Il Patrimonio Ittico Italiano.

La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l'individuo in condizione di fare a meno di essa.
(Ernesto Codignola)

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Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z

Animali

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Istat Statistiche sulla Pesca Statistiche sulla pesca in Italia, uso integrato di indagini campionarie e dati amministrativi.

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VITA DEGLI ANIMALI - PESCI - IL PATRIMONIO ITTICO ITALIANO

INTRODUZIONE

La natura peninsulare del nostro Paese fa sì che il mare e tutte le forme vitali ad esso connesse assumano un peso rilevante sia agli occhi dello scienziato che a quelli dell'economista. L'influenza del mare sulle condizioni di vita di una regione è molto complessa se si pensa che clima, fauna, vegetazione, aspetto morfologico, sono determinati proprio da una presenza più o meno massiccia dell'elemento marino. In un paese come l'Italia, con circa 9.000 Km. di coste, l'importanza del mare va al di là dei termini consueti per diventare un elemento determinante alla comprensione di molti fenomeni naturali ed, anche, economici. Ma il mare è, oltre ad una distesa di acqua salata, una enorme dimora di forme vitali con caratteri particolari dovuti all'ambiente in cui si vengono a sviluppare. Le forme vitali più complesse di cui il mare è fonte sono i pesci che, divisi in 20.000 specie, offrono un vasto ed interessantissimo campo di studio. In Italia il patrimonio ittico non è tra le componenti fondamentali del sistema economico, ma assume una dimensione particolare in quelle regioni ed aree costiere più lontane dai mutamenti portati dall'industrializzazione come la Calabria, la Sicilia, la Puglia e la Sardegna. Circa 130.000 sono i pescatori italiani la cui attività produce 1.500.000 q. di pesce all'anno, 350.000 q. di molluschi e 90 mila q. di crostacei, oltre ai 15.000 q. di anguille delle valli di Comacchio. Questa produzione, unita a quella dei bacini di acqua dolce (36.000 q. circa, ogni anno), non basta a coprire il fabbisogno nazionale ed è, perciò, integrata dall'importazione. Per quanto riguarda il pesce d'acqua dolce si può subito rilevare come, in questo caso, la pesca assuma dimensioni più artigianali, e ne sono testimonianza le cifre del pescato annuo, e come le aree di massima distribuzione siano dislocate presso i laghi. La Lombardia occupa il primo posto con 16.400 q. annui, quasi la metà della produzione nazionale, ed è seguita da Lazio, Umbria e Piemonte. L'attività peschereccia industriale si rivolge, in genere, ad una sola specie di pesce e, in Italia, trova nei tonni, negli sgombri, nelle sardelle e nel pesce spada, la fonte più redditizia, per la presenza di banchi estesi e la conseguente facilità di pesca. Se pensiamo che dei tre milioni e settecento mila t. di pesce pescati in un anno in tutto il mondo solo il 60 per cento è destinato al consumo diretto come cibo, e che il restante 40 per cento trova diversi impieghi industriali, ci rendiamo conto di come sia necessario mettere in evidenza le possibilità di impiego di questi prodotti offertici dal mare nei vari campi di attività delle nostre industrie. Quella conserviera è distribuita presso le coste per le necessità organizzative relative al trasporto e al commercio del pesce che pone molti problemi dovuti alla sua facile deteriorabilità. Inoltre il pesce è sfruttato: in Italia per produrre tutto un complesso di sostanze chimiche e farmaceutiche di largo uso. Vitamine, gelatine, proteine, grassi industriali e colle, olii e concimi, risultano in grandi quantità da processi chimici che utilizzano il pesce come materia prima; se pensiamo poi alla gamma di forme di conservazione possibili (iscatolamento, affumicazione, ammarinazione, congelamento, essicazione, ecc.) ci possiamo rendere conto della vastità dei campi d'impiego dei prodotti animali marini, tutti ricchi di sostanze molto ricercate come, ad esempio, il fosforo. Non possiamo dimenticare che alla pesca sono legate altre attività produttive: basterà citare il lavoro dei cantieri navali destinati ad approntare mezzi sempre più efficienti, e che il richiamo del mare e della sua fauna, non suscita solo interessi economici, ma anche scientifici o, più semplicemente turistici. Un fenomeno che negli ultimi anni si è sviluppato prepotentemente riguarda la pesca intesa come divertimento, e questo coinvolge l'industria turistico-alberghiera, sia per quanto concerne i corsi d'acqua dolce che per il mare. Sempre più vasto è il numero degli appassionati di pesca subacquea e di pesca alla traina, tanto per fare un esempio, sports, questi, piuttosto costosi che toccano tutto un complesso di interessi per la ricca e particolare attrezzatura che richiedono. In definitiva però, questi nuovi impulsi hanno portato un notevole contributo ad una conoscenza più intima dei pesci, della loro vita e del loro ambiente. Fino ad ora abbiamo parlato della fauna marina limitandoci ai Pesci, ma la presenza del mare o di un corso d'acqua dolce è accompagnata dall'esistenza di altre forme vitali, magari meno complesse, ma non per questo meno importanti. Ad incominciare dai Protozoi, divisi in 30.000 specie e componenti il Plankton cioè quel complesso di organismi animali e vegetali spesso microscopici che vivono negli strati superficiali delle acque, di particolare importanza per la loro antichissima età, proseguendo con le Spugne, classe a sé, di individui con una propria organizzazione cellulare a metà strada tra i Protozoi e i Metazoi, con i Celenterati, animali pluricellulari con un'unica cavità per l'assimilazione e distribuzione del cibo e molto diffusi (basti pensare alle bellissime Meduse), i Cteofori e i Vermi si arriva al grande gruppo degli invertebrati che, anche su un piano quantitativo, rivestono grande importanza. E qui si può parlare dei Crostacei (Gamberi, Granchi, Paguri, ecc.), degli Echinodermi (Ricci e Stelle di mare, Crinoidi, ecc.), dei Molluschi (Bivalvi, Gasteropodi e Cefalopodi) e dei Tunicati (Ascidie e Pirosomi, tutti molto simili a forme vegetali o alle Spugne); sono nomi che oltre ad indicare altrettanti argomenti fondamentali dal punto di vista biologico, entrano nella vita di tutti i giorni e assumono quindi una rilevanza particolare: i Molluschi ed i Crostacei, ad esempio, sono fonte di tutta una tradizione culinaria validissima, tipicamente mediterranea, che è collegata a fenomeni turistici e di costume. Come vediamo, quindi, parlare degli abitanti delle acque non è facile: uno studio approfondito non può essere certo limitato ad un libro o ad una serie di opere; vastissima, d'altronde, è la bibliografia che si riferisce alla trattazione sistematica degli animali marini. Anche limitandosi ai Pesci, si vedrà come complessa sia la materia; a incominciare dalla divisione generale tra Pesci cartilaginei e Pesci ossei, fino all'addentrarsi nella distinzione delle classi con le relative caratteristiche anatomiche o di modo di comportamento, il discorso si presenta particolarmente articolato ed arduo anche se indispensabile ad una reale comprensione della funzione che svolgono le acque dolci e salate nel ciclo di sviluppo della vita sul nostro pianeta.

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IL PESCE D'ACQUA SALATA

La fauna del Mediterraneo è analoga, per molti aspetti, a quella atlantica, tanto che molte delle specie diffuse nel Mediterraneo, sono ritrovabili anche nelle isole del Golfo di Guascogna o nelle acque tropicali che circondano le isole del Capo Verde. La presenza degli stessi Pesci in zone molto lontane dal globo, dipende dai fattori ambientali i quali permettono e favoriscono lo sviluppo di certe forme vitali; in questo senso grande è l'influenza della temperatura e della composizione chimica dell'acqua di mare. I mari che bagnano la nostra penisola, presentano un grado di salinità intorno al 38% e una temperatura alla superficie di 25° che ad una profondità media si aggira sui 12-13° C. Questa affinità con la fauna atlantica non deve però far credere che il Mediterraneo sia privo di specie caratteristiche non esistenti o difficilmente reperibili altrove, né deve lasciarci pensare che non esistano diversità tra le faune dei diversi mari italiani. Infatti basterebbero le considerazioni quantitative relative alla differenza di produttività del mare Adriatico e di quello Ligure per farci comprendere come nei due mari esistano delle condizioni tali per cui certe specie sono favorite ed altre no. Sempre nell'ambito chimico-fisico, rientrano talune osservazioni sull'importanza dei gas disciolti nel mare di cui anidride carbonica e ossigeno sono i più importanti per la vita dei Pesci. L'ossigeno è disciolto nell'acqua in quantità pari al 34% mentre l'anidride carbonica è presente in piccolissime quantità allo stato libero. Quest'ultimo gas è in realtà contenuto nel mare nella misura di 45 cm. cubi per litro sotto forma di acido carbonico e bicarbonati. Anche se per molti animali marini le quantità di ossigeno passibili di assorbimento nel corso della funzione respiratoria sono relativamente importanti, per i Pesci più grossi è indispensabile che le acque siano ben areate e mosse; è ovvio che le percentuali di gas che si rilevano nel mare dipendono dai parametri fisici: pressione, temperatura e profondità. E' da ricordare che la situazione chimica dell'acqua marina è legata allo svolgersi dei processi biologici derivanti dalla presenza dei Pesci e delle Piante sottomarine, per esempio il pH, variante in genere fra 8 e 8,4, è determinato dall'andamento dei processi di fotosintesi clorofilliana delle piante e da altri aspetti della vita animale e vegetale che si svolge sotto la superficie del mare. I carbonati, in particolare quello di calcio, sono portati in continuazione al mare dai fiumi che li erodono dalle rocce e vengono utilizzati dalla natura per la costruzione degli scheletri dei Vertebrati o per i gusci e le conchiglie che ospitano i Molluschi; anche le corazze dei Crostacei sono costituite in virtù di questi apporti di carbonati alcalini. Abbiamo così visto come vari e complessi siano i fattori che determinano la vita nel mare, ma fondamentali per una catalogazione dei Pesci italiani sono le considerazioni sulle coste; la natura delle coste è forse l'elemento più importante per lo sviluppo di certe specie piuttosto che di altre e, assieme ai dati di profondità, ci suggerisce il criterio più valido per la classificazione geografica della fauna dei nostri mari. A incominciare dalle coste orientali della Istria fino a Duino (Trieste), la presenza di fitte insenature costiere lunghe e strette dette «rias», conferisce un aspetto roccioso frastagliato che determina lo sviluppo di una fauna marina caratteristica molto ricca in tutte le specie. Il paesaggio subacqueo è dei più attraenti con una gran varietà di Crostacei, Molluschi e Celenterati variopinti. Soprattutto la serie dei Molluschi Lamellibranchi o Bivalvi è rappresentata massicciamente da esemplari come l'Ostrica, molto ricercata per il suo raffinato sapore, i Peoci e i Datteri di mare. I Molluschi-Bivaldi sono talmente popolari che può essere interessante fornire qualche notizia sulla loro origine e sul loro comportamento. Vivono in acque basse lungo la costa o a poca distanza e, a seconda della specie, preferiscono i fondi sabbiosi o quelli rocciosi; sono costituiti da due valve, unite da una cerniera, contenente il corpo molle, in genere commestibile, che si nutre di particelle fluttuanti o del cibo fornito parassiticamente da vegetali o altri animali. Anche se più diffusi nel Tirreno e nello Jonio, Molluschi come le Vongole, le Arselle, le Telline, ecc. sono a tutti noti per il largo impiego che la cucina marinara ne fa particolarmente nella preparazione delle cosiddette zuppe di pesce. L'introduzione di un corpo estraneo all'interno delle valve può provocare una formazione madreperlacea che, nelle ostriche, costituisce le perle: per questa ragione l'ostrica gode di una particolare popolarità anche se nei nostri mari una coltivazione artificiale delle perle è impossibile o comunque troppo poco redditizia per essere intrapresa. Non sempre le valve abbracciano tutto il corpo dell'animale, anzi in certi casi la conchiglia è fatta di due semi-canali per cui il Mollusco viene ad assumere l'aspetto di un cilindro all'estremità del quale sporgono due sezioni del corpo molle contenuto all'interno. E' il caso del Solen edulis noto comunemente come «cannolo» e anch'esso apprezzato per il gustoso sapore. Privi di mezzi di locomozione i Lamellibranchi conducono vita sedentaria anche se, in rari casi, sono dotati della possibilità di spostarsi, sempre nell'ambito di piccole distanze, usufruendo di un piede muscoloso e robusto o «volando» grazie al battito di una valva contro l'altra con un movimento simile a quello delle nacchere. Si è già detto come avviene l'alimentazione di questi animali, la loro riproduzione è legata o a caratteri sessuali ermafroditi o all'incontro casuale di semi maschili fluttuanti nel mare con apparati riproduttivi femminili stabili. Particolarità dei Peoci, o Cozze, è quella di vivere e riprodursi in modo da formare grappoli tenacemente attaccati alla scogliera. Il paesaggio subacqueo è inoltre arricchito dalla presenza delle bellissime conchiglie di Gasteropodi di scogliera multiformi e multicolori. Molto attraenti anche le formazioni corallifere dei Celenterati, peraltro poco presenti su queste coste. Ad affiancare queste forme di vita sono le consuete Spugne e i Crostacei che trovano nel fondo roccioso l'ambiente più consono al loro sviluppo. I Granchi, i Gamberi e le prelibate Aragoste sono tra i Crostacei più noti, forniti tutti di una corazza che nell'Aragosta assume il colore roseo caratteristico, si nutrono di pesci più piccoli avvalendosi delle poderose chele, vere e proprie tenaglie a volte di dimensioni notevoli, di cui però l'Aragosta è sprovvista. Infine i diversi esemplari di Paguro, un tipo di Crostaceo che ha la curiosa abitudine di proteggere la sua parte molle nascondendola nella conchiglia abbandonata da qualche Gasteropodo e realizzando una forma di vita simbiotica con le Attinie che spesso vivono sulle conchiglie che il Paguro stesso abita. In questo caso il Paguro fornisce un servizio alle Attinie, prive di organi di locomozione, muovendosi con le sue zampe simili a quelle del Granchio alla ricerca di cibo, le Attinie ricambiano il favore aiutando il Paguro ad uccidere le prede alle quali si avvicina. Il soffermarsi a descrivere minutamente la vita animale di questo tratto di costa di per sé molto breve, quando tratti molto più lunghi si incontreranno, per esempio, in Liguria, trova una giustificazione nella pescosità di questa zona di mare. Non molto numerosi i Pesci Cartilaginei: la più importante specie è quella dei Gattucci. Ne esistono di due tipi: il maggiore ed il minore tutti e due squaliformi con colorito scuro. Nonostante l'aspetto aggressivo, sono lunghi 70 cm. circa e rassomigliano ai Pescicani, sono inoffensivi; la loro carne è insipida e di scarso valore gastronomico, per questo il Gattuccio e trascurato dai pescatori. I Pesci ossei invece, comprendono, in queste zone dell'Adriatico, alcune specie molto importanti e ricercate per la bontà delle carni: come il Branzino (Dicentrarchus labrax) noto anche come Spigola, Ragno, ecc., un bel pesce di dimensioni ragguardevoli. Il colore è argenteo e il peso si aggira sui 10 Kg., può essere lungo fino ad un metro. La Cernia, gigante o di fondo, è pure nota per le sue qualità gastronomiche. Di aspetto abbastanza simile al Branzino, la Cernia può raggiungere però un peso di 40-50 Kg. e una lunghezza di 2 metri. Specialmente la Cernia di fondo è preda ricercata con entusiasmo dai pescatori per le piacevoli sorprese che può riservare in fatto di peso e dimensioni. L'abitudine delle Cernie di nascondersi negli anfratti delle rocce sott'acqua rende difficile la caccia di questo pesce. Il mezzo più sicuro ed anche più affascinante è quello di immergersi in mare seguendo l'animale nella sua ruga per colpirlo con un arpione lanciato da un fucile subacqueo. Indubbiamente il miraggio della pesca di un grosso esemplare come la Cernia di profondità e tra gli impulsi che spingono molti a dedicarsi alla pesca subacquea, ma anche la possibilità di venire a contatto con la realtà della vita del fondo marino, è una ragione bastante a motivare l'interesse degli ultimi anni per questo tipo di sport. Sempre più vasto è il numero di chi si tuffa in mare fornito di maschera, pinne e bombole o per cacciare o per scattare fotografie e girare film. L'ambiente della costa rocciosa è certamente il più interessante per il subacqueo, gli riserva spettacoli meravigliosi per i colori e le varietà di vegetali e animali che si possono ammirare, ma è anche l'ambiente più insidioso. Già di per sé la pesca subacquea comporta una preparazione fisica accurata e una organizzazione perfetta, ma quando si tratti di inseguire una Cernia o una Ricciola nelle grotte, è evidente che l'abilità e l'attrezzature richieste devono essere delle migliori. Si dovranno impiegare fucili corti che non ostacolino i movimenti, a tiro rapido e potente, in genere si usano quelli ad anidride carbonica, bombole che assicurino una lunga autonomia, una buona muta, o tuta pesante di gomma, che ripari dal freddo delle acque più profonde, ecc. L'equipaggiamento per questo tipo di pesca è molto costoso e complesso, ma è anche importantissimo oltre che per assicurare una buona riuscita della caccia anche per un fattore di sicurezza: troppo spesso incidenti mortali dipendono dal materiale di scarsa qualità usato con troppa leggerezza. Il diffondersi della passione per il mondo del mare si è, quindi, concretato in un numero sempre più vasto di persone che si dedicano alla pesca subacquea e, perciò, in uno sviluppo dell'industria turistica e di quella del naviglio leggero. Circoli, riviste, negozi specializzati, organizzazioni varie sono sorti un po' dovunque per assistere chi pratica questo moderno ed interessante sport. Sono nate anche esigenze nuove: di orologi atti a resistere alla pressione dell'acqua; strumenti di rilevazione dei dati di profondità e di temperatura, centri d'intervento medico o di soccorso in mare e tutta una serie di arpioni, coltelli, fucili e oggetti sempre più efficienti che hanno fatto nascere una vera e propria industria connessa a questa attività sportiva ed una vasta letteratura in grado di fornire una massa sempre più cospicua di nozioni a chi, per la prima volta si accosti alla pesca subacquea. Ritornando alla descrizione dei Pesci delle coste rocciose, ci troviamo di fronte ad un vasto complesso di famiglie e specie di Pesci ossei. Gli Sciarrani, della stessa famiglia del Branzino, sono grossi animali di colore rosso-bruno (Serranus cabrilla) o azzurro a strisce (Serranus scriba) con carni poco saporite. Di vivace colore rosso è un altro Serranide: il Canario. Una famiglia numerosa che comprende Pesci pregiati e di aspetto uniforme, quasi tutti con squame argentee, è quella degli Sparidi con l'Orata, il Dentice e l'Occhiata tutti e tre dotati di carni gustosissime. L'Orata ha una striscia di colore giallo sul muso, questa particolarità ha dato origine al nome, come il Dentice l'Orata può raggiungere i 10 Kg. di peso. Completano il panorama della famiglia i Saraghi, la Boga e la Salpa. Particolarmente interessanti sono le Blenni (Bavose) per le abitudini che seguono nel processo riproduttivo: si tratta di Pesci nidificatori che sogliono attaccare le loro uova agli oggetti più diversi che possono essere trovati tra le rocce. Qui le femmine depongono le uova e il maschio le sorveglia difendendole dagli attacchi esterni. La famiglia dei Blenni è composta da molte specie di Pesci guardiani tutti dotati di una lunga pinna dorsale e privi di squame. Si muovono fra gli scogli con grande agilità e, più che nuotare fanno brevi e frequenti scatti Tutti i membri di questa famiglia sono dotati di spirito aggressivo che li spinge ad attaccare molti altri pesci e molluschi. La Triglia di scoglio ed il Corvo sono altri due Pesci tipici di questo ambiente roccioso come d'altronde la Leccia e la Seriola (famiglia dei Carangidi).

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A rendere più vivace la tavolozza dei colori sono i Labridi così chiamati per le grosse labbra che conferiscono loro una strana espressione. Particolarmente nota la Donzella di colore bruno con strisce gialle sui fianchi. Di aspetto poco piacevole, invece, sono i membri della famiglia dei Catafratti: Scorpene (o Scorfani), Gallinelle, Pesci forca e Dattilotteri, forniti tutti di corazza ossea, questi animali hanno colore scuro. Le Gallinelle, con riflessi rossastri, sono in grado oltre che di nuotare di «camminare» appoggiandosi sulle pinne pettorali; essendo munite di aculei e antenne, come tutti i Pesci della famiglia, quando vengono pescate emettono uno strano suono prodotto dalla vibrazione di queste appendici cartilaginee; cammina anche il Pesce Ragno, pericoloso animale diffuso un po' dovunque e molto ricercato per le saporose carni. Un altro pesce diffuso nelle zone rocciose provviste di vegetazione è la Motella (Gadus Mediterraneus), la cui caccia è molto difficile, si cattura con lenze a mano in prossimità dei moli e delle scogliere e ha carni bianche e delicate, bisogna però dire che l'incontro con la Motella sulle nostre coste è sempre occasionale. Da Duino a Cattolica la costa e bassa e alluvionale, forma un ampio arco e ospita una serie di lagune: quella veneta, le Valli di Comacchio, e quella di Cervia. L'ambiente lagunare e dei bacini di acqua salmastra presenta una concentrazione di sale inferiore a quella marina: 28%. La fauna è costituita da animali marini ma spesso nelle lagune sono ritrovabili Pesci d'acqua dolce scesi nelle acque salmastre per la riproduzione, come fanno le Anguille, o per svolgere altre funzioni del loro ciclo vitale. In ogni caso si può dire che la fauna di queste zone non è stabile né fornita di caratteri precipui; ogni giorno per due volte l'acqua del mare penetra in laguna, entrano così tutti gli organismi che compongono il Plankton di cui già abbiamo parlato. Il piccolo Aphanius fasciatus o Nono, è uno dei pesci più abbondanti nella laguna veneta, altri esemplari sono il Pesce Ago e l'Atherina Mochon. Questi sono accompagnati da molte specie di Echinodermi, Molluschi e Crostacei. Se escludiamo le zone rocciose del Conero e quelle paludose del Gargano, la costa adriatica viene ad assumere per tutto il tratto che va fino a S. Maria di Leuca, i caratteri di un litorale sabbioso e piatto. Questi estesi arenili ospitano una fauna particolare e molto interessante. Tra gli animali delle sabbie sono molto importanti i Molluschi Bivalvi estremamente diffusi, specie sulla battigia. I Cuori o Noci di mare hanno una conchiglia caratteristica, tondeggiante, solcata da marcate linee che si dipartono dall'apice. In genere questi Molluschi vivono sommersi nella sabbia e comunicano coll'esterno mediante due sifoni. Compresi tutti sotto il generico nome di frutti di mare i Bivalvi sono pescati in quantità e utilizzati nei più diversi modi nelle tipiche cucine regionali: basti pensare a quanto favore incontra la Vongola sulle nostre tavole. Per quanto riguarda gli Echinodermi si rileva la mancanza dei Ricci di mare compensata da una ricca presenza di Astropecten (Stelle di mare) capaci di raggiungere il mezzo metro di diametro. Anche i Crostacei, Pannocchia, Gamberetto e Paguri, sono numerosi in queste aree. Il fondo sabbioso determina l'esistenza di ben precise specie di Pesci che, in tutto l'Adriatico, rappresentano la maggior parte del prodotto pescato su scala industriale. Infatti proprie dei tratti di mare che fronteggiano Venezia, le Marche, e le Puglie, sono specie notissime come la Sogliola, il Rombo e la Passera di mare. La Sogliola ricercatissima per le sue carni delicate, pescata con apposite reti a strascico e ha dimensioni aggirantesi sui 20 cm. di lunghezza: il suo corpo è piatto e largo di colore grigiastro, con pinne dorsali e anali, da notare che la Sogliola, come la Passera ha tutti e due gli occhi sulla parte destra del corpo. Altrettanto ricercati da chi pesca su scala industriale sono i Muggini tra cui primeggia il Cefalo, pesce lungo sino a 70 cm. dotato di ottime carni e di una facile adattabilità alla vita in acque dolci o salmastre. L'Ombrina, famiglia Scienidi, ha dimensioni analoghe a quelle del Cafalo: il suo dorso è percorso da linee gialle, il suo muso è ornato da corti baffi. Le quattro specie di Trachini, il Cicirello e la famiglia degli Sparidi, completano il quadro della fauna dei litorali sabbiosi. I Trachini hanno in genere piccole dimensioni, ma sono molto pericolosi perché dotati di una pinna dorsale munita di spine con cui i Pesci pungono gli avversari, o l'uomo, iniettando un veleno che provoca non pochi disturbi, nonostante ciò i vari tipi di Trachini non sono trascurati dai pescatori che riescono a venderne discrete quantità a chi gradisce queste carni non particolarmente raffinate. Cospicui i banchi di Cicirelli, piccoli Pesci azzurri che in primavera vengono catturati facilmente lungo queste coste. In mezzo all'uniformità dei colori di questi Pesci, fa spicco il rosso-roseo degli Sparidi di cui possiamo ricordare il Pagello ed il Pagrus pagrus, ma, come sappiamo, una descrizione completa del panorama ittico di un'area marina non può limitarsi ai soli Pesci ossei, e tali sono quelli da noi citati finora, è quindi necessario accennare ai Cartilaginei di cui alcune specie, che possiamo definire addirittura spettacolari, sono presenti, anche se non in ingenti quantità, nell'Adriatico. Si tratta cioè di tutti quegli animali appartenenti all'ordine dei Raiformi: il loro corpo è piatto e largo come una grande foglia in quanto la loro vita si svolge in profondità e sempre sotto l'elevata pressione dell'acqua sovrastante; gli occhi sono collocati sul dorso, mentre bocca, narici e aperture branchiali, si trovano sul ventre. Sono comprese in questo ordine le Razze, le Torpedini, le Aquile di mare e i Diavoli, i Trignoni e le Mante. Le Razze di cui si conoscono, nel Mediterraneo, quindici specie, raggiungono e a volte superano, i due metri di lunghezza e i 200 Kg. di peso. Facilmente ritrovabili lungo le coste italiane sono la Razza stellata, la Razza quattrocchi e quella chiodata, tutte ovipare e dotate di una lunga coda. I Trigoni, invece, sono ovovipari e, in fondo alla coda, portano un aculeo capace di iniettare veleno nei nemici. La stessa arma hanno l'Aquila e il Diavolo di mare, quest'ultimo è in grado di raggiungere i 900 Kg. di peso e appartiene alla famiglia dei Cefalopteridi. Per quanto riguarda le Torpedini il loro mezzo di difesa è rappresentato da una scarica elettrica che sono in grado di trasmettere grazie a due organi collocati sui fianchi in posizione sottocutanea e simili al rene umano. La Torpedine Ocellata e quella Marmorizzata hanno colore bruno ravvivato da macchie blu di forma rotonda. Entrambe superano raramente i 50 cm. di lunghezza e riescono a partorire, a volte, anche 30 piccoli per ogni ciclo produttivo. Un altro Pesce Cartilagineo reperibile nei tondi sabbiosi è il Pesce Angelo, scientificamente noto come Squatina-squatina, di aspetto simile agli squali che ha il costume di nascondersi sotto le sabbie per tendere agguati alle prede in passaggio. Si tratta di un animale voracissimo dotato di una pelle molto ruvida che viene impiegata in certe fasi della lavorazione del legno e dell'avorio. A pochi metri dal litorale sabbioso troviamo degli organismi simili ai Pesci ma biologicamente classificabili al di sotto di questi: sono i Leptocardi di cui la Lancetta è l'esemplare da noi più diffuso, relativamente all'Adriatico in quanto negli altri mari è ormai praticamente introvabile. Già abbiamo accennato ad un pericoloso ospite dei nostri mari, il Pesce Ragno. Questo, con il Pesce Lucerna (Uranoscopus scabel), predilige gli arenili e appartiene alla famiglia dei Trachinidi di cui si è parlato più sopra; è fornito di due aculei sugli opercoli e di quattro spine sulla pinna dorsale, queste armi si rizzano immediatamente quando il Pesce si sente minacciato, e iniettano un doloroso veleno. Ciò nonostante un classico «brodetto» richiede la presenza degli aghi di questi Pesci. Lungo il litorale romagnolo-marchigiano, in primavera ed estate è praticata la pesca di un Mollusco (Cefalopodi) fra i più conosciuti: la Seppia. Si impiegano nasse costituite da uno scheletro di legno a forma di parallelepipedo le cui facce sono coperte, in parte di rete e, per il resto, di legno; una delle facce più piccole porta fissato un imbuto di fili di ferro: questo apparato permette l'ingresso della seppia ma rende impossibile all'animale la fuga. Le nasse sono poste a una profondità di circa 5-6 metri in lunghe file collegate da una gomena. L'aspetto di questo Cefalopode è quello di un corpo piatto e lungo che reca ad una estremità il serbatoio contenente il ben noto liquido nero che l'animale getta contro chi lo attacchi ed è fornito di tentacoli. Oltre ad un grande uso gastronomico, la seppia si presta ad altri impieghi: il «nero» è usato come colorante, e l'osso polverizzato entra nella fabbricazione delle polveri dentifricie, ricordiamo a titolo di curiosità, come l'osso di seppia sia posto nelle gabbie dei canarini con lo scopo di permettere loro l'affinamento del becco. Procedendo dalla costa verso l'alto mare si nota che il fondo, in origine sabbioso, si fa sempre più melmoso. Prima di giungere ad un fondo composto unicamente di melme si attraversa una fase di composizione del fondo marino che è particolarmente favorevole alla crescita di vegetali, per questo, a una certa distanza dal litorale, è facile incontrare estese praterie chiamate Praterie di Posidonie dal nome delle piante che le compongono: sono vegetali lunghi anche 2 metri di colore verde brillante e che si sviluppano, appunto, su una miscela ben proporzionata di sabbia e fango. Brulicanti anch'esse di forme vitali, queste praterie sono un interessante campo di osservazione per il biologo e per il subacqueo. Tra i Molluschi che le abitano rilevante è la presenza del Calamaro: è come la Seppia, un Cefalopode, fornito di tentacoli e pinne. Nuota in posizione orizzontale ed è uno dei componenti essenziali di molti piatti della cucina marinara: sia fritto che bollito o nella zuppa di pesce, il Calamaro conserva il suo caratteristico sapore che lo rende particolarmente apprezzato ai buongustai. Sempre tra gli Invertebrati che vivono in questo ambiente troviamo i Ricci di mare e le Stelle, elementi apportatori di vivaci note cromatiche: rosso, verde, giallo, ecc. I Crostacei invece non contano esemplari tipici in queste zone ad esclusione di un Gambaretto verde dotato di proprietà mimetiche il cui nome scientifico è Hyppolyte prideauxiana. Un tipo di pesciolino molto popolare dalla singolare forma è l'Hippocampus ippocampus che con l'Hippocampus guttulatus, forma il gruppo dei cosiddetti Cavallucci marini. Vivono appena sotto il pelo dell'acqua, nuotano in posizione eretta, muovendosi grazie ai colpi della pinna dorsale e possono essere lunghi fino a 17 cm. Spesso sono buttati sulla spiaggia quando il mare è molto mosso: hanno forma e aspetto caratteristico, non sono commestibili, e, data la curiosità che suscitano specie nei bambini, sono essiccati al sole e conservati, lo stesso si fa, per esempio, con le stelle marine. E' credenza che i Cavallucci siano portatori di buona sorte e simbolo di fedeltà. Da un punto di vista classificatorio i Cavallucci rientrano nel gruppo dei Lofobranchi. Altro piccolo pesce dall'aspetto singolare è il Pesce Ago, così chiamato per la sua forma estremamente sottile. Nelle praterie sottomarine è, poi, molto diffusa una famiglia che già abbiamo incontrato: quella dei Labridi. Come sappiamo questi Pesci hanno delle bellissime colorazioni che, in queste zone, comprendono tutta la gamma dei verdi e dei rossi-bruni con evidente analogia cromatica con l'ambiente circostante popolato di piante. Tra i più noti sono: il Labrus Turdus (o Tordo di mare) e il Pesce Pettine con corpo sottile e delicati colori sulle tonalità del rosa e del celeste. Se procediamo dalla costa verso il mare aperto, dopo aver incontrato le Praterie di Posidonie, noteremo che la composizione del fondale va arricchendosi sempre più di fango, finché non si ha una distesa uniforme di melme. Questo tipo di fondale fangoso può, però essere dislocato immediatamente sotto costa, in tal caso si è verificato, con l'osservazione scientifica, come la fauna sia molto meno ricca e quantitativamente sul piano della varietà delle specie. Tra le famiglie di Pesci nectonici (ricordiamo che i viventi nei mari si dividono in tre gruppi: il Plankton, di cui si è già detto, il Nekton, cioè il complesso degli animali natanti, il Benthos che comprende gli animali che vivono sul fondo) la più importante agli effetti della pesca è quella dei Gadidi. Sono Pesci ossei il cui capostipite è un animale che non vive nel Mediterraneo: il Merluzzo. Nei tratti di mare che fronteggiano l'Abruzzo e la Puglia sono abbondanti due membri di questa famiglia: il Nasello ed il Merluzzetto. Il Nasello, o Merluccius merluccius, è un Pesce di grosse dimensioni, lunghezza 1 metro, colore grigiastro, con due pinne in posizione dorsale ed una robusta dentatura, le sue carni sono molto apprezzate. Più piccolo, invece, il Merluzzetto che non supera i 30 cm. e vive ad una profondità di circa 1000 m. Sempre della stessa famiglia, ma meno importanti, la Molva, la Pastenula e il Potossolo. Due altri Pesci molto ricercati per la bontà delle loro carni sono il Pesce San Pietro e la Triglia di fango; il primo vive a 200 m. di profondità ed ha colore grigio caratterizzato da una macchia più scura sui fianchi, la forma è tonda, slanciata da un ciuffo cartilagineo che prolunga la pinna dorsale. La Triglia di fango, o Mullus barbatus, è un esemplare che vive a 300 m. sotto la superficie del mare, ha forma allungata ed è meno colorata della Triglia di scoglio. Un animale che, invece, porta una nota di vivacità cromatica sui fondali fangosi è la Cepola rubescens, o Bandiera rossa, il cui nome volgare deriva, appunto, dal rosso acceso delle sue scaglie. Commestibile e della stessa forma della Cepola, cioè sottile e lungo come un nastro, è il Lepidopus caudatus che, però, ha colore argenteo e dimensioni ragguardevoli se si pensa che può arrivare ai 2 m. di lunghezza. Analogo è il Galletto di colore giallo pallido. Pesci dall'aspetto singolare sono il Pesce Trombetta, così chiamato per la forma del muso, ed il Pesce cinghiale, o Capros aper, avente forma di rombo. Si è fino ad ora, parlato di Pesci Ossei, ma numerosi sono anche i Cartilaginei specialmente bentonici cioè viventi sul fondo marino. Tra questi i Pesci chitarra (o Rinobati) che hanno corpo schiacciato come le Razze. L'esistenza di Pesci la cui forma può richiamare alla mente quella di uno strumento musicale trova nei Rinobatidi una conferma definitiva quando si ricordi che a tale ordine appartengono pure i Pesci violino. Sempre a proposito dei Batoidei è interessante ricordare la famiglia dei Pristidi cui appartiene un curioso animale le cui caratteristiche hanno provocato un ennesimo caso di nome volgare con valore associativo-simbolico nei confronti di un oggetto di fabbricazione umana: si tratta del Pristis antiquorum o Pesce sega, così chiamato per la lunga appendice cartilaginea che si sporge dal cranio in avanti ed è dotata di una serie di denti che le conferiscono, appunto, l'aspetto di una sega. E' diffuso in tutti i mari e, per il resto, ha la forma di uno Squalo. Infine altro abitante dell'ambiente fangoso è il Lophius piscatorius o Rana Pescatrice; vive ficcata nella sabbia o nel fango aspettando il passaggio delle prede che inghiotte con la bocca enorme, il corpo è allargato data la profondità a cui vive (600-700 m.), l'aspetto veramente poco invitante e le dimensioni a volte notevoli (2 m.); da ricordare che la struttura di questo animale è ossea. Naturalmente anche i fondali di cui stiamo trattando sono ricchi di Molluschi ed Echinodermi: tra i primi sono i Moscardini, dei piccoli (8-9 cm.) polipi completi di ventose e tentacoli, usati in gastronomia bolliti e conditi con olio ed aceto, ed il Doglio un Gasteropode carnivoro.

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Echinodermi molto diffusi sono due tipi particolari di Stelle di mare: una di colore giallo (Sphaeriodiscus placenta) e l'altra caratterizzata da raggi corti e larghi di un bel rosso vivo (Anseropoda placenta). Molto diffusi in tutto l'Adriatico due crostacei commestibili: lo Scampo, o Nephros nervegicus, ed il Gambero rosso. Lo Scampo è un Gambero rosato di piccole dimensioni, ma con lunghe chele; la sua polpa ha sapore delicatissimo ed è impiegata in molti piatti tipici (riso con gli Scampi, Scampi allo spiedo ecc.). Il Gambero rosso ha aspetto più aggressivo e colore più decisamente rosso, è un componente spettacolare, se così si può dire, della zuppa di pesce. Continuando a seguire l'andamento delle nostre coste incontriamo, dopo S. Maria di Leuca, il Mare Jonio con litorale basso e paludoso interrotto da piccole insenature fino al porto lagunare di Taranto. Dopo il fiume Sinni l'Appennino si riavvicina al mare e la costa è alta e rocciosa, la penisola calabrese alterna tratti bassi e dunosi a promontori a picco sull'acqua. Per quanto riguarda la fauna possiamo quindi riferirci a ciò che si è già detto riferendoci alla corrispondenza esistente tra un certo tipo di costa e la presenza di certa fauna; con questo non si vogliono escludere quelle che possono essere le caratteristiche precipue di questa area da un punto di vista faunistico specialmente per l'aspetto quantitativo. Si può perciò dire che accanto alle specie proprie di questi tipi di litorale se ne trovano altre ben difficilmente ritrovabili in altre zone come gli Scaridi o Pesci pappagallo, variopinti animali dentati lunghi circa 20 cm. di cui un esemplare diffuso appunto nello Jonio è lo Sparisoma cretense con scaglie rosso-verdastre. Lungo il versante occidentale della Puglia e nel tratto che costeggia la Basilicata è praticata la pesca delle Triglie e delle Spugne, e appaiono le prime tonnare. Regione nella cui economia assume un peso rilevante la pesca, è la Sicilia che ha uno sviluppo di coste di circa 1000 Km. per lo più erte e povere di porti naturali. La parte settentrionale è la più articolata, con piccoli golfi, verso Est il litorale è privo di insenature fino a Milazzo, verso sud abbiamo una costa uniforme e vicino all'Etna piccole baie di origine lavica. Nello stretto di Messina, che separa la Sicilia dal Continente, sono presenti alcuni Pesci ossei notevoli perché portano degli organi luminosi, detti fotofori, sui fianchi e sul ventre. Famosi lo Stomias boa e il Chauliodus sloanei, tipici rappresentanti della fauna di profondità di questa zona. Vivono sotto i 1200 m. di profondità ed hanno forma allungata con bocca grande armata di una potente dentatura. Si tratta di Pesci dal forte istinto predatorio difficilmente ritrovabili negli altri mari. Ancora una volta è opportuno ricordare come le considerazioni già fatte sulla fauna marina in relazione alla natura costiera, siano l'unica guida per stabilire una classificazione dei Pesci in rapporto allo svolgersi delle coste. Come già detto questo non impedisce che alcune specie siano più numerose qui che altrove, è il caso, per esempio, dei Pesci chitarra e degli Scaridi. A nord delle coste siciliane particolarmente praticata è la pesca delle sardine; nella fascia di mare situata tra l'Africa e la Sicilia meridionale Acciughe e Coralli sono presenti in abbondanza mentre a oriente troviamo numerose le specie della famiglia del Merluzzo. Ma l'attività predominante, nel campo della pesca, in tutta l'isola si rivolge al Tonno e al Pesce spada. Abbiamo già visto che le tonnare apparivano, anche se non massicciamente, nello Jonio, ora possiamo ben dire di essere arrivati nel centro focale della pesca del tonno. Dal golfo di Catania a Capo Passero, nei pressi di Sciacca e nelle Isole Egadi, da Capo Gallo a Cefalù e in tutto il litorale campano, oltre che nella Sardegna occidentale, le tonnare costituiscono un importante fonte di reddito per le popolazioni costiere. Il Tonno, o Thynnus thynnus, noto anche come Tonno rosso, è un grosso Pesce dell'ordine dei Perciformi, famiglia Sgombroidi; può raggiungere i 3 m. di lunghezza e 200 Kg. di peso. L'aspetto è quello di un grosso animale di colore verde-azzurro con ventre argenteo, due pinne dorsali, una decina di pinnule minori, coda a mezzaluna con ampia bocca fornita di piccoli ma robusti denti. Si tratta di un Pesce d'alto mare che si muove in banchi numerosi mantenendo una elevata velocità (6-8 nodi) per lunghi tratti, nuotando ad un centinaio di metri di profondità ed inseguendo i Pesci più piccoli, come le Sardine e le Seppie, di cui si nutre. Durante l'inverno vive nelle acque più profonde e più fredde, 200 m. o più, ma in primavera affiora di fronte alla Calabria e alla Sicilia e si concentra in numerosi gruppi in quanto è entrato nel periodo della maturità sessuale. In questo periodo il tonno inizia quella migrazione detta «corsa» dal Tirreno verso lo Jonio attraverso lo Stretto di Messina. Il cosiddetto Tonno di corsa è più pesante in quanto ha i genitali in via di maturazione e viene cacciato nelle tonnare, appunto, di «corsa». La migrazione del Tonno ha il fine di raggiungere le acque più favorevoli climaticamente alla riproduzione. L'animale depone le uova in giugno e luglio e, poi, si mette sulla via del ritorno ormai svuotato nell'area genitale. Tonnare di ritorno sono dette quelle dove viene pescato il Pesce che ha già deposto le uova; esistono anche tonnare «miste» dove si trovano i Tonni delle due specie. Le uova e gli elementi fecondanti sono, quindi, deposti un po' dovunque: nel Tirreno, nello stretto e nello Jonio. La presenza di Tonni autunno-invernali e provocata dalla ricerca di cibo che spinge certi esemplari di fronte a Messina anche in dicembre. La pesca di questo Pesce con il sistema delle tonnare: è diffusa in tutto il Mediterraneo e costituisce oltre che un fatto economico anche un episodio di costume di un certo peso nella vita delle nostre popolazioni meridionali, basterebbe pensare al complesso di canzoni di lavoro collegate alla mattanza, per avere un'idea di quanto questo momento di attività sociale abbia inciso nel folklore siciliano, sardo e calabrese. La tonnara è un complesso di reti fisse disposte in modo tale da costituire delle «camere» senza fondo, unite alla costa con una rete verticale lunga a volte qualche chilometro, che ha la funzione di incanalare i Tonni verso un'ultima camera provvista di fondo, e chiamata camera della morte, dove gli animali vengono uccisi con arpioni in quella fase della pesca che ha il nome di mattanza. Isola è, invece, il nome dell'insieme delle camere iniziali, mentre la lunga rete che collega la tonnara alla terra si chiama coda. La pesca del Tonno può portare all'uccisione di 1000 esemplari di una sola estate ed è uno spettacolo indubbiamente cruento, ma anche molto interessante. Nello Stretto di Messina la caccia al Tonno si svolgeva fino a qualche decennio fa, in questo modo: i pescatori abbandonavano alla deriva un pesce di legno dipinto e lo seguivano accortamente con una barca; quando qualche Tonno si avvicinava convenientemente all'esca, si lanciava una fiocina simile a quella usata nella caccia allo Squalo e chiamata «lancia» che si infiggeva profondamente nel corpo del povero pesce. Un tipo di pesca che va invece sviluppandosi è quella dell'amo per cui delle lenze vengono lasciate fluttuanti in acqua con grossi ami, varianti dagli 8 ai 12 cm. di lunghezza, che recano, come esca, delle penne di gallina. E' una pesca redditizia che si pratica di giorno e di notte ed è subordinata alla buona qualità del naviglio impiegato dato che ha una parte importante la fase della «traina». Già si accennò al un'altra attività peschiera tipica di queste acque: la caccia al Pesce spada; soprattutto nel tratto di mare compreso tra Capo Palinuro e lo Stretto di Messina è localizzato il centro più fiorente di questo genere di pesca. Il Pesce spada appare dapprima nello Stretto nei primi giorni di aprile, e va affollandosi di fronte alla costa calabra fino al mese di giugno, poi si sposta verso la Sicilia dove è pescato da giugno ad agosto, quindi scompare anche se è possibile trovare qualche esemplare in settembre. L'animale di cui si sta trattando è un grosso Pesce d'alto mare dell'ordine Sgombriformi, famiglia Xiphidi, lungo circa 4 m, pesante 2-3 q., con corpo affusolato di forma idrodinamicamente favorevole alle alte velocità, ed infatti è tra i più formidabili nuotatori dei nostri mari, fornito di una pinna dorsale, di coda a mezzaluna e di altre tre pinne pettorali. Il colore è di un azzurro metallico che, sul ventre, diventa grigio argentato, la pelle è priva di scaglie, dura e tagliente, la struttura ossea, molto robusta, è caratterizzata dalla «spada» che ha dato origine al nome volgare (quello scientifico è Xiphias gladius) e consiste in un prolungamento della mascella superiore provvisto di una fine dentatura. In prossimità del penducolo caudale si ritrova una seconda piccola pinna dorsale, questo Sgombriforme si muove in piccoli gruppi cacciando pesci più piccoli, ma anche Molluschi di cui è voracissimo; è comunque opportuno notare che la favoleggiata combattività del Pesce spada non è poi così eccezionale e, molto probabilmente, ha trovato conferma più nell'aspetto aggressivo dell'animale che in una documentazione scientifica dei suoi costumi. Il metodo più comune di pesca al Pesce Spada praticato nello Stretto di Messina consiste nel colpire l'animale con una fiocina di acciaio munita di un meccanismo per cui, quando la punta piramidale di essa è penetrata nel corpo del Pesce, si aprono quattro piccole ali che impediscono la fuoriuscita della punta dalle carni della bestia nonostante i suoi dibattimenti e i furiosi colpi di coda. Per la pesca del Pesce Spada si usano due tipi di barche: le feluche, piuttosto grosse e provviste di un albero alto dai 20 ai 40 m. e chiamato antenna, e gli ontri, più piccoli e manovrabili, ma anch'essi equipaggiati con un albero alto, però, soltanto 4-6 m. Sulla cima dell'antenna sta un antenniere che, avvistato il Pesce, la cui presenza è rivelata inconfondibilmente dalle punte delle pinne caudali e dorsali che affiorano in superficie con il mare calmo, incomincia a impartire direttive ai compagni che stanno ai remi in modo da far avvicinare il più possibile la feluca alla preda; quando il Pesce è abbastanza vicino chi incomincia a gridare è l'antenniere degli ontri che, fino a quel momento, si sono mantenuti ai fianchi della feluca. Su queste imbarcazioni più piccole si trova un lanciatore che, una volta trovatosi a distanza conveniente, colpisce la preda con la sua fiocina. Il tutto si svolge concitatamente e la tensione è acuita dalle grida degli antennieri che si esprimono in un linguaggio particolare incomprensibile a chi non vive sul mare. E' indubbiamente uno spettacolo avvincente e richiede grande abilità e vigore fisico da parte dei pescatori. Esiste, però, un sistema di altro genere per catturare il Pesce spada: si tratta di quel metodo che impiega l'«epalmitare», robuste reti disposte verticalmente con l'ausilio di un sistema di sugheri e piombi che tiene tesa la rete. La rete è fatta in modo tale per cui i tentativi dell'animale per liberarsi non fanno altro che imbrigliarlo sempre più nelle maglie.

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Abbiamo così parlato di due attività pescherecce molto sviluppate in Sicilia ma quest'isola è, a sua volta, circondata da piccoli arcipelaghi la cui economia è, ovviamente, basata sulla pesca. Si tratta delle Isole Egadi, con coste erte sul mare di origine calcarca, delle Eolie, Pelagie e delle Lipari, tutte di origine vulcanica con coste scoscese e stratificazioni laviche, la presenza di vulcani in parte attivi determina un fenomeno particolare che influenza la vita nel mare: il vento porta le ceneri prodotte dai vulcani in alto mare e le lascia depositare sull'acqua che viene ad essere, così, coperta di polvere di pomice. Il calore delle acque nei dintorni di queste isole richiama l'affluenza di specie marine termofile il cui ciclo vitale è però ostacolato da quella polvere di pomice cui abbiamo accennato. La posizione di queste isole lontane dal continente fa sì che l'attività dei pescatori si rivolga soprattutto alla fauna d'alto mare di cui non abbiamo ancora trattato se non a proposito del Tonno e del Pesce Spada. E' su questo tipo di fauna che si appunta l'interesse della pesca su piano industriale. Ad incominciare dai Pesci cartilaginei vediamo tra i più diffusi il Palombo e lo Spinarolo. Il primo ha corpo slanciato, colore grigio e una forma simile agli squali; lungo circa m. 1,50 si nutre di Molluschi e Pesci più piccoli; la sua carne e commestibile anche se non pregiata. Lo Spinarolo, più piccolo del Palombo, è così chiamato per le spine che porta sulle due pinne dorsali di cui è fornito; esiste nei nostri mari in due specie: lo Squalus acanthias e lo Squalus fernandinus distinguibili per il colore che, pur permanendo sulle tonalità del grigio, è più chiaro del primo. Facilmente ritrovabile in tutti i mari e, quindi, anche nel Mediterraneo, le diverse specie di Selaci, cioè gli Squaliformi, volgarmente denominati Pescicani. In genere animali predatori ed aggressivi i Pescicani sono rappresentati principalmente dal Notidamo, o Pesce vacca, che può raggiungere i 4 m. di lunghezza, può essere grigio o di colore perlaceo e, benché voracissimo cacciatore di Crostacei, Molluschi e Pesci, raramente attacca l'uomo. Di dimensioni maggiori e molto pericoloso è, invece, il Carcharodon carchalias, lungo a volte 10 m. dotato di una robusta dentatura che arma la bocca disposta in posizione ventrale; altrettanto feroce l'Isurus oxyrhynchus, od Ossirina, un formidabile nuotatore le sue carni sono commestibili. Come abbiamo visto si tratta di un complesso di animali ragguardevoli per dimensioni e combattività che sono, però, largamente superati dall'enorme Cetorhinus maximus o Pesce Elefante con lunghezza variante dai 12 ai 14 m. e peso oscillante intorno alle 8 t. E', però, del tutto inoffensivo e, per la sua mole, esposto agli attacchi di Pesci più piccoli, ma più feroci, come, appunto, gli Squali; è comunque poco diffuso nel Mediterraneo. Se ne catturano, a volte, esemplari giovani chiamati Pesci Elefante. Altro animale dalla forma singolare, ma scarsamente distribuito lungo le coste italiane, è il Pesce Martello, il cui nome deriva dalla forma caratteristica del muso. Fra i cartilaginei, però, il soggetto più noto per il suo carattere di Pesce audace e bellicoso è il Verdone, Squalo di colore verdastro lungo non più di 5-6 m. fusiforme, formidabile cacciatore che si muove in superficie in mare aperto, specialmente di notte; il suo nome scientifico è quello di Prionace glauca o Carcharias glaucus. E' abitudine di questi animali inseguire le navi allo scopo di nutrirsi dei rifiuti abbandonati in mare. Alcune specie di Squali non depositano le uova, ma le conservano nell'ovidutto finché gli embrioni non si sono sviluppati completamente così da poter essere espulsi in mare in nidiate che possono contare anche 30-40 neonati. Simile al Verdone è il Carcharimus Plumbeus o Squalo plumbeo di dimensioni ridotte e presente sotto costa. Ben più abbondante la fauna sottomarina a struttura ossea che vive al largo dei litorali italiani. La Sardina è, senza dubbio, uno dei Pesci più importanti dei nostri mari; appartiene alla famiglia dei Clupeidi, gruppo dei Clupeiformi, il cui massimo esponente è l'Aringa, non presente nelle acque mediterranee. Come abbiamo detto, si tratta di un esemplare che vive in mare aperto, è quindi buon nuotatore e si muove in banchi molto numerosi che si avvicinano o allontanano dalla terra a seconda delle variazioni ambientali, determinate dalla salinità e dalla temperatura dell'acqua, o sotto la spinta della necessità di cibo, si nutrono di plankton e, divenuti adulti, sono voracissimi. La Sardina è un Pesce di piccole dimensioni, 10-15 cm. di lunghezza, con squame di colore azzurro che va stemperandosi in un grigio argenteo sul ventre, pinne dotate di raggi a forma di spina e coda frangiata. D'aspetto è molto simile allo Spratto, diffuso nell'Adriatico, all'Alaccia, e alla Sardella, pescata in grandi quantità sulle coste liguri. Un poco più grande è invece l'Alosa, anch'essa però appartenente ai Clupeidi e quindi con le stesse caratteristiche che abbiamo appena descritto. Questa famiglia di Pesci ha una intensa attività migratoria, il percorso dell'escursione dei Clupeidi è molto interessante, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche per l'industria della pesca in quanto gli spostamenti dei branchi e la loro maggiore o minore profondità e velocità di crociera, costringono i pescatori ad adottare ogni volta i metodi più consoni alla situazione di fronte alla quale ci si viene a trovare. Ha le stesse abitudini e, più o meno, le stesse dimensioni, un altro Clupeide molto diffuso nei nostri mari: l'Acciuga o Alice (Engraulis encrasicholus) che differisce dalla Sardina (il cui nome scientifico è Sardina pilchardus) per il profilo del capo e per altri caratteri minori che sfuggono all'occhio del profano. Banchi di Acciughe si trovano sul versante meridionale della Sicilia, e in Liguria, mentre i luoghi di maggiore pescosità per la Sardina sono: tutto il bacino meridionale del Tirreno, l'area di mare dell'arcipelago toscano e la costa occidentale della Sardegna. Tutti questi Pesci sono commestibili e possono fornire ottime carni e olio. Vengono conservati sotto sale, sott'olio e in scatole con salse piccanti ed altri ingredienti. Altri Pesci d'alto mare sono i Beloniformi rappresentati, in Italia, dal Pesce volante, con corpo slanciato e grandi pinne che gli permettono di compiere dei lunghi balzi da cui appunto viene il nome volgare, dall'Aguglia, pesce molto sottile e lungo con il muso caratteristico a forma di ago e dalla Gastodella di dimensioni più ridotte. Del vasto sottordine degli Sgombroidi, ordine Perciformi, abbiamo già avuto occasione di parlare a proposito del Tonno e del Pesce Spada, ed ora possiamo ricordare la grossa Palamita (Sarda sarda) di colore argenteo con righe nere, lo Sgombro, presente nel Mediterraneo nelle due versioni: comune e Scomber japonicus colias, differenziati dal fatto che mentre lo Scomber scombrus non ha la vescica natatoria, l'altro esemplare non solo ne è provvisto ma è distinto da aree di colore grigio scuro sui fianchi. Anche questi Pesci sono ricercati per l'impiego gastronomico che ne è fatto nelle varie cucine regionali. Un altro sottordine dei Perciformi degno di attenzione è quello dei Percoidi rappresentato dal Pesce Serra simile per l'aspetto al Branzino di cui condivide il colore argenteo. Una grande famiglia i cui componenti sono abbondanti nei mari meridionali è quella dei Carangidi che trovano nei Tracuri (o Sugarelli) i più noti esponenti. Vivono in branchi, hanno in genere, una livrea che comprende le tonalità del grigio, dell'azzurro e del verde e non superano i 60-70 cm. di lunghezza. Come caratteristica comune hanno una serie di scudi d'osso che coprono i fianchi in un numero variabile utilizzato dai biologi come criterio discriminante di classificazione. E' un Carangide il Pesce Pilota che segue gli Squali al fine di divorare i resti delle loro grosse prede. C'è poi tutta una gamma di specie minori indispensabili però a completare il panorama ittico dell'ambiente che stiamo considerando; è opportuno, per esempio, citare il Pesce Luna di forma tonda, dotato di pinne rosse e appartenente all'ordine dei Lampridi, il Pesce Mola, a volte chiamato come il suddetto Lampridiforme, che ha l'aspetto di un grande disco grigio capace di avere 3 m. di lunghezza e 600-700 Kg. di peso e, infine, la Remora remora che usa farsi trasportare da Pesci più grossi, avvalendosi di una specie di ventosa di cui dispone. L'ambiente del mare aperto è favorevole allo svilupparsi di un vastissimo numero di specie di invertebrati particolarmente di spettacolose Meduse che, qui, assumono aspetti fantastici, infatti il loro tessuto gelatinoso è costituito a volte del 90% dell'acqua, il che conferisce a questi Celenterati una trasparenza e delle colorazioni eccezionali. Questo fenomeno trova una radice nelle esigenze mimetiche derivanti dalla necessità di conservazione della specie. Accanto ai consueti crostacei e molluschi troviamo poi delle specie di animali non appartenenti ai Pesci ma così legate alla vita del mare da non poter essere ignorate. E' il caso delle Tartarughe, Rettili di grosse dimensioni, raggiungono facilmente 1 q. di peso, la cui distribuzione lungo le nostre coste è però, in complesso, piuttosto modesta. Tra i mammiferi d'alto mare: lo Zifio, ritrovabile in Liguria, il Capodoglio, che in certe fasi della sua attività migratoria attraversa i nostri mari meridionali ed il Delfino, comune in tutte le acque e molto popolare per il suo simpatico aspetto e mansueto comportamento nei confronti dell'uomo. Parlando del Pesce d'alto mare e dei rapporti tra la natura delle coste e le conseguenti caratteristiche della fauna siamo venuti così a possedere gli elementi utili per definire la situazione del patrimonio ittico della Sardegna. Già si è accennato alla dislocazione delle tonnare e dei banchi di sardine, basterà aggiungere che particolarmente massiccia è la presenza di Muggini e Anguille nel Golfo di Cagliari e trattare brevemente di due prodotti tipici del fondo marino circostante quest'isola, vale a dire l'Aragosta ed il Corallo, per completare il quadro delle informazioni necessarie ad una visione globale della ricchezza faunistica delle acque sarde. I Coralli sono numerosi sui fondali prospicenti le Isole di Santantioco e S. Pietro corrispondenti, sulla costa, all'Iglesiente. La pesca delle Aragoste è praticata sul versante occidentale dell'isola specie nel Golfo di Oristano. I dati scientifici e le notizie descrittive relative a questi due abitanti del fondo marino sono già stati forniti quando si è trattato dell'ambiente della scogliera. Si può anzi dire che la fauna sarda di mare è tutta analoga a quella già presa in considerazione a proposito dei fondi rocciosi. Per quanto riguarda i tratti di costa sabbiosa (Ogliastra), Penisola del Sinis e Alghero, e paludosa (Golfo di Carbonara e dell'Asinara), basterà rifarsi a ciò che si è detto per i litorali analoghi di altre regioni. Rivolgendoci di nuovo al continente incontriamo un estesissimo sviluppo di coste sabbiose e basse interrotte, solo in alcuni punti, da aree paludose. E' il caso delle lagune del Circeo, della palude dell'Agro Pontino e della Maremma. Questo non esclude un inserirsi limitato di coste rocciose come quelle dell'Argentario e della zona di Castiglioncello. Ma nuovi argomenti ci vengono offerti dall'alto Tirreno, che comprende l'arcipelago Toscano, per la cui natura rocciosa rimandiamo alla Sardegna, ed il Mar Ligure notevoli per le profondità eccezionali, relativamente al Mediterraneo, delle loro acque. Infatti il Tirreno raggiunge i 3.700 m. e il Ligure i 2.600 m. A queste profondità vive tutta una fauna di particolare interesse per i caratteri imposti dalle condizioni ambientali in cui viene a svilupparsi. Infatti, ad esempio, la luce penetra nel mare solo per circa 170 m.: oltre questo limite le acque sono completamente buie; la temperatura diventa sempre più bassa mano a mano che si scende sotto la superficie e, in profondità, non risente più delle variazioni stagionali, ma si stabilizza intorno ai 4°C. Altro dato da rilevare riguarda lo stato di calma assoluta degli strati più profondi in quanto l'effetto dei sommovimenti superficiali, tempeste, correnti ecc. è apprezzabile solo fino ai 60 m. Queste condizioni fanno sì che tutti gli esseri viventi negli abissi abbiano delle caratteristiche comuni sia per quanto riguarda l'aspetto e la struttura biologica che per ciò che si riferisce alle abitudini. Vedremo così come la fauna di profondità abbia colorazione poco vivace ed uniforme, probabilmente a causa della scarsa azione delle radiazioni solari sul pigmento animale; come le strutture ossee e i gusci calcarei siano più deboli qui che negli strati superiori, in quanto le masse di carbonato di calcio scendendo verso il fondo vanno sciogliendosi sotto forma di bicarbonato e non possono quindi essere più fissate negli scheletri dei Pesci; come certi esemplari abissali siano privi di occhi o ne abbiano di estremamente rudimentali, a questo proposito si era in un primo tempo pensato che la riduzione delle capacità visive dipendesse dall'inutilità di queste in un ambiente privo di luce, ma l'esistenza di Pesci di profondità con occhi enormi, di tipo «telescopico», ha inficiato questa teoria corroborando invece l'ipotesi che taluni animali siano dotati di strumenti ancora più perfezionati dell'occhio al fine di captare le debolissime radiazioni luminose eventualmente percepibili a quelle profondità, e infine come particolarmente sviluppati siano gli organi tattili, soprattutto le antenne nei Crostacei, e le estremità filiformi delle pinne nei Pesci, allo scopo di supplire alle carenze visive già denunciate. E' opportuno però mettere in evidenza che il parlare di fauna abissale nel Mediterraneo ha un valore diverso di quello che si potrebbe attribuire a una trattazione dei Pesci di profondità oceanici e questo perché le modeste profondità del Mediterraneo, pur non escludendo la presenza di specie precipue, non consente lo svilupparsi di un mondo fantastico e estremamente composito come quello che si ha nelle grandi fosse dell'Atlantico o del Pacifico. Nei nostri mari è più opportuno parlare di Pesci che si spingono anche a grandi profondità che di animali che vi dimorano stabilmente. Perciò la distinzione tra fauna preabissale, che abita cioè non oltre i 1000 m., e fauna batiabissale, tipica cioè delle grandi profondità, diventa più che mai vaga ed aleatoria e, per concludere, possiamo dire che il termine «Pesci di profondità» riveste, nelle nostre acque, un carattere puramente indicativo. Tra i Cartilaginei annoveriamo un animale di strana forma appartenente all'ordine dei Chimeriformi è la Chimaera Monstruosa con muso grande, coda molto lunga e filiforme, occhi grandi e scuri: può raggiungere il metro di lunghezza e non ha valore commestibile. Anche gli Squaliformi hanno alcuni rappresentanti nelle acque profonde: la Boccanera, lo Spinarolo zigrinato e la Leccia.

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Spesso i pesci abissali hanno aspetto serpentino: è il caso del Chauliodus sloanei chiamato anche Pesce Vipera, dotato di una grande bocca armata di una terribile dentatura, anche lo Stomias boa possiede denti molto aguzzi ed un aspetto aggressivo. Si è già avuta occasione di parlare, trattando dello Stretto di Messina, di Pesci cosiddetti Fotofori: è un fenomeno questo caratteristico di qualche specie abissale e consiste nella presenza di organi luminosi sui fianchi o sul ventre degli animali, questa proprietà può assumere le proporzioni di una fosforescenza localizzata in certi settori del corpo del Pesce o, addirittura, estesa a tutta la sua superficie. Un pesce dotato di organi lotofori di colore rosso cupo, è il Maurolicos muelleri di piccole dimensioni gettato a riva, a volte, dalle burrasche. Ha le stesse proprietà luminescenti il Pesce accetta o Argyropelecus hemigymmus. Una famiglia di Pesci che solo temporaneamente si spinge in profondità è quella dei Mictofidi: l'esemplare di maggiori dimensioni e il Lampanyctus crocodilus, mentre altri membri come il Myctophum punctaturm, sono essi pure dotati di fotofori. Intorno ai 1500 m. troviamo il Regaleco: ha forma di nastro, lunghe pinne ventrali e una pinna dorsale fornita di lunghe antenne con funzioni tattili, appartiene alla famiglia dei Lampridiformi che comprende anche il Trachittero di colore argenteo ravvivato da pinne rosse e macchie nere disposte sui fianchi e, infine, il Lofote o Lophotes cepedianus. Elementi cromatici insoliti a queste profondità, sono portati da due ordini di minore importanza: quello dei Bericiformi che annovera il Beryx decadactylus di colore rosso, e l'Hoplostethus mediterraneus dello stesso colore, e quello dei Macruriformi generalmente di colore blu, nel quale sono classificati tutti i cosiddetti Pesci Sorcio o Pesci Ratto di forma slanciata e con pinne filiformi il cui massimo rappresentante è il Macrourus sclerorhynchus. Naturalmente non sono assenti gli invertebrati e principalmente i Lamellibranchi. Tra gli Echinodermi notiamo che le ben note Stelle di mare rosse diventano, in questo ambiente, fosforescenti e aumentano il numero delle loro braccia giungendo fino ad undici nella Brisingella coronata. Siamo così giunti attraverso una progressiva trattazione dei diversi tipi di fauna legati ai vari ambienti, a possedere gli elementi per una visione complessiva del patrimonio ittico dei nostri mari. Per ciò che concerne il Mar Ligure basterà rifarsi alle considerazioni già fatte a proposito delle coste rocciose, poiché tali sono i litorali della Riviera di Ponente, da Sanremo a Savona, e di quella di Levante da Genova a La Spezia, fatta eccezione per i brevi tratti sabbiosi della cui fauna tipica d'altronde, abbiamo già ampiamente parlato. Più specificatamente possiamo ricordare come la pesca industriale in questo mare, che purtroppo però ha visto diminuire negli ultimi decenni le proprie riserve ittiche, si rivolge alle Acciughe ed alle Sardelle in particolare. Esemplari tipici di questa zona sono due pesci di profondità: il Nemichtys sclopaceus sottile e con un muso particolare che richiama la forma di un becco, e il Maurolicus muelleri già citato. E' invece più importante ricordare che certe aree della costa Ligure si prestano meglio di altre all'allevamento dei Molluschi: prima di tutto perché in alcune località vi sono le condizioni per lo sviluppo di specie scarsamente diffuse negli altri Mari, come a S. Fruttuoso dove la presenza di un'Alga calcarea, la Lithophyllum tortuosum, è accompagnata da abbondanti quantità di Kellya rubra, un Lamellimbranco, la cui vita appunto è indissolubilmente connessa al tipo di alga nominato, ed inoltre perché la costituzione morfologica del litorale consente una coltivazione dei Molluschi su vasta scala. E' il caso della zona di La Spezia dove proficua è l'attività di allevamento dei Mitili, componenti di molte ricette marinare. Dal momento che parlare di allevamento per il pesce d'acqua salata è pressoché senza senso, a meno che non ci si riferisca a quello dei Molluschi, una trattazione dei metodi di coltivazione dei mitili assume un interesse tale per cui sarà più opportuno esaurire l'argomento più avanti e in modo più vasto. In tutte queste pagine abbiamo cercato di tracciare un panorama, almeno approssimativo, della fauna ittica italiana e, più volte, è stato necessario occuparsi di un momento particolarmente importante nel rapporto dell'uomo con il mare: la pesca. Poiché la pesca si presenta come un'attività che ci mette in contatto diretto con il mondo dei Pesci non è inesatto dire che essa svolge una funzione che va al di là dello sfruttamento di certe risorse offerteci dalla natura, ma diventa un mezzo per avvicinare e comprendere tutti i complessi fenomeni della vita sottomarina che tanta parte ha nell'equilibrio biologico generale del nostro pianeta.

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LA PESCA, L'ALLEVAMENTO, LA PRESERVAZIONE DELLE RISORSE

Si sono fornite, in apertura, le notizie essenziali per inquadrare la pesca e come fatto economico e come fenomeno sociale; è quindi ora necessario entrare nel dettaglio della attività peschereccia intendendola come momento dello sfruttamento delle risorse marine in cui massimo è lo sforzo tecnico allo scopo di raggiungere i massimi indici di rendimento. Appare evidente che la pesca di cui si va parlando sia quella praticata su scala industriale e non quella artigianale, che si pone obbiettivi più limitati, o, addirittura, quella sportiva, basata su criteri e scopi completamente diversi. Ciò non vuol dire che questi due generi di pesca minori, se così si può dire, debbano essere ignorati, al contrario sono degni anch'essi di menzione, poiché, spesso, hanno un valore maggiore almeno sul piano della nota di costume o della valutazione, ad esempio, turistica di una certa regione. La pesca su larga scala può essere distinta in due tipi: quella d'altura e quella che si pratica sotto costa (o pesca litoranea). La prima utilizza navigli pesanti equipaggiati convenientemente e rivolge il suo interesse a poche specie, se non ad una sola; già si è detto quali siano i Pesci più abbondanti nei nostri mari e le loro abitudini: si capirà, perciò, di che importanza siano le carte cosiddette da pesca, cioè quelle carte che forniscono indicazioni sui luoghi di transito dei banchi in rapporto alle stagioni ed alle località. Le navi impiegate in questo genere di attività compiono lunghe crociere prima di tornare a terra con il carico, si pone quindi il problema della conservazione del pescato, problema risolto con l'installazione di celle frigorifere a bordo o, in certi casi, con l'esecuzione delle operazioni, per esempio, di salatura sulla nave stessa; si capisce quindi che il legame tra l'industria navale e la pesca è dei più stretti e che costante è l'esigenza di una ricerca continua di nuovi e più efficienti mezzi da porre a disposizione degli armatori che sono finanziariamente impegnati nell'industria della pesca. Quando la nave è giunta nella zona di pesca, vengono effettuate operazioni di scandaglio con apparecchi radar o con scandagli acustici per saggiare la consistenza del branco; si calano, quindi, le reti a strascico, è questo un mezzo usato nella pesca alla sardina e alla sogliola, che vengono poi trascinate dal peschereccio. Le dimensioni di queste reti e delle maglie variano a seconda del pesce a cui si dà la caccia, la forma è quella di un grosso sacco dall'imboccatura piuttosto ampia. Tra le reti che strisciano sul fondo del mare: le tartagne, le bottare, le paranze e i tartannoni. Spesso anche la pesca d'alto mare impiega l'amo, naturalmente vengono lasciati in mare lunghe serie di ami forniti dell'esca adatta attaccati a lenze capaci di raggiungere parecchie centinaia di metri di lunghezza. Molti altri tipi di reti sono usati dai pescatori che si dedicano alla pesca costiera; prima di parlarne è bene però ricordare che questo genere di attività si rivolge a più specie di animali contemporaneamente e si pratica con piccole imbarcazioni, dato che ha lo scopo di fornire il pesce fresco per il consumo giornaliero. Chi pratica la pesca costiera si porta al largo con le barche a remi o a vela o a motore, e là getta le reti; queste possono essere: da posta, e sono quelle che una volta calate vanno a fondo e non si lasciano spostare dalle onde perché sono assicurate con pesi di piombo o con altri accorgimenti, reti alla deriva, e cioè libere di seguire le correnti o i moti ondosi, reti cannara e reti rezzaglio, con forma simile a quella di un ombrello. La calatura delle reti è una fase importante del lavoro di un pescatore, specialmente per quanto riguarda quelle da posta che possono essere calate a zig-zag, in cerchio, diritte o in modo tale da condurre i pesci verso una spirale o una camera finale dove si procede alla operazione di cattura vera e propria; tra queste reti da ricordare è l'aquedo, a forma quadrangolare, che, una volta gettata in mare, forma una specie di stanza a quattro lati. Come sempre valgono le notizie riguardanti la dislocazione e le abitudini dei pesci cacciati, in quanto il successo della pesca dipende dall'esperienza del pescatore; per esempio, nella pesca a strascico si hanno diversi tipi di reti a seconda della profondità a cui devono esercitare la loro azione raccoglitrice: abbiamo così le ravastine e le lampare per la pesca a pelo d'acqua e, per quella che si svolge fra due acque, il tartannone a volo. Logicamente le dimensioni del pescato sono importanti per la scelta del sistema più opportuno, un genere di rete destinato ai pesci più grossi e a quelli medi (tonno, spada, orata, ecc.) è la palamitara; consiste in un «pedale», cioè una sezione fissa collegata alla terraferma, e in un «gancio», cioè un tratto libero disposto in modo da formare una spirale; fissata al fondo con piombi, e mantenuta in posizione verticale da una serie di galleggianti di sughero. Quando un branco è nelle vicinanze, i pescatori manovrano la parte mobile, avvalendosi di agili barche, sì da spingere il pesce verso la parte fissa e bloccarlo definitivamente; la rete è alta una ventina di metri e le maglie, data la mole del pesce cacciato, misurano 5 cm. di lato. Un altro criterio di classificazione dei tipi di rete impiegabili nei nostri mari è quello basato sul tipo di pesce che si vuole pescare. Più precisamente diremo che nel settore della pesca artigianale permane l'abitudine di reti di forme diverse per ogni specie di pesce cacciato. E' però molto difficile addentrarsi con sicurezza in questo campo, dato che esso è strettamente connesso alla trattazione di argomenti folkloristici, sociali e perfino antropologici quando, come talora accade, l'uso di certi metodi dipende da credenze religiose, contatti arcaici con altri popoli o tradizioni antichissime. Tra i nomi delle reti usate per i vari pesci citiamo, a titolo indicativo, l'agugliara (per l'Aguglia), l'alacciara (per l'Alaccia), la bogara (impiegata per le Boghe) e la squadrara (per gli Squali). Anche le barche assumono nomi e caratteristiche diverse secondo gli stessi criteri classificatori: abbiamo le paranze (per la rete paranza) i gozzetti, i bragozzi ecc. Dei rapporti tra pesca e folklore abbiamo già avuto occasione di parlare a proposito delle tonnare e della caccia al Pesce Spada e non riteniamo, quindi, di dover insistere oltre su questo punto. Da non dimenticare gli accorgimenti del pescatore, soprattutto di quello che agisce sottocosta, per attirare il pesce: il più famoso è, indubbiamente quello di pescare di notte con le «lampare». Infatti alcune specie si lasciano catturare più facilmente se si usano delle potenti lampade ad acetilene piazzate sulle barche in modo da gettare i raggi in profondità; altri metodi di richiamo del pesce si avvalgono di strumenti acustici rudimentali, sonagli, ecc., o perfezionati, come quelli che utilizzano gli ultrasuoni. Oltre alle reti c'è poi tutto un insieme di attrezzi che vengono usati quotidianamente dal pescatore: fiocine, gomene, setacci, reticelle, vari tipi di coltelli, scandagli ecc. troppo numerosi per essere presi, anche solo nelle linee generali in considerazione. Per quanto concerne i Molluschi, i Cefalopidi ecc. esistono diverse tecniche di pesca cui abbiamo già accennato, per esempio, a proposito delle Seppie, nel corso della descrizione delle singole specie; possiamo dire che i Bivalvi sono oggetto di una pesca individuale praticata lungo il litorale Adriatico con grossi canestri di fittissima rete su cui viene raccolta, a mo' di setaccio, una certa quantità di sabbia che scivola attraverso le maglie lasciando nel canestro i Molluschi come le Arselle, e i piccoli Crostacei, come i Gamberetti. Dei sistemi basati sull'uso di lenze, ami e canne avremo occasione di parlare più avanti a proposito del Pesce d'acqua dolce. Per ora possiamo citare l'impiego del parangale, una lenza in grado di portare centinaia di ami, e delle nasse di cui già si è parlato. Si tratta di attrezzi propri di quel tipo di pesca detta sportiva che comprende altre due forme di attività particolarmente legate ai mezzi della tecnica moderna. Stiamo dicendo della pesca subacquea e di quella «alla traina»; della prima si è precedentemente parlato, la seconda è un genere di sport limitato alle possibilità di pochi in quanto un'attrezzatura molto costosa è condizione indispensabile per la sua pratica. Infatti la pesca alla traina si svolge utilizzando appositi motoscafi da crociera equipaggiati con la cosiddetta «poltrona da combattimento», cioè una robusta sedia imbottita, fornita di cintura di sicurezza, e con una canna simile alle normali usate per la pesca nei fiumi, ma molto più solida e resistente agli strappi. Per mezzo della canna si getta in mare una lenza con amo a cui si attaccano anche esemplari notevoli come i Tonni e gli Squali. Tutte le fasi dell'azione si svolgono mentre il motoscafo viaggia ad alta velocità e richiedono una grande abilità e forza fisica in quanto la preda può essere tanto forte da trascinare il pescatore in mare. E' evidente che, comunque, questo sport non potrà diventare facilmente popolare. Il secondo punto che entra nel titolo di questo sottocapitolo concerne l'allevamento; questa attività, in mare, ha un senso, se riferita ai Pesci, solamente se si pone come obiettivo il trasferimento degli esemplari giovani allevati artificialmente in mare aperto con lo scopo di ripopolare qualche zona povera di specie. Infatti un allevamento completo, per cui cioè i Pesci possano poi essere immessi sui mercati, è veramente impossibile se parliamo di specie che vivono nell'acqua salata, mentre è realizzabile, e produttivo, con i Pesci d'acqua dolce come, ad esempio, le Trote. I Molluschi, invece, si prestano ad attività del tipo di quelle che andiamo trattando tant'è che molto diffusa è la Mitilicoltura in Liguria, Puglia, Campania e in tutto il Mar Jonio. Dei caratteri dei Bivalvi abbiamo già detto, possiamo ora aggiungere due notizie sugli impieghi di tali Molluschi: una consiste nello sfruttamento che si fa negli U.S.A. dei Mitili in quanto ricchi di una sostanza largamente impiegata in pollicoltura e cioè la provitamina D, l'altra si riferisce ad una attività tessile un tempo molto importante nella zona di Taranto ed oggi caduta in disuso: che utilizzava il bisso, una sostanza filamentosa con cui le Cozze si tengono attaccate al substrato roccioso sul quale prosperano. Naturalmente, però, i due prodotti più preziosi forniti dai Bivalvi sono: la perla e la madreperla la cui produzione nei nostri mari è praticamente nulla. La coltivazione dei Mitili avviene nei cosiddetti parchi ostreari dove lunghe funi vegetali sono lasciate in acqua per settimane in modo che le larve dei Molluschi vi si stabiliscano e si mutino in piccoli Mitili. Il nome di tali funi è: «libani». La seconda fase consiste nella sospensione su lunghi pali radenti la superficie marina, dei libani stessi che vengono a costituire, così, i «pergolari». I grappoli di Cozze, come già detto, tutti questi nomi volgari indicano lo stesso tipo di Mollusco Bivalve, sono mantenuti in modo intermittente ora all'aria, ora in mare. La fase di areazione si chiama «sciorinatura» ed ha lo scopo di pulire il Mollusco. Poiché questi gustosi animali possono facilmente essere portatori di germi, come quello dell'epatite virale ad esempio, prima di essere venduti sono sottoposti ad altre operazioni di risciacquatura con acqua pura o contenente sostanze depuranti; naturalmente la precauzione più efficace è quella di istallare la coltivazione lontano dagli scarichi industriali o fogne in modo da evitare il più possibile il contatto con acque inquinate. Si è trattato, così, dell'unico genere di allevamento in mare valido agli effetti commerciali, ma, parlando di questa attività, si era accennato ad un'altra funzione che l'allevamento può assumere: quella di prima fase delle operazioni di ripopolamento. Quello del ripopolamento è un problema fondamentale dato che la pesca è un'attività estremamente distruttiva. Nei mari come il Mediterraneo, già di per sé non molto ricchi dal punto di vista della fauna, il problema diventa essenziale e va risolto con mezzi adeguati, che procedano, cioè, di pari passo con lo sviluppo tecnologico dei mezzi distruttivi che oggi il pescatore ha a sua disposizione. Un sistema complesso ma efficace per la protezione della fauna delle acque salmastre è stato trovato nell'attività della vallicoltura; nella costruzione, cioè, di un complesso di opere idrauliche (argini, fosse, canali, chiuse, ecc.) che creano le condizioni più adatte allo sviluppo della vita in questo tipo di acque. Queste opere sono state realizzate con successo in Veneto ed in Romagna dove si trovano le zone più estese a carattere lagunare: le Valli di Comacchio e quelle della Mesola. Esiste poi tutto un complesso di leggi e provvedimenti governativi intesi a disciplinare la pesca. Essi sono rivolti sopratutto alla salvaguardia del patrimonio d'acqua dolce, ma si riferiscono anche a quello di mare con norme sulla pesca stagionale di certe specie, sulla concessione dei diritti esclusivi di pesca (provvedimenti per cui determinati enti o persone giuridiche pubbliche hanno la precedenza nello sfruttamento di certi tratti di mare sui privati) e altri regolamenti emanati dalle diverse amministrazioni comunali costiere. Ed è veramente importante che si facciano tutti gli sforzi possibili per la preservazione del nostro patrimonio ittico specie oggi che il mare ci viene indicato dagli scienziati come l'elemento naturale che, solo, sarà in grado, domani, di soddisfare le esigenze di alimentazione dell'accresciuta popolazione del globo. Per questo numerosi sono gli studiosi che si applicano all'oceanografia, la disciplina concernente tutti i fenomeni legati al mondo marino, anche in Italia, basta ricordare l'attività dell'Istituto Tassalografico di Taranto e quella di tutti gli istituti universitari che in mezzo a molte difficoltà hanno portato l'oceanografica italiana in una posizione preminente in campo europeo. Il futuro di molti popoli dipende da un accorto sfruttamento di quanto ci offre il mare: è fondamentale che l'uomo impari a conoscerlo e ad avvicinarlo con amore e rispetto, solo così potrà avviarsi con sicurezza verso la comprensione globale dei meccanismi più intimi della natura e, quindi, della nostra stessa vita.

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IL PESCE D'ACQUA DOLCE

L'ambiente in cui si svolge la vita del pesce d'acqua dolce è solo un momento del grande ciclo che l'acqua percorre da milioni di anni, allorquando, comparsa sulla Terra per la prima volta, fu trasformata dal Sole in vapore acqueo, quindi divenne pioggia, poi formò laghi e mari, e nuovamente fu vapore acqueo. Le acque che cadono dal cielo in forma di pioggia, quelle che derivano dallo sciogliersi primaverile delle nevi e dalla fusione dei ghiacciai, le acque che sgorgano dalle sorgenti alla superficie del suolo, scendono a valle, e danno origine a corsi d'acqua impetuosi ma dotati di scarsa portata di acqua e soggetti all'influenza delle stagioni, che vengono chiamati ruscelli. Proseguendo il loro corso due, tre, quattro, tanti ruscelli uniscono le loro acque e danno origine ai torrenti, con caratteristiche di variabilità analoghe ai ruscelli, ma con una portata d'acqua complessivamente maggiore. Più torrenti che si uniscono formano i fiumi, che finalmente hanno nel proprio letto una discreta, se pur variabile, quantità di acqua in tutte le stagioni dell'anno. I fiumi corrono verso il mare per portare ad esso il proprio tributo di acque grazie all'inclinazione, ora lieve, ora ben marcata, del proprio letto: si hanno così fiumi o tratti di fiume con corrente più o meno impetuosa. Il letto del fiume, però, non è sempre un solco lineare, percorre sinuosità del terreno e molto spesso incontra delle conche, delle valli, delle depressioni, con il fondo più basso del proprio. L'acqua del fiume non può per legge fisica continuare indisturbata il suo corso, ma è costretta a riempire tutte le conche che trova: solo dopo aver fatto ciò, potrà riprendere la sua corsa verso il mare. Si formano così pozzanghere, stagni, paludi, laghi. Questi sono specchi d'acqua tranquilla, agitati solo alla superficie dal vento, oppure, in profondità, da correnti originate da acque sorgive che sboccano direttamente nel lago. Tutte queste acque sono abitate da forme vitali, vegetali e animali, estremamente semplici oppure complesse. Le forme che vivono nelle acque correnti, devono sostenere la forza della corrente per non essere trascinate a valle, e devono poter opporre qualche forma di difesa anche contro l'eventuale mancanza d'acqua del luogo dove abitano. Per questo, la fauna fluviale è generalmente più povera, confinata in siti dove l'acqua è meno agitata e limitata a poche specie caratteristiche. La fauna lacustre è molto più ricca e va dalle forme primordiali, non per questo meno interessanti, costituita da esseri che nuotano o fluttuano nelle acque o si abbarbicano al fondo, agli Insetti, ai Molluschi, ai Crostacei, fino alle forme più complesse che vivono nell'acqua, come i Pesci e gli Anfibi. Mentre i Pesci fluviali hanno la preoccupazione di cacciare il cibo, costituito da larve di Insetti, uova di Pesci, Pesci più piccoli, i Pesci lacustri hanno a loro disposizione, oltre a questi alimenti, un cibo molto più comodo: il plancton vegetale, costituito da piante microscopiche che vivono alla superficie dei laghi e che prosperano per fotosintesi. Abboccando l'acqua i Pesci ingoiano una enorme quantità di questo prezioso alimento. La corrente è dunque un fattore importantissimo che influenza la vita nelle acque fluviali e lacustri, ma vi sono altri fattori di grande importanza che determinano lo svilupparsi dell'una o dell'altra specie vivente. La temperatura, per esempio, che nei bacini stagnanti di dimensioni minori può variare al variare delle condizioni atmosferiche e in quelli di dimensioni maggiori varia in funzione della profondità, e che in tutti i bacini in genere varia a seconda del clima, dell'esposizione, dell'altimetria; ma che resta in complesso costante nelle acque correnti. La composizione chimica dell'acqua che è determinata dalla quantità dei sali disciolti (salinità) e dagli elementi che li compongono (composizione ionica); essa non è mai identica in due bacini, simili e vicini quanto si vuole, se non per caso. La composizione chimica delle acque dolci dipende da quella del suolo da cui esse hanno tratto la loro origine ed in cui esse scorrono o si acquietano; generalmente in minore misura, dipende da fattori climatici quali l'abbondanza delle precipitazioni atmosferiche, la temperatura e l'umidità attuale dell'aria sovrastante. La salinità dell'acqua è determinata da un numero ristretto di sali: il carbonato di calcio, il cloruro di sodio, sali di magnesio e di silicio. La presenza del carbonato di calcio rende l'acqua calcarea, creando così l'ambiente adatto in modo particolare ad alcuni Crostacei e ai Molluschi, che lo assorbono e se ne servono per la costruzione dello scheletro dermico i primi e delle conchiglie in cui rifugiare il proprio corpo molle ed indifeso i secondi. Le acque calcaree sono mortali per altre specie, ad esempio, il Crostaceo Cladocero, che invece vivono e si moltiplicano nelle acque silicee, divenute tali perché sgorgano da rocce contenenti sali di silicio. Altri animali necessitano di acque con un determinato contenuto di magnesio: queste però non sono presenti in Italia se non in quantità minime, sotto forma di sorgenti di acque minerali e utilizzate come tali immediatamente. L'influenza del cloruro di sodio è quella più notevole, per interesse scientifico, per ragioni economiche, per ampiezza e numero delle zone geografiche interessate. Esso può essere presente in bacini di acqua separati dal mare, detti comunemente laghi salati, in quantità così elevate da rendere impossibile la vita ad animali che non siano estremamente semplici; questo caso però non si verifica in Italia. Una minore concentrazione di cloruro di sodio nelle acque dolci si ha nelle acque definite salmastre, che traggono origine dalla mescolanza di acque fluviali o lacustri e dell'acqua di mare. Questo è un fenomeno molto diffuso sulla superficie terrestre; in Italia esso è frequente, e si incontra ogni volta che la vicinanza del mare ad un bacino di acqua dolce dà origine ad acque salmastre, siano esse stagni, lagune, foci di fiumi o altre combinazioni. Queste zone sono veramente particolari: in esse le proporzioni variabili secondo cui avviene la mescolanza delle acque dolci e delle acque salate dà origine ad ambienti ittici particolari, in cui si svolge la vita di esseri che godono della proprietà di non risentire della differenza di salinità e che per questo vengono chiamate eurialine, al contrario della enorme massa di animali che sono stenoalini, cioè sono tanto sensibili alle variazioni di salinità da morirne. Essi sono gli Storioni, le Anguille, le Lamprede, le Cheppie, i Salmoni che però non interessano la regione Italiana. Di queste specie, interessanti per molti aspetti, sarà trattato più avanti. Altri elementi possono essere presenti nelle acque dolci, ma fenomeni del genere non esistono in Italia. In complesso quindi sono molti e differenti; fattori che determinano la fauna acquatica nei bacini d'acqua non marina. Uno resta ancora da commentare, il più ovvio ma anche il più capriccioso e irrazionale, che lascia sorpreso il pescatore sprovveduto: l'isolamento di un bacino dall'altro, che determina una selezione senza alcun criterio specifico. Esso è causa molte volte di modificazioni e di adattamenti particolari di forme che pur hanno una distribuzione molto vasta; specie che potrebbero benissimo vivere in un determinato lago perché esso ha tutte le caratteristiche richieste, non vi possono giungere perché non ne hanno la via. Generalmente viene raggiunto un equilibrio biologico fra i gruppi che abitano uno stesso lago, equilibrio che resta inalterato fino a che non lo turbi l'invasione di una specie intrusa, immessa dall'uomo o arrivata in seguito a mutamenti geografici, oppure non sia mutato dal cambiamento naturale delle acque o del loro regime. Le diverse specie viventi nell'acqua dolce sono distribuite su tutta la superficie terrestre per quanto lo permettono le loro esigenze vitali e i mutamenti che costantemente avvengono nella loro vita, provocati o no dall'uomo. In zone simili per situazione climatica, laghi di composizione abbastanza simile potranno ospitare specie faunistiche simili se non identiche. La distribuzione geografica è dunque, al di là di queste considerazioni ambientali, dovuta solamente al caso, o all'opera dell'uomo. Quest'ultima è molto importante: l'uomo è capace di sfruttare condizioni naturali già esistenti o di crearle artificialmente per trarne vantaggi scientifici ed economici. In questo senso è ben sviluppato l'allevamento di alcune specie di Pesci di acqua dolce, allo scopo di popolare o ripopolare bacini d'acqua, oppure di coltivare il Pesce e di utilizzarlo come cibo. Fra le numerose forme vitali che popolano le acque dolci, i Pesci costituiscono senza dubbio la specie più importante. Essi rappresentano un gradino nella scala evolutiva della vita sulla Terra, che si svolge da organismi unicellulari fino all'uomo; e come i Pesci di mare, da cui molti di essi hanno avuto origine per immigrazione di alcune specie, rappresentano l'ultimo stadio della vita animale nell'acqua, oltre alla quale esistono le specie anfibie, primordiale forma di vita sulla terra emersa. Non tutti i Pesci d'acqua dolce, però, hanno avuto origine da Pesci Marini: alcuni sono risultati dall'adattamento di forme di vita terrestre alla vita acquatica. Pochi sono i gruppi di animali, e non comprendono i Pesci, che hanno origine propriamente lacustre: essi sono i Rotiferi ed i Crostacei Cladoceri. I Pesci sono dunque i più complessi e i più evoluti esemplari di fauna acquatica. Sono animali prodigiosamente prolifici: le loro uova e le loro larve costituiscono un alimento per quelle specie fra essi che si riproducono con più facilità e rapidità e pertanto necessitano molto presto di cibo abbondante. Tutti gli animali inferiori per classificazione naturale o più piccoli servono, direttamente o no, di cibo ai Pesci: questi a loro volta sono preda di animali superiori, che vivono presso le acque dei fiumi e dei laghi come Coccodrilli, Uccelli, Lontre e Castori. Questi animali, pur distruggendo i Pesci e la loro figliolanza, non riescono a turbarne l'equilibrio perché sono di gran lunga meno prolifici, ed essi stessi soggetti ad attacchi di animali superiori, uomo compreso: così che la continuazione di tutte le specie animali è possibile grazie all'equilibrio naturale che viene a stabilirsi fra predatori e predati. I Pesci lacustri rappresentano un notevole patrimonio per l'uomo che nelle loro carni trova un cibo sano e gradito, apportatore di elementi indispensabili al buon andamento della sua salute. Altri e svariati sono i redditi che l'uomo trae dalla vita dei Pesci: un certo apporto all'industria turistica, grazie alla diffusione che ha raggiunto la pesca in forma sportiva; l'allevamento di animali che possono cibarsi di Pesci, fra cui alcuni uccelli e alcuni animali da pelliccia come le lontre e i castori. Molto scarsi sono invece i redditi che il Pesce dà, almeno in Italia, all'industria conserviera. Tutto il Pesce, pescato privatamente o allevato nei vivai, è consumato subito: ciò nonostante sia la pesca che l'allevamento del Pesce d'acqua dolce hanno molti aspetti interessanti ed una certa influenza nella vita e nel costume del nostro Paese. Nelle acque dolci italiane vive una fauna ittica abbastanza ricca di esemplari: non tutti però sono originari delle acque e delle regioni in cui attualmente abitano. La piscicoltura della fauna di acqua dolce è praticata oggi ma lo era anche in tempi molto antichi. I Romani la conoscevano e la consideravano un divertimento di gran lusso. In questo modo molte specie di Pesci si sono naturalizzate nelle acque dei nostri laghi e dei nostri fiumi, avendo trovato in esse il soddisfacimento a tutte le loro esigenze vitali; tanto che è molto difficile, se non inutile, distinguere le specie originarie da quella naturalizzate. Vi sono specie faunistiche che non vivono nelle nostre acque dolci tutta la loro esistenza: tali sono le Anguille e gli Storioni, oltre ai Salmoni, specie essenzialmente migratrici, che vengono nelle nostre acque o se ne allontano nella parte centrale della loro esistenza, cioè al momento della riproduzione. Le acque fluviali nei pressi della foce dei fiumi ospitano inoltre alcune specie che entrano solo occasionalmente nell'acqua dolce, quali ad esempio i Muggini, i Branzini, i Cefali, le Passere di mare, tutte specie eurialine. In Italia, come in tutta l'Europa, gli esemplari più diffusi dei Pesci d'acqua dolce sono la Carpa, appartenente alla numerosa famiglia dei Ciprinidi e al gruppo dei Cipriniformi; e la Trota, della famiglia dei Salmonidi e del gruppo dei Clupeiformi. Accanto a queste due specie stanno altre specie ad esse affini; particolarmente numerose sono quelle affini alle Carpe, che popolano le acque di tutta l'Italia, essendo di poche esigenze ambientali. Anche le Trote non sono le uniche rappresentanti italiane della famiglia dei Salmonidi: accanto ad esse vivono il Salmerino, il Temolo e il Coregone. Tutte queste specie, a causa dell'intensità e della frequenza della loro respirazione, necessitano per vivere di acqua con un alto contenuto di ossigeno in soluzione: esso è tanto più elevato quanto più bassa è la temperatura dell'acqua e quanto più le acque sono agitate. Ecco che si delinea l'ambiente in cui la Trota si stabilisce, perché vi trova le condizioni adatte alla sua sopravvivenza: essi saranno i laghi alpini, dove la temperatura dell'acqua non raggiunge mai valori elevati e l'agitazione è garantita dalla pendenza del terreno. L'intensa respirazione produce una notevole quantità di calore, il che rende possibile alla Trota resistere a temperature anche molto basse, vicino ai 0° C.; anzi è proprio nei periodi più freddi che la Trota è più vitale e guizza, si nutre, si riproduce nelle gelide acque dell'inverno alpino. Gli allevamenti delle Trote hanno ricreato in tutte le regioni queste condizioni ambientali, diffondendo la Trota in tutta Italia, poiché essa è ricercata per le sue carni bianche e delicate che conquistano ogni palato, semplice o esigente esso sia. Le Trote hanno il corpo di forma ovale, snello e proporzionato; le pinne non sono molto grandi. Esse guizzano agilmente e velocemente nell'acqua. Caratteristica della Trota e di molti altri Salmonidi è la bocca, grande e capace di aprirsi molto, fornita di una robusta dentatura, che permette di catturare e inghiottire prede molto grandi in proporzione, ad esempio Pesci di specie minori. Oltre ai pesci e agli avannotti, la Trota si nutre di larve di Insetti, di Insetti acquatici, di piccoli Molluschi, di Crostacei: questi ultimi danno alle sue carni una colorazione rosa che sparisce al cessare di questo tipo di alimentazione. Il colore della pelle non è influenzato dall'alimentazione, ma è diverso a seconda delle specie: può essere bruno-verde cangiante al blu nella zona dorsale, fino a schiarirsi tanto da diventare bianco rosato con riflessi iridati sul ventre. La schiena e i fianchi, più scuri del ventre, sono sempre cosparsi di macchie scure, con qualche punto rosso-brillante. La Trota abita le acque in cui il contenuto di ossigeno gassoso è abbastanza alto: qualora esso dovesse diminuire, la Trota provvede ad allontanarsi verso zone che le sono più favorevoli. Abita i ruscelli di montagna con corrente rapida e i laghi profondi. Non ama la luce del sole, come tutti i Salmonidi, e si ripara da essa trattenendosi nelle profondità del lago o rifugiandosi all'ombra di massi e di alberi. Le varietà più note di Trote italiane sono: la Trota di ruscello o Trota fario; la Trota di lago; il Carpione, caratteristico del lago di Garda e di minori dimensioni; la Trota di fiume o marmorata, diffusa nella valle padana; la Trota d'Algeria, diffusa nell'Italia meridionale e insulare assieme alla Trota arcobaleno o Trota iridata, originaria della California e resistente a concentrazioni di ossigeno minori delle altre varietà. Tutte le Trote depongono le uova da ottobre a gennaio, quando le acque sono più fredde; esistono anche specie ritardatarie, come la Trota iridata, che depongono in marzo-aprile. Il tempo della riproduzione segna il periodo delle migrazioni delle Trote. La loro attività sessuale è subordinata ad una massima attività respiratoria e quindi ad una maggiore necessità di ossigeno, che trova soddisfazione in acque più fredde e più agitate: allora le Trote di fiume risalgono i ruscelli più rapidi, le Trote di lago lasciando le profondità abituali e rimontano gli affluenti per usufruire dell'ossigeno dell'acqua corrente. Se la Trota non riesce a soddisfare questa sua nuova esigenza le sue ghiandole sessuali degenerano ed essa diventa sterile: le sue dimensioni allora aumentano moltissimo tanto da raggiungere i 20 Kg. e la sua pelle acquista riflessi brillanti. E' detta allora Trota argentata. In tutta Italia le Trote sono oggetto di piscicoltura, così come lo sono i Coregoni appartenenti anch'essi alla famiglia dei Salmonidi, e le Carpe, le Tinche, i Carassi nelle numerose specie ornamentali, tutti della famiglia dei Ciprinidi. La piscicoltura, sfruttando condizioni naturali già esistenti o creandone artificialmente delle nuove che rispondano alle esigenze ambientali della specie che si vuole allevare, è condotta con due scopi principali: quello di acclimatare specie originarie di altre regioni e di ripopolare delle proprie specie regioni che ne fossero rimaste sprovviste, studiando nello stesso tempo di eliminare le cause di spopolamento, e quello di allevare determinate specie con lo scopo di commerciare poi i soggetti adulti e trarne un vantaggio economico. La Trota è in questo modo stata diffusa in tutte le regioni italiane. Il suo allevamento inizia dalla fecondazione, condotta artificialmente, nei mesi invernali. Il piscicultore deve essere in grado di fornire alle uova fecondate acqua corrente e ben ossigenata in grande quantità, con una temperatura che non superi mai i 150 C, neppure d'estate. In queste condizioni l'incubazione dura un mese, e quando nascono gli avannotti vengono lasciati nelle vasche di incubazione fino a che non abbino consumato tutto o quasi il nutrimento contenuto nel proprio sacco vitellino. A questo punto della crescita inizia l'alimentazione a base di alimenti ricchi di proteine e di facile digeribilità, come il latte rappreso, la milza fresca, sangue o tuorlo d'uovo cotti. Quando tutta la vescicola è sparita, gli avannotti sono trasferiti nei bacini di crescita, costruiti in cemento come le vasche di incubazione, molto lunghi e piuttosto stretti. In ciascun bacino vengono radunate trote di dimensioni uguali, altrimenti si mangerebbero a vicenda. Esse sono infatti voracissime: la loro alimentazione è molto abbondante e consiste di carne e di pesce crudi, tagliati a fette. Alla fine della prima estate, cioè a sei-sette mesi di età, le trotelle raggiungono i 10 cm. di lunghezza e come tali possono essere vendute al consumatore; alla fine della seconda estate pesano in media 200-250 gr. e quasi tutte vengono vendute. Alcune di esse sono scelte come riproduttrici, e vengono allevate per un periodo di cinque-sei anni; non sono vendute come pesce commestibile. Un altro rappresentante della famiglia dei Salmonidi è il Temolo, abbastanza diffuso nel Piemonte e soggetto ad una vasta protezione che ne delimita in molti modi la cattura, con il quale si tenta di popolare le acque lombarde: esso teme le acque gelide ma è molto esigente in fatto di ossigenazione. E' riconoscibile per la grande pinna dorsale.

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Il Salmerino è un altro Salmonide che vive nelle acque dell'Italia settentrionale: ha squame molto piccole e il suo dorso presenta numerose macchioline bianche. In confronto alle Trote necessita di una maggiore quantità di ossigeno, e per soddisfare questa sua esigenza abita Iaghi ben più gelidi che le Trote, posti ad altitudini molto elevate. Il Coregone è anch'esso un Salmonide, ma ha, a differenza da quelli finora descritti, la bocca di dimensioni minori. In Italia esso è stato acclimatato nei laghi alpini, ma è originario delle regioni temperate-fredde dove vive nelle acque calme dei grandi laghi profondi nutrendosi quasi esclusivamente di plancton. Come le Trote, anche le Carpe, appartenenti assieme a numerosi altri rappresentanti ben diffusi in Italia alla famiglia dei Ciprinidi e all'ordine dei Cipriniformi, è nota e apprezzata in tutte le tavole italiane e pertanto soggetta ad allevamento. Essa ha esigenze molto più modeste della Trota: abita in acque tiepide e tranquille, anche sporche, che si possano facilmente riscaldare, poste in pianura o ad altitudini moderate, con areazione molto scarsa. Le Carpe sono onnivore, ma preferiscono cibo a base di carne, e perciò scavano nel fango alla ricerca di Vermi, di larve di Insetti, di piccoli Crostacei. Le Carpe di allevamento sono nutrite di plancton costituito generalmente da Infusori. La coltura della Carpe è effettuata nelle risaie e in appositi bacini bazione, grazie alla macerazione del trifoglio. Quando questo è abbastanza cresciuto l'acqua viene mandata a riempire i bacini, e in essa sono messe le riproduttrici e i riproduttori, dato che non è possibile la fecondazione artificiale. Nei pochi giorni che le uova restano in incubazione, grazie alla macerazione dei trifoglio l'acqua dei bacini si carica di plancton così da essere pronta, alla nascita degli avannotti, a nutrirli perché crescano rapidamente. La temperatura ottimale alla quale vive la Carpa è intorno ai venti gradi: essa si riproduce e si sviluppa solamente nei mesi estivi, e trascorre l'inverno in letargo. L'età delle Carpe per questa ragione si calcola in estati: a tre estati la Carpa, raggiunti i 3 Kg. di peso, è di solito venduta. Essa però può vivere molto più a lungo, tanto da raggiungere 20 Kg. di peso e oltre 1 m. di lunghezza, così da essere uno dei maggiori Pesci d'acqua dolce italiani. Il suo corpo ha forme ovali ma è piuttosto tozzo, la testa e gli occhi sono grandi, la bocca è fornita di labbra robuste e taglienti perché priva di denti: ai lati delle labbra ci sono due paia di bargigli. I denti sono posti all'inizio dell'esofago, e sono detti faringei. La pinna dorsale è alta e grande, quella anale ha solo sette-otto raggi. La Carpa ha sempre poche squame, a volte ne è totalmente priva. L'allevamento è condotto in modo da distinguere sempre più una varietà dall'altra, tutte molto differenti dalla Carpa selvatica che è ancora abbondante solo nei laghi laziali. Della stessa famiglia della Carpa e con uguali esigenze e caratteristiche sono altre numerose specie molto comuni nelle acque stagnanti di tutta Italia. Fra esse la più nota è senz'altro la Tinca, con il corpo approssimativamente ovale ricoperto da squame numerosissime e piccolissime, aderenti al corpo, viscose al tatto. Misura al massimo 50 cm. La testa è molto grande, le pinne piuttosto tozze e arrotondate, la bocca è piccola e fornita di denti faringei formati a uncino, con ai lati due piccoli bargigli. La Tinca è un animale poco vivace, che vive nelle acque ferme o stagnanti a fondo melmoso e nelle paludi. Fruga nel fango e ne inghiottisce gran quantità, ingerendo così tutti i piccoli organismi che lo popolano. La Tinca adulta può raggiungere i 2,5-3 Kg. di peso; all'inizio dell'estate depone le uova, piccolissime, a centinaia di migliaia, facendole aderire alle piante acquatiche o ai corpi sommersi. Il Barbo che vive nelle acque italiane è più piccolo della Tinca e al contrario di questa assai vivace e amante delle acque limpide: il suo corpo ha forme e dimensioni analoghe a quelle della Trota. La bocca è invece caratteristica della famiglia dei Ciprinidi, posta piuttosto al di sotto del muso, con labbra non tanto sviluppate: i bargigli non sono sempre presenti. Alcune specie di Barbi asiatici sono minuscole ed hanno colori bellissimi: da noi non sono acclimatate ma vengono coltivate negli acquari dagli appassionati. Alla famiglia dei Ciprinidi appartiene anche il comune pesce rosso, che in vasche e vaschette di varie forme e dimensioni dà con la sua discreta presenza un ornamento particolare a giardini ed appartamenti. Esso è originario della Cina: in Italia è coltivato in acquario, solo nel Veneto, è usato come distruttore delle larve delle zanzare apportatrici di malaria nelle zone infestate. I Cavedani, argentei col dorso verdastro, e le Scardole, le cui pinne sono spesso chiazzate di rosso, vivono indifferentemente nelle acque stagnanti e in quelle correnti delle pianure e delle medie altitudini. Sono sensibili al freddo e trascorrono l'inverno in letargo; abitano l'Italia centro-meridionale e la Sardegna, ma come altri Ciprinidi quali le Alborelle, le cui scaglie argentee servono nella lavorazione delle perle false, i Triotti, i Vaironi, le Lasche, diffusi in tutta l'Italia centrale e meridionale, non hanno importanza se non per chi abbia l'hobby della pesca. Tipica dell'Italia settentrionale e resistente al freddo è la Sanguinarola, il più piccolo dei Ciprinidi; esclusivamente nel bacino padano si trova la Scavetta, pesce vorace e resistente capace di distruggere altre specie. Nelle acque dei laghi piemontesi e lombardi vive l'Agone, appartenente all'ordine dei Clupeiformi e alla famiglia dei Clupeidi, una specie marina acclimatatasi completamente nell'acqua dolce. E' un Pesce di bell'aspetto, col dorso verde-azzurro, i fianchi e il ventre dai riflessi metallici. Gli studiosi ritengono che esso sia una specie di Cheppia, pesce migratore molto abbondante nel Mediterraneo, che risale le correnti dei fiumi per deporre le uova: al contrario di questa, però, l'Agone non si muove mai dal lago ove vive. La Bottatrice, appartenente all'ordine dei Gadiformi, è un pesce dalla pelle vischiosa, con piccole scaglie; il suo corpo allungato, di forma quasi cilindrica, non supera di solito i 30 cm. ed è fornito di due pinne dorsali, la prima brevissima e la seconda molto lunga; anche la pinna anale è molto lunga. Il colore è verde-giallo, con macchie variabili dal bruno al giallo: il dorso è più scuro dei fianchi e il ventre è giallo chiaro. La testa è piuttosto piccola, con occhi e bocca grande. Un unico bargiglio è posto sotto la mascella inferiore. Abita in alcune acque della Lombardia e del Veneto ed ama le zone più tranquille; di giorno sta al buio, immobile, e di notte esce a caccia della preda. E' molto vorace e si nutre solo di piccoli animali, preferibilmente Pesci. Riproduce nella stagione invernale, ed è molto prolifico: un esemplare di media grandezza può deporre anche un milione di uova in una sola stagione. Anche il Pesce Gatto è una specie straniera, originaria delle acque dolci dell'America settentrionale, acclimatato benissimo nelle zone confinanti fra la Lombardia e l'Emilia, dove è il Pesce più comune. Esso, che appartiene all'ordine dei Siluriformi, deve il suo nome alle tre paia di grandi bargigli rigidi che ha sotto la bocca, somiglianti ai baffi del gatto. Ha il capo grande e appiattito, la bocca grandissima che si spalanca facilmente il suo corpo, di forma cilindrica, si assottiglia ai lati nella parte posteriore; le pinne pettorali hanno un raggio osseo molto duro e spinoso. Vive nelle acque quiete, specialmente nelle paludi e negli stagni, ed è egli stesso un Pesce assai tranquillo: aquattato nel fango o fra le piante palustri attende che la preda gli si avvicini. Durante l'inverno si affonda nel fango, per sfuggire al freddo. Con lo stesso metodo sfugge alla siccità frequente nei luoghi ove abita, ed ha anzi una grandissima resistenza. E' anche molto vorace: predilige le uova e gli avannotti di altri Pesci. Si riproduce in estate, periodo nel quale esplica tutta la sua attività: per la sua prole costruisce con piante acquatiche e fango un nido in cui possa stare al sicuro dalla cattura di altri Pesci. In tutta l'Italia settentrionale, compresa l'Emilia, è diffuso il Luccio, appartenente all'ordine degli Esociformi e alla famiglia degli Esocidi, apprezzato per la bontà e la abbondanza delle sue carni. Esso è stato acclimatato anche nel lago Trasimeno, i cui esemplari sono i più ricercati. Il suo corpo è molto grande; può sorpassare un metro di lunghezza e raggiungere i 25-30 kg. Ha forme robuste ma nello stesso tempo slanciate, molto allungate; la testa è grande, il muso è largo e piatto con la bocca grandissima e armata di molti denti, disposti perfino sul palato. Le sue pinne sono piccole e in particolar modo lo è la pinna dorsale, situata molto vicina alla coda e di forma arrotondata. Il colore è prevalentemente verde, ora tendente al giallo, ora al bruno; il dorso e i fianchi sono cosparsi di macchie più chiare, disposte in vari modi; il ventre è chiarissimo. Il Luccio si nutre solo di altri Pesci, generalmente appartenenti alla famiglia dei Salmonoidi e a quella dei Ciprinidi, con i quali divide la dimora, avendo più o meno le stesse esigenze ambientali. Non insegue la preda né va a cercarla: attende immobile che gli passi accanto, e la cattura con la sua grande bocca. Poiché intera non può inghiottirla, la sputa e la riaddenta fino a che non sia così straziata da poter essere masticata con i denti palatali e inghiottita. Il Luccio si riproduce in febbraio-marzo, e una sola femmina può deporre alcune migliaia di uova. L'avannotto appena nato ha la testa fornita di piccolissime ventose con le quali si attacca a corpi galleggianti, rimanendo verticale, immobile fino che non abbia consumato tutto il nutrimento contenuto nel sacco vitellino e l'istinto predace non lo spinga alla vita indipendente. Appartenente ad una famiglia che è una via di mezzo fra quella degli Esocidi e quella dei Clupeidi, la famiglia dei Pecilidi, è la Gambusia, un piccolo pesce di color verde molto utile nelle zone infestate dalla malaria, perché voracissimo delle larve delle zanzare. Si riproduce molto rapidamente ed ha la particolarità di essere vivipara. Non sopporta però temperature rigide. Nelle stesse regioni in cui abita il Luccio ed anche nella Toscana è comune il Pesce Persico appartenente all'ordine dei Perciformi e alla famiglia dei Percoidi, nelle sue varietà: Persico-sole, Persico-reale, Persico-trota. Caratteristica del Pesce Persico e del suo ordine è la presenza di due pinne dorsali, lunghe e alte. Il suo corpo è di forma ovale, allungato verso la coda, misura 30-40 cm. di lunghezza. Il Persico-reale è più comune, ha sul dorso di color verde chiaro caratteristiche righe brune molto marcate in senso orizzontale, meno intenso verticale. La dentatura è robusta, gli occhi abbastanza grandi. Preferisce le acque limpide e calme, le sue uova sono unite in lunghi nastri. Il Persico-sole è più piccolo del Persico-reale; le sue carni non hanno valore commestibile, ma per i suoi vivaci colori è allevato negli acquari ornamentali. Il maschio, al tempo della riproduzione, costruisce un nido nel quale la femmina depone le uova e le abbandona, lasciando al padre la cura delle uova e dei piccoli. Dei tre, il Persico-trota è quello che ha la carne migliore; è abbastanza comune anche nei laghi laziali, ed è allevato in parecchie località. Tre piccoli pesci caratteristici dell'Italia peninsulare e insulare sono il Cagnetto, noto anche come Lupetto, il Latterino e lo Scazzone, che si è acclimatato però con facilità anche nell'Italia settentrionale. Di questi tre solamente lo Scazzone ha carne eccellente ed è molto ricercato. E' un Pesce lungo una diecina di cm., appartenente all'ordine degli Scorpeniformi, che ama le acque correnti a fondo ghiaioso. Ha la testa molto grande, più larga del corpo, schiacciata nella parte superiore; il suo corpo non ha squame. Dello stesso ordine e della famiglia dei Blennidi è il Cagnetto, piccolo quanto uno Scazzone, vivacemente colorato e cosparso di macchie più chiare. Vive in fondi di ghiaia ed ama le acque correnti. Il Latterino o Aterina appartiene all'ordine dei Mugiliformi e alla famiglia degli Aterinidi, di cui è rappresentante lacustre. Anch'esso misura circa 10 cm. Ha la bocca grande e lungo i suoi fianchi corre una striscia argentea. E' abbastanza comune e costituisce un alimento molto economico. I Ghiozzi, appartenenti alla famiglia dei Gobidi, sono comuni nella Toscana, nel Veneto, nel lago di Garda ed anche nelle Valli di Comacchio, dimostrando così la loro adattabilità a diverse concentrazioni saline: essi infatti sono i rappresentanti nelle acque dolci di una specie prettamente marina. Misurano di solito 6-7 cm. e preferiscono le acque limpide e correnti. Dalle trote sono considerati bocconcini prelibati, non così dall'uomo che li considera di valore alimentare molto scarso. Nei bacini padani e veneti lo Storione, appartenente all'ordine degli Acipenseriformi e alla famiglia degli Acipenseridi, viene a deporre le sue uova in primavera, e vi si trattiene tutta l'estate. Lo Storione è un Pesce di aspetto e di costituzione molto antica, che nel corso dei millenni non ha subito variazioni morfologiche di sorta. Il suo scheletro non è osseo ma cartilagineo, e cinque serie di scudi ossei cutanei ricoprono il suo corpo fino alla coda. Ha forme allungate, ed è molto sottile nella parte posteriore; il muso è proteso in avanti a formare un rostro più o meno appuntito a seconda della specie. Gli occhi sono piccoli, la bocca è anch'essa piccola e situata molto al di sotto del muso. Ha una sola pinna dorsale, piccola e situata molto vicino alla coda, in corrispondenza della pinna anale. Il colore è grigio sul dorso, e si schiarisce sui fianchi fino a diventare bianco sul ventre. Lo Storione è un Pesce prettamente marino, benché alcune specie fra cui lo Sterleto si siano acclimatate nell'acqua dolce; vive in profondità ed è d'indole mite. Si nutre di piccoli Pesci, Crostacei e Molluschi che insegue senza eccessiva agitazione: se non riesce a catturare preda viva, si accontenta anche di carogne. E' un pesce di grandi proporzioni; la specie più comune, costituita dallo Storione atlantico, diffusa nell'Atlantico, nel Mediterraneo, nel Baltico e nel Mar Bianco, raggiunge in media i 5 m. di lunghezza e 400 kg. di peso; altre specie che abitano nel Mar Nero e nel Mar Caspio raggiungono anche 9 m. di lunghezza e 8 q. di peso. Lo Storione è una specie anodroma, come il Salmone: cioè per deporre le sue uova risale la corrente dei fiumi. La migrazione inizia in aprile-maggio e lo Storione si trattiene nelle acque dolci fino a tutto il mese di settembre. Il viaggio avviene con molta calma; i Pesci nuotano lentamente, contro corrente, e non riescono a superare gli ostacoli che incontrano, cosa che invece fanno i Salmoni. Ben raramente, e solo nella prima mattina, compiono salti per oltrepassare piccole cascate. Si fermano sempre nel basso o medio corso dei fiumi di una certa portata, senza affrontare le fatiche che incontrerebbero nel corso superiore. Trovato un sito abbastanza tranquillo che sia un po' lontano dalla corrente più impetuosa, con acqua limpida e ben aerata, profonda quanto lo richiedono le sue notevoli dimensioni, con il fondo di ghiaia o di sabbia lo Storione si ferma e depone le sue uova, in numero molto elevato, racchiuse in una sacca gelatinosa che le fa aderire al fondo. Poi le abbandona per compiere il suo viaggio nel senso inverso, sempre con la stessa flemma, sempre senza toccare cibo. Alla fine dell'autunno, prima che le acque correnti diventino troppo fredde, gli avannotti che sono nati lasciano le acque dolci e si portano al mare, dove restano presso le coste fino a che non hanno raggiunto le dimensioni di 1 m. circa; molto spesso non abbandonano neppure le acque salmastre della foce del fiume. Divenuti più adulti, i piccoli Storioni vanno verso il mare aperto e profondo, che è loro abituale dimora: qui trovano maggiore quantità di alimento e sono più al sicuro dalla cattura dell'uomo. Vi si trattengono fino a che non hanno l'età adulta, in cui sono in grado di riprodurre; allora tornano indietro, spinti da un impulso infrenabile. La pesca dello Storione dura tutto l'anno, soprattutto nel lungo periodo in cui il Pesce si trattiene nelle acque dolci, ed è condotta con l'amo e con reti a strascico. E' praticata in tutti i mari abitati dallo Storione e in tutti i fiumi in cui esso si riproduce, particolarmente nei fiumi russi che sfociano nel Mar Nero e nel Mar Caspio. In Italia la pesca allo Storione è diffusa e dà un reddito notevole nei fiumi tributari dell'alto Adriatico che siano di notevole portata quali il Po, l'Adige, il Piave, ed anche il Tagliamento; più scarsi sono gli individui catturati nell'Arno, nel Tevere e nel Volturno. Nonostante la pesca accanita di cui è oggetto, lo Storione è una specie molto comune, grazie alla sua eccezionale prolificità: una femmina che pesi solo 80 Kg. può deporre 1.500.000 di uova, ma esemplari di dimensioni maggiori oltre tre milioni. La carne dello Storione è prelibata, e molto ricercata su tutti i mercati fino dai tempi più antichi: può essere consumata fresca, preparata in vari modi, conservata in scatola ed anche affumicata. Ancora più apprezzate della carne sono le uova dello Storione, con le quali si prepara il costosissimo caviale nero: è un prodotto tipico della regione danubiana e ne esistono molte qualità, a seconda della preparazione. Dalla vescica natatoria dello Storione si prepara invece l'ittiocolla, detta anche colla di pesce. La vescica è lavata, essiccata, privata dall'involucro esterno, e quindi posta in commercio in fogli, nastri o fili. La colla di pesce così ottenuta si presenta al microscopio di struttura fibrosa, ed è incolora, insapora, inodora, perfettamente solubile in acqua. Ha impieghi alimentari, per preparare creme e gelatine, e impieghi farmaceutici: in questo caso è richiesto che la sua soluzione in idrato potassico sia del tutto limpida. Dunque, tutto dello Storione viene utilizzato: esso è fonte di ricchezza per molte regioni, particolarmente danubiane e russe: ma anche in Italia la pesca di questo gran Pesce influisce sull'economia regionale, ed è tutelata da apposite disposizioni perché non accada che una distruzione indiscriminata dei riproduttori e dei giovani comprometta la sopravvivenza della specie. Come lo Storione, anche l'Anguilla è un Pesce migratore: appartiene all'ordine degli Anguilliformi ed alla famiglia degli Anguillidi, di cui è unica rappresentante. Essa è molto diffusa: si trova nelle acque dell'Atlantico e dei mari che da esso dipendono, nelle acque dolci dell'Europa, dell'Asia, dell'Africa e dell'America settentrionale. In Italia essa è presente in tutte le regioni per diffusione naturale o per opera dell'uomo. Può vivere molto a lungo, fino anche a 60 anni: ma ciò non avviene per tutte quelle Anguille che seguono il corso normale della loro esistenza, perché raggiunta la maturità sessuale verso i 14-18 anni dalle femmine e verso gli 8-12 anni dai maschi, compiono un lungo viaggio nuziale verso l'Atlantico, dove depongono le uova e dove nascono i piccoli, da cui si ritiene non facciano più ritorno. Si ritiene: perché i loro lunghi viaggi e le curiose metamorfosi che attraversano da quando nascono fino a che, dopo un periodo di 3 anni circa, non ricompaiono nelle acque dolci da cui sono partiti i genitori, sono stati e sono ancora in parte sconosciuti. L'Anguilla di fiume ha il corpo straordinariamente sviluppato nel senso della lunghezza, cilindrico e solo leggermente compresso sui fianchi nella parte posteriore. Una unica pinna, molle e alta, parte dalla regione dorsale, procede lungo il corpo e si unisce alla caudale, fino ad arrivare nella zona vertebrale; piccolissime sono le pinne pettorali. Tutto il corpo è coperto da una pelle liscia, viscida a causa del secreto delle numerose ghiandole mucipare, molto abbondanti specialmente sulla testa e sul muso. Nello spessore del muco sono comprese le squame, minuscole, ovali, che compaiono verso il 5-6° anno di vita; ad ogni anno successivo le squame crescono di un anello così che è facile determinare l'età degli individui. Il capo segue la stessa linea allungata del corpo; è piccolo di forma tronco conica; gli occhi sono anch'essi piccoli, la bocca è invece ampia e fornita di piccoli denti robusti e numerosi, ricurvi a uncino: ciò consente all'Anguilla di predare specie di dimensioni anche notevoli. Il colore della sua pelle varia secondo l'età e lo stato fisiologico degli organi genitali. Gli individui giovani hanno il dorso nerastro o bruno e il ventre gialliccio: raggiunta la maturità sessuale il dorso diventa di colore verde oliva e il ventre è argenteo; in questa livrea le Anguille sono dette «argentine». Esse hanno il muso più allungato e gli occhi ingrossati esteriormente: in effetti la cornea, il cristallino, l'iride e la retina, hanno subito profonde modificazioni a cui non corrisponde però una maggiore capacità visiva. Le dimensioni degli adulti variano a seconda del sesso: le femmine raggiungono il metro di lunghezza, e pesano in media 2 Kg.; i maschi non oltrepassano i 50 cm. e pesano in proporzione. Ciò è causato dalla differenza che esiste fra l'età in cui viene raggiunta la maturità sessuale dai maschi e dalle femmine: queste hanno a confronto dei maschi, parecchi anni di più per crescere. Alcune femmine però restano sterili e non scendono mai verso il mare perché non ne sentono l'istinto: crescono allora a dismisura e vengono chiamate Capitoni, particolarmente ricercati sono quelli delle Valli di Comacchio. Le Anguille sono animali molto voraci e la loro alimentazione è carnivora, a base di animali sia vivi che morti, di solito Crostacei, Anellini, Insetti, pesci, uova e larve di pesce; non disdegnano le ranocchie e i topi che incontrano. Se sono spinte dal bisogno di cibo escono dall'acqua durante la notte e resistono all'aria purché l'ambiente sia relativamente umido. La loro voracità cessa totalmente nel periodo riproduttivo, perché dal momento che abbandonano le acque dolci non toccano più cibo, tanto che per la loro sopravvivenza consumano parte della riserva di grasso che hanno accumulato durante l'accrescimento. L'Anguilla con la sua grandissima diffusione dimostra di essere ampiamente adattabile alle più svariate condizioni di vita, e di resistere in modo straordinario a tutti gli ostacoli e i cambiamenti possibili: sopporta altrettanto bene il freddo e il caldo, tollera acque sporche e con scarsissimo ossigeno disciolto, sopravvive a lungo anche fuor d'acqua. A terra è capace di spostarsi e di arrampicarsi anche su pareti verticali: trasportata molti chilometri via dalla sua dimora abituale e lasciata in un tratto umido, si dirige istintivamente e senza esitazione verso la pozza d'acqua più vicina. Risente delle perturbazioni metereologiche in arrivo ed avverte l'avvicinarsi di un temporale agitandosi ed uscendo dall'acqua. Nonostante questa sua adattabilità gradisce acque limpide e tranquille e sfugge la luce del sole; è un animale molto indolente che si muove con eleganza e con lentezza. L'andatura dell'Anguilla è affidata alle contrazioni della muscolatura del corpo, data l'estrema riduzione delle pinne peraltro essa nuota con agilità e pare scivolare senza alcuno sforzo nell'acqua o sul fondo. Il suo sangue è velenoso per la presenza di itiotossina come quello degli altri appartenenti al suo ordine: la cottura delle carni però e la loro digestione nell'apparato digerente umano riescono a disperdere questa velenosità. Raggiunta la maturità sessuale le Anguille lasciano le acque dolci, e nelle notti più scure dell'autunno scendono il corso dei fiumi verso il mare superando ogni ostacolo per un istinto che le guida verso l'Oceano. Per primi partono i maschi, seguono le femmine cariche di uova; il viaggio avviene solo di notte il che dimostra l'inutilità dei loro organi visivi, del resto tutte le modificazioni a cui sono soggette non sono altro che i sintomi della nuova situazione fisiologica in cui vengono a trovarsi questi animali. Anche l'indole pacifica e flemmatica scompare: essi diventano attivi e il viaggio a cui sono costretti chiede tenacia e molta forza al loro organismo. L'Anguilla europea si calcola compia all'incirca 4000 Km. per arrivare all'Arcipelago Atlantico delle Bermude, e fermarsi nel Mare dei Sargassi in un periodo sempre inferiore ai 6 mesi. Qui, alla profondità di 200-300 m. le femmine depongono le uova e i maschi le fecondano immediatamente. Molti studiosi ritengono che gli adulti muoiano subito dopo essersi riprodotti ma di questa notizia non si ha nessuna documentazione certa, così come non esistono studi che possano affermare sicuramente che l'unico luogo in cui le Anguille europee si riproducono sia il Mare dei Sargassi: ciò è molto probabile e lo hanno dimostrato numerose ricerche; ma altrettanto probabile è che esse si fermino prima o dopo questo luogo. Di fatto nel Tirreno mancano gli stadi giovanili che abbondano nell'Atlantico: lo stesso fenomeno però si osserva anche per numerosissime specie di Pesci pelagici mediterranei che depongono le uova in alto mare. Può darsi che i piccoli nati dalle uova disperse nel mare si radunino in acque più profonde e meno frequentate da altri Pesci per istinto di difesa e poi ricompaiano quando, ancora giovanissimi, ma già in parte indipendenti, sono in grado di tornare nelle acque di cui sono caratteristici e lì tentare l'avventura della vita. I piccoli delle Anguille nascono da uova trasparenti deposte in numero incalcolabile ognuna di esse e fornita di una goccia di grasso compresa nel guscio, che la fa galleggiare attorno al tuorlo, ha uno spazio vuoto. Le larve hanno forme allungate e compresse sui fianchi, un piccolissimo capo con la bocca grande in proporzione e fornita di denti aguzzi, che però non usano perché si nutrono solo per via cutanea, ancora quando sono nel guscio. Lo scheletro non esiste ancora ma è già delineato da numerosi segmenti muscolari, crescendo la larva diventa un poco più spessa ma per un lungo periodo non cambia forma e resta trasparente. Per lunghi anni le larve dell'Anguilla furono credute una famiglia a sé, e vennero chiamate Leptocefali per la piccolezza della testa, nome che è usato ancora oggi. Quando i Leptocefali hanno raggiunto i 3 anni di età misurano ancora meno di 1 cm. e hanno ancora il corpo come una fogliolina ma questa forma è molto meno accentuata: per loro è giunto il momento di compiere il gran viaggio verso i fiumi da cui erano partiti i genitori. Non hanno la capacità di nuotare e si lasciano trasportare dalla corrente fino a che non giungono presso le coste atlantiche dell'Europa: qui subiscono una trasformazione per cui diventano cieche. Il loro corpicino vermiforme è già simile a quello dell'Anguilla: gli occhi acquistano colore e si comincia a delineare la forma caratteristica e la lunga pinna. Compiuta questa metamorfosi al largo, le cieche raggiungono a nuoto le coste e iniziano a risalire i fiumi. La monta avviene sempre nella stagione invernale e solo durante la notte: al primo contatto con l'acqua dolce si inizia l'alimentazione. Il corpo lungo ora 6-7 cm., diventa più scuro e unica preoccupazione dell'Anguilla è farlo crescere fino al tempo in cui anch'essa tornerà al mare dove è nata per riprodursi e continuare la propria specie. In questo modo abbiamo considerato le specie che abitano nelle nostre acque dolci e le loro abitudini, ma si tratta solo di un momento nella conoscenza di questo ambiente. Avremo una visione più completa quando qualche considerazione sulla pesca e sulle attività ad essa relative avranno integrato le precedenti osservazioni.

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MEZZI DI POTENZIAMENTO DELLA FAUNA ITTICA

Abbiamo visto come la pesca delle specie marine dia un reddito, seppure modesto, all'economia della nostra nazione. Lo stesso non si può dire per la pesca del pesce d'acqua dolce, anche se diffusa fino al più insignificante rigagnolo d'acqua, che mantiene sempre un aspetto sportivo o nel migliore dei casi artigianale. Le uniche specie ittiche da cui il ricavo è notevole sono le Anguille e le Trote, entrambe allevate su scala industriale che però si ferma sempre al livello minimo di piccola industria. Questi due tipi di allevamento sono localizzati in determinate regioni, in modo particolare per le Anguille che necessitano di acque a salinità variabile. Più che sull'economia nazionale, si può dire che il loro reddito influisca sull'economia regionale, e dalla Regione stessa, come è scritto nella Costituzione Italiana, esso è tutelato e amministrato. Per quanto riguarda tutte le altre specie appartenenti alla nostra fauna ittica, esse sono soggette unicamente alla pesca sportiva, che a sua volta influisce sul turismo e sulle attrezzature ad esso connesse: il diritto stesso ad accedere ad acque in cui possa venire praticata è oggetto di commercio, con il preciso scopo di proteggere la fauna che in esse abita; ed ogni esemplare pescato viene controllato, pesato e pagato all'uscita dalla riserva. Non avviene così in tutte le acque italiane, qualcuna delle quali è libera: la conservazione delle sue specie è affidata al senso civile del singolo pescatore, che troppe volte si dimostra eccessivamente scarso. Spesso gli Enti turistici locali o la Federazione Italiana Pesca Sportiva o altri comitati organizzano gare di pesca e riunioni delle quali la pesca è il momento più importante. Le gare hanno luogo generalmente in un determinato tratto di fiume, e si svolgono con le modalità stabilite di volta in volta; premiano il partecipante che ha pescato il pesce più grande, o che ha catturato la maggior quantità di pesce nel tempo stabilito dal regolamento, o che ha contratto il minor numero di penalità. Chi voglia recarsi a trascorrere una giornata serena e tranquilla, lontano dalle preoccupazioni e dalle tensioni quotidiane, non ha che da recarsi a pescare: ritornerà riposato nel corpo e nello spirito. L'ambiente in cui avviene la pesca e l'attività fisica a cui essa obbliga concorrono a rendere questo sport adatto alle persone nervose e soggette al logorio quotidiano dei pensieri che mulinano nel cervello, ed allo stesso modo alle persone che conducono un'esistenza calma, lontano dai rumori e dal traffico cittadino. La pesca è insomma, oltre che uno sport sano e mite, una medicina che risana il corpo e lo spirito a tutti coloro che ne abbiano la necessità e che vogliano trarre giovamento dal contatto con la Natura. L'attrezzatura del pescatore inizia dagli abiti, comodi e adatti alla stagione e alla località prescelta per la pesca: inoltre sono indispensabili un paio di stivali, alti quanto tutta la gamba, che permettono al pescatore di entrare nell'acqua, e un cesto in cui riporre il pesce pescato e altri piccoli attrezzi necessari, di forma caratteristica. Gli attrezzi che servono a catturare il pesce sono tradizionali e non molto numerosi. Fra le reti, è usata la rete da posta solo per le Anguille, ai tempi delle migrazioni, poiché esse allora si muovono in grandi branchi: e una rete che sbarra il passaggio al pesce, trattenuta ferma da piombi al fondo e da galleggianti alla superficie dell'acqua, che al momento opportuno, grazie ad una corda che percorre tutto il suo perimetro infilata nelle maglie, può essere manovrata in modo da chiudersi a sacco e da trattenere così il pesce. Altro tipo di rete usata nelle acque libere è il bilancino, una rete quadrangolare sospesa che permette di catturare, se sollevata al momento opportuno, numerosi esemplari in una volta sola, e per questo è di solito proibita nelle riserve e in numerose altre acque: viene usata però negli allevamenti delle Trote, al momento che queste devono essere tolte dall'acqua per essere vendute. Abbastanza usate sono anche le nasse, sempre in acque libere e negli allevamenti delle Anguille; dove la corrente è rapida si adoperano le reti a sacco, che permettono di catturare molto pesce con poca fatica. L'attrezzo caratteristico del pescatore sportivo è però l'amo, che a seconda dell'esca che porta infilata serve all'una o all'altra specie. Esso è usato ovunque, e fino dai tempi più antichi, quando fu costruito di osso o di corno. Non è mai proibito, perché il suo uso fa sì che il pescatore catturi un solo pesce alla volta, in qualche caso dopo ore ed ore di appostamenti. A seconda del luogo prescelto per la pesca, l'appostamento può essere fisso o mobile: nel primo caso ci si può piazzare sulla riva di un corso d'acqua, su un ponte, su una diga, portarsi al largo, nel caso che ci si trovi in una località lacustre, con una imbarcazione e lì fermarsi e gettare l'amo; l'appostamento mobile prevede invece che il pescatore si sposti di continuo lungo la riva e getti ogni volta l'amo a due-trecento metri di distanza, ed è caratteristico della pesca nei ruscelli e nei torrenti rapidi. La scelta dell'appostamento dipende oltre che dalla località anche dall'ora del giorno, dalla stagione, dall'abbondanza o meno di pesce nell'acqua e l'esperienza è la migliore consigliera del pescatore. L'amo è un ago di acciaio ricurvo che termina con l'ardiglione: questo deve essere ben tagliato e la ripiegatura deve essere sufficientemente ampia perché il pesce l'afferri con la bocca. Alcuni ami sono semplici, altri sono doppi o tripli cioè sono forniti di due o tre ardiglioni disposti in direzioni differenti. L'acciaio con cui l'amo è costruito non deve essere molto temprato, perché sarebbe troppo fragile: la punta deve essere ben acuminata, il gambo di grossezza regolare e ben curvato. Esistono diverse grossezze di ami, e la loro misura è espressa con numeri che vanno dal 28, che indica l'amo più fine, allo 0, che è l'amo più grosso. Il pescatore usa gli ami di diversa grossezza a seconda del pesce che vuole catturare, perché è evidente che da un amo troppo piccolo il pesce si libera con facilità, mentre da un amo troppo grosso non può abboccare: le Trote, ad esempio, si pescano con ami di misura media. La fase del lancio dell'amo è importante perché la posizione in cui esso va a cadere determina la quantità di pesci che abboccheranno. Un buon pescatore non si accontenta mai del primo lancio, ma ne fa due o tre fino a quando non è soddisfatto della posizione ottenuta. L'amo va sempre recuperato dalla bocca del pesce, che spesso in un ultimo tentativo di difesa morde con i suoi denti le dita del pescatore, al quale non vale in questo caso neppure l'esperienza più lunga: particolarmente pericoloso è il Luccio, che con i suoi denti robustissimi può anche staccare una falange. Il pesce però non abbocca mai l'amo, perché questo non lo attira se non è inescato con una esca opportuna. L'esca è qualche volta costituita da un pezzetto di carta stagnola, infilata sull'amo, che con la sua lucentezza attira il pesce, ma nella maggior parte dei casi l'esca è un pezzettino di cibo particolarmente gradito al pesce che si vuole pescare: ad esempio la Trota si pesca con il Lombrico o verme rosso, con un pesciolino vivo, con un'esca speciale chiamata mosca finta galleggiante o sommersa; il Cavedano abbocca ad un piccolo verme, spesso di gomma, di colore rosa; altre esche sono il cagnotto, costituito da larve di mosca carnaria, la camola che vive nel legno e vi si nutre, piccoli pezzettini di carne cotta o cruda, o di altri cibi conditi. Il pescatore sceglie l'esca secondo la propria esperienza, sia nell'indovinare quale esca è gradita ad un determinato pesce in linea generale, sia nel sapere quali sono i cibi preferiti dal pesce in dipendenza dell'ambiente in cui esso vive, dell'ora del giorno in cui si svolge la pesca, delle condizioni meteorologiche della giornata e della stagione in cui si trova.

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Infilata l'esca nell'amo, questo viene trattenuto da una cordicella sottile e resistente, chiamata lenza: generalmente l'amo è venduto già unito ad un pezzettino di lenza, cioè già montato. La lenza può essere di vari materiali, ma nella pesca del pesce di acqua dolce si usa solamente quella in filo di nylon, tutt'al più con la parte terminale in rame, molto in disuso è la lenza di crini di cavallo. Caratteristica della pesca al Luccio è la lenza in filo di rame, più resistente di quello di nylon ai morsi energici del Luccio. Molto spesso la lenza è avvolta in matassa e porta attaccati numerosi ami, che alla sera viene gettata in acqua e alla mattina viene ritirata con la preda: un simile dispositivo è chiamato tirlindana o parangale a seconda delle regioni dove viene usato. Gli ami possono essere anche alcune centinaia, ma dodici-quindici ami formano già un piccolo parangale. Perché la lenza non affondi che in parte nell'acqua, e il pescatore si possa accorgere quando il pesce ha abboccato, alla lenza stessa vengono legati degli appositi galleggianti, che esistono in commercio in differenti tipi, a seconda della sensibilità richiesta, condizionata sempre all'indole del pesce scelto come vittima: la Trota, che abbocca con decisione e una volta catturata è molto combattiva, necessita ad esempio di un galleggiante che sia poco sensibile, cioè che affondi non tanto facilmente. Il tipo più semplice di galleggiante è un tappo di sughero o un piccolo parallelepipedo di questo materiale. Altri galleggianti sono costituiti da palloncini di plastica rigida, con le due calottine di colore diverso: quando il pesce abbocca il galleggiante si rovescia e appare il colore che prima era sommerso. Galleggianti più sensibili sono quelli a bastoncino, anch'essi di materiale plastico rigido, che possono portare ad una delle estremità un peso, così da galleggiare inclinati rispetto alla superficie dell'acqua, oppure esserne privi e rimanere orizzontali. Questi tipi di galleggiante sono più sensibili e servono per pescare pesci che abboccano con delicatezza: la minore possibilità che hanno di galleggiare, per il modo in cui sono costruiti, li fa affondare o capovolgere con facilità. Perché l'amo affondi sufficientemente e perché il parangale non galleggi e non si arruffi alla superficie dell'acqua senza attirare nessun pesce, alla lenza vengono fissati dei piombini che lo trattengono a seconda del loro numero più o meno in profondità. Anche i piombi esistono in commercio in diverse forme, ad esempio in pallini, in piccole spirali, in parallelepipedi, in forme ovoidali o coniche: tutti sono attraversati da un piccolo foro entro il quale passa la lenza che li trattiene. Escluso il caso del parangale, la lenza non è quasi mai gettata liberamente in acqua: molto più comodo è fissarla ad una canna, per mezzo di anelli in cui scorre il filo. La canna più comune è quella fatta di bambù, ma ne esistono vari tipi: di bambù plastificato, molto più robusta e flessibile della precedente; di fibra vetrosa, od anche di acciaio, il tipo meno usato perché costoso e pesante. La canna può essere tenuta in mano ma può anche essere poggiata a terra per mezzo di un sostegno: esiste la canna fissa, in cui la lenza non può variare di lunghezza, e la canna a mulinello, dispositivo che permette di arrotolare a mano la lenza, ad una certa altezza della canna, e lasciarla poi libera in modo che la lunghezza si regoli automaticamente da sé. La canna a mulinello non viene usata per pesci combattivi, che srotolerebbero una eccessiva lunghezza di lenza, mentre è adoperata la canna fissa, per esempio, per pescare la Trota, che anche se dà energici strattoni non sciorina chilometri di lenza. Esistono in commercio canne tutte di un pezzo, ma anche canne retrattili, chiamate Bologna, costruite in modo che un segmento rientri nell'altro; evidentemente molto più comode per essere trasportate. Anche la lenza deve essere scelta opportunamente, perché un pesce troppo difensivo non la strappi: per tornare sempre alla Trota, con essa si usa filo robusto, che resiste al suo furioso dibattersi prima di morire. Come abbiamo visto in precedenza, la Trota è molto diffusa in Italia, e quindi la sua pesca è comune quasi dappertutto, sia in forma sportiva, sia in forma artigianale o industriale: connessa quest'ultima con il suo allevamento. Ciò è verificato anche per altre specie, quali la Carpa e la Tinca, e in misura molto più vasta per l'Anguilla. La pesca dell'Anguilla si effettua tutto l'anno, poiché la loro presenza nelle acque dolci è costante: molto più intensa è però nel periodo della monta e nel periodo della migrazione verso il mare, prevalentemente quindi nella stagione autunno-inverno. I mezzi usati sono vari, e ogni regione ne ha di caratteristici: molto spesso variano a seconda del bacino in cui le anguille sono pescate. Il mazzacchio è ad esempio un ordigno usato sulla costa toscana, da Viareggio a Livorno: è formato da ami innescati con lombrichi e infitti in una rotella di piombo girevole a cui abboccano le Anguille. Altri metodi di pesca prevedono l'uso di trappole, in cui l'animale una volta entrato, non può più uscire, quali le nasse e i bertovelli. Dove esiste uno stagno o comunque una superficie di acqua abbastanza vasta, la pesca si effettua con reti a strascico o con reti a posta. Anche la comune lenza o la fiocina possono servire per pescare le Anguille: ma evidentemente nessuno di questi metodi di pesca può essere usato su scala industriale, sia per la lentezza delle operazioni sia per il rischio e la variabilità di pescato alla quale tali metodi sono irrimediabilmente soggetti. La pesca industriale delle Anguille ha luogo nelle zone lagunari, dove possono essere apportate artificialmente variazioni di salinità all'acqua a seconda delle esigenze attuali dell'Anguilla. Le regioni più interessate sono dunque quelle costiere della Toscana, della pianura Pontina, della pianura di Cagliari, dei laghi di Lesina e Varano, e di tutta la laguna padano-veneta, in cui si trova la località più nota per lo sviluppo che ha assunto la pesca e l'allevamento dell'Anguilla: le valli da pesca della zona di Comacchio. Le valli da pesca sono zone lagunari in cui determinate specie ittiche hanno trovato l'ambiente più opportuno per soddisfare le loro esigenze. Le valli da pesca ospitano il pesce per farlo crescere e ingrassare, in conche di forma allungata, chiamate peschiere, separate fra loro da dune di sabbia abbastanza vaste per ospitare le case dei pescatori ed una caratteristica vegetazione. Ogni valle è in comunicazione con il mare e con l'acqua dolce, e un sistema di chiuse rende possibile agli uomini fare entrare ora una maggiore quantità di acqua salata, ora di acqua dolce. La cattura delle Anguille si opera per mezzo di lavorieri, attraverso i quali le Anguille di montata giungono nella valle da pesca in cui è stata diminuita la salinità dell'acqua per offrire ad esse l'ambiente di cui necessitano per natura. Il lavoriero ha la forma di doppio triangolo isoscele, uno inserito nell'altro, con la base comune rivolta verso la valle da pesca e il vertice verso uno dei canali che recano l'acqua dal mare. Il vertice del triangolo più interno immette in un piccolo spazio chiamato botteghino: anche questo è di forma triangolare, e le sue pareti che formano il vertice possono essere allontanate perché vi passino le Anguille, o chiuse perché ciò non avvenga. Il vertice del triangolo più esterno immette in una camera molto più vasta, detta otela, anch'essa di forma triangolare, in cui va a raccogliersi la maggior parte delle Anguille. Ad ogni vertice che queste camere triangolari hanno, si aprono altre camere, rivolte anch'esse verso l'acqua salata, molto più piccole, chiamate otele di centro o di dosana. L'ultima camera del lavoriero è la più piccola e la più robusta, ed è chiamata baldresca: è situata al vertice del triangolo più esterno, ed è formata anch'essa a triangolo, col vertice rivolto verso l'entrata delle acque salmastre. Un canale, chiamato covola, mette in comunicazione il lavoriero con la valle da pesca. Attirate quindi le giovani Anguille nella valle, variandone la salsedine, queste vi si trattengono per tutto il periodo della crescita: giunto il momento che l'istinto le richiama verso il mare per riprodursi, esse vi si dirigono ed imboccano la covola, attraverso la quale entrano nel lavoriero. Le pareti che delimitano le camere del lavoriero sono costruite con canne palustri, messe le une accanto alle altre e legate, che hanno la proprietà di non ferire i pesci né di danneggiare le loro squame anche se essi vi urtano contro. Non tutte le pareti però sono fitte di canne in modo uguale: le più interne sono più rade, perché attraverso esse possano passare le Anguille, smaniose di raggiungere il mare molto più dell'altro pesce bianco che con esse abita le acque salmastre, ad esempio Orate, Branzini, Muggini, Passere di mare, Cefali. In tal modo le prime pareti del lavoriero agiscono come un filtro, attraverso il quale passano solamente le Anguille, che così vanno a finire nelle otele.

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Le più forti riescono a oltrepassare anche le pareti delle otele, e finiscono nella baldresca: queste vengono lasciate andare verso il mare aperto, perché sono evidentemente le più forti, le più atte alla riproduzione. In questo modo, è garantita anche una buona figliolanza, nata da individui che sono sempre i più robusti, ed in numero sufficiente perché la montata successiva di un ciclo sia redditizia per il lavoriero stesso. Il lavoriero è quindi una trappola per prendere le Anguille, ma è anche un magazzino in cui esse sono tenute vive, fino al momento in cui non vengano utilizzate. Di solito, accanto ai lavorieri, sorgono gli edifici nei quali le Anguille vengono preparate perché si conservino, di solito ammarinate: e le Anguille sono pescate quando lo stabilimento ne ha la necessità, per continuare il suo lavoro, o quando esse devono essere poste sul mercato come pesce fresco. La manutenzione del lavoriero è laboriosa e costosa: ogni anno vengono rinnovate tutte le pareti. La pesca delle Anguille necessarie avviene per mezzo di grandi ceste di vimini, che possono contenere fino a due quintali di pesce, sempre nelle otele, dove esiste un maggior numero di pesci. Tutti i giorni, in ogni otela attendono immerse nell'acqua, con il pesce ancora vivo due o tre ceste, così che il pesce sia sempre pronto ma nello stesso tempo non invecchi. In queste grandi ceste vengono tenuti anche i granchi, che, di solito immangiabili, diventano teneri appena cambiata la pelle: ciò avviene certamente se essi vengono tenuti fuori dall'acqua; e vengono messi appunto in questi cestoni, e venduti al momento opportuno col nome di molleche. Tutte le Anguille che per qualche ragione non sono entrate nelle otele o tendono a tornare nell'acqua meno salata della valle vengono pescate nel canale con una rete caratteristica chiamata cogolo o scione. La pesca sportiva dell'Anguilla è molto praticata in Toscana nei mesi di gennaio e febbraio, al tempo della montata, quando il pesce è abbastanza numeroso da offrire una notevole soddisfazione ai pescatori sparsi sulle rive dei fiumi, ma non tanto numerosa da procurare un reddito sufficiente ad una per quanto piccola industria. Specialmente alla mattina presto, è facile udire, passeggiando lungo le rive dei fiumi anche nel centro della città, il trillo improvviso ed un poco soffocato di un campanello. E' certamente un pescatore di Anguille, che su una corta canna a lancio ha fissato un campanellino che segnala il momento in cui il pesce ha abboccato: la canna è appoggiata a terra per mezzo del sostegno apposito, presso la riva oppure, quando sia permesso, sulla spalletta del ponte. Prima che inizi il traffico cittadino o che il sole sia troppo alto, particolarmente se l'acqua è torbida, questo è uno spettacolo consueto e protagonisti ne sono generalmente coloro che si alzano presto per motivi di lavoro e, rubando un'ora al sonno, cercano di infilare qualche Anguilla nel cestello e portarsela a casa per mangiarla a cena. Le canne più adatte sono quelle lunghe circa quattro metri, molto robuste e col vettino rigido, fornite di mulinello che si possa recuperare rapidamente, in modo che l'Anguilla non possa sciogliere troppo filo ed eventualmente fuggire o appigliarsi in qualche modo sul fondo. La lenza da scegliere è in filo di nylon dello 0,30 e finale dello 0,20; la piombatura sarà più o meno abbondante a seconda della corrente del fiume e della profondità giudicata migliore; fra le esche, più comuni sono i Lombrichi e le budelline di pollo. Dopo avere sistemato la canna, bisogna fissare il campanello sul vettino; appena trilla è bene staccarlo e rispondere subito all'abboccata, per non correre il rischio di perderlo. L'Anguilla pescata verrà avvolta in un foglio di carta di giornale, che aderirà ben bene al corpo dell'animale assorbendo con i suoi pori l'abbondante liquido secreto per difesa naturale. In questo modo l'Anguilla resterà immobilizzata e potrà essere trasportata facilmente a casa. L'Anguilla è diffusa anche in altre regioni dell'Italia centrale e meridionale; è assente in Liguria, Puglie, Calabria, Basilicata e Sicilia, e così nelle regioni che non hanno zone costiere o fiumi navigabili. Ovunque la sua pesca non è soggetta a divieti stagionali ed essa può essere pescata in qualsiasi misura, ad esclusione di alcune provincie del Veneto dove la misura minima è stabilita di 30 cm. Generalmente la pesca del pesce di acqua dolce è soggetta a numerose limitazioni, che riguardano sia gli attrezzi con cui esso viene pescato, sia i periodi stagionali per salvaguardare il patrimonio ittico in tempi particolarmente delicati, ad esempio, il tempo della riproduzione, sia alcune acque soggette a ripopolamento, sia le misure minime degli individui e le modalità con cui la cattura è condotta. Di tutte queste norme si occupa la legge regionale, che provvede anche alle sanzioni da applicare ai trasgressori; molto spesso queste si traducono in somme, anche notevoli, che il contravventore è tenuto a versare a titolo penale e liquidazione dei danni, oltre che alla sospensione della tessera che viene rilasciata come documento della licenza di pesca. Oltre ai numerosi comitati, clubs e associazioni di pesca, esiste la Federazione Italiana Pesca Sportiva, ente che si occupa delle acque marine e interne di tutta la penisola per mezzo del Servizio Federale Acque: il gran numero di aderenti a questa federazione ha consentito, acquistando il 90% delle acque soggette a diritti esclusivi di pesca, una distribuzione razionale e bene ordinata dei pescatori, muniti di licenza di pesca, presenti in numero di 400.000, su un'area che comprende quasi tutte le acque dolci propizie all'esercizio della pesca. Le acque che la Federazione offre ai suoi iscritti appartengono a privati, persone o enti, e al demanio privato dello Stato: esse sono convenzionate, cioè sono stati presi accordi riguardo al loro usufrutto con i privati titolari di diritti esclusivi di pesca e gli appalti delle riserve demaniali. Il poter pescare in quasi tutte le acque della penisola adatte a ciò è il vantaggio più vistoso che la Federazione offre, ma non è l'unico: importantissima è l'opera di salvaguardia e incremento del patrimonio ittico delle acque interne, attuati per mezzo della sorveglianza e i ripopolamenti in collaborazione con gli organi pubblici competenti; altri vantaggi sono la immediata garanzia assicurativa dai rischi di infortuni personali causati dall'esercizio della pesca sportiva, la partecipazione alle manifestazioni agonistiche di tutte le specialità sotto il controllo della Federazione: quali la pesca in superficie, pesca subacquea, lancio e numerosi altri vantaggi di minore importanza. E' dovere e interesse di tutti i federati pescare secondo le disposizioni della legge e quelle del Regolamento della Federazione: applicando queste modalità il patrimonio delle acque convenzionate non verrà danneggiato, in modo da pescare sempre meglio in un numero sempre maggiore di acque. Il buon andamento del Servizio Federale Acque dipende in gran parte dal comportamento e dall'autodisciplina con cui gli aderenti esercitano il loro diritto: così che le esigenze di ciascuno di essi saranno armonizzate con quelle degli altri, e l'esercizio discreto ed educato delle facoltà riservate si tradurrà in un sempre maggior numero di vantaggi. L'esercizio della pesca nelle acque convenzionate è soggetto alle norme previste dalle leggi vigenti in materia e dal regolamento per l'esercizio della pesca nelle acque convenzionate, oltre che dalle modalità da seguire in singole acque. Le norme di polizia che riguardano la pesca proibiscono l'esercizio di questa prosciugando i corsi e i bacini d'acqua, ingombrandoli od occupandoli con opere stabili; non consentono l'uso di reti ed attrezzi che non siano conformi alle prescrizioni prefettizie; vietano la pesca, anche con i mezzi normalmente consentiti, in determinati periodi e luoghi, o di alcune specie di pesci in determinati giorni o periodi dell'anno. Ad esempio è proibito pescare il Carpione dal dicembre al 31 gennaio e dal 1 al 31 luglio; nel lago di Garda il divieto va dal 1 dicembre al 31 gennaio e dal 20 giugno al 5 agosto. Il Temolo non può essere catturato dal 16 gennaio al 15 aprile; nel lago di Garda, dal 1 marzo al 31 maggio; nelle provincie di Bergamo, Brescia, Cremona, Pavia, Varese dal 15 dicembre al 31 marzo. Il periodo di divieto inizia alle ore 12 del giorno indicato e termina alle ore 12 dell'ultimo giorno. Per quanto riguarda le misure minime che devono avere gli esemplari per potere essere catturati, oltre all'esempio già visto per le Anguille, possiamo citare la Trota che deve raggiungere i 18-20 cm. o i 25 a seconda delle provincie dove viene pescata, il Luccio che deve essere lungo almeno 30 cm., la Tinca 15, il Temolo che a seconda delle località deve misurare 18, 20, 25, 30 cm., l'Alborella solo 5 cm.; ad una misura maggiore deve arrivare lo Storione con 60 cm. al minimo, ma per nessun pesce la misura minima consentita è maggiore di 30 cm. Il Gambero deve raggiungere una lunghezza di 7 cm. almeno, e benché esso non sia un Pesce ma un Crostaceo appartenente alla famiglia dei Decapodi e alla sottoclasse dei Malacostraci, è considerato da tutti i pescatori un «pesce» perché come tale viene allevato, pescato e... mangiato. I Gamberi sono di colore grigio-verde, che li mimetizza fra le pietre e le radici nelle quali amano nascondersi; possono vivere anche per oltre vent'anni e raggiungere i 20 cm. di lunghezza: ad un anno di età sono lunghi appena un centimetro. Le femmine subiscono la muta della pelle due volte all'anno, i maschi una; la deposizione delle uova avviene nel tardo autunno e l'incubazione, che dura fino a maggio, avviene in una apposita cavità del torace della femmina. Vive nei ruscelli e nei torrenti dell'Italia settentrionale, ad altitudini medie, dove l'acqua è limpida e fresca e il terreno è calcareo. La sua alimentazione è carnea, e preferisce piccoli animaletti morti come Lombrichi e Chiocciole.

Questa specie di Gambero, detta Astacus fluviatilis, è oggi quasi scomparsa in seguito ad una malattia della pelle che ha colpito un grandissimo numero di individui, ed è presente solo nelle regioni settentrionali; numerose acque sono soggette al ripopolamento di tale specie, che è anche allevata in appositi vivai e posta sul mercato del pesce fresco e conservato. Altre specie di Gamberi, simili a questa, portano il loro contributo modesto alla popolazione di numerosi corsi d'acqua delle regioni italiane. Poiché il Gambero è considerato una specie pregiata, come il Temolo, il Salmerino, il Luccio, ecc. le acque in cui esso abita sono considerate «pregiate», e sono soggette ad una più accurata tutela da parte dell'ente che le amministra. Una specie può essere considerata pregiata in una zona dove è scarsa e comune in un'altra, pur tenendo conto del valore oggettivo che essa ha sia come specie faunistica sia come alimento per l'uomo. La presenza del Pesce-gatto, ad esempio, non renderà mai pregiata l'acqua in cui esso vive, mentre ciò potrà accadere per alcune specie di Trota, per il Luccio, per il Persico-trota; una unica presenza non basterà mai a rendere pregiata un'acqua, che viene dichiarata tale solo dopo molte considerazioni da parte di persone esperte e competenti. L'accesso alle acque pregiate è consentito solo mediante il pagamento di una soprattassa applicata alla licenza di pesca: e il pescatore deve assoggettarsi a numerose limitazioni, particolari per ogni provincia, che stabiliscono il numero massimo di esemplari catturabili in una giornata, i giorni della settimana nei quali la pesca non è proibita, le esche e gli attrezzi permessi, le misure minime dei pesci, i periodi annuali di divieto. Ad esempio il lago di Alleghe, in prov. di Belluno, è abitato da Trote, Tinche, Carpe, Arborelle ed è considerato un'acqua pregiata: la pesca in esso è permessa in tutto il perimetro, dalla riva con canna-lenza ad un solo amo, ed a mezzo di natanti anche con la tirlindana, ad eccezione di un tratto di 50 m. dalle opere di presa degli impianti idroelettrici della S.A.D.E. L'esercizio della pesca è consentito limitatamente al periodo 15 maggio 30 settembre; il peso della cattura massima consentita è 2 Kg. con tolleranza fino a 500 gr. Le condizioni alle quali è consentito l'esercizio della pesca nelle acque pregiate sono in linea generale le seguenti. Per quanto riguarda le esche, sono consentite tutte ad eccezione della larva di mosca carnaria e del sangue, mentre è proibita qualsiasi forma di pasturazione. Nel periodo in cui vige il divieto di pesca alla Trota, è proibito l'uso di esche metalliche e di qualsiasi apparecchio che preveda l'impiego di pesce morto o vivo. Durante il periodo di divieto di pesca al Temolo è vietato l'uso di camole finte o di mosche sommerse: in genere è vietato qualsiasi divieto di pesca radente il fondo. La pesca può essere esercitata in tutte le ore diurne. Per quanto riguarda gli attrezzi, è consentito di usare una canna-lenza con o senza mulinello, usando un massimo di cinque ami e di cinque esche, un cucchiaio o altro apparecchio per pesce morto o vivo. Per quanto riguarda le acque normali, è vietato l'uso del sangue come esca; gli attrezzi consentiti sono una sola canna-lenza, o lenza, con uno o più ami, e la bilancia da non più di 1,5 m. di lato sempreché venga usata dalla riva a piede asciutto. Con la canna è lecito pescare da una imbarcazione purché questa sia ancorata alla riva; la distanza minima consentita fra una canna e l'altra è di 10 m. Nei laghi e nei bacini ove sia indicato, è permesso l'uso della tirlindana. Numerose sono le disposizioni di carattere generale, che vanno osservate indifferentemente nelle acque pregiate e in quelle normali. Fra le più importanti abbiamo quella che vieta la cattura del pesce afferrandolo in parti del corpo che non siano l'apparato boccale, cattura chiamata pesca a strappo; un'altra è quella che vieta l'uso della lenza radente il fondo o portante esche diverse dal Lombrico durante il periodo di divieto della pesca al Temolo. Altre norme generali definiscono i tipi di natanti che possono venire usati durante la pesca. In caso di appostamento fisso, la distanza minima fra un pescatore e l'altro è fissata in 10 m.; in caso di appostamento mobile, è mantenuta tale distanza. E' proibito il commercio del pesce pescato nelle acque convenzionate, così come è proibito pescare senza permesso; pescare, raccogliere, commerciare pesci uccisi con materie esplodenti, venefiche, aventi potere stupefacente e con la corrente elettrica; pescare con le mani; pescare nelle ore notturne; tenere sostanze venefiche ed esplodenti in prossimità di corsi d'acqua. I pesci pescati di misura inferiore alla minima devono essere rimessi subito nell'acqua ed in caso che sia impossibile liberare dalla lenza il pesce è obbligo tagliare la lenza e rimettere in acqua il pesce. Coloro che fossero sorpresi nell'inosservanza delle norme sono tenuti a versare, mentre iniziano a svolgersi i procedimenti di legge e i provvedimenti disciplinari, alla Federazione somme variabili da un minimo di L. 5.000 ad un massimo di Lire 50.000, somme raddoppiabili in caso di recidività. Perché tutte queste norme vengano osservate scrupolosamente con vantaggio evidente di tutti, la Federazione prevede anche un servizio di sorveglianza delle acque convenzionate che è esplicato dai carabinieri, dalle guardie forestali, dalle guardie di finanza e da altri agenti della forza pubblica, oltre che dalle guardie pesca. Poiché le acque convenzionate occupano la quasi totalità delle acque italiane nelle quali può essere esercitata la pesca, accade abbastanza sovente che enti, società, associazioni che desiderino organizzare gare, sagre, fiere o altre competizioni sportive siano costrette a chiedere per un certo periodo alla Federazione l'usufrutto di un'acqua. In questi periodi la Federazione stessa provvede a vietare l'esercizio della pesca dall'alba al tramonto e a sorvegliare perché tutto si svolga secondo le norme prescritte. Manifestazioni del genere sono piuttosto frequenti, ed hanno molto spesso un vivace aspetto folkloristico, oltre che sportivo. Si è già parlato altrove delle gare di pesca in superficie, ma esistono anche gare di pesca subacquea che non hanno niente da invidiare a quelle che si svolgono in mare sia per quanto riguarda l'organizzazione che richiedono, i mezzi con cui vengono disposte, l'interesse che riscuotono nell'ambiente sportivo e in quello locale dove si svolgono. All'aspetto puramente sportivo, queste manifestazioni affiancano alcune volte un aspetto ed un valore commerciale, in particolar modo quando si tratta di fiere. I materiali e le attrezzature esposte sono estremamente vari, e vanno dall'ultimo tipo di respiratore automatico per il pescatore subacqueo, ai motori per le barche da pesca e agli attrezzi più moderni per l'allevamento razionale del pesce. Chi ama la pesca, ama anche mangiare il pesce che ha pescato, preparato in un modo o nell'altro. Benché siano di valore nutritivo inferiore di quello dei mammiferi, le carni di pesce sono tuttavia ricche di fosforo e perciò riparatrici del sistema nervoso. Esse però devono essere consumate freschissime, perché il processo di decomposizione inizia più rapidamente che nelle altre carni. La freschezza del pesce si riconosce dalla durezza della carne, dal colore rosso vivo delle branchie, dall'aspetto vivo degli occhi; la cottura del pesce non più fresco aumenta gli elementi nocivi già contenuti. Lessato e condito con olio e limone, il pesce è un alimento adatto a chi abbia la digestione difficoltosa, ai bambini e ai malati, purché la sua carne non sia troppo grassa. In Italia, che pure è ricca di pesce, esso è poco usato nel complesso soprattutto perché non lo si sa cucinare, mentre basterebbe ricordare che quasi tutti i pesci sono ottimi lessati e conditi con olio o con salsa o con gelatina, oppure passati in farina e fritti in olio bollente; molti si prestano ad essere impanati, o ad essere consumati in una teglia con olio, pomodoro, erbe aromatiche, cioè in umido, od ancora, dopo essere stati fritti, specialmente se hanno la carne grassa, sono buonissimi se messi a marinare in aceto, con cipolla ed altre erbe aromatiche: questa preparazione è chiamata anche «in carpione». Fra i metodi di conservazione del pesce, il più moderno è quello che prevede il congelamento del pesce appena pescato, molto diffuso nei paesi nordici: in Italia il pesce congelato o surgelato è diventato molto comune, ed è auspicabile che alla sua diffusione e al favore con il quale è stato accolto dal consumatore italiano si accompagni ad una sempre maggiore conoscenza del pesce che abita in abbondanza nei nostri mari, nei nostri laghi e fiumi e delle attività ad esso connesse, prima fra tutte la pesca; ed è augurabile che una più larga diffusione di questo sport, sano e piacevole ed estremamente distensivo, porti a considerare il Pesce come il nostro piccolo amico che vive nell'acqua.

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