Animali Invertebrati Aracnidi

 

 
    

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Animali Invertebrati Aracnidi

  

Animali - Indice

Animali Invertebrati Aracnidi

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ANIMALI - INVERTEBRATI - ARACNIDI

INTRODUZIONE

Il corpo degli Aracnidi (Arachnoidea) presenta alcune modifiche rispetto a quello degli insetti e dei miriapodi; infatti, questo, negli Aracnidi, si divide in un segmento anteriore, detto cefalotorace, ed in un addome. Quello, escluse poche eccezioni, nelle quali presenta quattro anelli uguali, forma un tutto indiviso, la cui piastra dorsale rappresenta un grande scudo, più o meno convesso, che ricopre la base di tutte le zampe; la sua parte pettorale, invece, circondata tutta intorno dalle anche delle zampe, rimane limitata ad una stretta circonferenza. Il cefalotorace, come del resto nei crostacei, comprende - il nome stesso lo indica - la fusione della testa e del torace; però, negli Aracnidi la testa non si sviluppa, come provano gli occhi e le antenne. Quelli di natura semplice, variano tra due e dodici, possono anche mancare del tutto, non occupano zone determinate, ma si raggruppano nelle diverse specie in maniera caratteristica, su tutta la superficie della parte anteriore del cefalotorace. Sotto il margine libero anteriore dell'ultimo articolo se ne inseriscono un paio, diversamente conformati a seconda delle diverse specie di Aracnidi, i quali, a giudicare dall'aspetto esterno e dall'applicazione, debbono tenere il posto della mascella superiore, senza però essere tale sostanzialmente; essi infatti sporgono sopra l'apertura boccale e ricevono i nervi dai gangli superiori come le antenne degli animali fino ad ora studiati.

A quelle antenne, cui sono affidate le funzioni di mandibole, è stato dato il nome di antenne mascellari, considerandole un carattere distintivo degli Aracnidi, i quali sono privi di antenne vere e proprie. Oltre alle antenne mascellari vi sono anche cinque paia di estremità, le cui quattro posteriori hanno tutto l'aspetto di zampe ambulatorie, e le tre ultime corrispondono agli stessi organi negli insetti. L'addome è talvolta articolato, ma più spesso è composto di un pezzo solo, e privo di zampe, come accade spesso anche nei crostacei.

Respirano per mezzo di polmoni a forma di sacchi pieghettati, per mezzo di trachee, o anche attraverso la pelle nelle specie inferiori.

Per concludere, si dirà che gli Aracnidi comprendono quegli animali articolati che hanno il capo rattratto, antenne mascellari sul cefalotorace, occhi semplici, al massimo quattro paia di zampe, nessuno delle quali è collocata sull'addome, e che respirano per mezzo di polmoni, o per trachee, o attraverso la pelle. Essi non subiscono, come invece avviene per gli insetti, una metamorfosi durante lo sviluppo.

Trapani Ragni e scorpioni

SCORPIONI

Alla prima famiglia degli Artrogastri (Arthrogastra), animali dall'addome distintamente articolato, saldato in quasi tutta la sua larghezza al cefalotorace e sessile, appartengono gli Scorpioni.

Sarebbe difficile trovare un altro animale, fra gli articolati, sul conto del quale siano state raccontate tante storie non vere, come lo Scorpione.

Gli Scorpioni, temuti in maniera esagerata, portano sul ricurvo aculeo della loro estremità addominale un'arma velenosa, di effetto mortale per altri animali di modesta mole; la puntura dello Scorpione è difficilmente letale invece per animali più grossi, e ancor più raramente può esserlo per l'uomo. Esperimenti fatti e ripetuti con cani e topi fatti pungere da scorpioni confermano questa asserzione; anzi, se i primi, dopo reiterate punture, restarono quasi immunizzati, i topi cominciarono a mordere gli Scorpioni e li uccisero, senza accusare fastidi per le punture che avevano ricevuto.

Gli effetti di una puntura di Scorpione sull'uomo si manifestano con infiammazione locale, paralisi, febbre, svenimento e nausea, in rapporto alla mole dell'animale, alla quantità di veleno iniettato ed alla reazione del ferito.

I rimedi alcalini, l'ammoniaca, ecc., sono da preferirsi per calmare il dolore ed il gonfiore, e l'ipecacuana, in minima dose, per la nausea.

Gli indigeni africani, che lamentano spesso punture dello Scorpione Africano (Scorpio afer), legano saldamente la ferita e giacciono tranquilli finché non stiano meglio. Gli Scorpioni, durante le loro scorrerie notturne, se ne vanno speditamente con la coda rivolta all'insù, lungo il dorso, per avere l'arma sempre pronta a vibrare il colpo. Afferrano la vittima con le pinze anteriori e, malgrado il suo dibattersi, la sollevano e le vibrano una puntura precisa, che, dopo qualche convulsione, l'uccide; allora la portano alla bocca, la succhiano prima, per poi sminuzzarla e divorarla interamente.

Una delle specie più comuni del Mediterraneo è rappresentata dallo Scorpione Europeo (Buthus occitanus), che può fornirci tutte le caratteristiche della famiglia. Le due grandi pinze, o chele, rappresentano i palpi mandibolari, e la mandibola stessa è rappresentata dal grosso e breve articolo basale, che rimane invisibile di sopra. Il secondo paio mandibolare appare come un paio di zampe anteriori, le cui anche a foggia di piastre, accanto a quelle del seguente e vero paio di zampe, mandano avanti un prolungamento a guisa di labbro inferiore.

Le pinze si differenziano da quelle dei crostacei perché il dito esterno è articolato e mobile, di fronte a quello interno saldato con la mano. Due punte, che formano il margine anteriore del cefalotorace, sono le antenne mandibolari a tre articoli, che terminano anche all'estremità in pinze. Il tronco dello Scorpione si compone di un cefalotorace indiviso, quadrato, un po' allargato di dietro, e di un addome a tredici articoli, i cui sei ultimi anelli formano una coda nodosa che termina con l'aculeo ricurvo. La duplice apertura dell'aculeo, che racchiude le ghiandole velenifere, è di una microscopica piccolezza. Sulla faccia ventrale del primo articolo addominale si trovano, coperte da due piastre, le aperture sessuali; all'estremità dell'articolo seguente esistono i così detti pettini. Sono denti stretti, a parecchi articoli, disposti a pettine, il cui numero varia a seconda delle specie e dell'età nella medesima specie. Sono atti a succhiare, sul margine esterno, e si trovano tra le loro radici, rinforzati internamente ed esternamente da bottoncini triangolari, conici o sferici. Non se ne conosce ancora il vero uso, ma le ricerche praticate consentono due supposizioni: o servono all'accoppiamento, o al rivoltarsi del corpo, all'aggrapparsi. alle pareti scoscese, fungendo così da sostegno ai piedi. Dietro ai due pettini, che non mancano mai, si osservano sui quattro seguenti articoli addominali fessure oblique che immettono come stimmi alle quattro paia di sacchi polmonari. Gli occhi sono sempre collocati al di sopra del cefalotorace; due più grandi, gli occhi craniali, sono sul centro del capo, per lo più dalla parte esterna di due spigoli longitudinali; in numero da due a cinque, più piccoli, non sempre uguali nella medesima specie, spesso anche in numero diverso sull'uno o sull'altro lato, si distinguono, quando sono posti in fila, come occhi laterali principali, da altri più distanti o altrimenti disposti, detti occhi laterali accessori. Occorre inoltre molta attenzione per distinguere, sulla superficie cornea del cefalotorace, questi occhi, da qualche bitorzoletto lucente. Il rivestimento del corpo consiste in duri scudi cornei, e sopra ogni articolo se ne trovano uno superiore ed uno inferiore collegati da pelle molle; una sola eccezione si trova nella durissima coda. La superficie appare lucente od opaca, di solito ruvida, cornea o bernoccoluta, localmente munita di liste, di spigoli e anche di setole. Il colore giallo pallido passa dal bruno al nero, e presenta talvolta disegni neri sopra un fondo chiaro. Il maschio si distingue dalla femmina per la coda più lunga, le pinze più larghe e i denti più numerosi al pettine.

L'intestino dello Scorpione è un tubo semplice, piuttosto cilindrico, che sbocca all'estremità del penultimo ganglio caudale. Il vaso dorsale ad otto concamerazioni forma un vero cuore, il quale, non soltanto per le sue estremità anteriori e posteriori, ma anche lateralmente, manda agli organi addominali ed all'apparato respiratorio dei forti tronchi arteriosi ed al quale il sangue, reduce dal corpo, viene di nuovo condotto da vene speciali. Hanno così luogo un circolo perfetto come non esiste in nessun altro articolato, ed una respirazione polmonare in diretto rapporto con la circolazione del sangue. I polmoni stessi sono fatti di quattro paia di sacchi membranosi, le cui pareti esterne formano pieghe fittissime, le così dette piastre polmonari. Il grosso ganglio nervoso del cefalotorace, che provvede palpi e zampe di diramazioni nervose, è seguito da altri sette più piccoli, di cui gli ultimi quattro appartengono alla regione caudale.

L'apparato della riproduzione nella femmina è composto di tre stretti tubi longitudinali, collegati da canali trasversali, collocati nell'addome, e che servono non soltanto allo sviluppo delle uova poste in fila, ma anche a quello dei piccoli. Lo Scorpione partorisce figli vivi, di colore chiaro e con un rivestimento molle; nelle prime settimane si stringono intorno alla madre e, malgrado ogni più attenta e scrupolosa osservazione, non si riesce a capire come possano alimentarsi, dato che non si è mai riuscito a vedere come prendano il cibo.

La madre dimagra sempre più e muore non appena la prole si è dispersa.

Impossibile determinare gli intervalli che passano fra la morte dello Scorpione e la durata della sua vita, poiché questo animale non resiste alla schiavitù. Soltanto Fuessly riuscì a mantenere in vita due femmine fecondate; la prima dette alla luce, dopo circa quattro mesi, una ventina di piccoli, bianchi, bruni sulla punta della coda ed intorno agli occhi, e per il resto perfettamente simili alla madre. Restarono saldamente attaccati ad essa sino alla prima muta, circa dodici giorni dopo la loro nascita; presero allora un colore più scuro e cominciarono a lasciare la madre, che nel frattempo era sensibilmente dimagrita, tanto che in pochi giorni venne a morire per la debolezza.

Le specie fino ad ora note sono state divise in parecchi generi. Il genere Scorpio comprende le specie con 6 occhi, il genere Buthus quelle che ne hanno 8, il genere Centrurus quelle che ne hanno 10, ed il genere Androctonus quelle che ne hanno 12. Alcuni di questi generi si suddividono ancora secondo la posizione rispettiva degli occhi laterali, o l'esistenza o l'assenza della carena sui nodi della coda.

Lo Scorpione Variopinto del Brasile (Telegonus versicolor) è nero con macchie gialle, lungo 26 mm., con una coda molto grossa, la cui estremità assume un color rosso, come le dita delle pinze. Invece lo Scorpione Giallo (Brotheas maurus) ha dorso bruno scuro, lungo 5 cm., con gli occhi craniali posti davanti alla metà del cefalotorace; questi si trovano invece dietro nello Scorpione Africano, che molto gli rassomiglia. A questo gruppo appartengono anche lo Scorpione dei Carpazi (S. carpathicus o europaeus) e quello della Nuova Olanda (Urodacus hollandiae). Tutti gli altri hanno tre occhi laterali principali.

Lo Scorpione del Capo (Opisthophtalmus capensis) raggiunge i 7 cm. di lunghezza, è rosso-gialliccio, più vivace sulla metà anteriore del cefalotorace, con gli occhi craniali collocati molto all'indietro.

Il sottile Scorpione Americano (Centrurus americanus), grigio-giallo, presenta eleganti punteggiature nere; è lungo 34 millimetri circa. Di colore più scuro e di forme più robuste è lo Scorpione Ottentotto (C. hottentottus), lungo sino a dieci centimetri.

Lo Scorpione Listato (S. tunetanus) si trova anche in Egitto, oltre che in Europa; è rosso-giallo, con eleganti disegni formati da serie di granuli perliformi sulla parte dorsale del cefalotorace.

Trapani Uno scorpione della specie Pandinus imperator

Trapani Scorpione (Androctonus mauritanicus)

Trapani Modello tridimensionale di scorpione

PSEUDOSCORPIONI

Il Chelifero (Chelifer cancroides) appartiene alla seconda famiglia; a causa delle sue grandi pinze, assomiglia ad uno scorpione senza coda, mentre, privato di esse, considerando la sua mole, il colore e la circonferenza generale del corpo piattamente depresso, esso rammenta la cimice dei letti. Il suo addome consiste in 11 anelli di uguale lunghezza, il cefalotorace, munito di due soli occhi, sembra trasversalmente rigato, il paio di palpi della mascella inferiore assomiglia a pinze enormi; sono invece atrofizzate le antenne mandibolari, atte non al masticare, ma solo al succhiare. Gli Pseudoscorpioni non hanno pettini alla base del ventre; le ghiandole velenifere sono assai sviluppate. Non respirano per polmoni, ma per trachee che sboccano in tre stimmi laterali nel primo segmento addominale. L'intestino non è diritto, ma forma un ripiegamento prima dell'intestino retto, allargato a guisa di sacco; inoltre, i cheliferi hanno ghiandole secernenti fili, che sboccano presso le aperture sessuali sulla regione ventrale del secondo segmento addominale. Il Chelifero si trova nelle vecchie case, fra i libri polverosi, cammina con uguale facilità lateralmente e a ritroso, come in avanti. La femmina depone circa venti uova.

Pseudoscorpioni simili a questo vivono sotto la corteccia delle piante (Chelifer cimicoides), sotto il muschio (Obisium muscorum o corticalis) e sono diffusi sopra tutta la Terra.

PRINIDI

Nei tropici dei due emisferi esistono animali compresi nella terza famiglia di questo ordine, sotto il nome generico di Falangio (Phalangium), dei quali il Telifono Caudato (Telyphonus caudatus) è un rappresentante. Questo animaletto rosso-bruno, lungo 30 mm. circa, vive in Giappone e viene temuto per la sua puntura; essa viene vibrata soltanto con le parti mandibolari; infatti alla punta della loro coda manca l'aculeo. Il cefalotorace ovale porta otto occhi, due dei quali sono collocati sul cranio, come negli scorpioni, e tre per ciascun lato. Al cefalotorace si collega con una debole cordonatura l'addome, quasi ugualmente conformato, a dodici anelli, i cui ultimi tre si restringono a forma di cavicchio, e mandano fuori un filamento anale articolato.

Internamente, alla base dell'addome piatto, si trovano due paia di trachee che immettono in altrettanti sacchi polmonari. Questi scorpioni vivono parte nel Messico e parte nelle calde regioni dell'Asia. Il Frino Lunato (Phrynus lunatus) rappresenta un'altra forma, più vicina ai ragni. Tale rassomiglianza risulta dalla cordonatura anteriore dell'addome ad 11 anelli. I Frinidi respirano però con polmoni che sboccano alla radice del ventre in quattro trachee; le femmine partoriscono figli vivi, e ciò conferma la loro parentela con gli scorpioni.

Trapani Un frino

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FALANGIDI

La quarta famiglia degli aracnidi si distingue da quelle fino ad ora esaminate per la vita meno nascosta che i suoi componenti conducono.

A tutti, quasi, sono noti quei piccoli animaletti dalle lunghe, sottili zampe, chiamati in modo diverso nelle varie zone, che appendono il loro corpicino ovale nel tessuto leggero, o scivolano lungo il tronco di un albero, lungo un muro, o riposano, il ventre a terra, con le lunghe zampe distese. Hanno le lunghe e sottili tibie che si staccano facilmente dalle anche carnose, camminano lentamente come se fossero sopra i trampoli, e si destano da una sorta di sonnolenza soltanto al cadere della notte. Allora cominciano ad agitarsi allegramente e a raccogliere insetti e ragni che mangiano, dopo averli bruscamente aggrediti e rapidamente morsi. Questi animaletti, chiamati dai francesi faucheurs (falciatori), hanno bisogno di tre anni per raggiungere il loro completo sviluppo, dopo essere sgusciati dalle piccole uova bianche, sostenendo reiterate mute.

Il nome sotto il quale sono genericamente conosciuti è quello di Opilioni (Opilio); non soffrono il freddo e si conosce anche una specie delle Alpi Svizzere con il nome di Opilio glacialis.

Gli Opilioni hanno il corpo tozzo, dal quale si irradiano le lunghe zampe, di forma ovale, alquanto ruvido sul cefalotorace con 6 anelli addominali, che non sempre sono ben distinti. Hanno due soli occhi collocati nel mezzo del cefalotorace; due stimmi formano i soli passaggi delle trachee, mediante le quali si compie la respirazione. Le antenne mandibolari a tre articoli pendono giù dalla bocca e terminano in una piccola pinza, i palpi mandibolari constano di sei articoli filiformi senza spine; il primo di essi è articolato sulla parte esterna delle antenne mandibolari, e l'ultimo termina in un'unghia sottile, come il vicino paio di mandibole a forma di zampe. Queste e le vere zampe raggiungono una lunghezza che non si trova in altri invertebrati.

Nella struttura interna si trovano due gangli nervosi sopra e sotto l'esofago; il più grosso dei due provvede di filamenti nervosi le zampe e l'addome. Il vaso dorsale consta di tre concamerazioni e dà passaggio al sangue soltanto dalle sue due estremità appiattite. Come in tutti gli aracnidi articolati, le parti genitali si aprono anche qui alla base del ventre, ed il maschio perde la facoltà di mandar fuori un organo copulatore.

Fra le numerose specie, quella più diffusa venne chiamata da Linneo Phalangium opilio, e da Herbst Opilio parietinus; ha il corpo grigio-giallo di 9 mm., e presenta finissime spine sulle anche, sui femori e sul cefalotorace. Una specie molto simile, creduta da molti il maschio della precedente, è l'O. cornutus, riconoscibile per un'appendice cornea dietro la base delle pinze delle antenne mascellari. Altre specie ancora vivono in gran numero in Europa ed in America.

Con il genere dei Gambastorta (Gonyleptes) l'America possiede i più strambi membri della famiglia; uno di essi e il G. curvipes, che ha il corpo rosso-bruno, composto quasi unicamente di un rivestimento corneo, il quale ricopre così bene l'addome da circondarlo quasi tutto. Granelli fitti, color giallo chiaro, con due spinette sul rialzo degli occhi, rendono il suo corpo ruvido e variegato.

SOLPUGHE

La quinta famiglia del 1° ordine degli aracnidi è quella delle Solpughe. Queste, dette anche Scorpioni Ragni (Solpugina), si scostano da tutti i loro affini perché la loro articolazione non si limita all'addome, ma si estende a tutta la parte anteriore del corpo, il quale forma un capo ovale, la cui metà anteriore si compone di pinze perpendicolari, robustissime, e della base, molto rigonfia, simile ad una vescica, delle antenne mascellari. Questo capo porta superiormente, in mezzo al margine anteriore, i due occhi, e sulla parte inferiore le altre due paia di mandibole prive di unghie. Il corpo è coperto di una fitta peluria, mentre le zampe sono rivestite di lunghi peli irsuti, alcuni dei quali molto lunghi; inoltre si osservano agli articoli delle anche delle zampe posteriori, e, al di sotto, delicate appendici cutanee in forma di piastre triangolari sopra un sottile peduncolo. La respirazione si compie per trachee. Questa specie è comune nella Russia meridionale, ma pare si trovi, secondo Pallas, anche al Cairo.

La Solpuga è un animale molto temuto per il suo morso velenoso; abita volentieri fra i canneti, nelle fessure del suolo argilloso, o si appiattisce sotto qualche pietra, ove rimane nascosta di giorno; durante la notte se ne va a caccia, malgrado abbia accaniti competitori, come la scolopendra maggiore e il nero coleottero rapace.

Le sue appendici anteriori a foggia di piedi si trovano in costante movimento; se toccano un oggetto mandano uno sprazzo di luce fosforescente. Come l'elefante che tiene alta la proboscide quando ha toccato un oggetto di cui non è sicuro, così la Solpuga tiene i palpi in su; ma, avvisata della presenza di una vittima, le balza sopra d'un tratto e le pianta nel corpo le pinze micidiali.

Da molti esperimenti risulta la ferocia della Solpuga. Una di esse, lunga 5 cm., aggrediva ogni insetto che le fosse gettato davanti; in groppa ad una lucertola, che con la coda misurava 8 cm., le cacciò le pinze nella nuca e la divorò. Un giovane topo muschiato, un pipistrello che misurava, ad ali distese, da 10 a 12 centimetri, uno scorpione lungo 10 cm., vennero uccisi e divorati.

Si potrebbe dire che le aggressioni delle Solpughe non abbiano limiti e che non si risparmino nemmeno fra di loro; alla fine di accanite dispute il vincitore divora il vinto.

Le madri difendono i figli con molte premure. La femmina scava una galleria nella quale depone oltre 50 uova, che non abbandona per un istante. Dopo 14 giorni fanno capolino i piccoli, che rimangono presso la madre per tre settimane sino alla prima muta.

Trapani Ragno velenoso della specie Solpuga

RAGNI

Questi piccoli amanti dell'oscurità che si chiamano Ragni sono caratterizzati dalla loro scaltrezza nell'insidiare la preda, e dalla strana reciproca antipatia che nutrono l'uno per l'altro, particolarmente le femmine per i maschi. Non stupirà quindi che la frase «odiarsi come ragni» possa dichiarare il grado più elevato di animosità fra due uomini.

Tuttavia, malgrado il loro aspetto burbero e talvolta ripugnante, malgrado alcune spiacevoli particolarità, i Ragni presentano elementi abbastanza interessanti per rendersi meritevoli di una attenta osservazione.

La loro struttura esterna è abbastanza nota ed ognuno può osservarne le otto zampe e il corpo diviso in porzione anteriore e posteriore. Al di sopra, nel cefalotorace, stanno gli occhi semplici, simili a perle incastrate. Bisogna esaminarne attentamente il numero, la posizione reciproca, la distanza, la mole e la direzione, se si vogliono distinguere i vari generi. Il numero degli occhi è per lo più di otto; tuttavia ve ne possono essere anche soltanto sei, raramente due, e negli abitanti delle caverne addirittura nessuno (Anthrobia mammuthica, Stelita taenaria, Hadites tegenarioides).

Le antenne mandibolari sono fatte di un robusto articolo basale, solcato nella parte interna, e di un articolo terminale a foggia di uncino, ripiegabile; esso è cavo come il dente velenifero del serpente. Due ghiandole velenifere, in forma di lunghi otri ciechi, fanno stilare nella ferita un liquido molto acre al momento della morsicatura. I palpi mascellari constano di sei articoli e formano, nella loro parte basale, come negli scorpioni, la mascella inferiore. Nella femmina terminano sempre in un'unghia dentata o non dentata; questo raramente avviene nel maschio, ove l'articolo terminale si ingrossa a forma di capocchia, piena internamente di un liquido semi-trasparente. Dopo la penultima muta compare in esso articolo l'apparato, variamente conformato, per trasportare il seme. Il paio di mascelle seguenti termina, come le zampe propriamente dette, in due uncini dentati a pettine, prendendo esattamente la forma di quello, e la sua divisione in sette articoli; in tal modo lo si considera come zampa, attribuendo così al Ragno otto strumenti di locomozione. Alla base delle due grandi unghie se ne trova un'altra ugualmente conformata, la così detta unghia anteriore o anche anale, che manca soltanto a certi ragni. Alla base dell'addome, collegato da un breve peduncolo alla metà anteriore del corpo, si trovano, fra gli stimmi per i sacchi polmonari, le aperture genitali, che nella femmina gli stimmi trasversali sogliono collegare l'una con l'altra. Immediatamente davanti all'ano, alquanto tubiforme, si trova, nel meraviglioso apparato filatore, la seconda particolarità. dell'ordine. Ghiandole di forme diverse, collocate fra gli intestini, secernono un liquido che, nell'esporsi all'aria, si indurisce tanto da formare fili tenaci, secchi o attaccaticci, e persino una specie di vernice, simile ai fili di seta che escono dai labbro inferiore del bruco della farfalla. Qui la materia filata esce da numerosi e microscopici forellini, dei quali le così dette verruche tessitrici sono sparse come un crivello, onde il nome di cribro che si dà a questa parte. Di solito, queste ghiandole sono sei, appiattite: due davanti, due dietro e le due ultime sui fianchi; possono anche essere in numero minore o diverse di forme. Esse, per mezzo di un'azione muscolare, possono essere voltate avanti e indietro, dentro e fuori, spinte all'esterno e ritirate. In molti ragni esiste un paio di bernoccoli con parecchi articoli che si protendono, simili a codicine, oltre l'estremità dell'addome, e probabilmente hanno la loro parte funzionale nell'ordinamento dei fili. I veri cribri constano di una parte inferiore grande, circondata da un cerchio corneo, villoso, e di una superficie alquanto convessa, intorno a cui si vede, come in una spazzola, una grande quantità di punte, singolarmente conformate, le setole o analetti filatori. Queste punte si trovano spesso disposte in circoli concentrici, od irregolari, le più grandi isolate, e formano i canali delle ghiandole, il così detto cribro.

Sono variabili la disposizione, la distanza e il numero di esse, non soltanto nelle diverse specie di Ragni, ma anche negli individui di una medesima specie.

Secondo Blackwall, il numero più elevato delle trafile si trova nelle Epeira, circa 1000; la Tegeneria ne ha solo 400, la Pardosa saccata 300, la Segestria senoculata appena 100. Non tutti questi canaletti vengono di continuo adoperati per preparare il filo; è in potere del Ragno di metterne uno o parecchi in attività, secondo l'uso che esso deve fare del filo. Il rivestimento chitinoso del corpo del Ragno presenta gradi molto variabili di durezza; di solito, nelle nostre specie è più molle che in quelle esotiche, fra le quali se ne trovano di durissimi.

Le parti più salde del corpo sono sempre tuttavia la piastra dorsale, lo sterno e le unghie.

Un abito sottile o fitto di peli lunghi e setolosi, o più brevi e vellutati, talvolta fatto anche di aculei, lo ricopre esternamente, e spesso contribuisce non poco all'aspetto ripugnante del Ragno. I colori e i disegni, di solito scuri, raramente chiari, si distinguono poco, e non possono servire da caratteri distintivi, essendo soggetti a molte modificazioni nella medesima specie, in conseguenza dell'età.

La struttura interna presenta sotto l'esofago il ganglio principale formato da due gangli nervosi. La catena addominale consta di quattro gangli. L'apparato respiratorio consiste, come si è già accennato, in quattro sacchi polmonari che si aprono alla base del ventre mediante fessure trasversali, che si possono chiudere con un coperchio. La maggior parte dei Ragni ha inoltre trachee più o meno sviluppate, le quali vanno ramificandosi da un tronco principale e sboccano esternamente o negli stessi luoghi, o più in alto, o davanti alle trafile. Il vaso dorsale che si vede trasparire nell'addome in mezzo ad uno spazio simile ad una foglia, in molti ragni, comincia proprio all'inizio dell'addome, manda un tronco principale in avanti, parecchi canaletti da ogni lato verso i sacchi polmonari, tre più grandi per ciascun lato verso il fegato, e termina all'indietro in un tubo semplice. L'apparato digerente comincia con un esofago corneo al di sopra, seguito da uno stomaco atto a succhiare; dietro a questo il canale digerente si ramifica in due parti, le quali, rivolgendosi in avanti, si riuniscono in uno stomaco circolare. Dallo stomaco parte una breve appendice che si dirige in avanti, mentre quattro lunghi ciechi attorcigliati, che vanno lateralmente sino all'origine delle zampe, si rivolgono al di sotto in quel punto, e, di nuovo riuniti da fini tubi congiungenti, mandano all'indietro due appendici a forma di sacco. L'addome è percorso da un intestino semplice, circondato da molti lobi e lobetti di un fegato bruno, che versa in quello le sue secrezioni. Fra i lobetti del fegato si ramificano i condotti che secernono l'orina e sboccano nell'intestino subito prima dell'ano.

Come rapaci che vivono di insetti d'ogni sorta, i Ragni sono obbligati a vivere isolatamente; in certi casi si fanno anche guerra. Tuttavia, esiste qualche specie che dimostra il contrario; Livingstone ne trovò una nell'Africa meridionale che vive in numerosi stuoli e tesse numerosi nidi, gli uni accanto agli altri; Darwin accenna ad una grossa epeira che, come le sue compagne, fabbrica il nido in direzione verticale, seguito da tutti gli altri nidi alla distanza di circa 60 cm. l'uno dall'altro. Probabilmente, dove abbondano gli insetti, i Ragni sono al riparo dalla penuria e non hanno bisogno di isolarsi per godersi da soli il proprio bottino. Il cibo abbondante fornisce facilmente il filo indispensabile al Ragno, mentre, se scarseggia, è necessario che il Ragno faccia molta economia. Non tutti tessono la tela nello stesso modo, né tutti la usano come trappola per la preda. Alcuni di essi si mettono in agguato, rincorrono la vittima, raggiungendola con un balzo. Le femmine, tutte senza eccezione, adoperano la tela per proteggere le uova. Queste creature infatti così crudeli, sono madri tenerissime e sotto questo aspetto possono veramente servire di esempio.

Quando la madre sente arrivare il momento, si allestisce un nido semicircolare con fili che attacca nel luogo che giudica più adatto allo scopo; compiuta l'opera, essa si adagia sul nido con l'addome, mentre le uova spuntano fuori dall'apertura situata alla base di questo, formando un mucchietto rotondo. Si concede un breve riposo, cominciando a tessere qualche filo, ma deve continuare il suo compito; riadagia di nuovo l'addome sopra le uova e le innaffia con un liquido uscito dalla medesima fessura, che viene subito assorbito dalle uova, che ingrossano rapidamente, tanto che non potrebbero essere più contenute nel ventre della madre. Menge è del parere che questo liquido provenga dalle borse del seme, dilatatissime in quel momento; è misto al seme del maschio, per cui è probabile che la vera fecondazione si effettui in quel momento. Terminata l'operazione, il Ragno si riposa per un po' e passa subito dopo a tessere il tessuto che proteggerà i neonati; forma con i suoi fili un solido involucro consistente in due parti semisferiche le quali verranno a loro volta consolidate con altri fili e attaccate al corpo della madre, che se le porterà sempre con sé. Solo pochi ragni scavano una piccola buca nella quale depongono le uova, che vi restano fino allo sgusciare dei piccoli. Altri allestiscono nidi sferici che appendono in luogo sicuro e che sorvegliano di continuo. Quasi tutti prolificano durante l'estate per permettere ai piccoli di nascere favoriti dalla buona stagione.

Trapani Esemplare di ragno-granchio

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Degeer osservò che il guscio dell'uovo era la prima pelle del Ragno, e lo sgusciarne fuori, la sua prima muta. Il neonato è debole e rigido, stende zampe e palpi, si muove a stento e non può né filare, né mangiare e, pur essendo perfettamente sviluppato, non può lasciare la sua culla prima di aver completato la sua muta: il che avviene dopo circa otto giorni. Giunto il momento, spoglia l'ultimo abito che lo riveste e poi si riposa per ritemprare le forze. Poche ore dopo prende a passeggiare allegramente, comincia a filare e ad andare a caccia.

Con reiterate mute i Ragni crescono piuttosto rapidamente, se l'inverno non viene a fermarli.

Anche i dati sul modo d'accoppiarsi dei Ragni non sono precisi. Si sa che quando il maschio desidera l'accoppiamento, si avvicina con somma prudenza e lentamente alla femmina, per vedere se essa accolga benevolmente le sue carezze, o se lo consideri invece un ghiotto boccone da divorare volentieri. Manifestando l'interessata favorevoli disposizioni con il ventre rivolto all'insù, il maschio si avvicina in fretta, e tocca alternatamente con le due punte dei suoi palpi, che sono i serbatoi del seme, la base del ventre della femmina, operazione durante la quale la punta dei palpi si gonfia in maniera visibilissima.

Dopo aver ripetuto più volte questo toccamento, il maschio fugge rapidamente, per non cadere vittima della sua stessa dama.

Trapani Ragno crociato

Trapani Esemplare di ragno "Meliophanus Kochi"

Trapani La tessitura di una ragnatela

MIGALE

Fra le 1000 e più specie di ragni fino ad oggi conosciute, si trova sotto il nome di Migale (Mygale), prima famiglia, il più grosso di tutti i ragni, lungo oltre 5 cm.; quando però stende le sue grosse zampe villose, occupa uno spazio di 20 cm. Vive soltanto nei paesi caldi, e viene chiamato anche Ragno Uccellatore, dato che molti lo hanno accusato di strozzare e divorare gli uccelletti. Bates trovò infatti due uccelletti, uno già morto, e l'altro moribondo, quasi interamente coperto dal corpo del ragno; scacciato quest'ultimo, l'uccellino tuttavia non tardò a morire, coperto com'era di un liquido viscido come saliva, trasudato dal mostro. Gli indigeni delle Amazzoni chiamano questi ragni Aranhas caranguexeiras, o Ragni Granchiaioli. Esiste inoltre una grande e robusta specie chiamata Mygale blondii, riconoscibile per le strie gialle delle zampe, che vive in gallerie sotterranee, lunghe circa 30 cm., e rivestite da fini tappeti di seta filata; giunta la sera, si mette in agguato all'entrata in attesa delle vittime. Secondo molti naturalisti, anche questi ragni si alimentano di mosche e di altri insetti, e sembra che vivano a lungo. Il Ragno Uccellatore è nero-pece, con peli bruni, e setole rosso-rame sugli articoli terminali espansi e piattamente depressi delle sue zampe.

Il genere Mygale e pochi altri hanno quattro sacchi polmonari e quattro stimmi, alla base del ventre, solo quattro apparati filatori, di cui due piccolissimi. Di conseguenza, questo genere, in opposizione con il rimanente stuolo dei ragni che hanno soltanto due sacchi polmonari, forma il gruppo dei Tetrapneumonidi (Tetrapneumones). A questo gruppo appartengono le Ctenize, o Ragni Minatori (Cteniza), poco rappresentate in Europa, che hanno, oltre ai caratteri del gruppo, i piedi affilati alla punta, una serie di aculei sotto le antenne mascellari, lo scudo dorsale ovale, arrotondato di dietro.

La Cteniza Scavatrice (Cteniza fodiens) ha il corpo bruno-rosso, quasi nudo, e l'aspetto di un ragno di cantina. Questo ragno minatore vive in Corsica, e abita le falde scoscese, composte di terra molle, senza pietre e senza vegetazione erbosa, che non raccolgono l'acqua piovana. Scava in direzione orizzontale una galleria di circa 30 cm. di lunghezza, abbastanza larga per muoversi comodamente, la riveste di serica tappezzeria, affinché rimanga pulita. Chiude l'ingresso di questa galleria con un coperchio circolare, articolato. Questo coperchio, fatto all'esterno di terra semplice e dentro di un elegante tessuto serico, si trova dalla parte superiore in contatto con la galleria per mezzo di un cardine, e ricade, dopo che è stato aperto, sfruttando il proprio peso. Sauvage volle provare a conoscere l'importanza di questa porta, invisibile dall'esterno. Ne aveva scoperte alcune e volle tentare di aprirne una con uno spillo, trovando tuttavia una inaspettata resistenza. Riuscito a dischiuderla un poco, vide nell'interno un ragno che, collocato supino, si puntellava con tutte le sue forze contro le pareti della galleria, e teneva saldo il coperchio con alcune delle zampe. Allora Sauvage scavò con un coltello la parte anteriore della galleria, mentre il ragno non si muoveva dalla porta; infatti egli lascia la sua casa soltanto per le scorrerie notturne. In fondo alla galleria Sauvage vide le uova, dalle quali più tardi sarebbero sgusciati i piccoli, ben al riparo in tal modo nel primo stadio della loro vita, accuratamente custoditi dalla madre.

Se il Ragno Minatore viene portato alla luce del giorno ed esposto ai raggi del sole, non tarda ad intorpidirsi. Alcuni altri affini vivono nell'Europa meridionale.

ORBITELI

Tutti i ragni che seguono, che hanno soltanto due sacchi polmonari e respirano ancora in parte per trachee (Dipneumones) si distinguono, a seconda del loro modo di vivere, in sedentari e vagabondi. I primi fabbricano nidi, o almeno tendono fili, sopra o accanto ai quali attendono la preda; i secondi non tessono e arraffano il cibo balzando o correndo. I primi sono inoltre suddivisi in parecchie famiglie a seconda della differenza dei nidi.
Gli Orbiteli, o Ragni a Ruota (Orbitelae), filano i nidi verticali, tesi sopra una ruota di raggi, allacciati da fili in cerchi concentrici, o in linee a spirale. Accanto a questo nido, o nel suo centro il predone aspetta con pazienza che capiti dentro qualche incauto insetto.

Compiono l'ultima muta, diventando così adulti; in autunno le femmine emettono le loro borse di uova, ravvolte di solito in un morbido cotone giallo; le depongono in qualche luogo riparato e muoiono prima dell'inverno. I ragni Orbiteli vedono tutto con otto occhi, dei quali i quattro mediani e più grandi sono disposti a quadrato, o stanno alquanto più lontani dagli occhi frontali degli occhi craniati; gli altri quattro si distinguono a paia che quasi toccano gli occhi laterali, obliquamente collocati, ad una distanza maggiore. Il primo paio di zampe, piuttosto grosse, oltrepassa tutte le altre in lunghezza. La femmina, ad eccezione del genere dei Tetragnati (Tetragnatha), si distingue per l'addome grosso, quasi sferico. Questi caratteri si ritrovano anche nella Epeira Diadema (Epeira diadema).

L'Epeira Diadema, o Ragno Portacroce, deve il suo nome alle macchie disposte in forma di croce sul fondo grigio scuro della regione dorsale dell'addome tozzo e lucente. Presenta inoltre macchie e punti di un purissimo bianco che limitano uno spazio triangolare. Sul dorso della parte anteriore scorrono, da ciascun lato, una stria ricurva, una diritta nel mezzo, tutte e tre di color nero bruno. Le epeire filano per mezzo di sei trafile munite di numerosi canaletti.

Le epeire comuni vivono nei giardini, nei cespugli e nelle foreste di conifere della maggior parte d'Europa, ad un'altezza dal suolo che può variare dai 30 cm. ad 1 metro e mezzo, e di solito poco lontano dai fossi, dalle paludi e da tutti quei luoghi in genere che possono essere ricchi d'insetti. Al principio di maggio i piccoli sgusciano dalle uova, e per circa otto giorni rimangono insieme in forma di gomitolo che si scioglie e si ricompone. In un primo tempo sono a metà trasparenti, bianchi alla testa ed alle zampe, e di un giallo-rossiccio senza disegni sulla parte posteriore del corpo; gli occhi sono circondati di cerchi rossicci ed i piedi sono finemente villosi. Insensibilmente i disegni si accentuano con le diverse mute, e fanno di questo ragno il più bello delle nostre regioni. Appena le giovani epeire si sono sparse, ognuna prende a filare il proprio nido, che, per essere piuttosto piccolo, dà meno nell'occhio di quelli a ruota, che possono avere un diametro di 30 e più centimetri.

Questo ragno non si lascia mai sgomentare dalle difficoltà che possono sorgere per la costruzione; cerca accuratamente la località adatta per cominciare il suo nido e comincia a filare per tendere la rete. Inizia con la cornice che rappresenta la parte fondamentale, attaccandola in un modo o nell'altro, poi traccia un diametro, torna indietro, tende i raggi in tutte le direzioni, servendosi dell'ultimo come via per tendere il seguente. Rimane poi la parte più facile del lavoro, che consiste nel collegare tutti questi raggi per mezzo di cerchi. Partendo di nuovo dal punto centrale, il ragno prepara un filo descrivendo un giro circolare e, ritenendolo coi piedi posteriori, lo attacca ad un raggio dopo l'altro, finché abbia compiuto l'ultimo e più ampio giro. Il campo centrale comprende nel suo sviluppo presso a poco lo spazio che l'Epeira può abbracciare con le zampe distese; contiene fili serici asciutti della medesima natura di quelli già adoperati, i quali non tardano a presentare un carattere diverso, essendo resi appiccicaticci dai numerosi e fitti nodi che vi si trovano; in essi facilmente si impiglieranno con le zampe e le ali gli insetti che volano. Una rete dal diametro di 35-40 cm. può contenere, secondo calcoli approssimativi, 120.000 di tali nodi.

Questa opera di tessitura, anche se non geometricamente perfetta, sempre degna di ammirazione, serve esclusivamente a catturare le prede e mantenere in vita il suo autore. Femmina e maschio fanno entrambi questo lavoro, compiuto il quale, si pongono in attesa; di solito non si pongono mai nel mezzo, ma si appostano ad una estremità della rete, nascosti da qualche foglia od altro oggetto protettore, però sempre in comunicazione con il punto centrale, grazie ad alcuni fili fortemente tesi, che dànno con le loro vibrazioni immediato avviso dell'arrivo della preda. A questa segnalazione l'Epeira, lieta d'essere stata disturbata, esce dal suo nascondiglio, con una certa prudenza, si avvicina alla vittima, e le assesta una buona morsicata perché smetta di dimenarsi; poi, se ha fame, comincia subito il banchetto in loco o trascinandola nel suo nascondiglio, altrimenti la avvolge in una fascia di fili, come una crisalide, e la conserva per divorarla a suo agio, per masticarla e succhiarla, dopo averla ben inzuppata di saliva. Se invece le vittime cadute nella pania non sono di suo gradimento, il ragno è capacissimo di rompere la parte di rete che trattiene la vittima per liberarla o farla cadere fuori; in certi casi in cui i moscerini possono coprire troppa superficie della suddetta rete, il padrone di casa è capacissimo di abbandonarla per fabbricarsene un'altra. Infatti, i moscerini talvolta sono in tale quantità da diminuire e rendere inefficace la viscosità della trappola.

Il mezzo consueto per sfuggire al nemico consiste nel buttarsi giù con un filo al quale rimanere attaccati, per risalire non appena il pericolo inatteso è scomparso; qualche volta, invece, i ragni si lasciano cadere a terra e corrono via velocemente. Le epeire raggiungono l'età adulta generalmente in autunno e sono pronte per l'accoppiamento: di solito c'è un maschio per ogni 10-15 femmine. Ratzeburg ebbe la fortuna di assistere all'unione delle due bestiole; la femmina scendeva lentamente dal centro del suo tessuto incontro al maschio che aspettava rispettosamente ad una delle estremità del nido, senza muoversi. Allora la femmina si appese con il dorso all'ingiù, la testa in avanti e le zampe retratte come se fosse morta. Il pretendente allora si mosse, anch'esso con il dorso penzolante, e prese a palpeggiare la femmina, circondandola dal di sotto con le sue lunghe zampe. Questo gioco durò per un quarto d'ora circa; quindi il maschio balzò sul petto della femmina ed ebbe inizio l'accoppiamento.

Questa operazione, che aveva la durata di mezzo minuto circa, dopo la quale ognuno dei due riprendeva la posizione iniziale, si ripeté parecchie volte ed ebbe la durata complessiva di un'ora circa; dopodiché, la femmina vi pose fine tornando al suo posto, mentre il maschio si ritirava nel nido vicino. Le uova gialle, appese nel loro sacchetto, vengono deposte in autunno, in qualche luogo riparato dove passano l'inverno, e l'addome della femmina intanto diminuisce a tal punto che la si riconosce appena; prima che sopraggiunga l'inverno muore. La Tetragnata Estesa (Tetragnata extensa) si distingue fra i ragni Orbiteli per alcune particolarità, quali il prolungamento addominale, le zampe lunghissime e le parti mandibolari lungamente protese. Gli occhi, di uguale grossezza, in numero di otto, sono disposti in due file diritte, due per due, l'uno dietro l'altro, ed alla medesima distanza. Questo ragno, che adulto è lungo 16 mm., è rosso-gialliccio alle zampe e d alla parte anteriore del corpo, di solito bianco-giallo all'addome, bianco-argento sui lati e armato, sopra, di un campo dorsale fogliforme, bruno-rosso, chiuso da margini più scuri intaccati. Il suo nido è una ruota verticale tesa fra gli steli di giunchi, di canne e simili, presso i laghi, le pozzanghere, dappertutto dove regni l'umidità. La bestiola si mette in agguato e aspetta la preda, che abbranca velocemente. Nell'accoppiamento, il maschio più piccolo, con l'estremità addominale abbassata, si trova sotto la femmina, che ricurva alquanto la sua; il maschio allora introduce l'estremità protesa dei suoi palpi nella fessura ventrale, senza manifestare alcun timore della femmina. Le uova, deposte in un sacchetto semisferico, e ravvolte in un tessuto fioccoso, vengono attaccate ad uno stelo, e ne sgusciano, entro l'anno corrente, i giovani, che si dondolano nell'aria mediante i fili autunnali, e con il sopraggiungere dell'inverno si nascondono volentieri nelle canne dei giunchi. Il genere Gasteracanta (Gasteracantha) è quello più diffuso nelle regioni calde; ha l'addome più largo che lungo, simile ad una piastra cornea, munita di tracce allineate di cicatrici, e riceve un aspetto minacciosissimo, dato dagli aculei più o meno lunghi che ne armano l'estremità.

Gli occhi craniali sporgono più di quelli frontali. La Gasteracanta Arcuata (G. arcuata) presenta le caratteristiche trafile a forma di bernoccolo ottuso, che sporgono nel centro del ventre, e lunghe spine mediane, ricurve come pinze, non ugualmente curve però nei vari individui. Questa specie vive a Giava.

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INIQUITELI

Gli Iniquiteli, o Ragni Tessitori (Iniquiteles), filano nei cespugli o fra le erbe un tessuto orizzontale, i cui fili scorrono in tutte le direzioni senza ordine determinato. In questo nido maschio e femmina vivono in società durante il periodo dell'accoppiamento, passato il quale, fanno vita isolata.

I Pachignati (Pachygnatha) si accontentano di tendere alcuni fili in lungo ed in largo, in alto ed in basso, oppure semplicemente dietro di sé quando corrono, senza curarsi di filare un vero nido. Qualche volta ne fanno uno a ruota, piccolo, orizzontale, e in estate un altro tipo a forma di campana, nel quale la femmina veglia sopra uno o parecchi bozzoli di uova. Tutti questi ragni sogliono appendersi con le zampe al loro nido con il dorso all'ingiù, aspettando in tale atteggiamento la loro preda. Degli otto occhi, i quattro mediani sono disposti a quadrato, con gli occhi frontali più vicini fra loro degli occhi craniali, mentre quelli laterali quasi si toccano. L'addome di solito è molto convesso, quasi sferico; il paio anteriore delle sottili lunghe zampe è il più lungo. A questo si collega il quarto, poi il secondo, e finalmente il terzo, che è più breve.

La Linifia Montana, detta anche Ragno dal Baldacchino (Linyphia montana), tesse un nido che consiste in una coperta orizzontalmente allargata, sulla quale sono tesi in tutte le direzioni numerosi fili obliqui che servono da lacci. Il ragno si apposta sotto la coperta in attesa della preda, che, una volta presa, viene afferrata e succhiata, non morsicata. Nei luoghi più favorevoli a tale caccia, si stendono spesso numerosi nidi, o disposti sopra un piano, o sovrapposti l'uno all'altro, i quali, imperlati dalla rugiada mattutina, presentano un incantevole aspetto. L'accoppiamento presenta una particolare caratteristica per quanto riguarda l'attività del maschio che precede l'operazione. Infatti, questo ragno prepara sotto il baldacchino un piccolo tessuto triangolare, simile ad un ponticello, sul quale si stende, dimenando l'addome, finché una gocciolina di seme, più piccola della capocchia di uno spillo, non risulti visibile sul margine del gradino. Allora si reca al di sotto di questo ed immerge alternativamente nella gocciolina le due cavità dei palpi copulatori, finché non venga tutta assorbita dall'uncino dei piccoli recipienti; è straordinaria la sicurezza con la quale trova sempre la gocciolina, che non può vedere nella sua posizione.

Dopo questa operazione, procede con movimenti agitati e convulsi all'immersione dei palpi nella vagina della femmina. Tuttavia non è raro il caso che, prima di arrivare a tale felice conclusione, vi siano state lotte accanite e talvolta mortali tra due maschi. In giugno la femmina depone circa cento uova in un piccolo nido piatto, sotto la corteccia di un albero, o in altro luogo sicuro, lo ricopre di fili allentati, costruendolo con tutta la cura che l'amore materno le suggerisce; i piccoli nascono di solito in luglio.

Questa specie somiglia ai Tetragnatha, già descritti, ma è più piccola; ha la parte anteriore del corpo bruna, marginata di scuro ai lati; sull'addome dal fondo bianco spicca uno scudo allungato, bruno, più scuro e intaccato. Il ventre è bruno scuro con quattro macchie bianche. Gli occhi frontali e laterali, ugualmente grandi, formano, riuniti due a due, una linea dolcemente ricurva in avanti, mentre gli occhi craniali, alquanto più grandi e più distanti l'uno dall'altro, sono quasi in linea retta con gli occhi laterali posteriori.

Il Teridio Redimito (Theridium redimitum) è uno dei ragni più piccoli e tozzi; abita ogni sorta di cespugli e piante basse e suole tendere fili irregolari fra una foglia e l'altra per invischiare insetti.

La madre allestisce una taschetta sferica, azzurrognola, che contiene le uova e viene appesa ad una foglia, presso la quale la madre fa la guardia finché siano nati i piccoli.

Nel tempo degli amori, il maschio e la femmina vivono in pace nel medesimo nido.

Nella prima gioventù è quasi bianco e trasparente, escluso il dorso dell'addome, macchiettato di nero. Esistono inoltre dei maschi che hanno sulla metà del dorso dell'addome un ovale rosso diviso da due linee trasversali gialle. La posizione degli occhi ricorda quella delle epeire con la differenza che i quattro mediani, uguali fra loro, formano gli angoli di un quadrato. Tutti i teridii dimostrano una maggior indolenza degli altri ragni, e si lasciano facilmente prendere.

Fa parte della famiglia anche la famosa Malmignatta (Latrodectus tredecimguttatus) dell'Europa meridionale. Essa è nota per il suo morso velenoso, il cui effetto si dilegua dopo non meno di quattro giorni di abbondanti sudorazioni.

E' lunga dodici millimetri, nero-pece, ed ha l'addome sferico adorno di tredici macchie rosso-sangue, due delle quali appartengono al ventre.

Gli occhi uguali della piccola parte anteriore del corpo, sono disposti in due linee rette, gli estremi molto vicini ai margini, e gli occhi frontali, molto più vicini fra loro degli occhi craniali. La Malmignatta sta fra le pietre e gli avvallamenti del suolo, sui quali tende pochi fili, precipitandosi con sfrenata audacia sopra gli insetti che vi si impigliano; riesce a soggiogare con il suo potente veleno insetti e animali di mole superiore di parecchio alla sua.

La femmina avvolge le numerose uova (anche 200) in un saldo bozzolo sferico puntuto da un lato, color caffè chiaro, e del diametro di 12 millimetri.

Le uova non sono incollate le une sulle altre, ma nemmeno libere; sono collegate da alcuni invisibili fili, e, infatti, se ne prendiamo uno, gli altri seguono come le perle di una collana.

TAPITELI

Ognuno conosce a sufficienza le ragnatele triangolari, tese negli angoli delle stalle dei granai, e di altre stanze poco pulite che sembrano nere per la polvere che vi si accumula. I nomi diversi che porta la Tegenaria Domestica (Tegenaria domestica), appartenente alla IV famiglia, possono far pensare facilmente ai luoghi che abita. Questo ragno, piuttosto casalingo, ordisce la sua tela aggiungendo altro tessuto mediante fili trasversali all'angolo dei muri; predilige luoghi ove si trovino buche o screpolature nelle quali si rifugia in caso di pericolo.

Si apposta di solito sull'orlo di esse in attesa della preda, la afferra, la trascina seco e se la divora comodamente nel suo ripostiglio.

L'Agelena Labirintica (Agelena labyrinthica) preferisce abitare i luoghi aperti dei boschi, le falde montane dove crescono piante e cespugli bassi. E' più robusta della tegenaria, misura da 12 a 20 mm., ha la medesima forma, e presenta sulla parte anteriore del corpo grigio-giallo due strie longitudinali nero-brune, che terminano a punta verso gli occhi laterali. Sull'addome nero-grigio scorre una stria mediana di peli grigio-rossicci, che termina in una macchia arancione al di sopra delle trafile sporgenti; ad essa si collegano lateralmente da cinque a sei strie villose, composte di punti, obliquamente dirette sul davanti. Le anche e le cosce sono gialle, gli altri articoli delle zampe sono giallo-rossi, bruno-rossi alle estremità, senza altre macchie. Gli occhi, di grandezza quasi uguale, sono disposti come nella specie precedente, ma gli occhi craniali sono più vicini fra loro, quasi come gli occhi frontali.

Questo ragno tende una tela orizzontale fra le erbe e le boscaglie; questa tela, disposta per la caccia, termina in una galleria cilindrica, aperta dalle due parti, parecchie volte ricurva, ove il ragno aspetta la preda, e che viene coperta al di sopra di foglie secche, tanto da riparare dalla pioggia o dai cocenti raggi del sole il suo abitatore. L'Agelena non abbandona facilmente la sua tela, ne ha cura e la rammenda sempre quando ha sofferto qualche danno.

In luglio e agosto ha luogo l'accoppiamento proprio in quella galleria che la femmina abita. Essa depone una quantità relativamente piccola (60-70) di grandi uova, in un piccolo otre composto di parecchi strati, il cui involucro esterno è tessuto con pezzetti di terra ed avanzi di piante; questo sacchetto è appeso presso il nido, e la madre lo custodisce molto gelosamente.

Questo ragno è diffuso in tutta l'Europa.

NIDITELI

Sono accolti nella V famiglia, sotto il nome di Ragni dal Sacco, tutti quei ragni dal corpo e dall'addome cilindrico o lungamente ovali, con zampe brevi, e che allestiscono nidi a foggia di sacchi. Le loro trafile cilindriche o sono di uguale grandezza, o le inferiori sporgono molto; gli occhi si ripartiscono in modo diverso sul cefalotorace, nel quale la testa si distingue molto meno che nelle specie precedenti.

L'Argironeta Acquatico, o Ragno Palombaro (Argyroneta aquatica), esternamente non presenta nessun particolare degno di nota.

Contrariamente a ciò che si osserva negli altri ragni, il maschio, più robusto, misura 14 mm., ed è più lungo della femmina, che ne misura 11. Degli otto occhi di uguale grandezza i primi quattro formano un arco poco convesso, diretto in avanti, gli altri ne formano uno più convesso diretto posteriormente; questi, oltre che per la direzione, si distinguono anche per il fatto che quelli del primo si scostano soltanto della metà del loro diametro, mentre gli occhi del secondo si discostano abbondantemente per l'intero diametro. Gli occhi mediani infine si trovano collocati su di una prominenza a guisa di uncino e gli occhi laterali sopra una obliqua collinetta. Nei due sessi il cefalotorace, quasi nudo, di un rosso-ruggine, diventa bruno sui lati e dietro, bruno-nero intorno alla fronte, e si adorna davanti di tre strie longitudinali nere e sul dorso di raggi dello stesso colore. L'addome bruno-oliva è coperto di una delicata lanugine vellutata grigio-bianca. Le zampe sono anch'esse bruno-oliva, ad eccezione dei femori e delle anche più chiare. Questo ragno vive quasi continuamente nell'acqua e respira per sacchi polmonari e trachee. Le trachee a forma di pennello provengono da brevi tronchi collocati dietro i polmoni, e non si ramificano oltre. Vive di preferenza nelle acque stagnanti o poco correnti, ricche di acari o di piccoli insetti, vi fa il suo nido e vi si accoppia. Il ragno natante presenta sull'acqua un aspetto strano, poiché un sottile strato di aria avvolge il suo addome che ne acquista uno splendore di argento vivo, rivelando la presenza dell'animaletto, che, data la sua piccolezza, potrebbe passare inosservato.

Questo strato di aria è mantenuto non solo dal rivestimento di velluto che impedisce alla pelle di bagnarsi, ma è separato dall'acqua anche da una specie di vernice che lo ricopre.

Quando questo piccolo palombaro vuole farsi un nido, sceglie una pianta al cui gambo comincia ad attaccare la materia da filare e costruisce in modo veramente ingegnoso una specie di campana da palombaro, della grossezza di una noce, con l'imbocco rivolto all'ingiù. Diversamente dai suoi simili, non attende le sue vittime, ma ne va in cerca, mangiandole subito se è spinto dalla fame, dopo averle trascinate su qualche stelo adatto, altrimenti le porta nella sua casa, dove le appende come provvista per l'avvenire. Al tempo dell'accoppiamento, che ha luogo in primavera ed in settembre, il suo rivestimento appare meno regolare, e talvolta fa capolino una macchia dorsale romboidale, oppure l'aria si addensa di più nel petto, nel ventre e nella punta dell'addome. Il maschio fabbrica una campana più piccola vicino a quella della femmina e le unisce con una galleria coperta. Avvenuto l'accoppiamento, la femmina depone le uova in una bolla d'aria che circonda di fine tessuto, e attacca questo piccolo nido sferico, alquanto depresso, ad una pianta acquatica, o alla sua campana. Dopo circa due mesi i piccoli vengono di solito alla luce, e cominciano a risalire per prendere aria. Alcuni si allestiscono piccole campane intorno ad una pianta, altri, cadendo sopra i cadaveri di larve, vi si aggrappano; dopo il quinto giorno dalla nascita cambiano pelle, e si vedono galleggiare in superficie le loro numerose spoglie.

Altri numerosi ragni dal sacco vivono per lo più nascosti sotto le pietre, il muschio, nelle fessure dei muri e nelle screpolature o dietro la corteccia delle piante.

La Clubiona, o Ragno Sericeo (Clubiona holosericea), è uno dei ragni più comuni dei nostri giardini e anche delle nostre case. Al tempo dell'accoppiamento i due sessi stanno in un sacco, diviso in appartamento superiore e appartamento inferiore, separati da una parete tessuta. Verso la fine di giugno la femmina emette da 50 a 60 uova, e rimane imperterrita, anche davanti al pericolo, a difendere e custodire la sua progenie. In altri momenti questi ragni vanno volentieri in giro e cercano con avidità i nidi di altri affini per divorarne le uova. Questa specie ha un colore bianco-gialliccio, con il cefalotorace lungamente ovale bruno-corneo, e l'addome con rivestimento di scudi rosso-bruni. Presentano otto occhi, molto distanti l'uno dall'altro, di cui la fila anteriore segue quasi una linea retta, la posteriore invece una linea debolmente ricurva all'indietro, con occhi molto lontani l'uno dall'altro. Gli occhi laterali distano della larghezza dell'occhio stesso. Le trafile hanno uguale lunghezza, i piedi sono privi di uncino anteriore, il labbro inferiore ha una forma quasi lineare, e le antenne mandibolari sono molto cordonate nel mezzo.

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TUBITELI

Alla VI famiglia appartengono i Tubiteli (Tubitelae), che tessono fra le pietre, nelle fessure, fra i gambi dei giunchi, ecc., delle gallerie di fitta seta; presentano soltanto sei occhi, un corpo cilindrico posato sopra brevi ma robuste zampe con un solo uncino anteriore dentato. I palpi della femmina presentano inoltre un uncino non dentato.

Nel genere Segestria i sei occhi sono quasi di uguale grandezza, disposti quattro in una linea, curva appena posteriormente, mentre i due superiori formano gli occhi laterali rivolti al di fuori, equidistanti dai loro vicini, come da quelli frontali.

Nelle disdere (Dysdera), invece, si dispongono in modo che si possono distinguere due grandi occhi frontali, due occhi craniali alquanto più vicini e notevolmente più piccoli, e da ogni lato, in mezzo ad essi, un occhio laterale grosso come un occhio frontale.

Una delle specie più diffuse è la Segestria (Segestria sexoculata), che vive sotto le pietre, la corteccia degli alberi, il muschio, ecc., in un tubo mediocremente lungo, bianco, aperto alle due estremità, all'imbocco del quale tende parecchi fili che servono ad impigliare gli insetti che si avvicinano; il ragno fa la guardia all'entrata di questo tubo, con le sei zampe posteriori tese in avanti ed il corpo depresso.

La vittima che incappa nei fili è subito abbrancata e portata nel tubo.

Anche questi ragni aggrediscono insetti superiori ad essi in mole ed in forza, e si cimentano anche con la vespa, generalmente temuta dagli altri ragni.

La Segestria, lunga 9-10 mm., ha il cefalotorace lungamente ovale, bruno-pece, l'addome cilindrico, adorno di un abito villoso, con sul dorso un disegno bruno scuro, consistente in una serie longitudinale di sei o sette punti; questi vanno rimpicciolendosi e sono collegati da una linea centrale.

Anche in questa specie, come nei palombari, il maschio è più grosso della femmina, almeno secondo le osservazioni del barone di Walkenaer.

LATERIGRADI

Alla VII famiglia dei ragni appartengono alcune specie dal corpo depresso, riunite sotto il nome di Laterigradi (Laterigradae). Le caratteristiche di questi ragni consistono nelle zampe anteriori molto più lunghe delle posteriori, nel premere saldamente il loro corpo piatto sul suolo, e nello strisciare indifferentemente in tutte le direzioni. Sono aggressivi e, dopo essere rimasti in agguato, individuata la vittima, scivolano verso di essa, l'addentano alla nuca, uccidendola di solito con il loro morso. Il loro campo d'azione più redditizio è rappresentato dai fiori più visitati dagli insetti, nei quali trovano prede abbondanti. Nel periodo di emissione delle uova molte specie vivono in foglie ripiegate, rivestite internamente di un tessuto più o meno spesso, sotto le pietre o dietro le cortecce degli alberi, ove depongono un sacchetto tondo, od ovale, che racchiude le uova e sul quale vegliano con la consueta tenerezza. Il maestoso e bianco-verde Thomisus (Sparassus) virescens si attacca saldamente al mazzetto di fiori del millefoglie, in modo che gli insetti che vi ronzano intorno non possano avere spesso il minimo indizio del pericolo che corrono.

Il rappresentante principale del gruppo con le caratteristiche relative è il Tomiso Comune (Thomisus o Xisticus viaticus), dal colore generalmente bruno-giallo con un disegno forcuto ed i margini laterali più chiari; un altro disegno altrettanto chiaro, e da ogni parte tre volte dentato, scorre sulla parte dorsale dell'addome, i cui lati bianchicci sono percorsi da strie oblique di colore bruno; queste proseguono all'insù, dietro il campo dorsale, a forma di arco.

Le zampe gialle portano nella femmina macchie brune e punti, specialmente le anteriori. Nel maschio le quattro anteriori sono bruno-ruggine o nerastre dalla radice sino al ginocchio, poi diventano gialle e senza macchie come le altre. Il maschio, lungo solo 4 mm., è di solito più scuro e con disegni più spiccati; la femmina, lunga 7 mm., ha l'addome notevolmente più largo. Questo ragno, diffuso più o meno in tutta l'Europa, abita volentieri fra le foglie, che ripiega mediante fili allentati, e delle quali si serve in maggio o giugno per emettere le uova. Queste vengono racchiuse dalla femmina in un sacchetto tondeggiante, e sono da essa vigilate con tanta cura che non si può allontanarla da esse, nemmeno scacciandola. Lo sviluppo dei piccoli sembra essere molto irregolare; in autunno si possono osservare in diversi stadi, in mezzo a quelli che veleggiano per l'aria appesi ai fili.

A proposito di questi numerosi fili, detti fili di Santa Maria (dai francesi fils de la vierge), che a migliaia brillano al sole autunnale, al di sopra dei campi di stoppia e dei prati, che si appendono come lunghe bandiere agli alberi, ed aleggiano in bianchi fiocchi attraverso l'aria tranquilla, essi indicano soltanto la via tenuta dall'esercito dei ragni, e non servono, come erroneamente si credeva, per prendere insetti, poiché i ragni che li fabbricano sono animali migratori, e non costruiscono nidi.

Infatti questi ragni, quando decidono di abbandonare un determinato luogo per recarsi in un altro, essendo privi delle ali, ed essendo troppo lenti per andarsene a piedi, si affidano ai loro fili per veleggiare nell'aria, appesi ai medesimi. Tutti gli oggetti che sporgono alquanto dal suolo, paracarri, pali, estremità dei rami degli alberi, ecc., offrono un punto di appoggio a questi fili, e anche di partenza, per il ragno mosso da una grande smania di viaggiare.

Esso si arrampica sul filo più vicino fino alla estrema cima del luogo che abita, emette dalle trafile un filo o parecchi, stacca le zampe e comincia il suo viaggio aereo; questo può essere più o meno lungo, poiché, se il filo si attacca a qualsiasi posto, il navigatore deve per forza sostare.

Se il filo non trova ostacoli a cui appigliarsi, il ragno, per non essere condannato ad un eterno viaggio aereo, ha un mezzo semplicissimo per toccare terra: basta che risalga lungo il suo filo, lo aggomitoli con le zampe, formando così una specie di paracadute, per giungere sano e salvo a terra.

Questo fenomeno dei fili di Santa Maria si verifica non solo in autunno, ma anche in primavera, quando i ragni lasciano i quartieri d'inverno, ma entro limiti meno estesi di quelli autunnali.

LICOSIDI

Più dei ragni laterigradi, l'VIII famiglia quella dei Licosidi (Lycosides), produce navigatori aerei, e rappresenta, per le nostre regioni temperate, la migale dei tropici, per la mole ragguardevole di alcune fra le sue robuste specie. I Licosidi presentano alcuni caratteri distintivi che colpiscono l'occhio. La parte anteriore del corpo si restringe molto in avanti e si innalza nel mezzo in forma di un'ottusa carena. Gli occhi sono collocati su tre file quattro piccoli davanti, disposti gli uni accanto agli altri in linea retta, due notevolmente più grandi dietro, l'uno presso l'altro, e gli ultimi due, ugualmente grandi, più lontani ancora, dietro, scostati l'uno dall'altro. L'ultimo paio delle zampe sottili oltrepassa in lunghezza le altre, ma terminano tutte nei due uncini principali della solita forma, con l'uncino anteriore per lo più dentato, il quale manca decisamente solo nel genere Zora; un uncino con parecchi denti arma i palpi della femmina.

Fra i Licosidi che possono rincorrere una preda sull'acqua senza affondare si trova il Dolomede (Dolomedes fimbriata), color bruno-oliva sulla parte superiore del corpo, con un largo orlo giallo o bianco alle estremità del medesimo. Spesso nel mezzo si distinguono quattro strisce longitudinali di punti argentei, delle quali le due esterne constano di sette punti e scorrono per tutta la lunghezza, mentre le interne si limitano a tre o quattro punti indistinti sulla metà posteriore. Il petto è giallo, orlato di bruno, ed il ventre presenta strisce grige e nere. Le zampe giallastre portano punti neri e peli aculeiformi.

La femmina, che talvolta raggiunge la notevole lunghezza di due centimetri e mezzo (il maschio è lungo dieci millimetri) appende il sacchetto sferico delle uova, formato di morbido tessuto bianco, a qualche stelo presso il quale di solito resta di guardia.

Sotto il nome generico di Pardosa (Pardosa) sono riunite tutte le specie che hanno un uncino anale non dentato e la testa strettissima e sollevata a comignolo; di esse la specie più conosciuta e diffusa è la Pardosa saccata (Pardosa o Lycosa saccata).

Si suppone che l'accoppiamento debba avvenire per tempo, poiché nella seconda metà di maggio, se l'inverno non e troppo lungo, si vede già la femmina aggirarsi con il suo sacchetto d'uova, piattamente depresso, attaccato al ventre.

Questa specie è lunga al massimo 6 mm., grigio-bruna, con una macchia gialla longitudinale sulla parte anteriore dorsale del corpo, una macchia nera, forcuta, alla base, due serie di macchie nere sulla regione dorsale dell'addome, e zampe giallo-brune, cerchiate di nero. Vi sono specie molto simili (P. montana, Arenaria ed altre), difficilissime da distinguere da quella descritta senza riferirsi a particolari molto minuti. Le pardose vivono in luoghi umidi od asciutti indifferentemente.

L'appellativo di Tarantola venne dato ad un ragno che si riteneva vivesse esclusivamente presso Taranto, e al quale si attribuirono fino al secolo scorso, anzi per essere precisi, alla sua morsicatura, degli strani e molteplici effetti.

A dare credito a tali opinioni, non esistono atti o manifestazioni umane che il morso della Tarantola non possa giustificare; la sola terapia allora conosciuta consisteva nel suonare una pastorale o una tarantella, che costringeva i «tarantolati» a saltare e ballare fino a totale esaurimento, fin quando cioè crollavano a terra completamente spossati, per destarsi immemori dell'accaduto. Tutte queste fandonie sulle tarantole hanno richiamato su questi ragni l'attenzione dei naturalisti i quali, sfatando tutte le leggende, hanno ridimensionato il potere velenoso della puntura di Tarantola, e hanno potuto determinare i caratteri del genere.

Il disegno che caratterizza questi licosidi (Tarantula) è formato di solito da tre fasce longitudinali chiare sul cefalotorace, da macchie scure, spesso sbiadite, che si seguono l'una all'altra, a forma di luna o a cono o fusiformi, longitudinali, e scure, tra i margini scuri e polverosi dell'addome; si trovano spesso anche sul ventre nero, con semicerchi scuri sotto le tibie.

La femmina attacca alle trafile il suo piccolo bozzolo sferico contenente tutte le uova.

Le tarantole amano i luoghi asciutti e soleggiati.

La Tarantola delle Puglie (Tarantola Apuliae, probabilmente l'Aranea tarantula di Linneo) non vive solo nelle Puglie, ma in quasi tutte le zone meridionali dell'Italia in Spagna ed in Portogallo; la lunghezza delle femmine può raggiungere anche i 34 mm. Questo ragno è color camoscio con alcune strisce nere trasversali sull'addome, orlate di bianco-rossiccio, e con una fascia mediana nera sul ventre. Le zone chiare del cefalotorace hanno ugualmente una tinta rossiccia. Questo ragno scava sulle pendici soleggiate e non coltivate un buco nella terra, ne consolida l'entrata con piante intricate e secche che si innalzano come un baluardo sul suolo; l'interno viene spalmato con una specie di cemento che con il calore del sole acquista la durezza della pietra.

La posizione scoscesa ed il baluardo che la circonda proteggono l'abitazione dall'umidità e dall'introdursi di oggetti estranei.

Al tramonto, il ragno in agguato perlustra e cerca nei pressi della sua abitazione le sue vittime; catturato un insetto, lo trascina dentro, per mangiarlo a suo agio, gettando al di fuori le sole parti che non riesce a divorare. Sembra che sia possibile far uscire di giorno questo ragno dalla sua tana imitando, con una canna, il ronzio dell'ape. D'inverno cade in letargo, e le sue dimore vengono chiuse, in tale periodo, con materie vegetali secche e intessute di fili, che formano una valida difesa contro le intemperie. Rimane fondata l'opinione che la Tarantola morda soltanto durante il periodo estivo e di maggior calura; infatti, non si ha notizia di tarantole che abbiano morsicato qualcuno nelle altre stagioni. Il sacchetto delle uova che la femmina porta con sé all'estremità addominale, bianco e grosso, il doppio di una nocciuola, contiene di solito da 600 a 700 uova, grosse come un grano di miglio. I piccoli ne sgusciano in agosto e settembre; essi si arrampicano sul dorso della madre e le strisciano attorno finché, fatti più grandicelli, non si sparpagliano.

A questo genere appartengono probabilmente altri ragni definiti da viaggiatori che percorrono i paesi caldi, come straordinari; questi animali, inoltre, hanno il vantaggio di potersi mimetizzare accoccolandosi come mucchietti informi nell'angolo formato da qualche ramo, nelle screpolature della corteccia, o in altri luoghi, aspettando che la preda, ignara, passi loro a tiro.

Trapani Modello tridimensionale di tarantola

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ATTIDI

La IX ed ultima famiglia, nota sotto il nome di Attidi, o Ragni Tigri (Attides), ha come caratteri distintivi l'assenza dell'uncino ai palpi della femmina, e dell'unghia anteriore ai piedi; le unghie vere sono sottili e brevemente pettinate, le esterne sono talvolta prive di denti e munite di ciuffetti di peli penniformi. Esiste inoltre l'attitudine al salto, ed una speciale modificazione nella grandezza degli occhi: i primi quattro della fila anteriore sono molto grandi, specialmente i due mediani, mentre gli occhi anteriori esterni ed i posteriori craniali si trovano equidistanti e divisi, di solito, lateralmente da altri due piccolissimi. Le zampe robuste giungono nel paio posteriore alla loro massima lunghezza. Questi ragni, spesso elegantemente variegati, si costruiscono sulle piante o sulle pietre un nido serico, a forma di borsa ovale o tonda, nella quale le femmine custodiscono le uova.

L'Arlecchino (Salticus o Calliethera scenicus) compare nei primi giorni di primavera sulle muraglie soleggiate, e passeggia in cerca di vittime. Non appena ne ha scoperta una, le si avvicina cautamente, le piomba addosso d'un salto, tirandosi dietro un filo destinato ad assicurare la sua ritirata. Resa innocua la preda con uno o due morsi, il ragno scende e, tenendola davanti a sé, prende a succhiarla avidamente. La mancanza di precisione dei suoi salti per raggiungere la vittima, e il ripetersi di essi, di effetto piuttosto comico, fanno parte delle caratteristiche di questo animale.

Il cefalotorace è di solito ovale ristretto all'indietro e presenta, su fondo nero, disegni di un bianco puro, formati da peli disposti in una larga striscia laterale, sulla faccia, dietro gli occhi anteriori; essi formano anche una macchia forcuta di dietro, che si può dilatare talvolta a forma di croce. L'addome, lungamente ovale, bruno vellutato sul dorso, presenta quattro disegni bianchi, arcuati, i cui mediani sono interrotti, e sembrano piuttosto strisce oblique; spesso, inoltre, vi sono anche disegni angolari gialli. Il colore dominante sul ventre è il grigio-bianco, sul petto il nero con peli bianchi, ed infine il bruno sulle zampe, coperte sui femori di squame bianche.
Il genere Eresus si distingue per la bellezza delle sue specie nell'Europa meridionale, e raramente nella centrale. Ha la corporatura depressa, l'addome quasi quadrato, grosse e brevi zampe, ed una diversa disposizione degli occhi. L'Ereso Carminio (Eresus cinaberinus o quadriguttatus), lungo 9 mm., color carminio, è uno dei più bei ragni d'Europa. E' nero-vellutato, rosso vivo sulla regione dorsale dell'addome, segnato di quattro punti neri, disposti a quadrato, con le zampe anteriori cerchiate di bianco, e le posteriori rosso-scarlatte sino a metà.

Nelle regioni calde abbondano grossi ragni di questa famiglia, della stessa forma, ed anche altri che hanno l'aspetto di una formica.

ACARI

Gli Acari compongono un mondo importante di aracnidi, per lo più microscopici, numerosissimo, molto vario nelle forme. Pochi di essi raggiungono una mole tale da permettere all'occhio di distinguerli come esseri isolati.
Esclusi i piccolissimi, gli Acari si distinguono dagli altri aracnidi per l'aspetto esterno ed il corpo non articolato. Il loro cefalotorace è fuso perfettamente con l'addome, meno in alcuni casi, nei quali un solco trasversale indica sul dorso il loro rispettivo limite. All'estremità anteriore dorsale si trovano due, raramente quattro, occhi semplici che possono tuttavia anche mancare. L'apparato boccale può essere atto sia al mordere che al succhiare; soggetto a variazioni è anche il primo paio di palpi mascellari. Il secondo paio, come nei veri aracnidi, appare sotto forma di zampe, per cui si usa, anche per questi animali, parlare di quattro paia di zampe.

L'intestino degli Acari va dalla bocca, in linea retta, sino all'apertura anale, collocata molto in avanti dalla parte del ventre; in poche specie sporge come un breve e semplice tubo, e nella maggior parte dei casi lo stomaco dirama da ogni lato tre protuberanze a guisa di intestino cieco, con molte differenze nella direzione e nella distribuzione. La respirazione, eccettuati i sarcopti, ha luogo per trachee, le quali si dilatano per lo più in forma di ciuffetto nel tronco principale che sbocca nello stimma, senza ramificarsi oltre. Generalmente vi sono due soli stimmi, o nascosti presso la base delle antenne mascellari, o liberi sulla faccia esterna del quarto e del terzo paio di zampe; non si è potuto ancora distinguere un vaso dorsale. Le aperture sessuali si trovano sulla faccia ventrale e lungi dall'ano; nel maschio sono talvolta collocate presso la bocca. Gli Acari si propagano per uova; i piccoli che ne sgusciano cambiano pelle varie volte, diversi all'inizio, per la forma, dalla madre. Una definizione riassuntiva potrebbe definire gli Acari «aracnidi con apparato boccale atto a mordere o a succhiare, con corpo inarticolato e con un secondo paio di mascelle a foggia di zampe, che respirano per trachee e diventano adulti mediante metamorfosi imperfetta».

Trapani Un acaro

BDELLIDI

La piccola famiglia, la I, dei Bdellidi, od Acari Proboscidati (Bdellidae), si distingue da tutte le altre per la testa nettamente strozzata a proboscide, ed il cefalotorace ben distinto dall'addome. Questi infimi animaletti strisciano lentamente nei luoghi umidi e sfuggono, per la loro piccolezza, all'occhio attento e solerte che li cerca.

La Bdella Longicorne (Bdella longicornis), diffusa in tutta l'Europa, ha zampe quasi uguali, palpi mascellari a gomito, terminanti in una lunga setola, parti mascellari in forma di forbici, quattro occhi colore rosso-scarlatto, ed è lunga solo un millimetro.

In alcune specie si trovano due, sei o nessun occhio. I piccoli sono simili agli adulti.

TROMBIDIDI

Un acaro rosso-scarlatto, più grosso e noto dei precedenti, è il Trombidio Cocciniglia (Trombidium holosericeum). Ha una lunghezza di oltre due millimetri, con il corpo convesso, pieghettato, quasi piriforme e molle.
Il suo becco è formato di due piccolissime appendici mascellari forbiciformi. Accanto a queste si trovano i palpi con quattro articoli, muniti di un uncinetto al penultimo articolo con al di sopra due occhi; i piedi terminano in due uncini. Le larve con sei zampe vivono allo stato di parassiti sui gorgoglioni ed altri insetti; gli Acari adulti insidiano piccolissimi bruchi ed altri minutissimi piccoli esseri.

Nei paesi caldi, e specialmente in Guinea, troviamo il Trombidio Tintorio (T. tinctorium), dal quale si ottiene un colore rosso.

Il Tetranico dei Tigli (Tetranychus telarius, o tiliarum, o socius), lungo un millimetro, è giallo-arancione, ornato sui fianchi del corpo ovale di una macchietta giallo-ruggine e coperto di una finissima peluria. Le appendici mascellari sono acicolari, i palpi brevi, muniti di grossi uncini; le due paia anteriori di zampe, di cui il primo è il più lungo, sono molto discoste dalle altre due.

Sulla parte dorsale anteriore si osservano due piccoli occhi, naturalmente, con una buona lente.

Parecchie di queste specie producono sulle piante la malattia detta la «grise» dai francesi, che fa diventare le foglie grigiastre ed opache.

Gli Erythraeus si distinguono per le appendici mascellari a foggia di spada e lunghi palpi mascellari.

L'Acaro della Neve (Rhyncholophus nivalis) vive anche oltre i 3000 m. nelle Alpi svizzere, e sotto le pietre. Probabilmente l'Acaro Autunnale appartiene a questa famiglia.

Questi acari, simili alle zecche, pungono con il becco, e producono un intollerabile prurito; alla lente si presentano come minutissimi punticini rossi. Tutti questi acari abitano la terra o le piante, corrono per lo più lestamente, e vivono in parte, nella gioventù, a spese di altri animali articolati. La loro vita, alimentare e riproduttiva si svolge sulla parte inferiore delle foglie, coperta di un delicato strato serico.

ACARI ACQUATICI

Gli Acari Acquatici, appartenenti alla III famiglia, (Hydrarachnidae), vivono tanto nelle acque stagnanti che in quelle correnti, e secondo alcuni persino nel mare. Alcuni appaiono come puntini scarlatti, altri verdicci, e nuotano velocemente, con i loro piedi cigliati, fra le piante del fondo. Non vengono quasi mai in superficie per respirare.

Sono privi di branchie, ma le loro trachee hanno la facoltà di estrarre ossigeno dall'acqua e sono disposte in modo analogo a quelle di alcune larve di libellule. In alcune specie le femmine rimangono fedeli alla forma sferica dominante mentre i maschi terminano in un'appendice caudale che potrebbe farli sembrare appartenenti ad un'altra specie. Hanno però tutti zampe con sette articoli, terminanti con setole articolate natatorie mobili e due uncini, appendici mascellari uncinate ed acicolari, palpi mascellari brevi e sporgenti, e due occhi sul cranio. Dopo l'accoppiamento, spesso molto singolare, le uova vengono deposte da alcuni sullo stelo delle piante acquatiche che vengono traforate apposta da altri al di sotto delle foglie, dove rimangono le une accanto alle altre, collegate da una sostanza gelatinosa per molti giorni.

Dopo alcune settimane sgusciano i piccoli, muniti sempre di sole sei zampe e di una proboscide atta a succhiare, relativamente sviluppatissima, che adoperano anche per attaccarsi da parassiti ai coleotteri e alle notonette. Finito questo stadio, abbandonano l'ospite, spogliano la pelle antica e prendono zampe più brevi, poi scendono a fondo e vi riposano come crisalidi. Alfine, la pelle si screpola e l'Acaro, fino ad ora munito di soli sei piedi e di una proboscide, prende a nuotare con otto zampe, e la bocca viene ridotta a proporzioni normali.

Gli Acari Acquatici sono divisi in parecchi generi, di cui i più ricchi di specie sono l'Atax e la Nesacea, e ciò anche in rapporto alla forma del corpo, alla posizione e grandezza degli occhi, alla lunghezza e forma reciproca degli articoli dei palpi e delle zampe.

L'Atace (Atax spinipes) si distingue per il corpo ovale, gli occhi molto discosti, la proboscide breve.

L'Arrenuro Rosso (Arrenurus abstergens) ha corpo piuttosto alto, un po' depresso sul dorso; una croce nera, con parecchie braccia sul dorso, è il distintivo di questa specie comune. La femmina appende le sue uova, terminanti in una punta dura, al corpo delle nepe.

Dopo quattordici giorni ne escono i piccoli, che hanno parecchie mute da sopportare prima di prendere l'aspetto della madre.

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GAMASIDI

Questi acari della IV famiglia, parassiti degli animali, sono conosciuti sotto il nome di Gamasidi (Gamasidae); le loro appendici mascellari sono a forbice, i palpi mascellari protesi e composti di articoli presso a poco della medesima larghezza. Le zampe villose sono per lo più della medesima forma e lunghezza, ed, oltre agli uncini, sono anche munite di una ventosa all'estremità; gli occhi mancano. Sono parassiti di altri animali e vivono di preferenza sugli occhi degli uccelli e dei pipistrelli.

Una delle specie più note è il Gamaso dei Coleotteri (Gamasus coleoptratorum), animaletto rosso-giallo, piuttosto duro, lungo oltre un millimetro, che si trova sui necrofori, sugli scarabei stercorari, sui bombi, ecc., di cui occupa da parassita tutto il ventre; lo abbandona soltanto quando il suo ospite muore. Prossimi affini dei Gamasi sono gli Acari degli Uccelli, che appartengono al genere dei Dermanissi (Dermanyssus). Essi hanno una lunga proboscide mobile, ricurva all'ingiù, palpi mascellari distintamente articolati, zampe di lunghezza uguale, le cui quattro anteriori si distinguono dalle altre per una maggior robustezza e per le ventose più grandi; sono tutte inserite l'una presso l'altra al margine del petto.

Gli uccelli sono vittime dei Dermanisso Comune (D. avium, detto anche gallinae o hirundinis), che si nasconde di giorno, per saziare la sua fame poi di notte con il sangue dei poveri uccellini, specialmente quelli in gabbia.

Questo acaro è stato trovato persino sull'uomo, in ulcere e cavità cutanee, e dà un enorme prurito.

Fra gli acari dei pipistrelli, divisi in parecchi generi, il più diffuso è il Pteroptus; ha il corpo molle, quasi a forma di pera, zampe grosse con grandi uncini, e munite di una ventosa; le quattro posteriori sono articolate e molto discoste dalle anteriori. I palpi mascellari terminano in un articolo lungamente proteso.

Sul pipistrello comune (Vespertilio murinus) vive di preferenza il Pt. vespertilionis, grigio-giallo sul dorso, con macchiette rosse a onde brune, del quale Nitzch indicò in via anatomica il modo di riproduzione. Sezionate alcune femmine molto gonfie, trovò per lo più tre e persino quattro piccoli, in diversi stadi di sviluppo. I meno sviluppati avevano sei zampe inarticolate, lisce, due palpi pure inarticolati, ed il corpo troncato in linea retta di dietro. I più sviluppati avevano otto zampe articolate munite di ventose, e villose, con il corpo che terminava in punta all'indietro. Si deduce quindi che le femmine partoriscano figli vivi, uno alla volta.

ZECCHE

Alla V famiglia dell'ordine appartengono le Zecche (Ixodidae), tanto diverse dagli altri acari. Il loro corpo piatto, ovale, sebbene rivestito di tegumento coriaceo, ha una tale facoltà di espansione, che una zecca di 2 mm. può gonfiarsi sino alla mole di un piccolo fagiolo, quando si è impinguata del sangue di qualche animale. Nella maggior parte dei casi il rivestimento corneo ha l'aspetto di uno scudo, tondeggiante all'indietro. Del resto, nelle diverse specie ricopre in vario modo la parte anteriore del dorso, si incava alquanto davanti per ricevere la proboscide sviluppatissima. Questa, allo stato di riposo, si protende avanti ed appare come una testa distinta, ma erroneamente così definita, perché i due occhi, quando ci sono, sono più o meno distintamente collocati in una intaccatura laterale di quello scudo corneo detto impropriamente anche clipeo.

Quando la Zecca vuole mordere, comincia con l'aggrapparsi saldamente con le zampe alla pelle del suo ospite, abbassa verticalmente la proboscide, la punta sul luogo che vuol traforare e spinge nella carne la punta uncinata delle sue mandibole, aprendo in tal modo la via al labbro inferiore, e costringendo, con i dentini volti all'indietro, la ferita a restare aperta: penetrata così la proboscide sino alla base, gli uncini delle mandibole affondati come ancore, i palpi mascellari si collocano saldamente dalle due parti della ferita, in modo che, se la Zecca venisse strappata a viva forza, lascerebbe dentro la sua proboscide. L'apparato succiatore stesso è fatto di una fina membrana di chitina. Le zampe sono sottili e munite all'estremità, oltre ai due robusti uncini, di una ventosa che permette alla Zecca di rimanere attaccata, anche se è sospesa con un piede solo all'oggetto a cui si è abbrancata; l'apertura sessuale è sul torace, in forma di fessura trasversale. Le giovani Zecche hanno sei zampe, le meno giovani ne hanno otto; esse si aggirano sull'erba e sui cespugli finché non trovino l'ospite cui aggrapparsi per succhiargli il sangue (almeno le femmine).

Il maschio, sempre più piccolo, per accoppiarsi, sale sul ventre della femmina, volge la testa verso l'estremità posteriore di questa, allarga le zampe, si aggrappa con gli uncini e le ventose alle anche della femmina, e spinge la sua proboscide nella vagina di essa. Rimane saldo in tale atteggiamento come la femmina in atto di suggere il sangue del suo ospite, e fa pensare in tal modo che le parti sessuali del maschio debbano uscire dalla proboscide. Pagenstecker ha invece provato anatomicamente che anche nel maschio l'uscita delle parti sessuali è una fessura stretta e quasi invisibile, situata nel torace.

La femmina depone in quantità le uova che si attaccano insieme, e la coprono in gran parte.

La Zecca Comune (Ixodes ricinus), era già nota ad Aristotile sotto il nome di Kroton, a Plinio sotto quello di Ricinus. L'ultima definizione, quale ora risulta, venne data da Latreille: Ixodes significa presso a poco «attaccaticcio - incollante». Pagenstecker ammette nella Zecca Comune tre stadi di sviluppo con sette forme diverse.

La Zecca Rossa (Ixodes reduvius) è un animale tutto rosso, parzialmente coperto, sul maggiore degli scudi dorsali e sulle zampe, di una sorta di polvere bianca e, nelle parti più scure, non ricoperte dallo scudo, si trovano vari disegni. Koch riunì sotto il nome generico di Amblyomma numerose specie di zecche dei Paesi caldi e dell'America meridionale. A queste appartengono le Ambliomme Americane (A. americanum), chiamate popolarmente anche Nigua, Tigua, Pique, e confuse talvolta con la pulce penetrante. Esse tormentano uomini e animali, e provocano, specialmente nei cavalli, dolori vivissimi nella regione inguinale. Bates ne trovò una grande quantità nella regione inferiore delle Amazzoni; quei luoghi formicolano anche di Carapatos, brutte zecche che stanno appollaiate alle estremità delle erbe, e si appiccicano agli abiti del viandante. Se non si commette l'imprudenza di strappare dalla carne questi animali a viva forza non si sente né dolore né prurito, altrimenti la proboscide rimane dentro e causa una dolorosa enfiagione.

Altre specie ancora, originarie dell'Africa, dell'Asia Minore e anche dell'Europa meridionale, si distinguono per gli occhi lucenti che sporgono semisfericamente, per una grande piastra cornea triangolare e per gli stimmi a foggia di scalfittura. Furono riunite al genere Hyalomma, mentre altre si distinguono ancora dalle precedenti per avere, come caratteristica principale, l'apparato boccale più breve e diversamente conformato.

L'Argas si distingue essenzialmente dalle altre zecche per la faccia dorsale a guisa di scudo, debolmente ristretta davanti, e per una breve proboscide attaccata alla parte ventrale. Ve ne sono poche specie, ma fra queste la così detta «Cimice di Miana», Malleh, o A. persicus, ha ottenuto, da favolose relazioni di viaggi, una triste celebrità. Essa vive, come la cimice dei letti, nelle pareti delle abitazioni, e assale la notte i dormienti per satollarsi del loro sangue. Kotzebue, nel suo «Viaggio in Persia», asserisce che la popolazione di interi villaggi abbandonò le proprie case per sfuggire la persecuzione di tali zecche. Esse hanno un aspetto ributtante; tutta la fascia dorsale del corpo rosso-bruno è fittamente cosparsa di fossette bianche, tonde, le quali, specialmente sul margine ed alla metà posteriore del corpo, sono disposte in righe longitudinali, mentre le altre, un po' più grandi, sparse sulla metà anteriore, sono ordinate in linee trasversali. In conseguenza della mancanza di occhi e della conformazione delle zampe e della proboscide, questa specie somiglia molto ad una specie nostrale: l'Argas reflexus. Esso sembra vivere in modo analogo a quello della cimice di Miana; sta nelle case, e si ciba di notte del sangue dei colombi. Queste zecche passano tranquillamente dalle loro vittime tradizionali a suggere anche il sangue umano; la loro puntura lascia un seguo rosso, nettamente determinato, e produce un prurito violento soprattutto nel corso della vena sottostante. Così una puntura fra le dita dà prurito a tutto il braccio fino alla spalla e provoca anche un notevole gonfiore. Questo animaletto appare al di sopra piattamente concavo, e senza alcuna articolazione; presenta alcune deboli depressioni, di cui le due più grandi ed ovali si trovano prima del mezzo, e le altre più piccole e biancastre limitano a corona, sulla metà posteriore, uno spazio dimezzato da una distinta depressione longitudinale, di uguale larghezza. La superficie superiore è giallo-ruggine; le zampe sono articolate od anche immobili e terminano in due uncini molto ricurvi, senza lobo prensile. Altre specie da menzionare sono l'Argas fischeri, originario d'Egitto, e l'A. mauritianus, che proviene dall'isola di cui porta il nome.

SARCOPTIDI

La sesta famiglia degli aracnidi è quella dei Sarcoptidi (Sarcoptidae). Ad essi appartengono le specie più piccole dell'ordine intero, dal corpo interamente ricoperto di molto tegumento molle, sostenuto da alcune liste di chitina, di forma ovale o allungata.

Sono privi di occhi, e, molto spesso, una abbondante peluria ricopre completamente la superficie.

Le zampe, se non sono atrofizzate, terminano in una ventosa, le parti mascellari in una forbice o in una punta aghiforme, e nell'ultimo caso si possono ritirare in un tubo cutaneo. All'imperfetta struttura esterna di questi acari corrisponde anche l'organizzazione interna. Non si conosce nessun organo respiratorio, si ha notizia di un solo ganglio della catena ventrale senza diramazioni e solo recentemente Leydig ha trovato gli organi digerenti. Tuttavia, questi infimi animali, in qualità di parassiti, possono essere molto nocivi alle sostanze alimentari e al corpo umano, al quale possono arrecare gravissimi danni. L'Acaro del Formaggio, impercettibile ad occhio nudo, appare alla lente come un animaletto allungato, setoloso, il cui corpo grasso e lucido è diviso in due porzioni, con parti mascellari a forbice e con zampe a quattro articoli che terminano in una lunga ventosa peduncolata. Il formaggio da essi abitato si trasforma in breve tempo in una polvere formata in gran parte dai loro escrementi e dalle loro spoglie.

Somigliantissimo al precedente è l'Acaro della Farina (A. farinae), privo però della strozzatura nella parte anteriore del corpo.

La malattia delle patate è causata probabilmente, secondo Guérin-Menville, dall'Acarus o Tyroglyphus feculae, che ricopre di polvere grigia le patate apparentemente ancora sane, rendendole del tutto dannose alla alimentazione.

Alle collezioni di insetti è molto nocivo l'Acarus destructor, e la sua presenza viene denunciata di solito da uno strato di polvere intorno allo spillo che trattiene l'insetto.

L'animale che produce la scabbia si chiama Sarcoptes hominis. La scabbia si manifesta sulle parti del corpo dalla pelle sottile, come il polso, la piegatura del gomito, dei ginocchi, fra le dita, sotto forma di rilievi lineiformi o gallerie, punti, verruchette o pustoline. Quando l'Acaro si trova sulla pelle, si affonda più o meno obliquamente in qualche piega o vicino ad un pelo, secernendo un umore acre, che produce appunto verruchette o pustoline. In questo primo stadio della scabbia non si trovano acari di sorta o perché si sono addentrati di più, o perché si sono già allontanati. Tutti gli acari giovani, maschi e femmine non fecondate, lasciano presto le loro gallerie per scavarne delle altre, seguitando a provocare attraverso queste un insopportabile prurito. Le femmine fecondate invece scavano lunghissime gallerie (nidi) che non lasciano più; vi depongono le uova e, dopo aver assolto il loro dovere per la riproduzione, vengono trovate morte all'estremità chiusa della galleria.

La scabbia può degenerare in una forma più maligna, se la pelle, sopportando facilmente l'irritazione, consente agli Acari di scavare un numero sempre maggiore di gallerie anche in altre parti del corpo, formando nuovi strati bucherellati di epidermide, chiamati escare; questa forma infettiva e pericolosissima è chiamata appunto rogna escarosa.

Il Sig. Bergh fa un rapporto particolareggiato di un caso di rogna escarosa, nel quale, esaminato un pezzetto di crosta superiore, più vecchia e più densa, di circa un millimetro cubico di capacità e del peso di grammi 0,0008, trovò che conteneva due femmine, 8 piccoli con sei zampe, 21 giovani più o meno grossi e femmine isolate, 6 uova, 58 gusci d'uova e circa 1030 mucchi più o meno grossi di escrementi; un pezzettino dello strato sottostante presentava invece una minore abbondanza di avanzi animali e dei loro escrementi.

Le uova sono quasi ovali; si aprono per due fessure longitudinali ineguali per lasciar uscire il piccolo, dopo di che si restringono, quasi a formare un piccolo ammasso di materiale raggrinzito.

Gli acari esistono in tre forme fondamentali diverse, cioè come animale maschio di otto piedi, munito di ventose al paio posteriore di piedi, come animale femmina con otto piedi e setole soltanto nelle due paia posteriori, e infine come larva con sei piedi. Il maschio è sempre più piccolo; la femmina è più colorata di giallo. Le larve si distinguono dalle femmine adulte per la mole minore e per l'assenza di fessura sessuale.

Henle e Simon hanno scoperto nei follicoli sebacei dell'uomo un acaro al quale è stato dato il nome di A. folliculorum, che è stato successivamente rinvenuto anche sui cani e sui gatti.

Il Demodice dell'Uomo (Demodex hominis) si trova nei follicoli sebacei e specialmente in quelli delle orecchie e del naso. La bocca di questo acaro è fatta di una proboscide e due pali ruvidi, volti in avanti e all'ingiù; le zampe brevi e grosse terminano in tre punte.

Il cane ospita una forma molto affine, il D. canis.

PICNOGONIDI

I Picnogonidi si trovano sulle sponde del mare, sotto i sassi, in mezzo alle alghe, oppure aggrappati anche ad altri animali marini di cui diventano i parassiti.

Di solito hanno zampe con parecchi articoli, addome quasi inesistente, torace tanto che basti a sopportare l'appoggio delle estremità.

Al di fuori di una proboscide atta a succhiare, a foggia di capo, le parti mascellari sono articolate, a forma di forbici, talvolta semplici, talvolta mancanti insieme al primo paio di palpi mascellari; il secondo paio di palpi segue regolarmente la legge di formazione delle altre zampe, le quali constano di sette-nove articoli e terminano in un robusto uncino. Sul margine anteriore del cefalotorace, diviso in quattro parti, si notano quattro occhi semplici, collocati sopra un rialzo. Il tubo digerente scorre in linea retta dalla bocca all'ano, ma non forma un semplice canale, perché lo stomaco strettissimo è munito d'ambo i lati di cinque appendici in forma di ciechi, le cui pareti ricche di ghiandole fanno l'ufficio del fegato. Per i Picnogonidi l'importanza delle zampe risulta dalla posizione dell'apparato genitale, che nel maschio e nella femmina si trova nel quarto o quinto articolo di ogni zampa, e perciò riprodotto otto volte. Mentre il liquido seminale spunta all'estremità del predetto articolo, le uova escono da una apertura di ogni secondo articolo per poter essere trasmesse ad un apparato quasi simile, collocato nella parte anteriore del corpo, nel quale rimangono attaccate sino allo sgusciare dei piccoli.

Vi è un cuore a tre concamerazioni; mancano del tutto invece gli organi necessari alla respirazione.

I piccoli assumono la forma dei genitori solo dopo reiterate mute.

Il Picnogono Littorale (Pycnogonum littorale) lungo circa 13 mm., si trova sulle spiagge dei mari d'Europa del Nord, sotto le pietre fra le alghe. E' privo di palpi mascellari e di palpi sottomascellari. La faccia superiore del corpo rossiccio o anche pallido appare opaca e granulosa, l'articolo femorale delle zampe è, come i due seguenti, munito all'estremità di due sporgenze in forma di verruca.

Il Ninfone Gracile (Nymphon gracile) si distingue dal precedente per avere le parti mascellari a forma di forbici, i palpi sottomascellari a quattro articoli sottili, e lunghissime zampe che si presentano filiformi. E' lungo solo cinque millimetri, le appendici visibili a metà del corpo rappresentano un paio di zampe, caricate di mucchi di uova, che ha solo la femmina. Per terminare questa divisione, si può accennare ai Macrobioti (Macrobiotus), esseri microscopici che vivono tra il muschio e sulle sponde dei ruscelli, che hanno la facoltà, dopo lungo disseccamento, di risorgere dalla morte apparente se sono sottoposti all'umidità. Non hanno sessi distinti, ma furono scoperti nello stesso individuo gli organi dell'uno e dell'altro sesso (Tardigrada). Lo stesso si dica delle Linguatole, o Pentastomi (Linguatula o Pentastomum), ohe vivono come i vermi intestinali.

L'uno e l'altro ordine furono collocati solo recentemente fra gli acari e i crostacei.

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