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Animali Pesci Acantotteri

  

Animali - Indice

 

Animali Pesci Acantotteri

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VITA DEGLI ANIMALI - PESCI - ACANTOTTERI

INTRODUZIONE

Fra i teleostei (pesci dallo scheletro osseo), noi consideriamo per primi gli Acantotteri; oltre ai caratteri comuni a tutti gli altri teleostei (ossia: cranio ben sviluppato, perfetta struttura vertebrale, lamine branchiali libere all'estremità e ricoperte da un opercolo branciale), essi presentano una certa regolarità nella forma, che assai poco si stacca dallo stampo generale. Sono di media grossezza, raramente superano il metro e ottanta di lunghezza, sono rivestiti di squame, hanno le branchie a forma di pettine. Le pinne pettorali sono inserite prima di quelle ventrali e queste, dove esistono, sono munite di un raggio aguzzo. Le squame sono ordinariamente ruvide, spesso col margine dentellato. La maggior parte degli Acantotteri abita i mari, specialmente quelli situati al di sotto delle latitudini inferiori, e anche le acque dolci. Sono rapaci, voraci e sanguinari; alcuni hanno carne prelibata, apprezzata da molti.

Pesce holocanthus

Azzannatore rosso

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PERCOIDI

In onore di uno dei pesci fluviali più comuni sono stati chiamati Percoidi alcuni acantotteri. I caratteri comuni a questi pesci sono il corpo allungato e compresso, gli opercoli spinosi e dentellati, una larga fessura branchiale e sette raggi branchiali per parte. I caratteri distintivi interni consistono in un canale digestivo breve e poco circonvoluto, il cui stomaco porta da tre a sei intestini ciechi in forma di otri. Questi pesci sono diffusi in tutti i mari e nella maggior parte dei fiumi e dei bacini d'acqua dolce del mondo intero; si distinguono per il vivace colorito, per la loro agilità e per l'inclinazione alla rapina. Si nutrono di pesci, perfino dei loro figli, di vermi, d'insetti ed emettono un gran numero di uova. Tutti questi pesci non popolano gli stagni, perché la poca acqua non può provvederli di cibo sufficiente.

PERCA o PESCE PERSICO (Perca fluviatilis)

Il Pesce Persico si distingue per due pinne dorsali più o meno vicine e collegate da una breve membrana, l'opercolo dentellato e spinoso, molti denti piccoli e fitti - denti a spazzola - che armano la bocca. I fianchi sono lateralmente compressi e di color ottone o verde che sfuma in bianco attraverso gradazioni gialle. Sul fondo scuro del dorso spiccano da cinque a nove fasce trasversali che variano di colore e di intensità di tinta e sono a volle sostituite da macchie nericce. La prima pinna dorsale è rosso-turchina, la seconda è giallo-verde, le pinne pettorali sono rosso-gialle e le ventrali e anali sono rosso cinabro; i raggi nelle dorsali e nelle pettorali sono circa 15, nelle ventrali 5, nelle anali circa 10 e nella caudale 17. ll sesso è difficile da distinguere (forse il maschio è più alto della femmina). La sua lunghezza media non oltrepassa i 30 centimetri e il suo peso i 750 grammi ma si sa di esemplari che pesano facilmente più di un chilo e mezzo per arrivare ai quattro chili e mezzo di una perca pescata in Inghilterra.
L'area di diffusione di questo pesce si estende su tutta l'Europa e su gran parte dell'Asia settentrionale; lo si può trovare in Italia come nella Penisola Scandinava. Preferisce i laghi dall'acqua limpida, ma vive anche nei fiumi e negli stagni o ruscelli assai profondi; si trattiene nei luoghi dove meno rapida è la corrente e, nei laghi, negli strati superiori dell'acqua. Spesso, però, è stato osservato che questi pesci, dopo l'inverno, hanno un piccolo filo rosso nella bocca. Questo corpo singolare è molto simile ad una lingua enfiata che pende giù dalla bocca: un'attenta osservazione lo fa riconoscere per la vescica natatoria le cui pareti, troppo tese per il rapido passaggio dell'animale da una profondità di 50-60 metri alla superficie, scoppiano e l'aria contenuta nella cavità ventrale respinge verso la bocca il sacco dello stomaco. Questo dimostra che le perché possono scendere anche a notevoli profondità.
Gli animali nuotano spesso in piccole schiere, spostandosi velocemente ma a scatti negli strati superiori dell'acqua, sempre in agguato. Se si avvicina una squadra di pesciolini, i predoni si slanciano sopra le vittime con la velocità del lampo; le avole sono spesso prese di mira dalle subitanee aggressioni del Pesce Persico e spiccano perfino dei salti per sfuggire alle sue ingorde mandibole. A volte l'aggressore muore con la sua vittima, perché, nella fretta di inghiottire il boccone, l'avola rimane incastrata nelle fessure branchiali laterali; accade pure che, se una perca assale imprudentemente un'altra perca, viene ferita mortalmente dai potenti aculei dorsali che vengono drizzati in caso di pericolo. Con questa tecnica essa si difende anche contro le aggressioni del luccio che è, chiaramente, il più vorace fra tutti i pesci d'acqua dolce. Il Pesce Persico si nutre di tutti gli animali acquatici che può abboccare; in Germania viene chiamato Anbeiss (addentatore), perché sfoga su tutti il suo istinto rapace, dimenticando anche la più elementare prudenza. Si dice di individui prigionieri che, dopo pochi giorni di cattività, già abboccavano un verme dalla mano del custode.
Il Pesce Persico è adatto alla riproduzione dal terzo anno di età; misura allora 15 centimetri di lunghezza. Le femmine depongono le uova nel periodo marzo-maggio su corpi duri (pietre, pezzi di legno o arbusti) contro cui si strofinano per favorire l'uscita delle uova. Queste escono in cordoni che sembrano formare una rete: sono grosse quanto un seme di papavero e il loro numero raggiunge le 300.000 unità. Molte di queste uova sono divorate dagli uccelli acquatici e dai pesci e, dato che in alcune località i maschi sono in numero inferiore alle femmine, solo una parte di uova viene fecondata: questa è la ragione per cui il Pesce Persico si moltiplica in misura inferiore al prevedibile. Annovera pericolosi nemici nel luccio, nella lontra, nell'aquila pescatrice, nell'airone e nella cicogna e nei pesci rapaci; gli è anche nocivo un piccolo crostaceo che si insinua nel tenero tessuto delle sue branchie, guastandolo; sono state trovate, nel suo intestino, ben sette specie di vermi.
I pescatori novizi debbono al Pesce Persico le loro principali gioie, perché spesso corona col successo anche i tentativi più goffi. Nei luoghi dove abbonda, si può fare un'ottima pesca coll'amo; lo si può prendere poi con grande abbondanza con una rete speciale. Resiste a lungo fuori dell'acqua, per cui può vivere giorni e settimane in stretti serbatoi, ed è per questo la specie che si presta meglio allo smercio.
Gli individui più piccoli, che non sono apprezzati a scopi alimentari, sono impiegati nella lavorazione di colle resistentissime, mentre gli esemplari più grossi forniscono una carne molto saporita.

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SPIGOLA o PESCE LUPO (Labrax lupus)

Come rappresentante dei labraci, diversi dal pesce persico per la forma più allungata, per le squame più piccole e per le pinne dorsali discoste l'una dall'altra, prendiamo in considerazione la Spigola. Questo animale, ben noto agli antichi, comune nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico, misura da 45 a 90 centimetri di lunghezza e può pesare fino a 10 chili. Il colore grigio argento si fa azzurrino sul dorso e bianco sul ventre; le pinne sono di color bruno pallido. Tanto Plinio che Aristotile conoscevano questo pesce che viene presentato col nome di Lupus dall'uno e di Labrax dall'altro. Specialmente prelibati erano gli esemplari catturati nel Tevere, presso Roma o a Roma stessa, perché le immondizie di cui si nutrivano rendevano la loro carne più tenera e prelibata; generalmente, le spigole di acqua dolce erano preferibili a quelle di mare. Gli antichi affermavano che questi pesci vivevano solitari, tenendo per ingordigia la bocca sempre aperta, per cui erano chiamati lupi; mangiavano non solo la carne ma anche le piante marine e tutti i rifiuti in genere, erano più astuti di altri pesci e sapevano sfuggire ad ogni insidia. Il loro udito era ottimo, ma spesso cadevano nelle braccia di Morfeo e allora potevano essere colpiti con la fiocina. Agganciati dall'amo, si dibattevano furiosamente tanto che, squarciandosi la ferita, si liberavano dall'uncino; parimenti bene sapevano sgusciare fuori delle reti.
Questo è quanto dicevano gli antichi e i recenti studi hanno confermato una parte di queste asserzioni. La Spigola si trattiene poco lontano dalle coste, preferisce le acque basse e a volte nuota anche nelle foci dei fiumi, risalendo il corso d'acqua. Si ciba di crostacei, vermi e pesciolini; anzi, per dare la caccia ai primi, durante gli uragani si avvicina alle coste, perché le onde infuriate staccano molti crostacei e li gettano sulle spiagge. Il tempo dell'emissione delle uova è il periodo estivo. La Spigola, a causa della sua voracità, è facilmente presa con l'amo, ma, come dicevano anche i romani, mette in moto tutta la sua abilità ed energia per sfuggire al pericolo.

CAMURI (Centropoma undecimalis)

Il Camuri, come tutti i centropomi, ha i caratteri sopra descritti, tranne la spina all'opercolo. E' lungo 60 centimetri, color argento sui fianchi e sul ventre, con una lunga striscia scura che corre lungo i fianchi. Tutte le pinne sono giallicce, esclusa la prima dorsale di color grigio. Questo pesce è uno dei più comuni lungo le coste dell'America meridionale e la sua carne è considerata, a ragione una delle più pregiate. Dal mare risale la foce dei fiumi per lungo tratto, tanto da poter essere considerato, in alcuni luoghi un pesce d'acqua dolce. E', come tutti i suoi simili, un abile predone. Con le sue uova si prepara un ottimo caviale.

LUCIOPERCA SANDRA (Lucioperca sandra)

Questo pesce, uno dei migliori d'acqua dolce, giustifica pienamente, con il suo aspetto, il nome appostogli. Nella testa, infatti, è simile ad un luccio e nel rimanente del corpo ad un pesce persico. Di forma allungata, come tutti gli esemplari di questa specie, si distingue per due pinne dorsali divise e per i denti aguzzi che armano il palato e le mandibole, accanto ai denti a spazzola.
Giunge alla lunghezza di un metro e anche un metro e venti; il peso varia da 12 a 15 chili. Superiormente è di color grigio-verdiccio e il ventre è di color bianco argento; sul dorso notiamo macchie e marmoreggiature scure.
L'animale vive nei fiumi e nei torrenti dell'Europa settentrionale e centrale; nei fiumi della Russia è rappresentato dalla Lucioperca volgensis. Ama le acque limpide e profonde e se ne sta quasi sempre negli strati inferiori, salendo in superficie solo al tempo della deposizione delle uova per cercare le spiagge ricche di piante acquatiche. Qui si sviluppano le piccole lucioperche, che crescono con una rapidità impressionante, tanto che in un anno arrivano a pesare quasi un chilo. E' molto rapace e si nutre perfino dei propri figli.
Sebbene si siano contate in un individuo di un chilo e mezzo ben 24.000 uova, pure la moltiplicazione di questo prezioso pesce non è tale come sarebbe auspicabile, perché i piccoli sono presi di mira da un gran numero di rapaci: l'allevamento artificiale potrebbe dare grandi soddisfazioni. La carne è migliore prima della deposizione delle uova; mentre in alcuni luoghi, ad esempio lungo il corso dell'Elba, viene considerata al pari di quella del salmone, in altri, come nell'Astrakan, viene disprezzata e ritenuta malsana.

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ZINGEL (Aspro zingel)

Questo pesce, che vive nel Danubio, ha il corpo fusiforme, il muso che sporge sulla mandibola inferiore, l'opercolo dentellato e spinoso e denti piccolissimi e fitti. Giunge a 30 centimetri di lunghezza e può pesare fino ad un chilo. Il colore sul dorso e sui fianchi è grigio-giallo e sul ventre bianco; quattro fasce nere corrono sui fianchi.
Lo Zingel non è un pesce comune e viene pescato di rado. Ama l'acqua limpida e fluente dove vive ad una notevole profondità, si ciba di pesciolini e di vermi e depone le uova in aprile. La carne è saporita e di facile digestione, ma la pesca non è molto fruttuosa.

STREBER (Aspro streber)

Lo Streber è un altro pesce danubiano i cui costumi sono uguali a quelli dello zingel. E' di mole inferiore (non arriva infatti ai 20 centimetri) e si distingue dal suo affine per la sottilissima coda; il colore è simile, ma assume toni rossicci. Per il resto vale quello che è stato detto sullo zingel.

ACERINA CERNUA (Acerina cernua)

Nelle acerine le due pinne dorsali si fondono insieme, l'opercolo e il preopercolo sono armati di aculei, il petto e il ventre sono quasi senza squame. L'Acerina Cernua è l'esemplare più conosciuto di questo gruppo di pesci; è lungo circa 25 centimetri e pesa poco più di un etto. Ha il corpo piccolo, compresso, col muso ottuso; superiormente è di color verde oliva con macchie e punti irregolari. E' diffusa in tutta l'Europa centrale, occidentale e settentrionale e si trova anche in Siberia; è rara, però, nelle acque alpine. Il suo modo di vivere somiglia a quello del pesce persico: preferisce i laghi limpidi e profondi alle acque correnti e basse dove si reca solo per deporre le uova. In questo periodo, di solito, emigra in schiere, mentre in altre occasioni è di temperamento solitario. Si nutre di pesciolini, vermi ed insetti e anche di erbe. Le uova sono deposte sopra le pietre.
Questo pesce si pesca con l'amo, servendosi di un lombrico come esca, in generale durante il periodo estivo. La sua carne è assai stimata, perché gustosa e sana, e perciò si raccomanda questo animale per popolare gli stagni, considerando anche la sua sobrietà, la sua innocuità e la sua tenacità vitale. La moltiplicazione, però, non è molto notevole e la sua crescita avviene lentamente.

SCHRETSER (Acerina schraetser)

Quest'animale concorda con il precedente per quanto riguarda il modo di vivere; la sua diffusione è limitata alla sola regione danubiana. La pinna dorsale scorre per tutta la lunghezza del corpo, i fianchi sono color giallo limone con tre o quattro linee nericce. Lo Schretser supera in mole i suoi affini e può pesare fino a 250 grammi e più.

CERNIA DI SCOGLIO o CERNIOLA (Polyprion cernium)

Questo pesce marino è il rappresentante dei poliprioni, o perché gigantesche. Ha una lunghezza di 150-180 centimetri e può pesare fino a 50 chili. E' munito di spine dentate all'opercolo delle branchie; la testa è ruvidissima, le squame sono piccole e scabrose e i denti a spazzola armano le mandibole e il palato. La Cernia è alta un terzo della sua lunghezza e presenta delle macchie scure su fondo bruno, con marmoreggiature e sfumature; la coda è listata di bianco.
Gli antichi, che pur si occuparono diffusamente dei pesci, non hanno mai accennato a questo animale, che non è raro sulle coste della Francia meridionale e dell'Italia. Vive principalmente presso i lidi rocciosi ad una profondità di 1000 metri, nutrendosi di molluschi e di piccoli pesci; è tormentata da lunghi vermi intestinali di colore rossiccio. La sua carne è squisita. A volte la Cernia fu pescata anche sulle coste della Cornovaglia, dove era arrivata trascinata dalla corrente, seguendo i relitti coperti di cirripedi di qualche naufragio. Questo, e numerose altre simili esperienze, portano a far credere che i molluschi siano il suo cibo preferito.

Una cernia

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SCIARRANO o SCIARRANO SCRITTURA (Serranus scriba)

Gli sciarrani sono i pesci più apprezzabili della famiglia delle perché per la bellezza dei colori e la squisitezza delle carni. Essi hanno una sola pinna dorsale e due o tre aculei sugli opercoli. Lo Sciarrano propriamente detto è un pesce magnifico, lungo da 20 a 30 centimetri, con un peso che varia dai 250 ai 500 grammi. Presenta su fondo rosso mattone delle larghe fasce trasversali nero-blu e azzurre e delle linee che hanno il movimento di una riga di scrittura. Inferiormente è giallo, punteggiato di rosso, le pinne sono ugualmente gialle con macchie azzurre e rosse. Le coste sassose del Mediterraneo sono la dimora preferita dallo Sciarrano; i pesciolini gli forniscono l'alimento principale e i nascondigli fra roccia e roccia gli offrono un comodo riparo. La sua carne è squisita.
Siamo privi di notizie esatte sul suo modo di vivere, specialmente per quanto riguarda la riproduzione. Per molto tempo si credette di poter annoverare questo pesce fra gli ermafroditi per un'appendice bianca dell'ovario, ma tale parere fu autorevolmente smentito.

CANARIO LARGO (Serranus anthias)

Un altro pesce del Mediterraneo, uguale in bellezza allo sciarrano, è il Canario Largo; il terzo raggio della pinna dorsale supera in lunghezza tutti gli altri, la pinna ventrale si prolunga e la caudale s'incava a forma di mezzaluna; è di color rosso con le pinne superiori rosso-scure e due macchiette vicino alle orecchie. Quasi tutti gli antichi scrittori raccontano cose singolari su questo pesce, ma queste descrizioni sono assai poco credibili. Aristotile dice che nelle acque dove vive non esiste alcun pesce particolarmente pericoloso, e perciò i pescatori di spugne si immergono con grande sicurezza. L'Anthias è ritenuto animale invulnerabile; porterebbe inoltre nel suo ventre una pietra azzurra con una stella d'oro che rende invisibile chi la porta con sé. Plinio descrive il metodo usato per pescarlo: il pescatore, vestito in tinta unita, passeggia su e giù per la costa, gettando varie esche. In un secondo tempo il pesce, vinta la sua diffidenza, si avvicina per mangiare e chiama anche i suoi compagni per partecipare al banchetto. Questo è il momento buono per iniziare la pesca che viene fatta con l'amo: la prudenza deve essere massima, perché un brusco movimento può mettere in fuga tutti i pesci. Bisogna inoltre fare attenzione a non prendere il pesce-guida, perché, se ciò avviene, tutta la schiera si dilegua. Se gli anthias vedono uno di loro appeso all'amo, si dànno tanto da fare che alla fine riescono a tagliare con l'affilata pinna dorsale la funicella dell'amo e a mettere in salvo il prigioniero. Anche Oppiano dice le stesse poco credibili cose.
Questo pesce giunge alla lunghezza di 30 centimetri, ma di solito misura sui 20 centimetri. Il colore fondamentale è un bel rosso lucido che presenta una sfumatura dorata sui fianchi e argentea sul ventre; notiamo fasce gialle ai lati del capo e verdi sul dorso. Le pinne sono rosse con i bordi gialli.
Questo pesce vive solitario su fondi sassosi a poca profondità. I pescatori non lo insidiano, perché è molto più bello che buono. La deposizione delle uova avviene in primavera.

PERCA AZZURRA (Diacope rivularis)

La Perca Azzurra, rappresentante dei diacopi, è affine agli sciarrani, ma se ne distingue per la dentatura e per la strana conformazione del preopercolo che presenta un'incisione, nella quale si inserisce una protuberanza sporgente dall'opercolo. Essa vive nei mari dell'India, è lunga anche un metro ed è di color azzurro-rossiccio con puntolini azzurri al centro delle squame. Dopo la morte i punti diventano bianchi.

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AURIGA (Dules auriga)

Questo pesce, che abita i mari del Brasile, si distingue per la lunghezza del terzo raggio della pinna dorsale che è lungo quattro volte gli altri e somiglia quasi ad una frusta. Il suo colore è un grigio-giallo difficile da definire, più scuro sul dorso e più chiaro sulla parte inferiore, con strisce trasversali brune che corrono sui fianchi. Le pinne sono grigiastre, più o meno macchiate; solo la ventrale è nera. Dai suoi affini l'Auriga si distingue, oltre che per la presenza della frusta, anche per le tre spine dell'opercolo.

CIRRITE FASCIATO (Cirrhites fasciatus)

I cirriti, pesci indiani, stupiscono per la conformazione delle pinne pettorali che hanno i raggi inferiori assai prolungati e robustissimi, mentre gli altri terminano con una punta setolosa. Hanno le squame azzurro-scure con puntini bianchi e fasce gialle sui fianchi. Inferiormente sono gialli.

PRIACANTO ROSSO (Priacantus japonicus)

Questo bellissimo pesce vive in Giappone e lo esaminiamo come rappresentante di tutti i numerosissimi priacanti. In esso il corpo è allungato e compresso lateralmente, l'occhio e le pinne sono molto grandi e l'angolo del preopercolo forma una sporgenza il cui margine porta finissimi denti. Il Priacanto Rosso è di color roseo che sfuma in argento sul ventre; le pinne pettorali sono nere e contrastano con le altre, di color rosso vivo. Gli occhi sono grandi e dorati.

MIRIPRISTE DEL GIAPPONE (Myripristis japonicus)

La dentellatura dell'opercolo giunge al suo massimo sviluppo nei miripristi; in essi perfino le scaglie sono dentellate. Il colore di questo pesce è rosso dorato con splendori metallici.

SOGO (Holecentrum hastatum)

Gli olocentri sono simili nella forma ai precedenti, ma se ne distinguono per la armatura più forte e per gli aculei anteriori della pinna anale che sono particolarmente sviluppati. I pesci più belli sono quasi tutti olocentri e lo splendore dei loro colori sfida ogni descrizione: il Sogo, ad esempio, è rosso argento con una decina di fasce longitudinali rosse o rossicce con riflessi dorati; anche la testa ha riflessi dorati, la pinna dorsale è rossa con un margine giallo, la posteriore è gialla con sfumature rosse e azzurre, la anale e la ventrale hanno i raggi con la membrana gialla. La patria di questo pesce è l'Oceano Atlantico, nella zona torrida.

URANOSCOPI

Gli Uranoscopi furono a torto considerati come appartenenti alla specie dei percoidi; in realtà, differente è la loro forma, come differente è il loro modo di vivere. Il corpo è compresso in lungo e in largo, tanto che assume la forma di una lama o di un imbuto; la bocca è collocata obliquamente all'insù e sopra di essa si trovano gli occhi. Delle due pinne dorsali, la prima sembra essere incalzata dalla seconda (e a volte manca completamente), le pinne ventrali sono inserite davanti alle pettorali; la anale e la seconda dorsale sono sproporzionatamente grandi.
Tutte le specie appartenenti a questa famiglia vivono sul fondo del mare, preferendo i luoghi piani e sabbiosi, soffermandosi spesso sui siti che rimangono all'asciutto durante la bassa marea. Si sprofondano nella sabbia e, giovandosi della posizione dei loro occhi, aspettano che qualche bottino passi al di sopra delle loro pinne, lasciano di scatto il letto arenoso, si precipitano sulla preda e l'addentano quasi immancabilmente.
Intorno alla loro riproduzione sappiamo poco o nulla: la maggior parte degli Uranoscopi è assai temuta dai pescatori a causa degli aculei della pinna dorsale con cui sanno arrecare ferite così dolorose che fin dall'antichità si sospettò che fossero animali velenosi.

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TRACHINO DRAGONE (Trachinus draco)

I trachini sono diffusi nei mari europei; hanno il corpo che sembra una lama; gli occhi, collocati superiormente, sono assai vicini, e gli opercoli sono armati di aculei. Terribili sono i raggi della prima pinna dorsale che, se non sono toccati con precauzione, possono anche provocare ferite dolorose, tanto che un'antica disposizione francese faceva divieto di portare sui mercati i trachini cui non fosse prima tagliata la pinna in questione. Il Trachino ha la prima pinna dorsale formata da 6 aculei sottili e durissimi e la seconda che consta di 31 raggi mobili; la pinna anale ha la stessa forma e lo stesso numero di raggi della seconda dorsale. Il colore fondamentale è grigio-roseo, più scuro sul dorso e più chiaro sul ventre; esistono anche macchie nericce e delle strisce azzurre nella regione degli opercoli e gialle sul ventre. E' lungo fino a 40 centimetri.
Vive sepolto fino agli occhi nella sabbia; abitualmente preferisce i luoghi dove la acqua è profonda e si reca sulla spiaggia solo per deporre le uova: è per questo che a volte viene sorpreso dalla bassa marea fuori dell'acqua. Fa bottino di piccoli crostacei e di pesci che lascia avvicinare senza destar sospetti e su cui si slancia con celerità. Con la stessa rapidità si rituffa nella sabbia, ripiega le pettorali e, muovendo con mossa ondeggiante la lunga pinna anale, si scava la buchetta nella quale suole affondare.
Alcuni antichi naturalisti e i vecchi pescatori sono ancora dell'opinione che questo pesce sia dotato di pericolosissimo veleno è infatti, il violento dolore e la fortissima infiammazione che accompagnano le ferite prodotte dal Trachino possono giustificare questa credenza. Non solo l'arto ferito duole, ma il dolore si propaga a tutto il membro; in casi di ferita sono utili massaggi con olio o, secondo il costume dei marinari, con sabbia umida.
La carne si mangia volentieri perché, oltre ad essere molto gustosa, è un cibo assai sano.

TRACHINO VIPERA (Trachinus vipera)

Si distingue dall'altro trachino per la testa più piatta e il venire più tondeggiante e per la prima pinna dorsale, che è assai discosta dalla seconda. Il colore grigio roseo del dorso è macchiato di bruno; la prima pinna dorsale è nera, la seconda è marginata di nero come la pinna caudale. E' lungo dai 13 ai 15 centimetri. Per il resto è assai simile al trachino dragone.

URANOSCOPO SCABRO (Uranoscopus scaber)

L'Uranoscopo Scabro, che vive nel Mediterraneo, è un pesce simile al trachino, da cui si distingue per il capo grosso, ruvido e quasi corazzato. Giunge alla lunghezza di 30 centimetri, ha due pinne dorsali e un'appendice filiforme davanti alla lingua, della quale si serve per attrarre i pesci; è di color bruno impolverato, lungo i fianchi abbiamo una serie di macchie bianche irregolari, il ventre è bianco, la prima pinna dorsale è nera con un punto bianco, la seconda è macchiata di grigio, la pinna ventrale ha riflessi gialli.
Questo pesce deve il suo nome agli occhi che guardano sempre in alto, essendo collocati sul cranio (Uranoscopo significa «guardatore di stelle»). E' molto brutto, tanto da far paura a guardarlo; abita il fondo sabbioso, dove si apposta per insidiare i pesci, essendo la sua voracità insaziabile. Quando viene catturato, spesso è pieno di cibo fino alla gola. La sua vita è così tenace che può muoversi anche quando gli sono state asportate le parti interne. Gli occhi di Tobia, di cui si parla nell'Antico Testamento, furono sanati dal fiele di questo animale che può curare anche egregiamente le orecchie. (Questa è almeno l'opinione di Gessner).
Si può pescare tutto l'anno nelle vicinanze di Nizza, ma solo i poveri se ne cibano, perché la carne ha un odore sgradevole. Ippocrate, al contrario, lodava gli uranoscopi per la loro bontà.

SFIRENIDI

Gli Sfirenidi sono considerati da alcuni naturalisti come dei percoidi, perché hanno il vomere e il palato armati di denti a spazzola; in realtà, la forma è del tutto diversa e anche la struttura e la posizione delle pinne giustificano quelli che ne fanno una specie a parte. Questi pesci, che in Germania sono chiamati «Lucci a Freccia», presentano una certa rassomiglianza con il luccio per la forma e la struttura dei denti. Il corpo è molto allungato, la prima pinna dorsale è divisa dalla seconda ed è collocata molto indietro; i denti sono ricurvi e aguzzi, veri uncini da presa.

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POLINEMO (Polynemus quadrifilis)

I polinemi, oltre ai caratteri generali degli sfirenidi, hanno dei raggi particolari, liberi e filiformi che spuntano davanti alla base della pinna pettorale e in alcuni esemplari superano la lunghezza del pesce stesso. Come rivela il nome stesso, il Polynemus quadrifilis ha quattro raggi liberi; è di colore grigio plumbeo superiormente e bianco argento sul ventre. Di questo pesce marino si sa solo che vive nella Gambia; si ignorano, però, tutti i suoi costumi e persino l'uso che fa dei suoi «fili».

SFIRENA COMUNE (Sphyraena vulgaris)

Caratteri particolari delle sfirene sono il corpo tondeggiante e capo aguzzo con robusta dentatura; la mandibola inferiore è più lunga di quella superiore. La Sfirena Comune vive nel Mediterraneo ed è anche chiamata «Luccio di Mare»; è lunga da 50 a 90 centimetri, grigio-piombo superiormente e bianco-argento inferiormente, con le pinne nere. E' velocissima, come suggerisce la forma aerodinamica del corpo, ed è anche voracissima, come testimoniano le formidabili mandibole. La sua carne coriacea è mangiata, ma non è molto apprezzata.

BARRACUDA (Sphyraena barracuda)

Nel Mar delle Antille vive il Barracuda, vero gigante nel suo genere, che può arrivare fino ad una lunghezza di 3 metri. Questo pesce, secondo quanto dicono alcuni scrittori, è temuto quanto il pescecane, perché manifesta la sua natura sanguinaria anche nei confronti dell'uomo, avvicinandosi alle spiagge e divorando gli uomini che vi si bagnano; alcuni dicono che è più pericoloso del pescecane, perché viene attirato dal più piccolo rumore, invece di esserne impaurito.
La carne somiglia a quella del luccio, con la differenza che, in alcuni periodi dell'anno, è velenosa. Rochefort dice che per sapere se la carne è velenosa, bisogna esaminare i denti e il fiele dell'animale: i primi devono essere bianchissimi e il secondo amarissimo. Sembra che la carne diventi velenosa qualora il Barracuda abbia mangiato i frutti dell'albero del mancenillo: questa opinione è stata messa ragionevolmente in dubbio da alcuni, perché si sa che se la carne viene salata, essa perde le sue qualità nocive. Altri dicono che, per provare se questo pesce si possa mangiare senza danno, basta tagliare in due l'animale e badare bene che non ne sgoccioli un'acqua purulenta e biancastra. I sintomi dell'avvelenamento sono un tremito generale, una nausea con vomito e dolore alle articolazioni. Se la morte non sopraggiunge, come accade fortunatamente nella maggior parte dei casi, i dolori alle articolazioni si acuiscono, cadono le unghie e i capelli. Tali fenomeni si possono ripetere anche per alcuni anni.
Forse in queste descrizioni è molto di vero, ma, mancando di conoscenze dirette, non sono in grado di dare un giudizio definitivo.

CATAFRATTI

Catafratti, o Pesci dalle Guance Corazzate, sono chiamati quei pesci nei quali la corazza si stende dall'occhio in giù, col preopercolo saldamente incorporato e l'opercolo e il capo muniti di spine. Questi aculei forniscono armi formidabili e di forma singolare.
Ad eccezione di un unico pesce, tutti i Catafratti vivono nel mare a profondità molto diverse.

CAPONE GALLINELLA (Trigla hirundo)

Tra i catafratti annoveriamo i triglidi, pesci di media grandezza, con testa straordinariamente grande, quasi quadrangolare, avvolta in una ruvida corazza, con due pinne dorsali divise, grandi pinne pettorali con tre raggi liberi. Tutti gli animali di questa specie, tratti fuori dell'acqua, fanno udire un sordo rumore del quale non si sa stabilire la provenienza; in alcune specie si osserva anche una certa fosforescenza.
Il Capone Gallinella vive nel Baltico, è lungo oltre 60 centimetri ed è il più grosso dei triglidi d'Europa: è di color grigio-rossiccio o bruno, roseo e, talvolta, bianco, sul ventre. Le pinne dorsali e caudali sono rosse, quella anale e le ventrali sono bianche e le pettorali sono nere. In particolare, la prima pinna dorsale ha 9 raggi, la seconda ne ha 16, la pinna pettorale ne ha tre liberi e 11 collegati, la ventrale 1 duro e 5 molli, 15 l'anale e 11 la caudale.
Questo triglide è prossimo parente del capone gallinella: tutti e due hanno la stessa mole. Presenta punteggiature bianche su fondo bruno-grigio; sul ventre è bianco argento. Una fascia che corre lungo i fianchi è formata da punte aguzze come i denti di una sega. La prima pinna dorsale è bruna con puntini neri, la seconda dorsale e la caudale sono bruno-chiare, le pettorali sono grigio-scure, le ventrali e le anali sono quasi bianche. Il numero di raggi è quasi uguale a quello della specie sopra descritta.

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CAPONE ORGANO (Trigla lyra)

Questo animale costituisce l'anello di congiunzione tra i triglidi e i peristedioni: ha il muso diviso in due lobi sporgenti, molti aculei, anche sul margine dell'orbita e grandissime pinne pettorali. Il colore è un magnifico rosso che sfuma in argento sul ventre. La mole è la stessa dei suoi affini. Questi tre triglidi vivono nel Mediterraneo, nell'Atlantico e nel Mare del Nord (il capone gallinella si può trovare anche nel Baltico). Preferiscono il fondo marino, soprattutto se è roccioso o arenoso, e danno la caccia a crostacei, molluschi e meduse. Nuotano con velocità straordinaria muovendo come ali le loro ampie pinne pettorali: se si spostano di notte su fondali bassi essi producono strisce luminose che persistono anche per qualche tempo. Il capone gallinella emette le uova nell'inverno, mentre il capone gorno le emette a maggio-giugno. Non conosco alcun dato per quanto riguarda il Capone Organo.
Le carni di questi pesci sono generalmente dure e asciutte; malgrado ciò, si mangiano volentieri.
In schiavitù non vivono a lungo, come tutti i pesci abituati alle grandi profondità salvo che non abbiano a disposizione un bacino assai profondo dove l'acqua venga rinnovata spesso per provvedere la necessaria quantità di ossigeno.

PERISTEDIONE FORCUTO (Peristedion cataphractum)

Nei peristedioni tutto il corpo è ricoperto da una corazza di scudi ossei, il muso è munito di due ossa forcute assai sporgenti e la bocca è priva di denti. Il Peristedione Forcuto, rappresentante di questo genere, porta a buon diritto il nome con cui lo si conosce in Germania di «Pesce Corazzato». E' infatti il pesce meglio difeso che viva nei mari europei: ha il corpo allungato, con sezione ottagonale, la mandibola superiore sporge sopra quella inferiore e si prolunga a foggia di forcina; dalla mandibola inferiore pendono parecchi fili, uno dei quali, particolarmente grosso, si ramifica. La corazza è formata da scudi disposti in otto file che formano otto creste carenate; nella prima pinna dorsale si trovano 7 raggi sottili e pieghevoli, nella seconda 17 o 18, nelle pettorali, di media lunghezza, 2 aculeiformi liberi e 10 riuniti, nelle ventrali 1 e 5, nell'anale 18 e nella caudale 11. Il colore, nella parte superiore, è rosso che sfuma in argento sul ventre attraverso la tinta dorata dei fianchi; le pinne dorsali sono bruno-violacee, le pettorali rosse e le ventrali e l'anale bianche. E' lungo 30 centimetri. Vive nel Mediterraneo ed è particolarmente diffuso lungo le coste italiane, francesi e spagnole; talvolta, risale sino ai mari d'Inghilterra. Rimane sempre sul fondo e si avvicina alle spiagge solo per deporvi le uova, ad ogni cambiamento di stagione. A differenza dei suoi affini, vive solitario e nuota con grande velocità, tanto che, a volte, passando troppo vicino alle rocce, si spezza la forchetta del muso. Il suo cibo principale sono le meduse e i molluschi.
Sembra che gli antichi non conoscessero il Peristedione, perché non se ne trova mai un accenno nei loro testi. In Spagna la carne è considerata assai buona; singolare è la tecnica di cottura di questo pesce: dato che le squame non si staccano facilmente neanche con il più affilato coltello è necessario prima farlo bollire e poi squamarlo.

PESCE RONDINE (Dactylopterus volitans)

Questo pesce vive nel Mediterraneo ed è caratterizzato da uno straordinario sviluppo delle pinne pettorali che constano di un doppio ventaglio: quello anteriore è formato da pochi e corti raggi, mentre quello posteriore ha una membrana amplissima, lunga quasi quanto il corpo. I denti appiattiti sono presenti solo nelle mandibole, il muso corto è schiacciato anteriormente, il corpo è coperto di scaglie dure. Superiormente è di un bel colore chiaro con macchie più scure, lateralmente è rosso con riflessi argentei, la parte inferiore è rosa. Assai variopinte sono le pinne: le grandi pettorali presentano su fondo scuro macchie e strisce turchine, le dorsali sono grige con macchie scure, la caudale è rossiccia con liste e macchie. Diamo ora il numero dei raggi: 7 aculeati (di cui due liberi) nella prima dorsale, 8 nella seconda, 1 e 4 nelle piccole ventrali, fino a 30 nelle pettorali, 6 nell'anale e circa 12 nella caudale. Gli animali più grossi misurano fino a 52 centimetri di lunghezza.
Tutti gli scrittori e i viaggiatori sono stati colpiti dalla singolarità di questo pesce: esso viaggia sempre in numerosa schiera e, di tanto in tanto, tutta la compagnia si solleva dal pelo dell'acqua riuscendo a percorrere, grazie all'agitarsi vertiginoso delle grandi pinne pettorali, tratti di una cinquantina di metri ad un'altezza di 4 o 5 metri. Spesso lo spettacolo si ripete a breve intervallo, perché una seconda schiera succede alla prima nel breve volo. A volte si può credere che i pesci rondine stiano cercando di sfuggire qualche pesce rapace che li incalzi, ma a volte si deve pensare che compiano i loro voletti solo per diletto.
L'uomo non fa guerra al Pesce Rondine, perché la carne è magra e dura. Si ciba di crostacei e di molluschi. Non ho notizie sulla sua riproduzione.

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SCAZZONE o MAGNARONE (Cottus gobio)

E' un pesciolino di 10-18 centimetri di lunghezza e di pochi grammi di peso; superiormente è grigio con puntolini scuri, inferiormente è bianco. Le pinne sono rigate di bruno, tranne le ventrali, che sono di colore uniforme. Il colore si modifica secondo il fondo dell'acqua e lo stato del pesce.
Il Magnarone abita tutte le acque dolci d'Europa centrale e settentrionale: ama l'acqua limpida, il fondo arenoso e sassoso, perché si nasconde sotto le pietre, tanto che a volte si può trovare nei ruscelli più poveri d'acqua. I suoi movimenti sono rapidissimi; anche in voracità non è secondo ad alcun pesce: si nutre di larve, di insetti e non risparmia nessun pesce che crede di poter vincere, compresi i suoi simili.
Rispetto alla riproduzione, si distingue dagli altri pesci, perché il maschio veglia sulle uova. Già Linneo diceva che esso si fabbrica un nido ed è capace di immolare la sua vita piuttosto che sacrificare le uova.
La deposizione ha luogo, in marzo e in aprile, in posti riparati sotto le pietre; la femmina va via e lascia al maschio la cura di accudire alla prole futura. Questo fa la guardia al nido per quattro, cinque settimane di seguito e non si allontana altro che per procurarsi il cibo. Questo pesce si può prendere in diversi modi: con gli ami, con le reti, con la fiocina e, talvolta, perfino con le mani. Si adoperano anche piccole verghette di legno legate insieme: questi fascetti si immergono nell'acqua e il pesce vi si impiglia dentro. La sua carne è sana e di gusto gradevole. In Russia, secondo quanto dice Pallas, viene adoperato dal popolino come antidoto per il veleno della vipera.

SCORPIONE DI MARE (Acanthocottus scorpius)

Questi pesci, che vivono nelle acque marine, sono simili allo scazzone. Lo Scorpione di Mare è un pesce bruttissimo, lungo da 5 a 26 centimetri, di color bruno rossiccio con macchie scure.
Tanto lo Scorpione quanto il bue di mare, di cui si parlerà fra poco, hanno la stessa vita. Stanno di preferenza sui fondi sassosi, spesso ad una grande profondità, ma, a volte, anche negli strati superiori; rimangono immobili fra le pietre, spiando continuamente la preda; quando questa si avvicina, le nuotano incontro spalancando le poderose fauci, ove seppelliscono pesci grandi quanto loro. La loro voracità è sorprendente: inghiottono tutto quello che si può mangiare, compresi i rimasugli d'ogni sorta gettati dalle imbarcazioni. Il tempo della riproduzione cade nei mesi più caldi dell'anno per alcuni, mentre altri depositano le uova nel tardo autunno. I luoghi adatti sono lungo le coste; dopo l'emissione essi ritornano nel profondo.
Per quanto non si possa parlare di una vera pesca nei confronti di questi animali, pure essi sono catturati, senza volerlo, in gran quantità: la carne non è stimata da nessuna popolazione, tranne che dagli esquimesi, perché la razza di Acanthocottus esistente al Polo è assai saporita. Alcuni hanno affermato che il pesce è velenoso e che ottimo rimedio contro il suo veleno è proprio il fiele dell'animale. Anch'essi, quando sono catturati, producono uno strano rumore, assai più debole di quello che emettono i triglidi. Essi possono vivere a lungo fuori dell'acqua: sono i pesci più comuni degli acquari, perché hanno bisogno di moltissimo cibo, ma di pochissimo spazio.

BUE DI MARE (Acanthocottus bubalis)

Questo Bue di Mare ha la stessa mole dello scorpione, ma ha gli aculei più lunghi e più numerosi. Sulle coste della Gran Bretagna abitano altre due specie: lo Scorpione di Mare Quadricorne (Acanthocottus quadricornis) e il Kanjok (Acanthocottus groenlandicus). Tutti vivono come lo scorpione.

ASPIDOFORO CORAZZATO (Aspidophorus cataphractus)

Gli aspidofori hanno grande somiglianza con i catafratti; il corpo è allungato da una serie longitudinale di scudi ossei che dànno a loro un'apparenza squadrata. La testa è molto più grande del corpo, armata superiormente da parecchi aculei e inferiormente piatta. L'Aspidoforo Corazzato è un pesce dal corpo a sezione ottagonale, di color bruno, più chiaro sul ventre che sul dorso, con quattro larghe strisce dorsali bruno-scure. Nella prima pinna dorsale vediamo 7 raggi, nelle pettorali 15, nelle ventrali 3, nell'anale 7 e nella caudale 11.
Questo pesce è diffuso nel Mare del Nord si trova vicino alla foce dei fiumi d'estate e negli strati più profondi d'inverno. La moltiplicazione è scarsa: in una vecchia femmina furono trovate solo 300 uova. Anche questo pesce è molto vorace. Le sue carni non hanno un sapore molto gradevole, ed esso viene generalmente catturato per essere adoperato solo come esca per i grossi pesci.

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SEBASTE NORVEGESE (Sebastes norvegicus)

E' il primo dei catafratti con una sola pinna dorsale e somiglia un po' ai percoidi e un po' ai catafratti. Giunge alla lunghezza di 60 centimetri; è di uno splendido color rosso carminio, scuro sul dorso e chiaro sul ventre. Nella pinna dorsale si contano 15 raggi duri e 15 molli, 19 nelle pettorali, 1 e 5 nelle ventrali, 3 e 8 nell'anale e 14 nella caudale. Il Mare Mediterraneo è abitato da una specie affine, mentre la specie di cui ci occupiamo abita solo i mari settentrionali; esso vive ad una profondità di 80-100 metri, si nutre di crostacei e di pesci; il tempo della riproduzione cade in primavera. Generalmente, il pesce viene pescato solo dopo violenti uragani che sconvolgono le acque del mare fin nel profondo e lo costringono a risalire in fretta verso gli strati più superficiali. Come accade in tali frangenti a molti percoidi, la vescica natatoria si gonfia e comprime lo stomaco, provocando la morte dell'animale. In Groenlandia e in Islanda, dopo una tempesta, centinaia di pesci sono raccolti sulle spiagge e consumati freschi. La carne non ha sapore sgradevole, ma una gran quantità di vermi intestinali amareggiano il piacere del banchetto.

SCORPENA NERA (Scorpaena porcas)

La Scorpena, pesce non raro nel Mediterraneo e nell'Atlantico, giunge ad una lunghezza di 20-26 centimetri, è di color bruno sul dorso e roseo sul ventre con numerose macchie marmoreggiate. Nella pinna dorsale si contano 11 raggi duri e 9 molli, nelle pettorali 9, nelle ventrali 1 e 5, nella anale 3 e 5 e nella caudale 11. Nel loro modo di vivere tutte le scorpene somigliano agli scazzoni spinosi: infatti si mettono in agguato fra le pietre, pronti a divorare pesci, crostacei e vermi. La loro armatura li difende da molti pericoli.
Gli antichi le ritenevano decisamente velenose e molti erano gli antidoti applicabili con successo: dal vermouth ad una mistura ricavata da tre bacche di lauro pestate nel vino; dall'aceto misto con lo zolfo ai massaggi col bianco di piombo e ai decotti di salvia. Si credeva anche che il corpo, e in particolare il fegato, dell'animale, potesse essere efficacemente utilizzato come medicinale per molti malanni, che andavano dal mal di reni alla calvizie, ecc.

PTEROIDE VOLANTE (Pterois volitans)

Gli pteroidi sono fra i pesci più belli dei mari indiani, per quanto la forma del loro corpo sia senz'altro brutta. La testa è compressa, sfigurata da aculei e lobi carnosi, la pinna dorsale ha poderosi aculei nella sua parte anteriore e le pettorali, assai estese, sono simili ad ali frastagliate, essendo i raggi solo parzialmente collegati da membrane. La lunghezza di questo pteroide arriva ai 20-30 centimetri e il peso può raggiungere il chilo; il colore è un bellissimo rosso-roseo con strisce trasversali brune. La parte posteriore delle pinne è gialliccia con macchie brune e gli aculei delle pinne ventrali e pettorali sono alternativamente bruni e viola. Nella pinna dorsale si contano 13 raggi lunghi e aguzzi e 12 molli, nella anale 3 duri e 7 molli, nelle pettorali 5 liberi e lunghi e 10 collegati, nella caudale 12.
In principio questo pesce era ritenuto un pesce volante, ma ben presto si riconobbe l'errore, perché le lunghe pinne non sono affatto adatte al volo; non è neanche un abile nuotatore e se ne sta nascosto sul fondo spiando la preda. Manca ogni ragguaglio sul suo modo di vivere; i cingalesi ritengono la sua carne saporitissima.

PELORO FILAMENTOSO (Pelor filamentosum)

A quale punto di bruttezza possa arrivare un pesce è dimostrato dal Peloro Filamentoso. Il suo muso è orribilmente corazzato e deformato in modo tale da giustificare il nome tedesco di «Testa Bardata»; le parole, del resto, poco servono per descrivere efficacemente tutte le bruttezze che presenta. Il muso somiglia a quello dell'ippopotamo, gli occhi, che sembrano piantati all'estremità di aste, sono vicinissimi e rivolti all'insù; la pelle, molle e spugnosa, presenta qua e là delle appendici e contribuisce a far sembrare ancora più brutto l'animale. Si contano sette raggi nella membrana branchiostega. La pinna dorsale, che inizia subito dopo la nuca e si prolunga fino alla coda, consta di 15 raggi dritti, forti e aguzzi con uncini e 8 raggi molli e ramificati; le pettorali, straordinariamente larghe, hanno due spine libere e 10 raggi congiunti da una membrana; le pinne ventrali constano di un aculeo e 5 raggi, l'anale di 3 raggi aculeiformi e 7 molli e la pinna caudale di 12 raggi. Sul colore bruno fondamentale spiccano macchie e punti bianchi e bruno-chiari; sulla testa le macchie e le marmoreggiature sono rosso-rosee. La faccia interna delle pinne pettorali è bianca con una sfumatura rossa, le altre sono brune con o senza macchie chiare. Nulla si sa sul modo di vivere di questo animale.

SCIENE

Le Sciene si avvicinano ai percoidi, ma se ne differenziano per alcuni caratteri. Il muso è poco sporgente; particolare è la formazione delle ossa della testa, che presentano una quantità di celle piene di mucillagine. Il carattere più singolare consiste nella dentatura, perché mancano sempre i denti al vomere e al palato. La vescica natatoria è assai ramificata.
Tutte le Sciene vivono nel mare; probabilmente sono meno voraci dei loro affini o, per lo meno, si accontentano di pesci più piccoli. Nulla sappiamo intorno alla riproduzione. La carne che forniscono è squisita e molto richiesta dal mercato ittico.

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SCIENA AQUILA (Sciaena aquila)

Ai tempi del papa Sisto IV viveva a Roma un parassita di nome Tamisio, la cui più importante occupazione consisteva nel provvedere ai bisogni naturali del corpo senza arrecare gravi offese alla scarsella. Nel suo vulcanico cervello nacque un giorno la luminosa idea che sarebbe stato utile sorvegliare fin dalla fonte la mensa dei suoi amici: a questo scopo inviava quotidianamente al mercato i suoi servi per indagare verso quale casa si dirigessero i bocconi più saporiti. Ricevuto il rapporto, si autoinvitava a casa di colui che aveva acquistato i cibi migliori. Vedendo una volta che una sciena aquila di straordinaria grossezza era stata acquistata da alcuni monaci, si recò sollecitamente da questi per rendere i suoi omaggi, con la segreta speranza di partecipare all'imminente banchetto in cui sarebbe stato consumato il magnifico pesce. Disgraziatamente questa speranza andò delusa; nell'allontanarsi si accorse però che un servitore si accingeva a recapitare la testa del pesce - che è la parte più prelibata - nelle mani del Cardinal Vicario. Lieto che il felice destinatario del dono fosse una sua conoscenza, si affrettò a seguire il servitore, ma ancora una volta restò deluso, ché il Cardinale ne fece omaggio al suo collega Severino, il quale, essendo debitore di una forte somma al banchiere Chigi, gli inviò il pesce in dono. Le peregrinazioni della sciena e dello scroccone non finirono qui, perché Chigi, appena avutala, la mandò a regalare alla sua amica. Fu così che Tamisio, uomo corpulento, e d'età matura percorse sotto la sferza del sole estivo la Città Eterna e riuscì ad assicurarsi il sospirato boccone solo alla mensa dell'amante del cambiavalute.
Questo racconto mira solo a provare quanto fosse stimata nei tempi antichi la carne della Sciena Aquila, o Pesce Aquila. Molto strano, pelò, è il fatto che questo pesce sia stato quasi dimenticato per molto tempo. La Sciena si può pescare con facilità nelle acque del Mediterraneo occidentale, in quelle del Portogallo e, a volte, anche nei mari inglesi; si avvicina frequentemente alle coste, soprattutto sui fondi melmosi e alla foce dei fiumi. Ordinariamente nuota in schiere e, passando, fa udire una specie di sordo muggito, ben più forte di quello del capone gallinella.
I pescatori sono guidati da questo rumore, che sentono distintamente, appoggiando l'orecchio al fondo del battello, anche quando i pesci sono ad una profondità di 10 metri. La forza di questi pesci è notevole e sembra che siano capaci di sbalestrare un uomo con un colpo di coda. Si nutrono in prevalenza di sardine.
La Sciena Aquila può giungere anche ad una lunghezza di metri 1,80 e al peso di 20 chili. E' di un bianco argento splendente con riflessi bruni sul dorso; le pinne sono rossicce. Si contano 9 raggi nella prima pinna dorsale, 27 nella seconda, 16 in ogni pettorale, 6 nelle ventrali, 9 nella anale e 17 nella caudale. La vescica natatoria è munita di frange sui due lati; gli opercoli e i preopercoli sono fortemente dentellati.

CORVO DI MARE o CORVINA LOCCA (Corvina nigra)

Si dice che questi pesci traggano il nome dalla mobilità dei loro occhi, che non cessano di roteare, o dal loro colore scuro. L'animale è lungo 45 centimetri e forse più e pesa fino ai 3 chili, il colore è un particolare punto di bruno scuro con riflessi argentini sul ventre. Le squame isolate presentano una quantità di piccole macchie scure alle quali si deve il colore prevalente. Le pinne sono brune o nere. Nella pinna dorsale si contano 10 raggi, 26 nella seconda, 16 in ogni pettorale, 6 nelle ventrali, 10 nell'anale e 17 nella caudale.
Non si hanno molte indicazioni sul suo modo di vivere, per quanto l'animale sia comune in tutto il Mediterraneo; si ciba di piccoli crostacei e di piante marine; le uova sono deposte in primavera sulla ghiaia della spiaggia. La carne, pur non essendo molto apprezzata, viene ugualmente portata sul mercato: sembra che gli esemplari più gustosi siano quelli pescati nelle acque dei fiumi, che spesso risalgono.
Pesci affini esistono nei mari equatoriali e sono particolarmente noti per la loro bellezza.

GENTILUOMO (Eques punctatus)

Questo pesce, che vive nel Mar delle Antille, è lungo circa 25 centimetri, è di color bruno-nero ornato da 5 fasce longitudinali grige e da 2 trasversali che corrono sugli opercoli. Le pinne anteriori sono brune e le altre presentano numerose macchiette bianche.
Le cognizioni intorno a questo pesce sono assai scarse ed esso viene ricordato solo per la sua strana forma: il corpo è allungato e affilato, la pinna dorsale è alta e si erge come una sciabola, la pinna caudale ha la forma di un rombo e le pinne sono parzialmente squamate.

CAVALIERE (Eques lanceolatus)

Il Cavaliere è un pesce affine al gentiluomo: presenta, su fondo giallo-grigio, tre larghe fasce longitudinali nerastre con margine grigio, una sul dorso e due sui lati. La testa ha lo stesso ornamento del pesce sopra esaminato. La prima pinna dorsale ha 16 raggi, la seconda ne ha 54, le pettorali 15, l'anale 12 e la caudale 19.

OMBRINA CORVO (Umbrina cirrhosa)

Un pesce molto bello e molto importante è l'Ombrina Corvo, che ha gli stessi caratteri della corvina locca, ma si distingue per una verruca sulla mandibola inferiore. Il colore fondamentale è giallo chiaro, con linee longitudinali oblique di color bianco argento, sfumate in azzurro. Il ventre è bianco, la prima pinna dorsale è completamente bruna, la seconda ha una fascia bianca ed è orlata di bianco, le pinne pettorali, ventrali e caudali sono nere e l'anale è rossa. Nella prima pinna dorsale si contano 10 raggi, nella seconda 22, nelle pettorali 17, nelle ventrali 7, nell'anale 9 e nella caudale 17. La lunghezza di questo pesce è di 60 centimetri, il peso varia dai 10 ai 15 chili.
In tutto il litorale del Mediterraneo è molto stimata per la sua carne squisita; vive a preferenza sui fondali melmosi, poco profondi, nuota abilmente e si ciba di molluschi, vermi e piccoli pesci e forse anche di alghe marine. Depone le uova in giugno-luglio; la si può pescare in tutto l'anno, soprattutto vicino alle foci dei fiumi, col mare agitato.

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PESCE TAMBURO (Pogonias chromis)

Molti naturalisti e viaggiatori che ebbero occasione di percorrere l'Oceano Atlantico e l'Oceano Indiano hanno raccontato di aver percepito, durante le maree, una specie di musica simile ad un suono d'organo o alle vibrazioni di un'arpa o al battito di molti tamburi o al rumore della pentola in ebollizione. All'inizio tutti si chiedevano se questi suoni fossero prodotti da sbuffi di vento o da falle apertesi improvvisamente nello scafo della nave, ma presto tutti furono in grado di riconoscere come autori di questi suoni i pesci tamburo, che nuotano in frotte e fanno udire, specialmente col tempo tranquillo la loro voce. Non si sa in qual modo siano prodotti questi suoni, ma, probabilmente, essi sono in relazione con gli sviluppatissimi denti faringei. Questi pesci hanno forma simile a quella delle sciene, ma se ne distinguono, oltre che per i denti faringei, anche per un notevole numero di filamenti sotto il mento. Misurano da 1 metro e mezzo fino a 2 metri e 40 e pesano da 40 a 50 chili. Il colore è grigio scuro con riflessi rossicci e macchie scure. Le pinne sono rossicce. La prima pinna dorsale è sostenuta da 10 raggi aculeiformi, la seconda da 23, le pettorali da 17, l'anale da 9 e la caudale da 17. Il numero dei fili della barba assomma a 20.

CRICRI (Haemulon quadrilieneatum)

Gli emuloni, che vivono nei mari delle Antille, sono delle sciene con la mandibola inferiore interamente colorata in rosso. Il Cricri arriva al massimo ad una lunghezza di 30 centimetri; è di color argenteo con quattro strisce longitudinali, due brune e due gialle.
Non si hanno ragguagli sul modo di vivere.

SPAROIDI

Questa numerosa famiglia di pesci marini ha molta somiglianza con i pesci sopra descritti, ma non presenta fossette sul cranio, né aculei agli opercoli; ha una sola pinna dorsale. Sulla testa e sul corpo è ornata di grandi squame variopinte; i raggi branchiali sono, in genere, sei. Le mandibole sono armate di denti a spazzola o di robusti denti conici o ottusi. Alcune specie hanno degli incisivi larghi che somigliano a quelli dell'uomo.
Gli Sparoidi sono comuni in quasi tutti i mari: si nutrono principalmente di crostacei e di piante marine, ma alcuni insidiano anche i pesciolini. La carne di alcuni è assai stimata. Le specie che vivono nel Mediterraneo erano note anche agli antichi scrittori, ma il loro modo di vivere era oggetto di favole singolari. «Abitano le rocce coperte di alghe e sono indolenti» - dice Oppiano - «tranne che al tempo degli amori. Vivono a grande profondità. Hanno per le capre una tenerezza singolare e accorrono a frotte quando queste belano o quando odono cantare i pastori, saltellano allegramente sulla spiaggia e accarezzano e leccano il bestiame e si mostrano tristissimi quando questo viene ricondotto alle stalle. I pescatori, approfittando di questa debolezza, si coprono con una pelle di capra e fanno sulla spiaggia mille moine per ingannarli e prenderli». Si cerca invano l'origine di questa favola.

ORADA (Chrysophrys aurata)

L'Orada viene presa in considerazione come rappresentante dei crisofridi, che hanno denti conici anteriori e denti posteriori con punta arrotondata.
L'Orada è lunga da 30 a 40 centimetri e pesa da 500 a 800 grammi. Ha colori magnifici e disegni elegantissimi: su fondo grigio argento notiamo una macchia d'oro sull'opercolo e un'altra nella regione frontale e parecchie strisce longitudinali di eguale colore che adornano i fianchi. Le pinne sono azzurre o viola (come le ventrali e le pettorali) o nere (come la caudale). Si contano nella prima pinna dorsale 11 raggi aculeiformi e 13 molli, 20 in ogni pinna pettorale, 1 e 5 nelle ventrali, 3 e 11 nella anale e 17 nella caudale.
L'Orada è comune in tutte le coste del Mediterraneo; spesso penetra nelle paludi salate. Dove l'acqua è bassa, smuove con la coda la sabbia per scoprire le conchiglie nascoste: è infatti ghiottissima di questo cibo. Un freddo troppo rigido le nuoce e spesso migliaia di orade periscono per un gelo improvviso. Vengono pescate in tutto l'anno con gli ami o con le reti. La carne è asciutta, ma molto saporita.

PAGRO VOLGARE (Pagrus vulgaris)

E' un pesce della stessa grandezza e dello stesso peso dell'orada. E' rosso scuro con riflessi argentei e con strisce sui lati.
Anche questo pesce è comune nel Mediterraneo, ma siamo poco informati sul suo modo di vivere. Forse vive sempre solo e non è socievole; è carnivoro e teme il freddo, tanto da passare l'inverno nascosto in una buca. Sembra che gli esemplari che vivono nel Nilo appaiano in superficie prima dello straripamento, come se volessero annunziarlo.

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PAGELLO FRAGOLINO (Pagellus erythrinus)

Il Pagello Fragolino vive nel Mediterraneo, giunge alla lunghezza di 46 centimetri; sul dorso è rosso carminio, i fianchi, il ventre e le pinne sono di un rosso-roseo.

PAGELLO ROSSO (Pagellus centrodontus)

Il Pagello Rosso si discosta dal pagello sopra descritto per il muso più ottuso, per i denti più fini, ma meno numerosi e per il colore diverso. Il dorso è grigio-rossiccio, la testa è scura e i fianchi grigio-argento, ornati da una linea e da parecchie macchie brune. Queste macchie sono il segno distintivo della specie e sono sempre presenti anche quando il colore fondamentale cambia in rossiccio. Le pinne dorsali sono brune, come l'anale; le altre sono rossicce o grigio-chiare.
Il Pagello Rosso è un pesce assai comune nel Mediterraneo, ma si può trovare anche sulle coste settentrionali della Francia, fino alla penisola dello Jutland e nei mari della Bretagna. Al sopraggiungere della stagione fredda si fanno assai meno numerosi. Le uova sono deposte al principio dell'inverno ad una grande profondità: in gennaio i piccoli sono sviluppati e raggiungono una lunghezza di circa 3 centimetri. Nell'estate la loro lunghezza arriva ai 15 centimetri; si recano nei porti e in prossimità delle coste, abboccando avidamente ogni esca con grande gioia dei pescatori. Sembra che essi si nutrano anche di alghe che riescono a recidere, grazie alla particolare conformazione dei loro denti.
Questo pesce non è molto stimato per la mensa, ma alcuni pensano che non si sappia cucinare a dovere.

BOBA COMUNE (Box vulgaris)

Le bobe sono dei veri erbivori. Hanno il corpo allungato, la bocca piccola, gli occhi grandi; la dentatura è particolare in quanto consiste in un'unica fila di denti piatti e taglienti, adattissimi a recidere le piante marine.
Questo pesce è lungo poco più di 30 centimetri e presenta delle strisce longitudinali d'oro su fondo giallo-verde. Tutte le pinne sono gialle tranne le pettorali e la caudale che sono verdicce.
La Boba è uno dei pesci più comuni del Mediterraneo, diffuso anche nelle acque dell'isola di Madera e sulle coste portoghesi. La deposizione delle uova avviene due volte l'anno e offre ai pescatori l'opportunità di notevoli retate; la sua carne e poco stimata.

MULLI

Agli sparoidi si ricollegano i Mulli, detti volgarmente Triglie. Hanno il corpo allungato e poco compresso lateralmente; le pinne dorsali sono sempre divise e aguzze. Nella mandibola inferiore esistono due cirri; l'apertura orale e piccola e i denti sono deboli. Le branchie hanno tre o quattro raggi. Tutti i Mulli sono di color rosso.
La struttura interna è semplice: lo stomaco è solo una dilatazione dell'esofago e l'intestino non è molto lungo; il piloro è circondato da molte appendici. Non esiste vescica natatoria.

TRIGLIA MINORE (Mullus barbatus)

Nei mari d'Europa esistono la triglia maggiore e la Triglia Minore. La prima ha la fronte che si abbassa quasi verticalmente, le squame strette e una lunghezza di 30-45 centimetri. E' di color rosso con riflessi argentei sul ventre; le pinne sono giallicce. Nella prima pinna dorsale vi sono 7 raggi, nella seconda 1 duro e 8 molli, nelle pettorali 16, nelle ventrali 6, nell'anale 1 e 6 e nella caudale 15.
Vive nel Mediterraneo, dove predilige i fondi melmosi, raramente si può incontrare anche in Gran Bretagna. Si nutre di crostacei molli e di molluschi che riesce a rintracciare per mezzo dei due cirri. Si riproduce in primavera e nell'ottobre i piccoli hanno 15 centimetri di lunghezza.

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TRIGLIA MAGGIORE (Mullus surmuletus)

La Triglia Maggiore ha, più o meno, la mole dell'altra; è rivestita di grandi squame e presenta, sul fondo rosso pallido, tre grandi strisce dorate, specialmente evidenti al tempo della deposizione delle uova. Anche la Triglia Maggiore vive nel Mediterraneo e si spinge a settentrione fino alle coste della Gran Bretagna. Accade a volte che sulle coste inglesi si possano fare pesche eccezionali. Il pesce non tarda ad andare a male: qualche secolo fa, le triglie, appena pescate, venivano fatte bollire nell'acqua salata e venivano poi cosparse di farina, in modo che risultassero avvolte in una specie di pastella che, fortemente aromatizzata, serviva a mantenerle durante la spedizione. La carne delle triglie è assai apprezzata fin dai tempi degli antichi. I romani le apprezzavano, oltre che per la bontà, anche per lo splendore dei colori. Si racconta che questi animali erano pagati a peso di argento perché, oltre al palato, rallegravano anche gli occhi quando, collocati vivi in vasi di vetro ermeticamente chiusi, offrivano lo spettacolo della loro morte col cambiamento graduale del colore delle squame. «Nulla di più bello» - esclama Seneca - «di una triglia agonizzante! Il suo corpo diventa prima rosso purpureo, quasi raccogliesse le forze per difendersi contro la morte e poi sbiadisce attraverso meravigliose gradazioni...».
Per dilettare gli occhi dei convitati, le triglie venivano portate nei triclini in recipienti di vetro e offerte alle dame che le lasciavano morire nelle loro mani per meglio goder lo spettacolo. Quando l'animale era morto, si portava in tutta fretta in cucina per farne cucinare la carne, dato che una triglia morta nella mattinata non era più ritenuta fresca: si doveva perciò presentare il pesce vivo ai convitati. Cicerone rimprovera i romani di provare diletto in spettacoli così puerili e racconta che i ricchi erano assai felici quando potevano avere nei loro vivai delle grosse triglie che nuotavano verso la mano del padrone. In conseguenza a questa moda, i prezzi delle triglie erano altissimi: una di un chilo costava molto denaro e una di due era addirittura impagabile. Si racconta che un pesce di tale peso fu comprata da Ottavio - noto buongustaio - per ben 5000 sesterzi e Giovenale parla di una triglia pagata 6000 sesterzi. Sotto Caligola i prezzi divennero ancora più alti, finché Claudio non si vide costretto ad emanare provvedimenti per disciplinare i prezzi delle derrate sul mercato. I bocconi più saporiti erano per i romani la testa e il fegato, ma, trattandosi di un capriccio della moda, ben presto queste predilezioni andarono perdute.

UPENEO DORATO (Upeneus vlamingii)

Queste triglie, che vivono nei mari equatoriali, si distinguono da quelle europee, prive di denti, per la presenza di denti sulla mascella superiore, per gli opercoli dentellati, e per la presenza della vescica natatoria. Sono di un bel colore rosso carminio sul dorso che si fa argento sul ventre, con punteggiature viola e strisce di egual colore sul muso; le pinne sono gialle con i raggi rossicci. Nella prima pinna dorsale si contano 8 raggi, nella seconda 9, nelle pettorali 15, nelle ventrali 6, nell'anale 2 e 6, nella caudale 17. Vivono nel Mare della Nuova Olanda.

UPENEO TRIFASCIATO (Upeneus trifasciatus)

Questa specie vive nei mari delle Indie. Il colore varia straordinariamente: in genere è rossa con tre strisce.
Nulla è noto su queste due ultime specie.

SQUAMIPENNI

Si può dire che tutto lo splendore delle tinte dei pesci equatoriali sia concentrato negli esemplari degli Squamipeni. Il loro rivestimento gareggia in bellezza con quello del più smagliante uccello o della farfalla più variopinta: macchie, fasce, strisce, anelli di color turchino, azzurro, purpureo, nero vellutato spiccano su fondi di purissimo argento e oro. Alla bellezza e allo splendore delle tinte, alla delicatezza e alla molteplicità dei disegni si associa una forma particolare, del tutto inconsueta per le altre regioni: il corpo è compresso lateralmente e dilatato dall'alto in basso in modo da formare una specie di disco. Le pinne dorsali e anali seguono il movimento del corpo e sono anch'esse ricoperte - come la testa e il corpo - di squame. A volte, invece, il corpo è allungato e deformato in modo tale che si possono distinguere solo le pinne pettorali, le ventrali e l'anale. La testa si allunga a forma di proboscide e termina con una piccola apertura orale, o si assottiglia come un becco. Prevalgono i denti setolosi, ma talvolta esistono anche dei robusti incisivi; anche la regione palatina appare armata di denti.
Ad eccezione di poche specie, tutti gli Squamipenni vivono negli strati superiori dell'acqua, vicino alle coste, alcuni risalgono anche i fiumi, o si spingono verso l'alto mare a caccia di qualche preda. Di regola si trovano presso gli scogli, nelle acque limpide, dove sembra si compiacciano della propria magnificenza; tutti coloro che ebbero occasione di vederli vivi ne parlano con grande ammirazione. Nottetempo, la presenza di questi pesci è rivelata dalla fosforescenza del mare: scintille infuocate si staccano l'una dall'altra, vagano lentamente, si riuniscono ancora in gruppi e si disperdono di nuovo.
Ad eccezione di quelle specie che hanno denti larghi, tutti gli Squamipenni si cibano di animali: generalmente di piccole meduse, attinie, polipi e celenterati o di insetti. Essi procedono in schiere, si fermano davanti alla preda, si precipitano ad un tratto sopra di essa, l'abboccano e guizzano via, come spinti da un impulso potente, verso un'altra preda.
Diversamente agiscono quelli che fanno la caccia agli insetti, specialmente il chelmone rostrato e l'arciere, la cui perizia ha attratto da tempo l'attenzione degli indigeni. Appena l'arciere ha avvistato una mosca o un altro insetto, gli si avvicina fino ad un metro o poco più e schizza dalla sua bocca a forma di tubo alcune gocce d'acqua con una violenza e una precisione ammirabile. I giapponesi dimostrano un grande attaccamento per questi pesci, che tengono in vasche al centro delle quali è assicurata un'asta alla quale sono appesi degli insetti: gli arcieri lanciano il loro dardo liquido, fanno cadere la vittima e se la inghiottono. Se il colpo fallisce, e questo succede raramente, essi si appostano di nuovo e ricominciano. Probabilmente non sarebbe difficile portare questo pesciolino in Europa, dove potrebbe servire di svago come nella sua patria.
Non si hanno notizie sulla sua riproduzione. Esso viene catturato con l'amo, ma spesso si accorge dell'insidia e la sfugge. Molti squamipenni sono sottoposti a continue insidie per la squisitezza della carne, ma non tutti vanno a finire in cucina. Alcuni, infatti, sono considerati sacri, come lo zanclo cornuto, e, se il caso lo fa capitare nelle reti dei pescatori malesi, essi si affrettano a rigettarlo nel mare, per quanto siano ben consci della squisitezza della sua carne. Le spine del pesce toro sono considerate efficaci amuleti.

Esemplare di Pomacanthus annullaris

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CHETODONTE VAGABONDO (Chaetodon vagabundus o pictus)

Il Chetodonte è uno degli squamipenni più grossi, lungo da 30 a 36 centimetri e rappresenta la specie più diffusa dei chetodonti, caratterizzati dal corpo ovale, dalla bocca piccola, dai denti a spazzola, dalla pinna dorsale che scorre lungo tutto il corpo. Sul fondo color oro spiccano tre fasce trasversali nere che dividono il corpo all'altezza dell'occhio, del tronco e della coda e una quantità di linee bruno-nere che s'irradiano dall'opercolo.

CHELMONE LONGIROSTRO (Chelmon longirostris)

I chelmoni si distinguono dai chetodonti soprattutto per il muso proteso a forma di becco. Il più noto rappresentante, il Chelmone Longirostro, giunge alla lunghezza di 15-26 centimetri, un quinto dei quali appartiene al rostro. E' di un bel colore giallo-limone, con una macchia triangolare nera; il muso è grigio-argento; la pinna dorsale e quella anale sono orlate di nero e ornate da una macchia a forma di occhiello, nera, marginata di bianco. Nella pinna dorsale si notano 12 raggi spinosi e 22 molli, nell'anale 3 duri e 18 molli.

CHELMONE ROSTRATO (Chelmon rostratus)

Affine al precedente e della stessa mole, questo chelmone presenta, su fondo giallo, cinque fasce trasversali listate di colore più scuro; nella parte posteriore della pinna dorsale esiste una grossa macchia nera marginata di bianco. La pinna dorsale è composta di 8 raggi aculeiformi e di 29 molli, la pinna anale di 3 aculeiformi e 19 molli, le pettorali di 15, la ventrale di 6 e la caudale di 16. Questi pesci vivono nell'Oceano Pacifico.

PESCE FRUSTA (Heniochus monocerus)

I caratteri particolari dell'Enioco, o Pesce Frusta, sono, oltre al muso a proboscide e alla bocca con i denti a spazzola, il quarto aculeo della pinna dorsale straordinariamente prolungato. Il colore di questo pesce è un bel giallo dorato che passa all'argento sul ventre. Il disegno è formato da tre fasce scure con andamento diagonale. Gli 11 raggi che, insieme a quello allungato, formano la pinna dorsale sono corti e collegati da una membrana; nella predetta pinna se ne contano altri 24, mentre l'anale ne ha 3 e 18, le pettorali 17, l'anale 6 e la caudale 16.

ZANCLO CORNUTO (Zanclus cornutus)

Gli zancli sono squamipenni che hanno la forma degli eniochi, ma i due raggi della pinna dorsale, che sono allungati, somigliano piuttosto a dei cirri anziché a degli aculei. Le scaglie sono così piccole che al tatto sembrano delle rugosità. Lo Zanclo Cornuto è lungo circa 30 centimetri e pesa da 6 a 7 chili; il disegno e il colore rassomigliano a quelli del pesce frusta, ma sono più belli ed eleganti: il muso è bianco con una macchia triangolare color arancio bordata di nero; il ventre e la regione omerale sono rossicci, i fianchi sono ornati a loro volta da altre strisce bianche. La pinna pettorale è grigio-chiara; la dorsale, grigia da un lato e gialla dall'altro, è formata da due raggi duri e quaranta articolati. La pinna anale, al contrario, ha due raggi aculeiformi e trentatré molli.

BUFALO DI MARE (Taurichthys varius)

Il Bufalo di Mare, rappresentante dei pesci tori, o Ikan-kerabau (come sono chiamati dai malesi), rassomiglia agli altri squamipenni, ma porta sulla fronte, fra gli occhi, due corni rivolti all'infuori. Giunge alla lunghezza di 15 centimetri; è di color bruno anteriormente, che sfuma in giallo oro verso la coda ed è ornato da 2 strisce argento-verdicce. Le pinne ventrali e l'anale sono nere e le pettorali bruno-scure.

MAMI DEI VAIGIU' (Holocanthus semicirculatus)

Il Mami è il rappresentante di un magnifico gruppo di squamipenni, chiamati pesci imperiali, che sono caratterizzati da una robusta spina al preopercolo. Sul fondo azzurro scuro o violaceo esistono strisce bianche e celesti, semicircolari. La pinna dorsale presenta 14 raggi brevi e aculeiformi e 20 molli, la pinna anale 3 aculeiformi e 19 molli. La lunghezza è di circa 10 centimetri. Vive nell'Oceano Pacifico.

PESCE PODAGROSO (Platax arthriticus)

La compressione del corpo giunge al massimo grado nei plataci, tanto che essi, grazie anche alla particolare disposizione delle pinne, sembra che abbiano la forma di una mezzaluna. Il nome bizzarro del Pesce Podagroso è giustificato dal fatto che i sostegni delle pinne e i prolungamenti delle vertebre formano ingrossamenti sferici e nodosi rigonfiamenti; è lungo circa 45 centimetri ed alto 30: in realtà sembra molto più alto a causa delle pinne: il colore è bruno uniforme con riflessi azzurrini. La pinna dorsale comprende 31 raggi e l'anale 23 molli, dato che i duri si atrofizzano completamente o restano nascosti nel margine delle pinne. I mari dell'arcipelago indonesiano ospitano questo pesce.

ARCIERE (Toxotes jaculator)

I pesci arcieri si distinguono dagli affini per la maniera singolare di procacciarsi il cibo: Esteriormente, poi, sono di forma allungata, la pinna dorsale è prolungata all'indietro e la mandibola inferiore oltrepassa la superiore. L'Arciere, in particolare, è assai considerato dagli abitanti dell'isola di Giava ed è tenuto nelle case come ornamento. E' lungo da 16 a 18 centimetri; notiamo sul dorso quattro macchie scure che si allungano a mo' di fascia sul fondo grigio-verde. Inferiormente è color argento. Nella pinna dorsale si contano 5 raggi aculeiformi e 13 molli, nell'anale 3 aculeiformi e 16 molli, in ogni pettorale 13, nella ventrale 6 e nella caudale 17.

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TEUTI

I Teuti hanno il corpo ovale e molto compresso, rivestito di una pelle coriacea o di piccolissime squame saldate insieme; la bocca è piccola e armata di denti disposti in una sola fila nelle mandibole. Tutte le specie hanno una sola pinna dorsale e 5 raggi nella membrana branchiostega. Un carattere particolarmente importante di questa famiglia consiste nell'articolazione del secondo raggio della pinna dorsale e anale, che si muovono dietro contrazione di un muscoletto. La maggior parte dei Teuti vive nei mari caldi e particolarmente nell'Oceano Indiano. Sembra che si alimentino esclusivamente di vegetali marini; la loro carne non è buona e viene mangiata solo dagli indigeni delle coste.

PESCE CHIRURGO (Acanthurus chirurgus)

La caratterizzazione degli acanturi è data da un grosso aculeo mobile che s'impianta ad ogni lato della coda, con il quale possono essere prodotte pericolose ferite: nel Pesce Chirurgo l'aculeo, assai tagliente, presenta una seconda e piccola punta, è articolato, e può essere ringuainato in una scanalatura.
L'animale è lungo dai 20 ai 30 centimetri è di color bruno scuro o gialliccio ornato da fasce verticali scure. La pinna dorsale è gialla con linee nere e si compone di una trentina di raggi; la ventrale è nera, la caudale è gialla col margine nero e si compone di 16 raggi. L'area di diffusione è limitata al Mar delle Antille, dove è temuto dagli indigeni tanto quanto un serpente velenoso, perché le ferite prodotte dai suoi aculei procurano grandi dolori e sono difficilmente sanabili. Le sue armi naturali gli rendono ottimi servizi per la difesa dall'uomo e dagli altri pesci, ad eccezione del barracuda, contro la cui formidabile dentatura nulla può l'aculeo più affilato. La sua carne, in ogni modo, ha scarso valore e nessun pescatore si sente di arrischiare per essa una dolorosa ferita.

Modello tridimensionale di pesce chirurgo

PESCE RINOCERONTE (Naseus fronticornis)

Accenno ai nasei solo per ricordare il grosso corno sporgente sulla loro fronte. Gli aculei ai lati della coda sono sostituiti da lamine taglienti. Tali pesci, per la forma, sono simili agli acanturi. Il Pesce Rinoceronte misura 60 centimetri di lunghezza e il suo corpo è largo 8 centimetri; ad ogni lato della coda spuntano tre sporgenze ossee taglienti. Il suo colore è grigio, le pinne dorsali e anali sono marginate di turchino. E' molto comune sulla costa orientale del Mar Rosso: spesso lo si vede in schiere di parecchie centinaia di unità specialmente sui bassi fondali in prossimità delle isole. Si usa catturarlo con reti, mentre la pesca con l'amo risulta del tutto inefficace, dato che questo pesce si accontenta di «pascolare». La carne, salata, viene mangiata solo nelle mense più povere.

LABIRINTICI

Aristotile parla di alcuni pesci che, sopraggiunta la stagione della siccità, nella ricerca disperata di un po' d'umido, si seppelliscono nella melma e vi rimangono in uno stato di letargo. Altri scrittori osservano che vi sono pesci, nelle Indie, che lasciano il letto delle acque e migrano per cercarsi altre acque. Non vi è dubbio che tali scrittori siano stati informati dalle relazioni dei combattimenti al seguito di Alessandro Magno, perché ciò risponde a verità.
Naturalmente, questi pesci sono dotati di organi speciali loro propri; non hanno veramente dei polmoni, ma delle cellette disposte nelle ossa faringee, ramificate, con circonvoluzioni lamellose che nel respirare si inzuppano di acqua che a poco a poco, esaurito l'ossigeno, ritorna nelle lamine branchiali.
Tutte le specie di questa famiglia sono particolarmente diffuse in Indonesia e in Africa meridionale; forse sono presenti anche in Africa centrale.

PESCE RAMPICANTE (Anabans scadens)

Molti sono i pesci Labirintici (gli Spirobranchi, i Tricopi, le Colise, i Macropodi), ma nulla sappiamo del loro modo di vivere. Parleremo degli Anabas, che hanno il corpo allungato, tondeggiante, poco compresso lateralmente, lunghe pinne dorsali e anali la cui parte anteriore è sostenuta da forti e aguzzi raggi. Il Pesce Rampicante propriamente detto o Pannei-Eri, o Sennal dei Tamil, o Kaweja, o Koi - a seconda di come è chiamato dalle varie popolazioni - giunge alla lunghezza di 15 centimetri, è verde-bruno sul dorso e giallo sul ventre; le pinne dorsali e anali sono violacee, la ventrale e le pettorali rossicce e la pinna caudale verde. Alcuni individui hanno macchie e strisce. Le pinne dorsali presentano 16 raggi duri e 9 molli, l'anale 11 duri e 10 molli, la pettorale 15, la ventrale 6 e la caudale 16.
Alla fine del IX secolo alcuni viaggiatori che percorsero l'India riferirono di un pesce che esce dall'acqua, si arrampica sugli alberi di cocco e ritorna nell'acqua; successivamente, molti hanno descritto il pesce che, aggrappandosi alle asperità con i pungiglioni degli opercoli espansi, agitando la coda e poggiando contro la parete gli aculei della pinna caudale, si ingegna a salire sugli alberi. Può vivere per parecchie ore all'asciutto, abitualmente abita nella melma degli stagni e fornisce una ottima carne. Quando i bacini si prosciugano, i pesci si raccolgono nelle umide pozzanghere e non si muovono finché la melma non abbia la consistenza di una poltiglia di seme di lino; quando questa si prosciuga ancora di più, allora iniziano le migrazioni, che, probabilmente, si svolgono solo di notte o, almeno, prima del sorgere del sole. Essi tengono sempre le branchie spalancate. Quando si ritirano nella melma, essi possono arrivare fino ad una profondità di 75 centimetri.
Gli indigeni, che conoscono bene le abitudini di questo pesce e la carne saporita che fornisce, si recano negli stagni prosciugati e cominciano ad esplorare il terreno scavando delle buche: si può così veramente dire che adoperino la zappa invece dell'amo.
Spesso, il Pesce Rampicante, per la sua particolarità di poter vivere a lungo senza acqua, viene portato in giro da ciarlatani, che fanno affidamento sull'ignoranza della gente di città per mostrare la «meraviglia».

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OSFROMENO ODORATORE (Osphromenus olfax)

Fu dato a questo pesce il nome di «Odoratore», perché in principio si credette che le cellette lamellose delle ossa faringee servissero come organi di odorato.
I suoi molteplici caratteri distintivi sono: corpo molto compresso, irregolare, di forma ovale, mandibola inferiore prominente, pinna anale che supera in grandezza la dorsale.
Questo pesce, descritto sotto il nome di Gurami, è lungo fino a 180 centimetri e può pesare più di 10 chili. Superiormente è color bruno rossiccio con fasce trasversali più scure e inferiormente è di color argento con macchie a forma di mezzaluna, brune. La pinna dorsale ha 14 raggi spinosi e 12 molli, l'anale 11 e 19, ogni pettorale ne ha 16, la ventrale 6 e la caudale 16. L'animale si nutre di piante acquatiche e di rifiuti.
Vive nei mari indonesiani, forse importato dalla Cina: l'eccellenza della carne, la tenacità di vita e la facile acclimatabilità di questo pesce lo raccomandano per una massiccia e vasta introduzione in tutti i mari che bagnano gli altri continenti, e in particolare quello europeo.

OFIOCEFALI

Parecchi naturalisti collegano ai labirintici alcuni pesci che hanno in comune con essi le cellette faringee: in realtà essi sono così diversi per la struttura, la conformazione delle pinne e le squame, che è meglio considerarli separatamente. Gli Ofiocefali hanno il corpo piuttosto lungo, quasi tondo anteriormente, testa larga e piatta con occhi molto sporgenti, denti a spazzola nelle mandibole e sul palato, e alcuni robusti canini. Le pinne si distinguono per la mancanza di raggi spinosi: la dorsale si stende per quasi tutta la lunghezza del corpo; anche l'anale è lunghissima e la caudale è tondeggiante.

WARAL (Ophiocephalus panctatus)

Il Waral degli indiani vive sul continente e nelle isole vicine; arriva ad una lunghezza di 45-60 centimetri; superiormente è di color grigio-verde scuro e inferiormente è bianco-giallo con strisce che scorrono obliquamente. La pinna dorsale è composta di trenta raggi, l'anale di venti, le pettorali di sedici, le ventrali di sei, la caudale di dodici. Il numero dei raggi è variabile.

OFIOCEFALO STRIATO (Ophiocephalus striatus)

Questo Ofiocefalo è più grande del suo affine e maggiore è il numero dei raggi delle pinne dorsale e anale. Misura più di 90 centimetri di lunghezza. Il colore è simile, ma il disegno è formato da strisce che si prolungano sulle pinne in punti e macchie.
L'area di diffusione sembra essere più estesa di quella del waral: lo si è infatti trovato nel Bengala e nel Coromandel, nelle Celelbes e perfino in laghi ad una altezza di 700 metri sul livello del mare.
Questo pesce, che viene chiamato Boratschung dagli indigeni e «Pesce di Terra» dagli Europei, si trova in luoghi perfettamente asciutti, nel centro di lussureggianti praterie, spesso ad una distanza di 3 chilometri dall'acqua, sepolto sempre in gallerie che dall'acqua si inoltrano nella terra. Forse questi ofiocefali si trovano in luoghi inondati durante il periodo delle piogge e, sopraggiunta la siccità, si sono dovuti adattare ad aspettare la stagione propizia. In ogni modo, sono perfettamente in grado di rimanere a lungo sulla terra asciutta. In genere, nelle gallerie si trova la coppia di individui.
La carne, bianca e leggera, ha poco sapore, ma viene ugualmente portata al mercato per i compratori locali.

MUGGINI

Il corpo dei Muggini, quasi rotondo per l'ampio dorso, è di forma allungata ed è coperto di grandi squame che rivestono anche la testa. Le pinne dorsali sono divise da un ampio spazio; i denti sono piccolissimi e fitti. Sono caratterizzati dalla speciale conformazione dell'apparato digerente. Le ossa faringee, ad esempio, sono molto sviluppate ed hanno una forma angolare, in modo da restringere l'esofago, per cui i Muggini possono cibarsi solo di alimenti liquidi o semiliquidi. Lo stomaco termina in un ventriglio carnoso come quello degli uccelli.

MUGGINE CALAMITA o RAMADO (Mugil capito)

Il Muggine Calamita ha una lunghezza oscillante fra i 40 e i 50 centimetri. Sul dorso è di color grigio-azzurro scuro e sul ventre è bianco argento; si notano striature nere per tutta la lunghezza del corpo. Vive nel Mediterraneo, nell'Oceano Atlantico e talvolta si spinge fino al Mare del Nord.

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CEFALO (Mugil cephalus)

Questa specie, diffusa solo nel Mediterraneo, è affine alla precedente ma più grossa di mole; l'occhio è coperto da una sostanza mucillaginosa. La prima pinna dorsale ha 4 raggi, la seconda 9 e l'anale 11.
Tanto il Mugil capito quanto il Mugil cephalus sono ombrine che formano il genere più importante e numeroso della famiglia dei muggini. La singolare conformazione dell'apparato digerente è specialmente visibile in questa specie: nel mezzo della mandibola inferiore esiste una protuberanza corrispondente ad una incavatura nella mandibola superiore. La lingua è quasi totalmente saldata.
Gli antichi, che pur conoscevano bene le ombrine, comprendevano sotto il nome di Mugil tutte le specie esistenti e stimavano molto la loro carne. Plinio racconta che le ombrine vivono - cosa del resto vera - in grandi gruppi e che, al tempo della deposizione delle uova, si avvicinano alle coste; i delfini, dando loro la caccia, le spingono verso le reti dei pescatori cui si offre la possibilità di fruttuosissime retate. I delfini vengono, per questo servizio, ricompensati dai pescatori con una parte del bottino che viene generalmente scelto tra i pesci non molto apprezzati per il sapore delle loro carni.
Raramente si allontanano dalle coste (come in seguito hanno appurato altri studiosi); nei fiumi risalgono la corrente, ma ben presto ritornano al mare. Quando sono tenute in cattività, si abituano ad un dato rumore che accompagna l'inizio del pasto ed accorrono al richiamo. La loro intelligenza è attestata anche dalla scaltrezza con la quale sanno schivare il pericolo: appena si accorgono di essere incappate in una rete, si affrettano a tornare indietro per saltare al di là della rete stessa. L'attitudine al salto è innata in esse e ne danno prova fin da giovanissime.
Il cibo ha per base sostanze molli e grasse, soprattutto quelle che vanno in putrefazione: forse esse sono i soli pesci che si cibino di animali morti. Raramente vengono prese all'amo, perché non ingoiano subito l'esca, ma la tastano con le sensibilissime labbra e spesso la risputano inoltre, il loro peso e il loro dibattersi fanno sì che l'animale possa scappare anche con l'uncino saldamente conficcato nella bocca. L'esca alla quale abboccano più facilmente è costituita da foglie di cavolo lesse o da intestini di pesce. I posti nei quali la pesca è più fruttuosa sono gli stagni presso il mare, specialmente durante i mesi d'inverno, o la foce dei fiumi che esse sono solite risalire in grande quantità, ma solo per due o, al massimo, per tre giorni.
Non c'è dubbio che sia l'istinto della riproduzione che raduna i muggini e li spinge a visitare i fiumi e i golfi; generalmente in agosto si possono trovare grandi quantità di piccoli alla foce dei fiumi o nei fiumi stessi o nel mare, a seconda del flusso della marea. La piscicoltura di questi muggini si rivela fruttifera.

TETRAGONURO DI CUVIER (Tetragonurus cuvieri)

E' un pesce fusiforme che ha una dentatura del tutto particolare: le due parti della mandibola inferiore si innalzano verticalmente e sono munite di una fila di denti aguzzi e taglienti che formano una sega e che, quando la bocca si chiude, si vanno ad inserire nella mandibola superiore. Oltre a questi esistono una fila di denti sugli ossi palatini e due sul vomere. E' lungo da 28 a 30 centimetri, color rosso vino superiormente e verde inferiormente con riflessi d'oro o d'argento. Le pinne sono giallo-oro o verdicce e sono orlate di nero; la pinna dorsale consta di 15 raggi aculeiformi che si possono abbassare in una scanalatura del dorso e di 13 molli. La pinna anale ha 12 raggi.
Abita il Mediterraneo dove vive solo, a grandi profondità, e sale in superficie durante il mese di agosto per deporre le uova presso la sponda. Il Tetragonuro merita la nostra attenzione, perché è uno di quei pesci la cui carne ha, a volte, proprietà velenose e procura, a chi se ne ciba nausee, gonfiori, vomiti e dolori che passano solo dopo alcuni giorni. Forse questa proprietà è dovuta al fatto che l'animale si nutre di stefanomie, la cui proprietà urticante è ben nota.

SCOMBRI

Un numero discreto di pesci viene radunato nella famiglia degli Scombri; essi hanno il corpo fusiforme, a volte rivestito di sottili squame, e a volte corazzato, e gli opercoli lisci. Quasi tutti gli Scombri sono pesci di mare, tranne alcuni che vivono nelle acque dolci; la maggior parte di essi vive in grandi schiere, negli abissi profondi o in un superficie. Tutti sono ottimi nuotatori e ingordi predoni; la moltiplicazione di essi è considerevole e la loro importanza per la pesca è assai grande.

SPINARELLO COMUNE (Gasterosteus aculeatus)

Lo Spinarello Comune ha tre raggi aculeiformi prima della pinna dorsale (di cui il secondo è il più pronunciato di tutti) e misura 8 centimetri di lunghezza. Superiormente è di color bruno-verde o azzurro-nero, mentre sui fianchi e sul ventre è color argento e sulla gola e sul petto è color rosso o rosa. Comunque, il colore è sottoposto a variazioni e durante il tempo degli amori è assai più sgargiante. La pinna dorsale comprende da 11 a 12 raggi, la pettorale 9 o 10, la ventrale 1 spinoso e 1 molle, l'anale 1 duro e 8 molli e la caudale 12. L'area di diffusione si estende per la maggior parte dell'Europa ad eccezione della valle del Danubio, dove non fu mai trovato: abbonda nell'acqua dolce come nel mare.

SPINARELLO NANO (Gasterosteus pungitius)

Lo Spinarello Nano è uno dei più piccoli pesci d'acqua dolce dell'Europa centrale; giunge tutt'al più ad una lunghezza di 6 centimetri e si distingue dallo spinarello sopra descritto per la presenza di una decina di raggi aculeiformi prima della pinna dorsale. La parte superiore è verdiccia, quella inferiore è color argento; si notano delle macchiette sbiadite. D'estate il maschio è di color nero-cupo. Le pinne hanno lo stesso numero di raggi dello spinarello comune.
Vive nel mare del Nord e nel Baltico; ama anche le acque dolci.

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SPINARELLO MARINO (Gasterosteus spinachia)

Questo spinarello, conosciuto anche in alcuni posti col nome di Lontra Marina, è la specie maggiore del genere (è lungo da 13 a 18 centimetri): ha 15 aculei sul dorso, è di colore bruno-verde nella parte superiore e giallo sui fianchi, mentre gli opercoli e il ventre sono di colore argenteo.
Nella seconda pinna dorsale esistono 6 raggi, nella pettorale 10, nella ventrale 2, nell'anale 1 duro e 8 molli e nella caudale 12. Vive nel Mare del Nord e nel Baltico e scende fino al golfo di Guascogna. Evita l'acqua dolce.
Caratteristico di tutti gli spinarelli è il corazzamento dei fianchi oltre agli aculei dorsali liberi e alle pinne ventrali che, come abbiamo visto, hanno raramente più di un raggio. Il corpo è fusiforme, lateralmente compresso, il muso è aguzzo e la coda è sottilissima. Pochi pesci possono vantare tante attrattive come gli spinarelli: sono agili, vivaci, predatori voraci e coraggiosi combattenti, tracotanti nei riguardi degli altri pesci e tenerissimi rispetto alla prole. Per queste ragioni, assai spesso sono tenuti in cattività e perciò studiati con grande cura: se è messo in una vasca, vediamo che immediatamente lo Spinarello prende possesso di un cantuccio o di un angolino e si slancia con gran furore contro tutti coloro che lo vogliono spodestare.
Nella lotta fa uso dei suoi terribili aculei, tanto che spesso l'avversario viene trafitto e cade esanime.
Ogni volta che lo Spinarello vede l'ombra della provocazione è pronto ad ingaggiare battaglie con temibile ardore. (Bisogna notare che solo i pesci maschi si comportano in questa maniera, mentre le femmine vivono pacificamente insieme). La sua rissosità ha anche una certa influenza sul colore, che cambia con grande rapidità, tingendosi il ventre di rosso vivo, mentre il dorso si ombreggia di giallo-verde.
Se l'estensione d'acqua è grande, l'indole bellicosa di questi pesci non ha molte occasioni per manifestarsi, ma la loro irrequietezza si fa sempre sentire: essi guizzano lestamente qua e là, compiono anche salti di 30 centimetri al di sopra della superficie dell'acqua, senza tralasciare di osservare la possibile preda. Sembra che si diano pochissimo pensiero di difendersi dagli altri pesci, sicuri come sono della loro quasi invulnerabilità. Perfino il famelico luccio ha paura degli aculei e solo il salmone li inghiotte senza indugi. Dal canto suo, esso dà la caccia a qualsiasi animale che creda di poter inghiottire, anche di mole pari alla sua; uno spinarello ingoiò in un'ora ben 74 pesciolini; un altro esemplare, prigioniero insieme con un'anguilla di 8 centimetri, la inghiottì, anche se poi fu costretto a restituire il grosso boccone. Le piccole farfalle, che accidentalmente cadono sulla superficie dell'acqua, sono immediatamente inghiottite; in conseguenza di ciò, si comprende facilmente come i piccoli degli spinarelli non siano affatto al sicuro.
Insomma, se questi pesci avessero la mole di un percoide, spopolerebbero le nostre acque.
L'opera più importante della loro vita è senz'altro quella della riproduzione: la costruzione del nido, se non è una cosa del tutto inusitata in un pesce, è pur sempre degna di attirare l'attenzione di un naturalista. Io stesso ho osservato uno spinarello in cattività mentre si preparava il suo nido e gli dedicava le stesse cure come se fosse in libertà. Al tempo della fregola, fatta la scelta del luogo adatto, il maschio ne prende possesso con forza e lo difende accanitamente. Il posto può essere diverso: in genere, quelli d'acqua dolce preferiscono l'acqua bassa e un fondale ghiaioso o arenoso, gli altri utilizzano le alghe in prossimità della sponda per attaccarvi il nido. Il maschio, che in questo periodo si riveste dei colori più belli, comincia ad accumulare, nel posticino scelto, radici e piante acquatiche, scartando quelle che non vanno rapidamente a fondo; i materiali sono più volte spostati e messi in ordine, finché il costruttore non ne sia soddisfatto: lo Spinarello le spiana, le liscia, le incolla con la vischiosità del proprio corpo, passandoci sopra ripetute volte. La riunione dei vari materiali dura circa 4 ore: dopo questo tempo si può dire che il nido sia costruito grossolanamente, ma occorreranno parecchi giorni per perfezionare la costruzione. La grandezza del nido è molto varia (in genere ha la grossezza di un pugno) e subisce l'influenza del luogo e dei materiali da costruzione: generalmente è ovale, perfettamente chiuso al di sopra e munito di due aperture laterali. Quando la «casa» è pronta, lo Spinarello vi conduce la sposa: alcuni dicono che il nido pronto desti l'attenzione della femmina, altri invece sostengono che sia lo Spinarello a condurvela dentro con mille moine. Se l'impresa riesce, la femmina depone due o tre uova ed esce subito dalla parte opposta; il giorno seguente, il maschio si reca in cerca di una nuova sposa e ripete queste fatiche fino a che non abbia raggranellato un numero di uova sufficiente.
Dopo averle fecondate, esso raddoppia il proprio zelo e la propria vigilanza, perché si tratta di difendere le uova dalle molte insidie portate anche dai suoi simili: si può ben dire che questo periodo sia una continua lotta. Spesso, lo Spinarello, agitando le pinne pettorali, rinnova l'acqua nell'interno del suo nido come se sapesse che le uova, per svilupparsi, hanno bisogno di ossigeno. Quando le uova si sono schiuse, nuove cure s'impongono: bisogna difendere i piccoli inermi; fu osservato che uno spinarello, dopo il diciottesimo giorno dalla deposizione delle uova, ripulì la superficie del nido asportando con la bocca tutti i corpi estranei e nuotando costantemente in lungo e in largo sopra questo spazio che era rimasto scoperto. I piccoli, infatti, erano sgusciati e il padre si dava un gran da fare per allontanare qualsiasi pesce si fosse voluto avvicinare e per portare il cibo ai suoi piccoli. Quando la schiera si dimostrò capace di nuotare, l'attività del padre diminuì e cessò completamente quando questi furono in grado di provvedere al proprio cibo.
Allo stato libero lo Spinarello è solito celare nella melma il suo nido: si nota solo una piccolissima apertura dalla quale fuoriescono filamenti di radici.
Malgrado che gli spinarelli depongano relativamente poche uova, e siano insidiati da numerosi nemici, e sebbene la loro vita duri - secondo alcuni - tre anni, pure si moltiplicano in una maniera incredibile, in special modo nei bracci morti di un fiume e in genere dove l'acqua non è molto agitata.
In certe annate essi sono così abbondanti da venir adoperati come concime o per estrarne l'olio. La carne è reputata immangiabile, tanto che per dipingere una terribile carestia si disse che le popolazioni si cibassero degli spinarelli; alcuni, al contrario, sostengono che il pesce non sia affatto disgustoso, specialmente se ammannito in determinate maniere.

MACCARELLO (Scomber scombrus)

Il Maccarello, o Scombro Comune, è di forma molto allungata, con due pinne dorsali discoste l'una dall'altra, opercoli senza punta, denti mascellari conici disposti in semplice fila, sette raggi branchiali e rivestimento formato di piccole squame. Questo pesce, bello di colore e di forma, giunge ad una lunghezza di 45-50 centimetri e può pesare anche più di 1 chilo e mezzo. Superiormente è azzurro con un riflesso d'oro e strisce scure, mentre inferiormente è bianco argento. La prima pinna dorsale presenta 10, 12 raggi, la seconda 12 o 13 strettamente collegati; la pettorale 13; la ventrale 6; l'anale 11; la caudale 23. Presenta, inoltre, alcune false pinne.
Si credette che questo pesce fosse originario del Mar Glaciale e che compisse ogni anno delle migrazioni massicce verso le regioni più meridionali, costeggiando l'Islanda, la Scozia, l'Irlanda e, più a sud, il Portogallo per penetrare, poi, nel Mediterraneo, attraverso lo stretto di Gibilterra; contemporaneamente, un'altra ingente colonia di maccarelli visitava le coste del Mare del Nord. Un vecchio marinaio assicurava anche di aver scoperto l'accampamento invernale degli scombri in piccoli seni dirupati con l'acqua tranquilla e il fondo melmoso, frequenti sulle coste della Groenlandia. Qui asseriva di aver visto, durante la stagione fredda, miriadi di pesci affondati nella melma fino a metà corpo, con la testa fuori, così fitti che sulle prime i suoi uomini si rifiutarono di far proseguire il battello nella paura che si trattasse di una specie sconosciuta di scogli, che avrebbe potuto danneggiare l'imbarcazione. Grande era la fantasia del nostro ammiraglio! In realtà, in ogni stagione dell'anno si possono trovare i maccarelli, tanto nei mari del Nord, quanto nel Baltico o nel Mediterraneo, purché si scandaglino gli strati più profondi dell'acqua, dai quali essi salgono alla superficie solo per deporre le uova.
L'apparire di questo pesce viene salutato con grande giubilo dai pescatori, perché il suo valore commerciale è rimasto immutato dai tempi dell'antichità; una viva animazione si impadronisce di tutti i centri costieri e le barche sono attrezzate in gran fretta per potersi impadronire del prezioso bottino. La pesca ha luogo principalmente di notte: si può anche adoperare l'amo, perché il Maccarello morde avidamente l'esca. Ogni peschereccio è accompagnato da veloci imbarcazioni, il cui compito è di portare il più sollecitamente possibile il pesce al mercato. Il tempo della pesca, tranne che sulle coste inglesi, dove anticipa di qualche mese, è in maggio o giugno.
Il numero delle uova di una sola femmina si valuta a 540.000; verso la fine di agosto i maccarelli hanno già raggiunto 10 o 15 centimetri di lunghezza, in novembre sono semi-adulti e si ritirano nel fondo del mare.
Il loro principale nutrimento è costituito da pesciolini di altre specie: sono estremamente voraci e crescono in tempo assai breve.
La carne delicata deve essere mangiata il più rapidamente possibile, ma i romani la lasciavano macerare insieme al sangue e alle interiora e ne preparavano una salsa chiamata garum. Il suo prezzo andava alle stelle, anche a causa dei costosissimi aromi orientali che vi erano mescolati. Il garum serviva a condire tutti gli intingoli di pesce, oppure era bevuto a tavola con acqua o vino.
Il suo odore - evidentemente - doveva essere nauseabondo.

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TONNO (Thynnus vulgaris)

Scombro gigante, il Tonno è il più grosso di tutti i pesci che vengono presi per la loro carne saporita. E' lungo da 1 metro e 80 a 2 metri, ma sembra che possa raggiungere, e anche superare di molto, i 3 metri. Pesa da 80 a 90 chili. Il dorso è nero-azzurro, la corazza è azzurro-bianca e i fianchi e il ventre sono grigi con macchie argentee che si riuniscono in fasce: la prima pinna dorsale e l'anale sono rosa-carnicine, le false pinne sono giallo zolfo orlate di nero.
Il Mediterraneo si deve considerare come la vera patria del Tonno: nell'Oceano Atlantico compare di rado ed è rappresentato da specie affini. Un tempo si credette ad una massiccia immigrazione di questi animali dall'Oceano, ma attualmente si deve pensare che esso, come tanti altri pesci, viva nel fondo e si avvicini alle coste solo per deporvi le uova. Se il Tonno ha dei passaggi obbligati, ciò avviene, perché, probabilmente, procede seguendo delle vallate sottomarine e non perché abbia luogo una vera e propria migrazione. Talvolta se ne può vedere qualcuno sulle coste dell'Atlantico e dell'Inghilterra, perché eccezionalmente l'animale si può smarrire nelle regioni settentrionali. I tonni procedono sempre in compagnia, talvolta in numero di qualche migliaio; nuotano velocemente, insidiano principalmente le sardelle, ma sono a loro volta insidiati dai delfini e dai pescecani, mentre vivono in buona armonia con i pesci spada.
Non v'è dubbio che i tonni si avvicinino alle coste per deporre le uova; negli esemplari catturati nel mese di maggio si trovano circa 6 chili di uova il cui numero è di parecchie centinaia di migliaia. Le femmine depositano le uova fra le alghe, e i maschi le fecondano: in luglio nascono i piccoli tonni, che dopo pochi giorni pesano già quasi mezz'etto; in agosto essi raggiungono un peso di 120 gr. e nell'ottobre si avvicinano al chilo. Sembra che siano ben presto atti alla riproduzione.
La descrizione del Tonno non può ignorare la sua pesca, dato che molte cognizioni che abbiamo sulla sua vita si basano appunto sulle osservazioni fatte in tali frangenti. Già gli antichi praticavano su larga scala la pesca del Tonno, soprattutto a Gibilterra e nell'Ellesponto. Il modo di pescare è vario secondo il luogo e la stagione: in Francia, sulle coste della Linguadoca, si stabiliscono dei posti di guardia elevati che segnalano l'arrivo dei tonni e la direzione nella quale procede la formazione. Al segnale delle vedette prendono il mare molti battelli già approntati in precedenza, che, sotto la guida di un capo, formano un ampio semicerchio con le reti e spingono il pesce verso terra. Quando l'acqua è molto bassa, si getta l'ultima rete e si trae sul lido il bottino.
In Italia la pesca del tonno ha una grandissima importanza e viene effettuata per mezzo di grosse reti. Le reti, vere costruzioni di corde e di maglie, si chiamano tonnare e, secondo la loro posizione, vengono distinte in anteriori e posteriori, lo specchio di mare dove le tonnare vengono gettate deve avere una profondità di almeno 35 metri. Le varie camere di queste reti non hanno fondo e perciò una buona parte di esse deve rimanere stesa immobile sul fondo.
L'ultima camera, detta la camera della morte, è l'unica ad essere chiusa in basso, perché viene sollevata con i tonni prigionieri quando si dà inizio alla mattanza vera e propria.
Quando si avvicina il tempo propizio, le pescherie si animano di grande fervore: il padre sorveglia il lavoro e le occupazioni dei suoi uomini, aiutato in ciò dal Rais, o comandante dei pescatori. Rais è parola che in arabo significa capo o direttore e rivela come anche gli arabi abbiano avuto la loro importanza nell'insegnare la tecnica della pesca. Uomo sempre di specchiata fedeltà, il Rais deve avere grandi cognizioni sul fondo del mare e sui costumi del Tonno, deve provvedere ad edificare la costruzione delle reti in modo che la burrasca non le danneggi e deve altresì sorvegliarle continuamente. E' necessario perfino che sia un buon meteorologo e che sappia presagire le condizioni del tempo e, finalmente, il giorno della pesca, egli deve assumere il comando generale. Generalmente questi Rais hanno frequentato dei corsi appositi: essi sono trattati con grande rispetto. Terminati i preparativi, che occupano tutto il mese di aprile, nel mese di maggio le tonnare vengono messe fuori, ossia vengono disposte nello specchio d'acqua adatto.
I tonni procedono sempre con molta regolarità, ma non come credevano gli antichi, perché abbiano il fianco destro rivolto verso la spiaggia, dato che non vedono con l'occhio sinistro.
Il pesce che incappa nella prima grande camera della rete non pensa mai a tornare indietro, ma cerca di attraversare l'ostacolo, smarrendosi nelle camere vicine. Speciali esploratori badano che il tonno imbocchi la via della rete: essi riescono a distinguere i pesci sott'acqua anche quando la profondità è tanta che un tonno sembra avere la mole di una sardina e riescono perfino a contarli. A volte, per agevolare l'ispezione, essi gettano la lanterna, ossia un osso di tonno legato ad una pietra; il chiarore illumina il fondo. Se il Rais si accorge che la prima camera è troppo piena, cerca di sospingere i pesci verso le successive, adoperando un pugno di sabbia che spaventa quei timidissimi animali come una gragnuola di sassi che cada dal cielo. Dopo ogni osservazione, il Rais rende conto al padrone del numero dei tonni nelle varie camere, ecc. Quando la rete è piena a sufficienza, si dà inizio alla mattanza; tutto il paese partecipa all'ansietà dei pescatori e perfino da lontane regioni arrivano personalità per assistere allo spettacolo.
Nella notte precedente, il Rais aveva spinto tutti i tonni di cui era stata decisa la morte nell'anticamera o camera d'oro, così chiamata, perché il pesce che entra in quella parte della rete si può contare come oro sonante; viene anche scelto il Santo che proteggerà le operazioni. La mattina della mattanza, il Rais si reca prima del sorgere del sole sulla tonnara e spinge i tonni nella camera della morte; intanto, sul lido, una gran folla aspetta, armata di cannocchiali, il segnale del Rais, che, agitando una bandiera, annuncia che tutto e pronto. La confusione che segue questo momento è facilmente immaginabile: i battelli carichi di pescatori e di spettatori si muovono dal lido e si dispongono nell'ordine in cui debbono avvicinarsi alla camera della morte.
Il Rais sceglie il suo posto e comanda l'attacco come farebbe un generale il giorno della battaglia.
Fra gli urli incessanti dei pescatori si comincia a tirar fuori la rete con grande regolarità; più la rete viene tirata, più il cerchio dei battelli si restringe e un ribollire crescente dell'acqua annuncia che i tonni stanno per essere tirati a galla.
Alla fine il Rais dà il segnale della strage; uno spaventevole rumore s'innalza prodotto dai tonni che si agitano sentendosi vicini alla morte, fanno ribollire l'acqua. I «carnefici» lavorano con furore perché hanno diritto ad una parte dei bottino e cercano di uccidere i tonni più grossi; se un uomo cade in acqua, nessuno gli dà soccorso come nella battaglia non si dà aiuto ai feriti. Dopo un'ora non vi sono più pesci e il mare è tinto di rosso per una vasta distesa; quando i battelli ritornano verso il lido, un urlo tonante li accoglie e subito si procede alla divisione delle prede. In tutte le stragi, tranne che nell'ultima, si è soliti non uccidere tutti gli animali: ne resta sempre un centinaio che serve da esca ai tonni che passeranno successivamente.
In una stagione si possono fare circa otto mattanze; la carne che si ricava viene venduta fresca o messa in salamoia e i pezzi, avendo diversi sapori, hanno anche diverso valore.
Moltissime e varie sono le maniere per cucinare il Tonno.

BONITA o TONNO PALAMIDA (Thynnus pelamys)

La Bonita, pur rassomigliando al tonno comune, è sempre più piccola e raramente supera la lunghezza di 80 centimetri. Il dorso e i fianchi sono di color azzurro acciaio con riflessi verdi e rossi; il ventre è color argento con otto strisce brune che scorrono longitudinalmente dalla testa alla coda. Ogni descrizione non può rendere con efficacia i colori meravigliosi di questo animale. La prima pinna dorsale ha 15 raggi, la seconda 1 raggio duro e dodici molli, la pettorale ventisette, la ventrale uno duro e cinque molli, l'anale dodici e la caudale trentacinque.
Vi sono otto false pinne sul ventre e sette sul dorso.
La Bonita è rara nel Mediterraneo, mentre è comunissima nell'Oceano Atlantico: essa segue per lunghi tratti le imbarcazioni, nuota in formazioni compatte ed ordinate e si ciba di pesci volanti, dei suoi affini, di seppioline ed anche di materie vegetali. Il bottino prediletto delle bonite rimane però il pesce volante e con i loro salti esse riescono ad eguagliare i piccoli voli delle loro vittime, cosicché, spesso, esse sono catturate in volo. La loro voracità le fa abboccare anche ad ami di qualsiasi genere, ma la loro carne non è saporita né fresca né secca; alcuni la dicono perfino malsana. Luglio è il mese in cui si occupano della riproduzione.

ALALUNGA (Thynnus alalonga)

La forma di questo animale somiglia a quella del tonno, tranne che per le pinne pettorali, che misurano un terzo della lunghezza del corpo, hanno la forma di una falce e hanno fatto meritare all'animale il nome di Alalunga. Questo tonno, lungo 1 metro, pesa mezzo quintale; il suo colore è meno brillante di quello dei suoi affini. La prima pinna dorsale ha quattordici raggi, la seconda tre duri e dodici molli, la pinna ventrale uno e cinque, l'anale tre e dodici, la caudale quaranta e ogni pinna pettorale trentasette. Compaiono, tanto superiormente quanto inferiormente, otto false pinne.
L'Alalunga è diffusa nel Mediterraneo e in una gran parte dell'Oceano Atlantico: essa vive a grandi profondità fino al momento della riproduzione, ossia fino al mese di giugno, epoca in cui si avvicina a fitte schiere alle coste e vi si intrattiene fino all'ottobre. Tutti i pesci che si spostano in grossi banchi, come le sardelle e i pesci volanti, formano il suo cibo. Si pesca nelle tonnare o si cattura all'amo; la sua carne è buona se la pesca viene effettuata in luglio o agosto, mentre è decisamente cattiva nel giugno e nel settembre.
La carne si vende fresca, o si mette in salamoia per l'inverno.

PESCE PILOTA (Naucrates ductor)

Rappresenta il genere, poco ricco di specie, dei pesci conduttori, che si distinguono per i seguenti caratteri: forma allungata, ovale; muso ottuso, la prima pinna dorsale ridotta a pochi raggi liberi, la coda lateralmente carenata, il rivestimento composto di piccole squame disuguali, la bocca armata di brevi denti vellutati.
Con altri scombri, il Pesce Pilota ha in comune la bellezza del rivestimento squamoso. Il colore fondamentale è un grigio argenteo azzurriccio che diviene più scuro sul dorso, e passa sul ventre al bianco argento. Il disegno consta di cinque larghe fasce azzurro-cupe che circondano il corpo. E' lungo da 20 a 30 centimetri. Abitualmente si può vedere il pescecane, che, quando viaggia solo, è accompagnato dai pesci piloti.
Si è spiegato in vari modi la causa di questo amichevole accordo tra i due pesci. Alcuni credono che il Pesce Pilota guidi il suo pescecane alla rapina, forse nella speranza di ricevere da esso la sua parte; altri, con maggior ragione, ritengono che in compagnia di questo terribile rapace esso si senta al sicuro dalle insidie dei suoi peggiori nemici, i rapaci erranti, e sappia bene, mercé la sua agilità, sfuggire ai suoi denti.
La maggior parte degli osservatori crede che il Pesce Pilota si nutra degli escrementi del pescecane; ma Bennett dice di aver trovato dei pesciolini nello stomaco di uno che aveva preso. Forse il Pesce Pilota mangia l'una cosa e l'altra. Vive nel Mediterraneo e nelle parti più meridionali dell'Oceano Atlantico.
Secondo l'unanime parere di quelli che ebbero la non comune fortuna d'assaggiarla, la carne del Pesce Pilota eguaglia in bontà quella degli scombri.

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LIZZA GLAUCA (Lichia glauca)

E' una delle specie più piccole degli scombri forcuti, così chiamati per la profonda incavatura della coda. Giunge alla lunghezza di 40, 47 centimetri ed è sul dorso di un bell'azzurro-bigio, con riflesso argenteo e quattro macchie nericce. Le pinne dorsali ed anale sono bianco-gialle, le pinne ventrali sono bige, le pettorali giallo-chiare; la caudale ha colore azzurriccio alla base, nero all'estremità. La prima pinna dorsale comprende 5 o 6 raggi aculeiformi, la seconda da 24 a 25 molli, la pettorale 21, la ventrale 6: la caudale ne ha 17.
Sinora ci mancano ancora dati sufficienti intorno al modo di vivere della Lizza Glauca. Essa vive nel Mediterraneo e lungo le coste d'Africa.

CARANGE TRACURO (Caranx trachurus)

Rassomiglia per la forma agli scombri; ha corpo fusiforme, testa aguzza e coda sottile con robusta pinna. La sua lunghezza è di circa 30 centimetri. Superiormente è di color grigio-azzurriccio; le pinne sono grige.
Si trova tanto nel Mediterraneo quanto nell'Atlantico, nel Baltico, nel Mare del Nord. E' frequente sulle coste di Cornovaglia e del Devonshire; lo si vede solitario, ma talvolta si presenta anche in sterminate quantità.
Raramente lo si trova prima di aprile; preferisce l'acqua che bagna le sponde e talvolta si avvicina a terra al punto da lasciarsi prendere con le mani.
Disgraziatamente, non si può paragonare la carne del Carange a quella del suo affine, il maccarello. Raramente lo si porta al mercato, e in molti punti della costa anche i più poveri lo sdegnano.

CALZOLAIO MARINO (Blepharis ciliaris)

Il Calzolaio Marino è lungo 13 centimetri e alto 8; il più lungo dei suoi raggi misura 18 centimetri. Il suo colore fondamentale (bigio-plumbeo superiormente, ed inferiormente bianco-argento) è adorno di parecchie fasce scure trasversali. Una macchia spicca sul preopercolo, e l'occhio è incorniciato in un anello. La prima pinna dorsale è surrogata da 6 spine.
L'area di diffusione si stende nel Mare delle Indie e i suoi seni. Nulla si sa del suo modo di vivere.

PESCI SPADA

I Pesci Spada, anche se nella struttura interna non si differenziano dagli scombri, sono formati così singolarmente da giustificare una separazione.
Hanno una lontana rassomiglianza coi tonni: il corpo è allungato, la mandibola superiore si prolunga in un'appendice in forma di spada, che va gradatamente affilandosi sino a terminare in punta ottusa, con margini taglienti e con finissimi denti, che è prodotta dalla mandibola allungata e trasformata. La sostanza di questa spada è cellulosa, e consta di una fila di spazi cavi, che sono collegati insieme e rivestiti di una salda massa ossea, e attraversati da quattro tubi o canali per i vasi nutritizi. Nella struttura delle branchie si osserva pure una singolarità, giacché le loro lamine non sono semplicemente adagiate l'una presso l'altra, ma sono collegate da lamine trasversali, di modo che la superficie interna delle branchie rassomiglia ad una rete più che ad un pettine. Le pinne egualmente meritano attenzione, perché si vanno in certo modo logorando col tempo. Questo logoramento però non si osserva in tutte le specie, ma in alcune soltanto.

PESCE SPADA (Xiphias gladius)

Il Pesce Spada, grande animale di 3, 4, 5 metri di lunghezza, di cui più di un quarto appartiene alla spada, pesa da 250 a 400 chilogrammi ed è rivestito, in luogo di squame, da una ruvida pelle azzurriccia, di colore più chiaro inferiormente.
Abita il Mediterraneo, e non è raro in Sicilia; lo si cattura tutto l'anno a Genova ed a Nizza. Ma non si limita a questo bacino: spinge le sue escursioni all'Atlantico, verso la Gran Bretagna e la Norvegia, penetra persino nel Baltico, ed è stato osservato dappertutto lungo le coste d'Africa, come nel Mar delle Indie. Abita soltanto gli strati superiori del mare, cosicché, abitualmente, le pinne dorsali si spiegano sopra la superficie dell'acqua. Depone le uova in luglio. La moltiplicazione sembra essere scarsa.
Quando si leggono le descrizioni del Pesce Spada, a noi lasciate dagli antichi, si è tentati di considerare favolosi quasi tutti i racconti pervenutici; tuttavia, nessun animale ha provato in modo così luminoso la serietà di studi degli antichi naturalisti.
I moderni osservatori concordano nell'affermare che il Pesce Spada è un animale pacifico, innocuo e timido, sebbene manifesti talvolta accessi di uno straordinario furore e malvagità sotto l'influenza, da quanto si crede oggi, dei vivi dolori cagionatigli da vari parassiti.
L'asserto che il Pesce Spada aggredisca, oltre che i tonni, anche le balene, è stato confermato.
Parecchi vascelli furono traforati dai pesci spada, ed in alcuni musei sono esposte in mostra tavole che hanno ancora la spada confitta e, se l'animale può ritirare la sua potente arma, l'imbarcazione affonda.
Oggi la carne del giovane Pesce Spada è considerata una vera leccornia.

PESCE VENTAGLIO (Histiophorus immaculatus)

Il Pesce Ventaglio giunge alla lunghezza di sei metri e conserva per tutta la vita l'enorme pinna dorsale, alta più di un metro. Abita nei mari delle Indie e si spinge fino al Mar Rosso. Tanto il pesce spada quanto il Pesce Ventaglio sono assai veloci, considerata la loro grande mole: simile è il loro modo di vita.

CORIFENE

Le Corifene si distinguono dagli scombri non meno che dai pesci spada e sono perciò con ragione classificate in una famiglia distinta.
Si potrebbero definire scombri dalle lunghe pinne dorsali e dalla piccola squamatura.
Il corpo è lungo, lateralmente compresso, la testa è veramente una testa troncata, poiché la regione frontale si abbassa perpendicolarmente; la pinna dorsale occupa tutto il dorso; la pinna ventrale, se non manca, è piccolissima, l'anale invece è molto sviluppata, come pure le pettorali e la caudale.
In alcune specie una parte delle pinne è squamosa.
Le mandibole sono armate di denti a pettine, come (nella maggior parte delle specie) anche l'osso palatino e le ossa faringee; la lingua e gli archi branchiali presentano denti vellutati. La vescica natatoria manca a parecchie specie.
Quasi tutti questi pesci sfoggiano splendidi colori; l'area di diffusione si stende su tutti i mari delle basse latitudini; poche specie si trovano al nord del Mediterraneo, e la maggior parte abita le regioni equatoriali. Sembrano evitare le coste, o visitarle soltanto durante la fregola. La loro carne è dappertutto altamente stimata, tuttavia non si possono considerare come pesci utili, perché vengono catturati più per caso che non in seguito a regolare pesca, e soltanto eccezionalmente.

CORIFENA CAVALLINA o DORATA (Coryphaena hippums)

Giunge alla lunghezza di circa un metro ed al peso di 10-12 chili. Il suo colore varia a seconda della luce: magnifico azzurro o porporino, con riflessi metallici di ogni sorta, o giallo-oro.
La Corifena Cavallina sembra essere stata originariamente una figlia dell'Atlantico, da dove si recò nel Mediterraneo. Appare sulle coste soltanto al tempo della deposizione delle uova (in autunno).
Il suo cibo si compone di ogni sorta di pesciolini, specialmente di quelli che abitano gli strati superiori dell'acqua, e principalmente delle diverse specie di pesci volanti. Oltre ad essi, la Corifena Cavallina divora tutti i rimasugli dei pesci, giacché in voracità può competere con un pescecane. Si trovarono persino nello stomaco di uno di questi bei pesci chiodi di ferro di 13 centimetri.
La carne è molto apprezzata e ben pagata.

PESCI SAN PIETRO

I Pesci San Pietro concordano con gli scombri nella conformazione della testa, degli intestini ciechi, ed in molte altre particolarità della struttura interna, ma se ne distinguono per la bocca protrattile, per le pinne e per la squamatura. Il corpo è ovale, allungato, alto, molto compresso lateralmente; le pinne dorsali sono semplici o doppie, le pinne ventrali si trovano o sotto o prima delle piccole pinne pettorali, la prima pinna anale talvolta si biforca.
La pelle è nuda, o rivestita di piccole squame inserite all'epidermide.

PESCE SAN PIETRO (Zeus faber)

Ha due pinne dorsali divise, la prima delle quali è notevole per i raggi prolungati terminanti in fili, due pinne anali che ripetono sino ad un certo punto la forma delle pinne dorsali, e grandi pinne ventrali che stanno al di sotto delle piccole e tondeggianti pinne pettorali.
Il colore si modifica secondo la stagione e la località. Nel Mediterraneo il Pesce San Pietro è sovente color oro nel nord è generalmente grigio-giallo. E' notevole la macchia nera profonda sopra i fianchi. Il pesce misura circa un metro di lunghezza, e pesa da 8 a 10 chilogrammi.
Esso preferisce l'alto mare e vive solitario: si avvicina alle coste soltanto con le aringhe e si muove con grande vivacità. Montagu racconta che fu il celebre attore Kean che con il suo esercitato gusto seppe per primo riconoscere la squisitezza della carne del Pesce San Pietro, e gli procurò fra i suoi compatrioti la stima di cui gode oggi presso ogni buongustaio. Ma il vecchio nome romano ci ricorda che molto tempo prima di Kean gli abitanti del Mediterraneo avevano cognizione delle eccellenti qualità di questa carne e Paolo Giovio vanta il Pesce San Pietro come uno dei più squisiti del Mediterraneo.

Modello tridimensionale di pesce san pietro

SALMONE DIVINO (Lampris guttata)

Il Salmone Divino somiglia al Pesce San Pietro, ma i raggi prolungati della pinna dorsale sono collegati da una membrana e presentano la forma di una falce. Le squame sono piccolissime e sottili, e si staccano così facilmente che si vedono raramente. Non esistono denti.
Giunge ad una mole notevole (fino a metri 1,80 di lunghezza e 100 chilogrammi di peso). In bellezza di colore può gareggiare con molti affini dei mari meridionali. Uno splendido turchino-acciaio adorna la parte superiore, e, passando sui fianchi al turchino violaceo, sfuma sul ventre in rosso-roseo. Sopra tale fondo spiccano numerose macchie ovali di un bianco-latteo, e di uno splendore d'argento; le pinne sono d'un magnifico colore rosso-corallo.
Mancano osservazioni intorno al suo modo di vivere. Nello stomaco di alcuni, che furono esaminati, si trovarono seppie ed altri cefalopodi.
La sua carne passa per molto saporita, ed è stimata buona quanto quella del salmone, ed ha, secondo gli islandesi, la preziosa qualità di prevenire ogni sorta di malattie.

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TRICHIURI

I Trichiuri sono molto allungati e fortemente compressi ai lati; le pinne dorsali sono fuse in una sola che si allunga in tutto il corpo.

LEPIDOPO ARGENTINO (Lepidopus caudatus)

Gli adulti misurano da un metro e mezzo a due metri, con un peso di 3 chilogrammi e più. Il colore è uno splendido bianco d'argento cangiante in cilestrino che passa al grigio-giallo sulle pinne. Si numerano nella pinna dorsale 105 raggi, nella pettorale 12, nell'anale 17 e nella caudale 17.

TRICHIURO LEPTURO (Trichiurus lepturus)

Misura sino a quasi 5 metri: il colore della pelle è un magnifico bianco-argento, quello delle pinne giallo-bigio macchiettato di scuro.
Poco ci è noto intorno al modo di vivere di questi pesci. Da quanto pare, il Mediterraneo è la loro patria. Non è certo se vivano anche nell'Atlantico, o se vi si smarriscano quando emigrano nel Mediterraneo.
Si muovono con molta rapidità; spiccano talvolta al di fuori dell'acqua arditi salti, tali da meravigliare.
La robusta dentatura di cui sono muniti palesa l'indole rapace di questi pesci, e permette di supporre che aggrediscano anche pesci piuttosto grossi. La carne è bianca, soda e saporita. A ciò si limitano per ora le nostre cognizioni intorno a questi rimarchevoli animali.

PESCI TENIA

I Pesci Tenia, singolari animali, ugualmente notevoli per la forma e per l'abito, possono benissimo essere paragonati ad un nastro. Anche in essi la pinna dorsale occupa la maggior parte del dorso e i suoi raggi anteriori s'innalzano a guisa di ciuffo sopra gli altri.

PESCE SCHEGGIA (Trachypterus bogmarus)

Questo pesce si trova sovente sulle coste ed è comune nel nord. Misura da metri 1,20 ad 1,50 di lunghezza, è alto 26 centimetri, largo appena 26 millimetri; è quindi simile ad una scheggia di legno. La testa ed il corpo sono color argento, con marmoreggiature grige sul capo, e presenta sui fianchi due macchie oblique, ovali; le pinne sono rosso-chiare.
Nella pinna dorsale si contano più di 160 raggi.
Il Pesce Scheggia è rappresentato nel Mediterraneo da specie affini. Anch'esso, per quel che si suppone, abita a grande profondità, avvicinandosi a terra solo in casi eccezionali, e predilige, comunque, siti sabbiosi.
E' notevole la fragilità di questi pesci; il corpo e i raggi delle pinne sembrano fatti di vetro anziché di materia cartilaginosa.

PESCE REMO (Regalecus banksii)

Si distingue per l'assenza della pinna caudale; gli fu dato il nome di Pesce Remo, perché lo si paragonò ad un remo. In esso la pinna dorsale si stende sopra tutta la parte superiore; 12 raggi si innalzano al di sopra degli altri 268 e si spiegano alquanto all'indietro; alcuni di essi sono collegati dalla membrana sino alla punta; gli altri sono liberi, mentre i raggi inferiori sostengono tutti una pinna d'uguale altezza; nella pinna pettorale si contano Il raggi, nella ventrale uno solo. La testa è piccola, breve in confronto al corpo, il colore è un bel bianco con riflesso d'argento, il disegno è costituito da fasce non interrotte di colore più scuro. Le pinne sono di color giallo arancio.
Quando, col mare calmo, i pesci remo si avvicinano alla sponda, appaiono come nastri d'argento frangiati di rosso e tempestati di gemme, che serpeggiano attraverso le onde.

CALLIONIMI

Sono pesci grossi, dalla testa piatta, col corpo breve, la coda lunga e grandi pinne con pochi raggi. La bocca è protrattile; i raggi della prima o della seconda pinna caudale si prolungano per solito e terminano in appendici filiformi, le pinne ventrali, che sono articolate prima delle pettorali, le superano in grandezza.
La pinna caudale è sovente prolungata ed aguzza.
Il rivestimento consiste in squame, oppure in pelle completamente nuda. Non esiste vescica natatoria.

CALLIONIMO LIRA (Callionymus lyra)

Giunge alla lunghezza di 30-36 centimetri, e sopra un fondo giallo, superiormente più scuro, presenta strisce e macchie azzurro-zaffiro.
Agli antichi ittiologi il Callionimo Lira era noto soltanto quale abitante del Mediterraneo; i moderni lo hanno anche trovato nei mari più settentrionali, e specialmente sulle coste d'Inghilterra e di quelle della Norvegia.
Abita le acque profonde e si tiene generalmente sul fondo, inseguendo vari animaletti. Raramente abbandona il sito prescelto; sta in agguato come un gatto! sbirciandosi d'attorno con sguardo acuto, e precipitandosi come un felino sulla preda. Questo pesce abbocca solo accidentalmente all'esca; la sua carne è bianca e saporita, ma è poco considerata, almeno nei mari settentrionali.

COMEFORO DEL BAIKAL (Comephorus baicalensis)

Simile, in complesso, ai callionimi se ne distingue per il corpo lateralmente compresso, la testa grossa, con larghe fauci, il muso largo e piatto, il prolungamento di parecchi raggi della seconda pinna dorsale, grandissime pinne pettorali, assenza totale di pinne ventrali e pinna caudale forcata.
Una specie di questo genere, di colore poco appariscente e della lunghezza di 30 centimetri, abita il Lago di Baikal, vivendo nell'inverno a grande profondità, e avvicinandosi d'estate in stuoli alle coste per deporvi le uova.
Il Comeforo del Baikal nuota con straordinaria velocità, e, grazie alle sue grandi pinne pettorali, è in grado di spiccare salti sulla superficie dell'acqua, dimodoché, sotto alcuni aspetti, rassomiglia ai pesci volanti.
Malgrado tutto ciò, nelle violente burrasche, non può resistere alla pressione delle onde e viene in gran copia sbalestrato sulle spiagge, ove gli indigeni vanno avidamente a raccoglierlo, perché si considera il suo corpo come un frutto da olio, e lo si pressa nei frantoi per estrarne l'olio.

GHIOZZI

I Ghiozzi sono per la maggior parte piccoli pesci allungati, dalla pelle vischiosa e squamosa. Nel maschio, ed in alcune specie anche nella femmina, si osserva una cosiddetta papilla sessuale. In molte specie i due sessi si distinguono in modo sorprendente.
La maggioranza di tutti i Ghiozzi vive nel mare, mentre alcuni abitano permanentemente i fiumi e le acque dolci. Preferiscono i fondi rocciosi ove si appostano fra le pietre, dando la caccia ai vermi ed ai crostacei, mangiando anche le uova di pesci e le alghe. Nuotano con somma maestrìa, e sanno anche meravigliosamente muoversi sopra i fondi melmosi, ove essi adoperano come piedi le loro pinne pettorali.
Simili ai pesci polmonati e labirintici, possono stare per ore e giorni fuori dell'acqua. La loro moltiplicazione è abbondante: i maschi prendono la loro parte nelle cure dell'allevamento, vigilando premurosamente sulle uova.
Non hanno una parte importante nell'alimentazione dell'uomo, perché il loro modo di vivere rende difficile la loro cattura e la loro carne non è molto stimata dai consumatori.

GHIOZZO NERO (Gobius niger)

Questo pesce di 13-15 centimetri di lunghezza è di colore scuro, più chiaro sul ventre, con macchie nebulose e fasce nericce. La pinna dorsale presenta 6 raggi, la seconda 17, le pinne pettorali 17, le ventrali 12, la caudale 15.
Il Ghiozzo Nero percorre in numerosi branchi il Mediterraneo ed il Mare del Nord, e lo si può trovare nell'Oceano Atlantico, nella Manica e nel Baltico. Vive soltanto sui fondi sassosi. Abita volentieri le foci dei fiumi, ma non pare che visiti le acque dolci. Si nutre di piccoli crostacei, di vermi d'ogni specie, e simili. Il tempo della fregola ricorre in maggio o giugno; verso quel tempo esso lascia le rocce, si ritira verso siti ove abbondino le erbe marine, e vi si scava una profonda e spaziosa abitazione la cui volta è formata dalle radici di quelle piante, e ivi depone le uova. Come negli spinarelli, il maschio è l'architetto e spia la femmina che viene per la fregola: le uova che essa depone vengono subito fecondate.
Il maschio rimane per circa due mesi fedele guardiano delle uova affidategli, le difende coraggiosamente contro ogni nemico, dimagra visibilmente durante tale tempo, e sembra vicino al suo totale esaurimento quando la giovane nidiata abbandona la casa paterna, liberando dalle moleste cure il vigilante padre. Se le visite delle femmine sono numerose, l'abitazione viene allargata, e sovente munita di parecchie uscite; se manca di avventori, il nido è abbandonato, e si procede alla costruzione di un altro, che verrà edificato in una nuova zona scelta in luoghi più favorevoli.

GHIOZZO o BOTTOLA COMUNE (Gobius fluviatilis)

Misura al più 78 millimetri di lunghezza ed è di color verde-giallo pallido, variamente macchiettato di colore scuro sulla regione superiore.
La Bottola è comune nei laghi, nei fiumi, nei canali dell'Italia. Fintantoché non è disturbata o allettata da qualche preda, se ne rimane fra i sassi.
La carne passa per saporita ed ha molti amatori.

PERIOFTALMO DI SCHLOSSER (Periophthalmus schlosseri)

Il Perioftalmo è lungo circa 23 centimetri; il colore è un grigio-nericcio uniforme che passa al giallo sul ventre. Nella prima pinna dorsale si trovano 8 raggi, 13 nella seconda, 16 nelle pinne pettorali, 6 nella ventrale, 12 nell'anale e 19 nella caudale. Le sue pinne pettorali sembrano fatte a bella posta per facilitargli l'arrampicamento. Sono piedi più che pinne, e come tali vengono usate.
Tutti questi pesci abitano le spiagge melmose e le paludi delle Indie Orientali, e la specie descritta quelle delle isole Celebes. Dal mare risalgono i fiumi e vivono come anfibi, per lo più sdraiati sulla melma e spiando attorno a loro come le lucertole. Si slanciano con tanta fulminea velocità sulla preda che raramente questa sfugge loro.

DISCOBOLI

Sono i pesci senza squame della specie, le cui pinne ventrali sono foggiate a disco. Oltre alla conformazione speciale delle predette pinne, i Discoboli presentano caratteri particolari nelle grandi pinne pettorali, ugualmente collegate, nelle pinne dorsali più o meno ridotte o mancanti del tutto, e nella conformazione dei raggi della membrana branchiostega.
Nel modo di vivere i Discoboli concordano con i gobioni. La carne non è stimata in nessun luogo, sebbene non sia cattiva nella maggior parte delle specie.

CICLOTTERO PROPRIAMENTE DETTO (Cyclopterus lumpus)

Pesce di circa 60 centimetri di lunghezza, di 3-4 chilogrammi di peso; superiormente è bigio-nero e gialliccio inferiormente.
Tutti i mari settentrionali, principalmente il Mare del Nord ed il Baltico, ricettano il Ciclottero, e si può ammettere che sia molto comune, giacché la sua fecondità è sorprendente. D'altronde, in conseguenza del suo genere di vita speciale, è raramente catturato. E' un pessimo nuotatore, si muove poco e si aggrappa alle rupi ed alle pietre, per mezzo della sua pinna ventrale, di cui si serve come di una ventosa. L'adesione del suo disco all'oggetto al quale si attacca è fortissima.
Quando arriva il marzo, mutano il colore e l'indole del Ciclottero. Il colore passa al rossiccio e l'animale si muove in cerca di spiagge, ove l'acqua sia bassa, adatta alla deposizione delle uova. La sua fecondità è enorme. In una femmina di 3500 grammi, il complesso delle uova pesava un chilogrammo e la quantità totale si potrebbe calcolare soltanto per centinaia di migliaia. La carne della femmina è cattiva e magra; quella del maschio, invece, grassa e saporita, costituisce un ottimo e gustoso alimento.

LEPADOGASTRO BIMACULATO (Lepadogaster bimaculatus)

Il Lepadogastro è di un bel rosso carminio che passa al carnicino sul ventre, ha tra gli occhi macchie chiare, e sul rimanente del corpo macchie irregolari scure. La pinna dorsale comprende 6 raggi, le pettorali 19, l'anale 6, la caudale 10. La lunghezza è di circa 8 centimetri.
I lepadogastri manifestano la medesima pigrizia dei ciclotteri; preferiscono l'acqua bassa alla profonda, e si mostrano a preferenza in quei luoghi nei quali la marea lascia per lungo tratto la spiaggia scoperta, sebbene debbano per lunghe ore starsene all'asciutto. La specie descritta frequenta, con una affine, le spiagge d'Inghilterra ed altre parti del Mare del Nord, vi sceglie fondi rocciosi e si attacca saldamente alle pietre.
La piccolezza dei lepadogastri e la difficoltà nel catturarli ne rendono poco proficua la pesca; per cui sono quasi ovunque al riparo dalle molestie.

LIPARI (Liparis vulgaris)

E' un pesce di circa 10 centimetri di lunghezza, con una vaga screziatura. Il corpo è allungato, lateralmente compresso; la pelle è molle e viscida. Il disco ventrale è formato dalle pinne pettorali che circondano il collo come un collare. Il colore fondamentale è superiormente bruno-pallido, irregolarmente macchiato di linee e di strisce scure, e si fa più chiaro al ventre, che sembra bianco.
Si è trovato il Lipari in tutti i mari settentrionali. Nel modo di vivere si accosta ai lepadogastri, ma, a differenza di questi, risale talvolta i fiumi per deporvi le uova, o ne esplora le foci.
La carne è poco stimata, di modo che il Lipari non viene mai perseguitato.

ECHENEIDI

«Non altrimenti che fra noi le lepri sono vedute e cacciate nei vasti campi con cani da caccia, o gli uccelli perseguitati con falchi, così fanno con i pesci le genti d'isole straniere lontane, che ammaestrano a far caccia a quelli d'alto mare dei pesci allevati ed avvezzi a tale opera.
Sul cranio tal pesce deve avere una pelle, o membrana, simile ad una grande, larga e lunga tasca, o ad un sacco. Si suole portarlo legato nell'acqua; quando il pescatore vede qualche preda, sia una grossa testuggine o altro pesce, allora rallenta la corda; il pesce, appena si accorge del rallentamento, fila come una saetta sulla preda, l'avvolge nella sua pelle o tasca, che stringe così forte che l'altro ha un bel da fare, ma non si scioglie finché vive». Così parla Gessner, riferendo cose generalmente credute al suo tempo e più tardi ancora. Si credeva anticamente che questo pesce fosse in grado di trattenere i vascelli; più tardi ne derivò l'opinione che si potesse usare per prendere altri animali marini. Si può a ragione dubitare che nessuno di essi abbia effettivamente assistito all'uso di questo pesce nel modo descritto, perché i navigatori moderni non hanno affatto confermato tale asserto.
Il carattere più importante degli Echeneidi è un disco piatto, ovale, che comincia al disopra delle narici, si stende lungo tutto il capo e sopra una parte ancora del dorso. Quest'organo ha un margine cedevole ed è costituito da lamine trasversali, mobili, e serve all'animale da ventosa per attaccarsi. La prima pinna dorsale manca, le mandibole sono molto aperte, e la inferiore oltrepassa la superiore.

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REMORA (Echeneis remora)

E' il Ferma-Vascello degli antichi, che vive nel Mediterraneo. Lunga circa 30 centimetri, è color bruno-giallo che passa al bruno-scuro; la sua pelle è rivestita di piccole squame, vischiose e lucenti.
Il modo di vivere di tutti gli echeneidi è il medesimo. Come i discoboli, si aggrappano saldamente ad altri oggetti (eccezionalmente alle rupi ed alle pietre), generalmente ai vascelli ed ai pescecani. Questi ultimi si vedono raramente senza questi parassiti; probabilmente la loro ruvida pelle offre un buon appiglio alle remore, e la loro mobilità offre il vantaggio di pescare sempre in nuove acque.
L'aspetto generale del corpo di questo pesce ha qualche cosa di contorto; il ventre somiglia al dorso di altri pesci non soltanto è più rilevato, ma anche più scuro della parte superiore del corpo, che suole sempre attaccarsi ad altri oggetti. Quando da una nave si getta nel mare la sciacquatura, si vedono le remore lasciare a dozzine le pareti della nave alle quali stanno attaccate, serpeggiare tra le onde, e gustare quanto più possono quell'untume. La loro robusta dentatura attesta l'indole rapace.
Nulla si sa di preciso intorno al loro modo di riproduzione.

NAUCRATE (Echeneis naucrates)

Il Naucrate è affine alla remora, ma misura più di 2 metri di lunghezza; superiormente è verde e inferiormente è bianco. Vive negli oceani Atlantico e Pacifico.

BAVOSE o BLENNII

La maggior parte delle specie che appartengono a questa famiglia ha pelle viscida, nuda, o tempestata di piccolissime squame tonde. Il corpo è allungato, lateralmente depresso, la testa è grande e grossa; dinanzi agli occhi, talvolta alle narici, o sulle guance, s'innalzano vari filamenti di diversa foggia. Mancano l'intestino cieco e la vescica natatoria. I due sessi si distinguono assai bene, e, soprattutto, perché il maschio presenta allo sbocco del condotto seminale delle sporgenze a foggia di pettini più o meno rialzati, od un gruppetto di papille.
Le Bavose appartengono quasi esclusivamente al mare, e sono poche le specie che frequentano questo e l'acqua dolce. Sono arditi predoni; parecchie specie sono persino maligne e mordaci, e temute perciò dal pescatore. Si nutrono d'altri pesci e di vari animali marini invertebrati, specialmente vermi e molluschi.
Parecchie Bavose partoriscono nati vivi; altre specie si moltiplicano nel modo solito. La colorazione più viva che ricevono al tempo della riproduzione attesta anche esternamente la grande azione che ha su di essi.

BAVOSA OCCHIUTA (Blennius ocellaris)

Ha corpo allungato, ventre prominente, pelle molle e lubrica, testa grossa, gonfia alle guance, troncata anteriormente e munita, per solito, di due appendici cutanee. La lunghezza della Bavosa Occhiuta giunge a 15 centimetri, il colore del corpo è un bruno pallido, sul quale spiccano macchie più scure; tra il sesto e l'ottavo raggio della pinna dorsale figura una macchia circolare di color bruno-scuro.
La Bavosa Occhiuta vive nel Mediterraneo dovunque le coste sono rocciose. La sua carne vischiosa ed insipida è mangiata dai più poveri in mancanza d'altri pesci.

LODOLA DI MARE (Pholis laevis)

E' un pesce comune nell'Atlantico e nel Mediterraneo che misura 15 centimetri di lunghezza e cambia di colore a seconda del fondo che abita e delle varie influenze. In generale, tuttavia, si può dire che sopra un fondo verdiccio il corpo è macchiettato e marmoreggiato di bruno. Se il mare si ritira per la marea, molti di questi pesci si raccolgono tra le pietre od in piccole pozze; essi hanno una straordinaria tenacità di vita, e possono vivere per due giorni interi fuori dell'acqua, sopra la sabbia umida o nell'erba e nel muschio bagnati.
Gli incisivi lunghi e robusti permettono a questo pesce di staccare dalle rocce le conchiglie ed altri molluschi di cui si ciba; però sembra anche che non risparmi altri animali che nuotano in libertà, perché gli individui prigionieri dimostrano sempre una insaziabile voracità.

SALARIA SALTATORE (Salarias alticus)

Il più importante carattere di questo pesce consiste nella conformazione delle mandibole, i cui denti numerosi, aguzzi, fittissimi, sono mobili come i tasti di un pianoforte, di modo che ognuno, indipendente dagli altri, può abbassarsi o rialzarsi. In tutto il resto i pesci di questo genere concordano perfettamente con i loro affini.

GUNNELLO COMUNE (Gunellus vularis)

Questo pesce vive nell'Oceano Glaciale e nel Mare del Nord e talvolta si è anche trovato nell'Oceano Atlantico sino alle coste francesi. In lunghezza misura sino a 26 centimetri, ma la maggior parte degli individui non oltrepassa 21 centimetri. Il colore fondamentale è un misto di porpora e di bruno-giallo, tempestato lungo il dorso da circa dodici macchie distinte tonde, circondate di bianco.
Il Gunnello preferisce il fondo roccioso; tuttavia si trova anche qualche volta in luoghi ove il suolo è coperto di un molle limo. I suoi movimenti nell'acqua sono rapidissimi ed agili. Molti sono i pesci rapaci e gli uccelli di mare che insidiano il Gunnello. Dagli uomini ha poco da temere: la sua carne non è cattiva, ma è troppo piccolo perché valga la pena pescarlo.

BLENNIO VIVIPARO (Zoarces viviparus)

E' uno dei pochi pesci che partoriscano nati vivi, perfettamente sviluppati. Bisogna notare una piccola papilla dietro l'ano, nella quale si trovano i doppi canali d'emissione per il seme e per le uova. Questa papilla si gonfia durante la fregola e sembra servire come strumento di copula, sebbene nessuna osservazione determinata sia stata fatta sinora.
La lunghezza del Blennio Viviparo varia tra 25 e 40 centimetri. Il colore fondamentale è pallido-bruno. Le pinne dorsale, caudale ed anale comprendono circa 200 raggi, le pettorali 18, le ventrali hanno 3 raggi molli.
Si è finora trovato il Blennio Viviparo soltanto nei mari settentrionali, e principalmente nel Mare del Nord, nei Baltico e nella Manica. Sceglie per dimora i fondi sassosi, ove vive con i suoi affini, con la differenza che, più di loro, si nasconde tra le alghe. Per cibarsi, prende pesciolini, conchigliette, vermi ed uova di pesci. Il Blennio Viviparo non ha importanza per la pesca, sebbene la sua carne sia vantata per la sua squisitezza, ed in alcuni luoghi portata al mercato.

LUPO DI MARE (Anarrihchas lupus)

Questo biennio è lungo circa un metro. La parte superiore della testa, i fianchi, il dorso e le pinne sono bruno-gialli, la parte inferiore è bigio-bianca con punti scuri.
ll Lupo di Mare non è raro nella Scozia settentrionale; si trova anche sulle coste della Danimarca, della Norvegia e della Germania: è comune intorno all'Islanda, alle coste della Groenlandia e della Lapponia. Secondo il costume della sua famiglia, esso sta sul fondo, rannicchiato nelle fessure delle rocce e spia l'arrivo della preda.
La parte principale del suo cibo è provveduta dai crostacei e dai molluschi e dalle conchiglie, di cui i suoi formidabili denti stritolano facilmente l'involucro. Probabilmente insidia anche vari pesci, giacché nuota con sufficiente velocità per aggredire sia l'uno che l'altro dei suoi simili.
Non è il formidabile apparecchio dei suoi denti che ha procurato al Lupo di Mare questo nome, bensì il furore che manifesta se si crede minacciato. L'espressione dei suoi occhi sembra diabolica e l'indole corrisponde all'apparenza. Catturato, esso si dimena rabbiosamente, infuriando nella rete che tenta di lacerare, e mordendo ogni oggetto che gli sia presentato.
Alcuni vantano la carne come squisita. L'odore, a quanto pare, non è allettante, ma scompare con la cottura. Con la pelle si fanno borse o colla di pesce.

PEDICULATI

I Pediculati sono i pesci più brutti e deformi. «Una specie della famiglia che si trova fra noi, è il pesce rospo», dice Gessner, «e può misurare ben tre braccia di lunghezza, con una bocca così grande da poter ingollare anche un cane da caccia. E' duro di carne e piatto di forma, con una grossa testa tozza, che non ha niente del pesce. Abita le coste ove abbondano le piante; è voracissimo. La carne di questo pesce non si mangia, essendo sanguinolenta, sgradevole e di odore ripugnante. Il suo ventre è ciò che ha di migliore».
Tale descrizione è sostanzialmente esatta, giacché i Pediculati vivono nel modo descritto da Gessner, ed oggi ancora riempiono di spavento chi li guarda.
Il carattere più importante della famiglia è il prolungamento delle ossa delle pinne pettorali, che formano in certo qual modo un piede e servono veramente a sostenere l'animale, permettendogli anche di strisciare sopra un fondo melmoso.

PESCE BRONTOLONE (Batrachus grunniens)

Giunge alla lunghezza di 30 centimetri, è di color bruno sul dorso e sul capo, bianco sui fianchi, tutto marmoreggiato di bruno. Ha avuto il nome che porta, perché emette, quando vien preso, un brontolìo o grugnito particolare, che non si sa ancora da che cosa sia prodotto. Alcuni pensano che provenga dalla vescica natatoria, ma questo parere non ha finora trovato conferma. La carne è grassa e saporita. Si dice che il fegato sia velenoso.

RANA PESCATRICE o LOFIO PESCATORE (Lophius piscatorius)

La testa della Rana Pescatrice è grandissima, larga, schiacciata, spinosa, con fauci amplissime; è armata di denti acutissimi, mobili, ricurvi all'indietro e muniti di appendici filamentose.
Il colore è superiormente bruno uniforme; la parte inferiore è bianca. L'animale può misurare anche più di un metro e 60, ma gli esemplari così lunghi sono rarissimi.
Abita soprattutto il Mediterraneo e vive sul fondo melmoso del mare, dove affonda con l'aiuto delle pinne pettorali in attesa della preda. Se si avvicina un pesce, lo adesca agitando i suoi «fili» e gli si precipita contro. Perfino quando è chiusa nella rete essa non perde l'occasione di manifestare la sua voracità divorando i suoi compagni di sventura.

PESCE PIPISTRELLO (Malthaea vespertilio)

La testa termina in una proboscide aguzza, e sembra perciò quasi triangolare; l'apertura boccale è relativamente piccola; sopra ogni narice sta un bottoncino corneo; il peduncolo delle pinne pettorali è più lungo che non nelle rane pescatrici. Il colore è superiormente un bel grigio-bruno chiaro; quello della parte inferiore è rosso chiaro. Abita i mari dell'America meridionale.

ROSPO DI MARE (Antennarius pictus)

Questo pesce è coperto da ogni parte di lobi e di fili, marmoreggiato di linee, di punti, di macchie brune e scure sopra un fondo bianco-rossiccio. Nella prima pinna dorsale trovansi 3 raggi, nella seconda 12, nell'anale 7, nella caudale 11. Vive nel Mar della Sonda.

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AULOSTOMI

Gli Aulostomi si distinguono per il notevole prolungamento delle mandibole e dell'osso palatino, da cui risulta un lungo e stretto tubo, alla cui estremità anteriore trovasi la piccola bocca.
A tutt'oggi ignoriamo quali siano le vere differenze esistenti nel modo di vivere e nelle abitudini dei pesci che vengono qui di seguito.
Sembra che preferiscano i fondi melmosi e le grandi profondità e che si nutrano di pesciolini, conchigliette, vermi, ed altri molluschi, facendo un uso intelligente del loro lungo becco.

PESCE TROMBETTA (Centriscus scolopax)

E' un grazioso e piccolo pesce color argento sui fianchi e sul ventre, e rosso-pallido sulla parte superiore. Misura all'incirca quindici centimetri di lunghezza totale.
E' comune nel Mediterraneo, ma si può trovare anche nell'Atlantico e sulle coste della Gran Bretagna.

COLTELLO DI MARE (Amphisile scutata)

Ha qualche somiglianza con un temperino; è affilato sul dorso ed è ricoperto sul ventre da scudi lisci, fittamente connessi. Il dorso e i fianchi splendono d'un riflesso dorato sopra un fondo bruno. Questo pesce eguaglia la lunghezza del pesce trombetta. Vive nei mari delle Indie.

AULOSTOMO DELLA CINA o PESCE-TROMBA (Aulostoma chinensis)

E' rivestito di piccole squame, e sopra un fondo rossiccio presenta eleganti piccole macchie bianco-azzurre. E' lungo circa 60 centimetri.

PESCE PIPA (Fistularia tabacaria)

Può misurare più d'un metro di lunghezza, di cui per vero più della metà appartiene all'appendice caudale. Superiormente, su fondo bruno, presenta tre file di macchie azzurre; la parte inferiore è d'argento. Vive nei mari del Brasile.

ANTENNARIDI

La famiglia degli Antennaridi comprende pesci la cui caratteristica morfologica più interessante è costituita dall'eccezionale prolungarsi in avanti della prima pinna dorsale, a guisa di antenna. Il corpo è piuttosto tozzo, compresso lateralmente; la pelle che lo riveste è nuda. Relativamente ridotte sono le dimensioni, dell'ordine di una decina di centimetri di lunghezza. Diffusi soprattutto nelle acque dell'Oceano Atlantico, gli Antennaridi sono attivamente pescati a causa delle loro carni molto gustose.

ARLECCHINO DEI SARGASSI (Histrio histrio)

L'Arlecchino dei Sargassi è un piccolo pesce della lunghezza di circa 15 centimetri stanziato, come dice il suo nome stesso, in quella vasta distesa di alghe marine che occupa alcune zone dell'Atlantico tropicale. Il corpo ha forme piuttosto goffe; corto è il capo nel quale si apre obliquamente una larga bocca armata di molti denti aguzzi. Interessantissima è la colorazione cutanea, fatta di tinte gialle, verdi e rossastre che conferiscono un perfetto mimetismo all'animale. L'Arlecchino è molto abile nella costruzione del proprio nido, consistente in lunghi cordoni di microscopiche uova agglutinati tra di loro. Pessimo nuotatore, ama talora lasciarsi cullare dalle onde marine dopo aver gonfiato il proprio corpo come un palloncino. Non facile si presenta la pesca di questo pesce a causa delle sue qualità mimetiche e della sua indole sospettosa che lo induce a mantenersi costantemente assai lontano dalle coste.

BATRACOIDIDI

La forma dei pesci appartenenti a questa famiglia, che molto si avvicina a quella dei girini, rende ragione del nome di Batracoididi, che letteralmente significa «a forma di rospo». Di medie dimensioni, hanno un corpo massiccio e sgraziato; la testa è piatta ed è caratterizzata da una bocca larga armata di denti grossi e robusti. La riproduzione avviene a mezzo di uova; i piccoli sono racchiusi in un robusto sacco vitellino che li costringe all'immobilità assoluta. Tipici delle acque tropicali dell'Atlantico, i Batracoididi si possono incontrare anche nel Mediterraneo e talvolta anche nel corso dei fiumi che risalgono per un certo tratto.

ROSPO MARINO VELENOSO (Thalassophryne maculosa)

Lungo una ventina di centimetri, il Rospo Marino Velenoso è uno dei più interessanti rappresentanti la famiglia dei Batracoididi. Il suo aspetto è quanto mai poco invitante; il corpo è tozzo e appiattito, gli occhi sono piccoli, la pelle è nuda e viscida. Dorsalmente si nota come un'unica pinna, formata dalla unione della dorsale vera e propria con quella caudale. La colorazione cutanea è fondalmente bruna, chiazzata di nero e di azzurro. Tutto il corpo è poi ricoperto da numerosissime spine canalicolari, capaci di produrre una fastidiosa irritazione a coloro che ne vengono punti. L'area di diffusione del Rospo marino è limitata alle coste atlantiche dell'America meridionale; qui vive a una certa profondità, fra i fondali sabbiosi, alla ricerca di preda costituita da molluschi e piccoli pesci che aggredisce con le sue micidiali spine.

BATRACOIDE DALLE DUE DITA (Batrachoides didactylus)

Il Batracoide dalle due dita è diffuso, oltre che nell'Atlantico, anche in molte zone del Mediterraneo. Il suo nome deriva dal fatto di essere dotato di due forti spine opercolari divergenti, la cui puntura è molto meno preoccupante di quella del Rospo marino velenoso. Il corpo di questo pesce ha forma molto allungata; grosso è il capo, alquanto schiacciato, dotato di occhi piccoli e di numerose appendici carnose poste in vicinanza delle labbra. La colorazione è giallastra sul dorso, con macchie nere, mentre sul ventre è quasi bianca. Per nulla saporite sono le sue carni, per cui i pescatori evitano accuratamente di impadronirsi di questa scomoda e pericolosa preda.

DATTILOTTERIDI

Nelle acque tropicali e subtropicali abbondano i Dattilotteridi, pesci la cui caratteristica morfologica più evidente consiste nel grande sviluppo delle pinne pettorali. Queste, sostenute da lunghi e robusti raggi, si espandono lateralmente al corpo a guisa di ali rendendo ragione del nome di Rondini di mare con cui questi pesci sono maggiormente noti. Il corpo, piuttosto affusolato, si restringe notevolmente nella regione caudale, ove la pinna terminale si presenta divisa in due lobi.

RONDINE DI MARE (Dactylopteros)

La Rondine di mare, lunga una trentina di centimetri, risulta molto diffusa nelle acque dell'Atlantico e, in minor misura, in quelle del Mediterraneo. Il corpo allungato presenta le caratteristiche pinne pettorali assai ampie e che vengono quasi perennemente tenute distese. La colorazione è quanto mai varia ed è composta da tinte brune e rossastre che si combinano tra loro in varie sfumature. Amante dei fondali, la Rondine di mare si muove con destrezza tra il fango e la sabbia alla ricerca di preda, costituita da crostacei e soprattutto da molluschi di piccole dimensioni.

LUVARIDI

Pesci di notevoli dimensioni, gli appartenenti alla famiglia dei Luvaridi possono raggiungere e superare i due metri di lunghezza. Dotati di corpo fusiforme e molto elegante, abitano i mari italiani e molte zone degli oceani Atlantico e Pacifico.

PESCE IMPERATORE (Luvarus imperialis)

Il Pesce imperatore è il più noto fra i rappresentanti la famiglia dei Luvaridi. Di forma allungata, ha un capo piuttosto tozzo munito di una bocca di piccole dimensioni. La colorazione è molto appariscente: il dorso è rosso acceso, mentre la regione ventrale è di un bianco argenteo. Caratteristica è poi la pinna dorsale, la quale eccezionalmente è unica. Piuttosto diffuso nelle acque oceaniche e in quelle del Mediterraneo, il Pesce Imperatore si ciba in prevalenza di piccoli molluschi e anche di plancton marino.

CENTRARCHIDI

La famiglia dei Centrarchidi comprende pesci d'acqua dolce che dalle regioni nordamericane di cui sono originari si sono diffusi in gran numero in Europa. Di modeste dimensioni, hanno forme piuttosto goffe e panciute. Sono talora fatti oggetto di pesca.

PERSICO SOLE (Eupomotis gibbosus)

Nei primi anni del nostro secolo venne immesso nel lago di Varano il Persico sole, un pesce che si è adattato con straordinaria facilità alle nuove condizioni ambientali tanto da diffondersi in brevissimo tempo in tutte le acque interne italiane. Lungo una decina di centimetri, ha un corpo tozzo e rigonfio; dorsalmente porta una lunga pinna sorretta da numerosi raggi rigidi. La sua voracità è eccezionale si ciba frequentemente delle uova di altri pesci procurando un ingente danno al patrimonio ittico dei paesi che hanno la sfortuna di ospitarlo. Le sue carni, anche se da molti ritenute gustose, sono però piene di lische per cui molti pescatori evitano di catturarlo, dato che il suo valore commerciale è molto scarso.

CEPOLIDI

Gli appartenenti alla famiglia dei Cepolidi hanno forme particolarissime, allungate e molto vicine a quelle delle anguille. Piuttosto grosso il capo, che posteriormente è seguito da una lunga pinna dorsale unita direttamente con la caudale.

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FIAMMETTA (Copola ruboscens)

Lunga all'incirca mezzo metro, la Fiammetta è caratterizzata da una colorazione rossa fiammante sul dorso, che sfuma gradatamente nel rosa del ventre. Le forme sono quelle tipiche di tutti i Cepolidi; piccoli sono i denti contenuti in una bocca che si apre obliquamente sotto il muso piuttosto corto e tozzo. Abitatrice di molte zone degli oceani Atlantico e Pacifico, la Fiammetta è presente in discreto numero anche nel Mediterraneo.

POMACENTRIDI

I pesci appartenenti a questa famiglia si distinguono soprattutto per le loro forme esili e aggraziate e per la vivace colorazione del corpo che li rende assai ricercati dagli amatori e dagli acquari di tutto il mondo.

Pesce pagliaccio (Amphiprion percula)

CASTAGNOLA (Chromis chromis)

Nelle acque del Mediterraneo vive la Castagnola, unico rappresentante la famiglia dei Pomacentridi che non abiti le calde acque degli oceani Indiano e Pacifico. Abita preferibilmente i fondali marini ove può dedicarsi con successo alla caccia di piccoli molluschi di cui è ghiotta.

ANTERINIDI

Gli Anterinidi sono pesci di modeste dimensioni, la cui lunghezza non supera normalmente i 16 centimetri. Il loro corpo è slanciato e compresso lateralmente. Dorsalmente sono presenti due pinne mentre unica è quella anale. La colorazione è quasi uniformemente grigio-argentea. Diffusi in tutti i mari tropicali, questi pesci sono presenti anche nel Mediterraneo e nei mari italiani. Nei nostri mercati sono noti col nome di Latterini. Vivono in branchi molto numerosi ma non vengono pescati con particolare accanimento a causa delle loro carni di modesto valore alimentare.

LATTERINO SARDARO (Atherina hepsetus)

Il Latterino Sardaro è un pesce molto comune nelle acque italiane e che è conosciuto anche col nome di Anguella. Lungo circa 15 centimetri, ha corpo grigiastro, un capo di medie dimensioni, una bocca grande armata di denti molto piccoli. Generalmente predilige i fondali sabbiosi dei mari, ma non esita talora a spingersi lungo il corso dei fiumi dopo averne imboccato la foce. L'alimentazione del Latterino Sardaro è quasi esclusivamente a base di molluschi e di larve di altri pesci che vengono distrutte in notevole quantità.

CAPROIDI

Nelle acque del Mediterraneo vivono alcuni pesci dalle esigue dimensioni appartenenti alla famiglia dei Caproidi. Molto scarso è il loro valore alimentare, anche se talvolta compaiono sui mercati italiani.

PESCE PORCO (Capros aper)

Il più noto rappresentante mediterraneo della famiglia dei Caproidi è il Pesce porco. Vive generalmente a notevole profondità cibandosi di piccoli molluschi e di uova di altri pesci.

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