nostro pensiero. Questa definizione dice poco più di niente. Infatti un i. viene definito come una collezione: questo termine non è se non un sinonimo d'i. e non è affatto più intuitivo. Inoltre si possono avanzare dubbi sulla possibilità di concepire una "collezione di oggetti distinti" come un tutto. A prescindere dalla validità della definizione di Cantor, assumeremo come intuitivo il concetto d'i., secondo quanto detto prima. La prima grande scoperta di Cantor fu la dimostrazione che anche gli i. infiniti e non solo quelli finiti possono essere di diverse dimensioni e che non sempre vale il concetto intuitivo dei geometri greci secondo il quale "il tutto è più grande di una sua parte", sul quale è fondata tutta la geometria euclidea. Consideriamo dapprima il secondo caso. Esaminiamo la serie dei numeri naturali (cioè 1, 2, 3, 4, 5, ecc.). Se si domanda quale è il numero di numeri naturali compresi fra 1 e 1.000 (inclusi) la risposta è ovvia: 1.000. Se si chiede quanti sono i numeri (naturali) pari compresi fra 1 e 1.000 la risposta è immediata: 500. Se invece di considerare 1.000 come limite consideriamo un numero N (naturale) grande quanto si vuole e ad es. sempre maggiore di 1.000, il numero dei numeri naturali compresi fra 1 e N (inclusi) è N; invece il numero dei numeri (naturali) pari compresi fra 1 ed N è N/2 se N è pari ed (N-1)/2 ≅ N/2 se N è dispari. Per estensione si è portati a credere che il numero dei numeri pari esistenti sia la metà del numero dei numeri naturali esistenti, dato che quanto sopra detto è valido per un N grande a piacere. Cantor dimostrò invece che questa deduzione non è corretta. Fra la serie dei numeri naturali e la serie dei numeri naturali pari esiste una corrispondenza biunivoca che, ad es., associa ogni numero naturale col suo doppio (sicuramente pari). Costruiamo quindi le due serie:

INONGO00.png

Come si vede ad ogni termine di una serie si può far corrispondere univocamente un termine dell'altra (cioè dato un numero della prima serie è sempre possibile trovarne il corrispondente nella seconda e viceversa) onde il numero di termini delle due serie deve essere lo stesso. Ne consegue che i due i. sono, secondo un termine introdotto da Cantor, equipotenti. Nello stesso modo si può dimostrare che la serie dei numeri razionali (cioè dei rapporti fra numeri interi) è equipotente con la serie dei numeri naturali. Infatti ordiniamo tutti i numeri razionali con il seguente criterio: a) in successione crescente del valore della somma di numeratore e denominatore; b) nel caso di frazioni con somma uguale, in ordine di numeratore crescente. È facile dimostrare che l'i. SR dei numeri razionali così ordinati è in corrispondenza biunivoca coll'i. dei SN numeri naturali. Infatti si può scrivere:

INONGO01.png

Tenendo conto che la SR si può anche scrivere nel seguente modo:

INONGO02.png

si vede che la SR costituisce un i. di cui la SN è un sottoinsieme proprio. Data la corrispondenza che si può stabilire fra ogni termine dei due i., essi sono equipotenti. In entrambi questi casi non vale l'assioma euclideo secondo cui un tutto è sempre maggiore di ogni sua parte. Cantor introdusse il concetto di cardinalità di un i.: il numero cardinale transfinito di un i. è press'a poco quanto è stato chiamato potenza dell'i. Egli formulò anche un'importante deduzione: tutti gli i. aventi la stessa cardinalità dell'i. dei numeri naturali (e che quindi possono essere messi in corrispondenza biunivoca, elemento con elemento, con l'i. dei numeri naturali) sono anche numerabili, cioè i loro elementi possono essere ordinati in modo che ognuno di essi possa essere inequivocabilmente indicato col numero naturale che ad esso corrisponde nell'i. dei numeri naturali. Diremo £0 questa cardinalità; gli i. aventi cardinalità £0 sono tutti numerabili. La scoperta importante fu che non tutti gli i. hanno la stessa cardinalità. Consideriamo ad esempio l'i. dei punti di una retta: è un i. di infiniti elementi, come quello dei numeri naturali. È però impossibile stabilire una corrispondenza biunivoca fra questi due i., mentre è possibile ad es. stabilirne una fra i punti di un segmento o di una retta e quelli di una semicirconferenza, come è mostrato in figura con un esempio geometrico. Diciamo £c la cardinalità di un simile i. continuo, secondo Cantor); essa è anche la cardinalità di una regione di piano, di una regione di spazio, di una regione di iperspazio e così via. Secondo Cantor tutte le possibili cardinalità di i. sono comprese fra £0 e £c: oggi questa affermazione è stata negata (anzi, si è addirittura negata l'ipotesi del continuo) nella cosiddetta teoria degli i. non-cantoriani. La grande scoperta di Cantor consiste però nella dimostrazione dell'esistenza di i. di potenza diversa da £0. A ciò si arriva attraverso il concetto di i. di tutti i sottoinsiemi. Si consideri un certo i. I, finito o infinito, e si costruiscano tutti i suoi possibili sottoinsiemi, compreso l'i. vuoto (indicato con ∅) cioè l'i. che, per definizione, non contiene alcun elemento. Consideriamo l'i. di tutti questi sottoinsiemi di I, che chiameremo J. Si può dimostrare rigorosamente che I e J non sono equipotenti, anzi, che se p è la potenza di I la potenza di J è2P. Come esemplificazione consideriamo il caso in cui I sia finito, ed in particolare sia costituito da 3 elementi, ad es. i tre simboli "&", "$" e "§". Scriveremo convenzionalmente:

I = (&, $,§)

Costruiamo ora tutti i possibili sottoinsiemi di I, chiamandoli S1, S2, ecc., iniziando dal sottoinsieme vuoto. Avremo:

S1 = ( ) (sottoinsieme vuoto)
S2 = (&)
S3 = ($)
S4 = (§)
S5 = (&, $)
S6 = (&, §)
S7 = ($, §)
S8 = (&, $, §)

Non esistono altri sottoinsiemi. S1, S2, ... S8 sono gli elementi di J: l'i. dei sottoinsiemi di I ha quindi 8 elementi mentre I ne ha solo 3. Pertanto se n sono gli elementi di I, gli elementi di J sono 2n nell'esempio da 3 elementi di I si passa ad 8 = 23 per J ma la legge è generale, sia per i. finiti che per i. infiniti. L'i. J. i. di tutti i sottoinsiemi di I, viene detto i. potenza di I ed indicato col simbolo 2l. Se dunque L0 è la cardinalità di 1 (pensato come finito o infinito), la cardinalità di J è 2£0. Costruiamo ora l'i. K. i. di tutti i sottoinsiemi di J; esso comprenderà i termini:

( ); (S1); (S2); ... (S8); (S1, S2); (S1, S3);
...(S7, S8); (S1, S2, S3); (S1, S2, S4);
...(S1, S2, S3, S4, S5, S6, S7,S8).
L'i. K è l'i. potenza di J: esso è costituito da 2j elementi ovvero da

INONGO03.png

elementi. Sicuramente gli elementi di H sono in numero maggiore di quelli di J e gli elementi di J sono in numero maggiore di quelli di I. L'operazione di costruzione dell'i. di tutti i sottoinsiemi di un dato i. porta alla creazione di una successione di i. fra loro non equipotenti, anzi, a potenza crescente via via. Se l'i. di partenza è infinito, sia la prima potenza che le sue potenze successive saranno pure infinite ma sempre a potenza crescente. Mediante questa operazione otteniamo una successione di possibili potenze:

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se n è la cardinalità dell'i. da cui si è partiti per costruire gli i. potenza. Nel caso particolare in cui questo i. sia numerabile, e quindi abbia potenza £0, la successione è la seguente:

INONGO05.png

Si dimostra in particolare che:

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cioè che il secondo termine della successione delle potenze è uguale alla potenza del continuo. Mediante altre considerazioni si arriva a determinare una successione di numeri cardinali transfiniti:

INONGO07.png

problema del collegamento fra le due serie, che hanno in comune il primo elemento, venne risolto mediante la cosiddetta ipotesi del continuo, oggetto di forti contrasti fra i matematici ancora ai nostri giorni. Secondo questa ipotesi i due secondi termini delle due successioni sono fra loro uguali, cioè:

INONGO08.png

e, generalizzando, anche i termini successivi sono fra loro uguali a coppie, cioè genericamente:

INONGO09.png

Sulla negazione dell'ipotesi del continuo si basa la teoria non cantoriana degli i., attualmente in fase di sviluppo. È da notare che questo fatto non è per nulla singolare. Si pensi ad esempio allo sviluppo della Geometria, che per secoli fu euclidea e cioè basata sul postulato che per ogni punto passa una ed una sola retta parallela ad una retta data. La storia della scienza insegna come la negazione di questo postulato ad opera di Gauss e Riemann abbia portato alla creazione di nuove geometrie, non-euclidee, ma non meno vere di quella euclidea, tanto che hanno trovato applicazione con successo in molti campi della fisica, ad esempio nella formulazione della teoria della relatività. Le teorie degli i. che negano i presupposti di Cantor sono dette teorie non standard o non-cantoriane e sono in fase di sviluppo solo ai nostri giorni. L'ipotesi del continuo di Cantor, oggetto della scissione della teoria degli i., equivale ad affermare che non esistono i. dotati di cardinalità intermedia fra £0 e £1, fra £1 e £2, ecc. Vale a dire che la successione dei numeri cardinali transfiniti è discreta. Per quanto Cantor cercasse di dimostrare l'esistenza di un simile tipo di i. non ebbe mai successo, donde la sua conclusione. Ma, è ovvio chiedersi, un simile tipo di i. esiste o no? Il fatto che né Cantor ne gli altri lo abbiano mai trovato non dimostra nulla. Soltanto Gödel pose fine alle discussioni sull'argomento dimostrando che, seppure l'ipotesi del continuo non poteva essere dimostrata come vera, non poteva nemmeno essere dimostrata falsa: questo significa che sia la teoria cantoriana che la teoria non standard (o ristretta) degli i. hanno la stessa validità concettuale, come si dirà poi. ║ Il paradosso di Russel: una profonda revisione critica della teoria degli i., che va sotto il nome di crisi dei fondamenti, fu innescata da un paradosso (o antinomia) scoperto nel 1902 dal giovane Bertrand Russel sugli i. degli i. che non sono membri di se stessi. Consideriamo il caso dell'i. di tutti gli uomini: esso è sicuramente diverso da un uomo e quindi non può essere un elemento di se stesso. Potremo quindi dire che un i. di questo tipo è un i. regolare o i.-R. Vi sono però anche dei casi in cui un i. contiene se stesso, cioè è un membro di se stesso. Ad esempio "l'i. di tutti gli enti descrivibili con 13 parole in lingua italiana" contiene se stesso in quanto è descritto proprio con 13 parole (fra virgolette) in lingua italiana. Gli i. di questo tipo saranno detti i. irregolari o i.-NR (non-regolari). Consideriamo ora l'i. Y di tutti gli i.-R. cioè che non contengono se stessi. Allora Y sarà un i.-R o un i.-NR. Consideriamo i due casi separatamente: A) Sia Y un i.-R, cioè che non contiene se stesso. Allora, dato che Y e l'i. di tutti gli i.-R, deve contenere anche se stesso, e quindi è un i.-NR, contrariamente a quanto abbiamo supposto. B) Sia Y un i.-NR, cioè che contiene se stesso. Allora Y deve appartenere ad Y stesso, e, dato che questo comprende solo i.-R. deve essere anch'esso un i.-R, contrariamente a quanto supposto. Come si vede sia supponendo che Y sia un i.-R che un i.-NR si giunge ad un paradosso, risolvibile solo affermando che Y non può essere né un i.-R né un i.-NR. Questa affermazione va però contro l'ipotesi che tutti i sistemi siano di un tipo o dell'altro. Il paradosso di Russel è stato oggetto di diverse volgarizzazioni che, pur perdendo la rigorosità di formulazione, hanno il pregio di renderlo di più immediata comprensione. Una delle più note è il cosiddetto paradosso del postino. Si abbia un certo paese, uno degli abitanti del quale svolge il lavoro di postino per tutto il paese. Egli deve prendere e consegnare ai destinatari tutta la posta delle persone che non se la prendono da sole, mentre non deve prendere e consegnare la posta delle persone che se la prendono da sole. Che ne sarà della posta indirizzata a lui? Se la prende non la deve prendere perché non deve prendere la posta di coloro che se la prendono da soli. Se non la prende la deve prendere perché deve prendere la posta di tutti coloro che non la prendono da soli. La soluzione a questa antinomia esiste: si può negare che esista il postino o addirittura che esista il paese: non è invece possibile confutare il modo così semplice l'antinomia di Russel nella sua formulazione rigorosa. Per inciso è da notare che si può ravvisare in questo paradosso un certo parallelismo con il famoso paradosso di Protagora ed Euatlo. Euatlo fu allievo di Protagora, con l'accordo che avrebbe pagato il maestro non appena avesse vinto una causa nel foro. Dato che Euatlo ritardava l'ingresso nel foro, Protagora gli fece causa. L'argomentazione di Protagora fu di questo tono: "Euatlo mi deve pagare comunque: se vince questa causa perché ha vinto la sua prima causa; se perde questa causa perché il tribunale lo condanna a pagare". La risposta di Euatlo dovette essere di questo genere: "Io non devo comunque pagare Protagora, comunque vada la causa: se la perdo non devo pagare perché non ho ancora vinto nessuna causa; se la vinco perché il tribunale sentenzia che non devo pagare". D'altra parte questi paradossi non sono gli unici. Val la pena di ricordare, per l'influenza che ebbe sulle riflessioni di molti matematici, il cosiddetto paradosso del mentitore che ricorderemo in una forma estremamente semplice. Una certa persona M afferma "io sto mentendo". Mente o dice la verità? Supponiamo che M menta. Allora egli dice la verità, e quindi non mente. Supponiamo invece che dica la verità. Allora egli mente perché dice di mentire e dice invece la verità. ║ Le nuove formulazioni: il superamento della crisi dei fondamenti iniziò con E. Zermelo che nel 1908 fondò la teoria assiomatica degli i.: i concetti fondamentali non sono considerati intuitivi bensì come assiomi o postulati che possono essere o meno accettati ma, una volta assunti come validi. non vengono messi in discussione in tutta la costruzione logica che da essi deriva. Questa concezione è perfettamente parallela a quella della geometria: postulati ed assiomi enunciati da Euclide sono alla base di tutta la geometria, senza che vengano discussi (salvo la negazione del postulato delle parallele già citato, che dà origine alle cosiddette geometrie non euclidee). La sistemazione degli assiomi della teoria degli i., sui quali sorvoliamo in quanto di enunciazione a volte lunga e complessa, è dovuta a Zermelo ed A. Fraenkel. Quasi tutti questi assiomi sono accettati senza discussioni: la deviazione fra teoria standard e teoria non-standard sta nel fatto che questa rifiuta il cosiddetto assioma della scelta, che possiamo così enunciare: siano A, B, C,... degli i. e sia W l'i. di questi i. Se nessuno degli i. A, B, C,... è vuoto, esiste allora un i. Z tale che contiene esattamente un elemento di ogni i. di cui è composto W, cioè un elemento di A, un elemento di B, ecc. Ad esempio si abbia: A = i. di tutte le vocali del presente volume; B = i. di tutte le consonanti di questo volume: C = i. di tutti i numeri contenuti nel presente volume; D = i. di tutti gli altri simboli stampati (esclusi cioè lettere e numeri) del presente volume. Allora W = (A, B, C, D) sarà l'i. di tutti i simboli stampati del presente volume. L'i. Z sarà quindi composto da una vocale, una consonante, un numero ed un simbolo fra quelli contenuti nel presente volume, ad esempio potrà essere:

Z = (a, b, 1, ?)

È intuitivo che di i. Z in questo esempio ne esistono moltissimi, anche se in numero finito perché è finito il numero di vocali, consonanti, numeri e simboli presenti in questo volume e quindi anche il numero delle loro combinazioni 4 a 4. L'assioma della scelta appare più che intuitivo: sembra a prima vista strano che esso possa essere oggetto di discussioni. Si pensi però agli i. infiniti ed alla successione di i. infiniti di potenza sempre più grande di cui si è detto sopra: che possibilità effettiva si ha di estrarre da ognuno un membro, di operare una scelta fra queste infinite collezioni di infiniti termini? Né d'altra parte questo teorema è di secondaria importanza. Esso infatti, permettendo di estrarre da ogni i. un altro i. rappresentativo dei membri del primo i. permette di ragionare sugli elementi di ogni i. e di generalizzarle col metodo induttivo ben noto dalla matematica. La teoria assiomatica degli i., da poco fondata, si trovava già divisa in due parti: teoria standard e teoria non standard, la prima delle quali accettava l'assioma di scelta mentre la seconda lo refutava. La parte di assiomi che entrambe le teorie accettavano e quindi le costruzioni logiche che da essa derivano, venne detta teoria ristretta degli i. ║ Il teorema di Gödel: una pietra miliare nella storia della teoria degli i. fu posta da Kurt Gödel e da Alonzo Church (1931 e 1936 rispettivamente) con l'enunciazione di due famosi teoremi limitativi o teoremi d'incompletezza. Esprimiamo con una parafrasi semplificativa il teorema di Gödel, dato che la dimostrazione rigorosa è un po' laboriosa. Si tenga presente a questo proposito il paradosso del mentitore già sopra citato. In un sistema qualsiasi, ad esempio la nostra logica comune, si abbia un enunciato E così formulato: "questo enunciato non è dimostrabile". Supponiamo che E sia dimostrabile. Allora, dato che E dice di non essere dimostrabile, esso non è vero. Supponiamo che E non sia dimostrabile. Allora, non essendo esso dimostrabile, esso afferma la verità, quindi è vero. Pertanto potremo concludere che se E è dimostrabile non è vero mentre se è dimostrabile non è vero. Oppure che E è vero se e solo se non è dimostrabile. Ne consegue che il sistema in cui è stato espresso l'enunciato E è incoerente (cioè consente la dimostrazione di un enunciato falso) oppure è incompleto (cioè contiene delle verità indimostrabili). Successive deduzioni di Gödel portarono a dire che se un sistema logico è consistente (cioè basato su presupposti tali da non portare mai a contraddizioni interne) allora anche un sistema basato sulla negazione di alcuni presupposti del primo sistema è pure consistente. In particolare la consistenza della geometria euclidea comporta la consistenza della geometria non euclidea; la consistenza della teoria non standard degli i. comporterebbe quella della teoria standard e così via. In un passo successivo Gödel dimostrò che la teoria ristretta degli i. e la teoria standard degli i. hanno la stessa consistenza: vale a dire che l'ammissione dell'assioma di scelta è inessenziale al fine della consistenza del sistema. Anzi, egli dimostrò anche che l'ipotesi del continuo poteva essere assunta come teorema per lo stesso motivo. Con questo non veniva dimostrata l'ipotesi stessa ma veniva dimostrata l'impossibilità di formulare una qualsiasi dimostrazione che la dimostrasse errata. Una delle altre importanti formulazioni di Gödel riguarda la ω-incompletezza dei sistemi formali. Un sistema formale qualsiasi è ω-incompleto allorché si possono formulare delle affermazioni non dimostrabili nella loro generalità ma vere in tutti i casi particolari che sono umanamente esaminabili in un tempo finito. Consideriamo un esempio famoso: la cosiddetta congettura di Goldbach. Secondo questa affermazione, ogni numero naturale pari maggiore di due è esprimibile come somma di due numeri primi. Ad esempio 6 = 1 + 5; 16 = 3 + 13; 20 = 3 + 17; 50 = 3 + 47; 100 = 17 + 83; 1.000 = 3 + 997; 2.884 = 881 + 2.003, ecc. Questa congettura fu enunciata nel 1742: nessuno finora è riuscito a trovare un caso in cui la regola sopra detta non sia vera. Ma nessuno è nemmeno riuscito a dimostrare che questa proprietà sia vera per qualsiasi numero pari maggiore di due. Si tratta dunque (salvo nuovi sviluppi) di un caso di omega -incompletezza: anche se i singoli casi che si possono presentare sono tutti rispondenti all'enunciato non siamo in grado di affermare in assoluto che questo è vero in quanto non è lecito astrarre la regola generale se non dopo aver esaminato tutti i numeri pari, che sono però infiniti. Se considerassimo invece il campo dei numeri naturali limitato superiormente ad esempio dal valore 10.000, è possibile dimostrare considerando tutti i numeri pari di questo campo che la congettura di Goldbach è sicuramente veritiera. È da notare però che non è ancora dimostrato che questa congettura è effettivamente un caso di ω-incompletezza (anche se si è portati a crederlo): se lo fosse infatti sarebbe dimostrato che non esistono numeri pari maggiori di 2 che non siano somma di due numeri primi, il che equivarrebbe ad una dimostrazione della congettura di Goldbach. D'altra parte questo non escluderebbe la possibilità di una dimostrazione della congettura stessa; dal fatto che si tratta di un caso di ω-incompletezza scaturirebbe solo la conseguenza che la congettura non è dimostrabile nel sistema dei numeri reali e con le regole dell'aritmetica ma non vieterebbe che essa fosse dimostrabile, ad esempio, coi metodi dell'analisi infinitesimale. Un altro caso di probabile (ma non dimostrata) ω-incompletezza è il cosiddetto ultimo teorema di Fermat secondo il quale se x, y e z sono tre numeri naturali qualsiasi ed n è un numero naturale maggiore di 2 vale sempre la relazione:

xn + yn ≠ zn

Il teorema di Church afferma invece che non esiste nessun algoritmo che possa portare all'accettazione o alla negazione di un predicato del tipo "l'enunciato E esprime una verità dell'aritmetica". Vale a dire che in ogni sistema esistono sempre delle verità indimostrabili (si noti l'analogia con Gödel): in ogni sistema formale manca sempre una procedura decisionale che può essere creata nel sistema solo introducendo un nuovo sistema nel quale essa sia dimostrabile. Ma questo sistema a sua volta avrà dei predicati indimostrabili e così via. Ci si trova quindi di fronte ad un cerchio chiuso, che si può allargare fin che si vuole ma resta sempre chiuso. Per quante assunzioni si facciano, in un certo sistema esistono sempre delle verità che non possono essere dimostrate. Ci troviamo di fronte ad una incapacità sistematica di fare tutte le assunzioni necessarie per dimostrare tutte le verità dell'aritmetica. D'altra parte mentre dal teorema di Gödel discende che non esiste calcolatore elettronico che possa essere programmato in modo che produca tutti gli enunciati veri dell'aritmetica e solo quelli, il teorema di Church dice che esistono dei problemi dell'aritmetica che nessun calcolatore elettronico può essere programmato a risolvere. Lo stesso si può dire anche di un ipotetico calcolatore umano, anche operante a velocità grandissime. Si riscontra in questa conclusione una forte analogia con il mondo della fisica. Come i nostri sensi possono concepire la realtà solo in modo limitato, così la loro estensione attraverso strumenti (rivelatori di radiazioni, microscopi, rivelatori di particelle atomiche e subatomiche, ecc.) non ci porta alla conoscenza completa, per quanto raffinati essi possano essere. Ciò in virtù di un principio di indeterminazione formulato per la prima volta da Heisemberg: non è possibile conoscere in uno stesso istante posizione e quantità di moto di una particella con un errore inferiore ad un certo valore, proporzionale alla costante di Planck. Può sembrare che queste limitazioni abbiano un effetto limitativo sulla possibilità di conoscenza umana, ma non è così. Lo stabilire che un certo sistema (la matematica, la descrizione della fisica, ecc.) comporta una limitazione non significa che lo scibile sia finito all'interno del sistema: caso mai è una sfida ad estendere il sistema, ad allargarne i limiti, anche se sappiamo già che non potremo mai oltrepassarli. Sotto questo aspetto i teoremi limitativi, sia in matematica che in fisica, rappresentano veramente una scoperta rivoluzionaria. ║ Enunciazione formale: raccogliamo qui le principali proprietà degli i. e le leggi più semplici della teoria degli i. in generale, che poi estenderemo agli i. immersi in un ambiente, allo scopo di fornire il materiale di base della teoria degli i. Nello stesso momento introdurremo la simbologia propria della teoria degli i., che è stata poi assorbita dall'algebra moderna. Si abbia un i. J; se un elemento x appartiene ad esso diremo che x è un elemento di J ovvero appartiene a J e scriveremo simbolicamente:

INONGO10.png

Per dire invece che x non è un elemento di J, cioè che non appartiene a J, scriveremo:
AffariCoupon
oppure
AffariCouponAffariCoupon
ove il simbolo AffariCoupon ha il significato di negazione del predicato che segue. Per dire che l'elemento x, l'elemento y e l'elemento z appartengono a J scriveremo:

INONGO12.png

oppure semplicemente

INONGO13.png

Dati due i. J e K definiamo intersezione di questi due i. un terzo i. I che contiene tutti e soli gli elementi che appartengono sia a J che a K. Simbolicamente scriveremo:

INONGO14.png

Dati sempre due i. J e K definiamo unione dei due i. un terzo i. I che contiene tutti e soli gli elementi che appartengono a J, a K o ad entrambi. Simbolicamente scriveremo:

INONGO15.png

Le operazioni di unione e d'intersezione godono della proprietà commutativa, cioè:

INONGO16.png

In particolare l'unione (o intersezione) di un sistema con se stesso è uguale al sistema di partenza. Vale a dire che:

INONGO17.png

L'i. vuoto per definizione non contiene alcun elemento. Esso si indica con il simbolo ø. Si dimostra immediatamente che l'intersezione di un i. con ø produce ancora ø mentre l'unione di un i. con ø produce l'i. di partenza. In simboli:

INONGO18.png

Per analogia con l'aritmetica, l'unione è anche detta somma mentre l'intersezione è anche detta prodotto. Si vede come, assimilando ø a zero e J ad un numero l'analogia abbia un significato, anche se può facilmente indurre in errori. Le operazioni di unione e di intersezione godono della proprietà commutativa. Se J, K, H sono tre i. si può scrivere che:

INONGO19.png

ovvero:

INONGO20.png

e così via. Dalla definizione dell'unione (o intersezione) di due i., date queste proprietà, è possibile eseguire l'unione (o intersezione) di un numero qualsiasi di i. Le operazioni di unione e di intersezione godono anche della proprietà distributiva, secondo le seguenti formule:

INONGO21.png

Assegnato un i. J, diremo che l'i. H è un suo sottoinsieme se tutti gli elementi di H sono contenuti in J e se le regole operative definite per J valgono anche per H e viceversa. H sarà un sottoinsieme proprio di J se vi sono degli elementi di J non contenuti in H; viceversa si dirà sottoinsieme improprio o semplicemente sottoinsieme. Nel caso che H sia un sottoinsieme proprio di J si scriverà

INONGO22.png

mentre se è un sottoinsieme improprio si scriverà:

INONGO23.png

È evidente che se H è un sottoinsieme improprio di J e J è un sottoinsieme improprio di H consegue che H e J sono uguali. In simboli questo si scriverà:

INONGO24.png

È immediato dimostrare che se H è un sottoinsieme di J valgono le seguenti relazioni:

INONGO25.png

Nell'ambito degli i. o fra i. si possono poi definire le proprietà transitive. Ad es. se H è un sottoinsieme di J e K è un sottoinsieme di H, consegue che K è un sottoinsieme di J. In simboli:

INONGO26.png

analogamente valgono le relazioni:

INONGO27.png

Naturalmente la proprietà transitiva può essere estesa al confronto fra più i. ║ I. immersi in un ambiente: supponiamo che esista un i. di cui tutti gli i. che si possono definire siano dei sottoinsiemi: detto i. sarà chiamato universo o ambiente ed indicato con A*. Il problema della definizione di un i. I si traduce in questo caso nella definizione di una regola che serva per distinguere gli elementi di I fra tutti gli elementi dell'universo. Ad es. consideriamo come ambiente lo spazio euclideo, rappresentato con una terna di coordinate cartesiane (x, y, z). Elementi ne sono tutti i punti. Un sottoinsieme di questo ambiente è ad es. l'i. dei punti appartenenti ad un piano (o, semplicemente, un piano), ad es. quello avente equazione z = 1. Se su questo piano consideriamo una retta qualsiasi, abbiamo definito un sottoinsieme del piano, che a sua volta è sottoinsieme dello spazio; anche la retta quindi è un sottoinsieme dello spazio. Anche i punti interni al cubo di lato unitario ed avente un vertice in (0, 0, 0), quello opposto in (1, 1, 1) e tre lati paralleli agli assi x, y e z è un sottoinsieme dell'ambiente (o universo) ora detto. Supposta quindi l'esistenza di un ambiente, sia J un i., che naturalmente è un sottoinsieme dell'ambiente A*. Definiamo i. complemento o semplicemente complemento di J un i., indicato con J, tale che:

INONGO28.png

vale a dire che il complemento di un i. J contiene tutti gli elementi dell'ambiente che non sono contenuti in J. Naturalmente il complemento del complemento di J, indicato con J, è ancora J. Per quanto riguarda la proprietà distributiva, osserviamo che essa comporta la trasformazione dell'unione in intersezione (o viceversa) allorché si applica la complementazione. Formalmente:

INONGO29.png

Queste relazioni vanno comunemente sotto il nome di leggi di De Morgan. Osserviamo che è immediato dimostrare le due relazioni seguenti:

INONGO30.png

come è pure facile dimostrare, dato che l'i. vuoto è sottoinsieme di qualsiasi i., che:

INONGO31.png

Queste due relazioni possono anche essere poste come definizione. Lo studio degli i. immersi in un ambiente è la parte della teoria degli i. che ha applicazione pratica più immediata, ad es. in geometria ed in topologia. ║ Algebra della logica: tralasciando tutte le conclusioni cui si può arrivare mediante la teoria degli i., citiamo solo un nuovo ramo della logica matematica che ha oggi una grandissima importanza. La matematica sviluppata da G. Boole verso la metà del secolo scorso comprende due sole variabili, dette "vero" e "falso" ovvero "1" e "0". L'algebra di Boole o algebra della logica, utilizzando queste due variabili ed applicando le operazioni di congiunzione, unione, complementazione, ecc. proprie della teoria degli i. costituisce una tecnica di calcolo altrettanto valida quanto la matematica comune. Essa è utilizzata in pressoché tutti i calcolatori elettronici numerici oggi costruiti.


Hilbert, David.

Matematico tedesco. Fornì fondamentali contributi a quasi tutti i rami della matematica, dalla teoria dei numeri alla teoria delle forme a infinite variabili, dove introdusse il primo esempio di spazio funzionale (spazio hilbertiano). Il suo nome è però legato alla profonda revisione critica cui sottopose la geometria euclidea (Fondamenti della geometria, 1899). H. fu il primo matematico che presentò la geometria elementare come sistema ipotetico-deduttivo, avvicinandosi ai concetti primitivi ed agli assiomi con l'atteggiamento mentale tipico dell'assiomatica moderna. Però per H. la geometria non si riduce a un puro gioco di regole convenzionali. Il suo sistema assiomatico rimane pur sempre un tentativo di analisi logica della nostra intuizione dello spazio. I concetti primitivi accettati da H. sono quelli di punto, retta e piano; questi devono soddisfare alcune relazioni primitive che sono espresse dalle parole "giacere, su, appartenere", "fra", "congruente". Gli assiomi sono suddivisi in cinque gruppi: I) assiomi di collegamento o di appartenenza; II) assiomi di ordinamento; III) assiomi di congruenza; IV) assioma delle parallele; V) assiomi di continuità. Nel primo capitolo dei Fondamenti, H. elenca gli assiomi e i più importanti teoremi che se ne deducono. Nel secondo egli dimostra la non contradditorietà e l'indipendenza dei postulati. Tratta poi della teoria delle proporzioni, dell'equivalenza e delle varie geometrie-non: non archimedea, non pascaliana, non desarguesiana. Il sistema assiomatico di H. non è simbolizzato: egli non usa il linguaggio simbolico, ma quello ordinario: non è neppure completamente formalizzato perché viene sottinteso in blocco tutto il complesso delle regole logiche in base alle quali si conducono le deduzioni. H. si occupò anche di questioni di fisica matematica e di problemi relativi al formalismo della meccanica quantistica (Könisberg 1862 - Gottinga 1943).

Logicismo.

Indirizzo logico-matematico sorto nella seconda metà dell'800, principalmente ad opera di Gottlob Frege. Esso va inquadrato nella tendenza dei matematici dell'800 a ricondurre i concetti matematici entro principi sempre più elementari (cioè logici) e rigorosamente definiti. Già ad opera di K. Weierstrass, G. Cantor e R. Dedekind si era giunti a definire una completa teoria dei numeri reali basata sul solo concetto di numero naturale; e con G. Peano si può considerare conclusa la sostanziale aritmetizzazione di tutta la matematica. Partendo di qui, il programma di Frege consisteva nell'affrontare l'analisi del concetto di numero naturale per definirlo in termini puramente logici. In tal modo l'intera matematica si sarebbe fondata sulla logica, ed essendo questa, secondo le indicazioni kantiane, scienza del giudizio analitico a priori, si sarebbe assicurata la base dell'intera conoscenza matematica. La teoria elaborata da Frege consiste, in sintesi, nella riconduzione del concetto (aritmetico) di numero intero a quello (logico) di classe, da cui vengono ricavati gli assiomi matematici. È da notarsi che questo programma si rivela essenzialmente opposto ad un'altra tendenza matematica che stava nascendo contemporaneamente: quella assiomatica di D. Hilbert. Qui infatti i postulati di base vengono dati senza necessità di analizzarli, e senza stabilire provenienze logiche oppure intuitivo-fisiche. Ma il l. di Frege pervenne infine ad una gravissima crisi (nota come "crisi dei fondamenti" della matematica), allorché emersero dal suo sistema logico le cosiddette antinomie, cioè quesiti che in ogni caso portano ad una contraddizione. L'analisi delle antinomie venne portata avanti da B. Russel, che espose notevoli risultati nei suoi famosissimi Principia Mathematica (in collaborazione con A.N. Whitehead, 1913); ma la questione ancor oggi non appare interamente risolta. Il terreno sul quale si era per primo posto Frege si rivelò comunque tanto suggestivo ed insieme complesso, che molti notevoli studiosi vi si applicarono e tutt'ora vi si applicano.


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