VITA DEGLI ANIMALI - ANFIBI

INTRODUZIONE: GLI ANFIBI

Una netta linea di separazione divide i vertebrati descritti da quelli di cui stiamo per parlare: infatti, mentre i primi respirano con polmoni, i secondi, almeno nella loro prima età, respirano per mezzo di branchie. Gli animali di cui stiamo per occuparci compiono una metamorfosi, comunissima fra gli invertebrati minori: quando lasciano l'uovo, non hanno ancora la conformazione e la struttura fisica dei genitori, ma la conseguono solamente in un secondo tempo quando, dallo stato di larva (o più propriamente di girino), passano a quello di animale perfetto.
Gli Anfibi si avvicinano ai pesci: infatti vivono come i pesci, il principio della loro vita e solo più tardi essi hanno una «doppia vita», per quanto non sia loro possibile allontanarsi completamente dall'acqua.
La loro struttura fisica è molto diversa da specie a specie: essi possono presentare, riguardo alle estremità, o la totale mancanza, o uno sviluppo assai rudimentale di esse, o addirittura dei mezzi di locomozione sviluppatissimi. Per esempio, le cecilie, che vivono sulla terra, sono prive di estremità e di coda, mentre le amfiume, che vivono nell'acqua, hanno il corpo allungato a forma di anguilla e la coda lateralmente compressa, spesso munita di una piega verticale, simile alla natatoria, che rende possibile il nuoto. I piedi hanno tutti gli stadi possibili dello sviluppo: talvolta troviamo solo dei piedi anteriori che pendono dal collo come moncherini insignificanti. Si è osservato che quanto più si sviluppano i piedi, tanto più il corpo diventa piatto.
Negli animali la cui forma si può riavvicinare a quella delle rane la coda scompare nell'età adulta; in questi animali i piedi posteriori sono un potente contrappeso alle corte zampe e ai piccoli piedi anteriori, che hanno quasi sempre quattro dita, al contrario dei piedi posteriori che ne hanno più di cinque; il movimento a terra ha luogo quasi sempre a sbalzi e le robuste cosce si muovono rapidamente anche per lunghi tratti.
Il rivestimento cutaneo è anch'esso differente. Nelle rane e nelle salamandre la pelle è viscida e morbida, spesso floscia come un sacco vuoto, intessuta di fibre filamentose ed elastiche e assai sottile. Un'epidermide incolora ricopre questo involucro o derma nel quale sono presenti materie coloranti verdi, gialle, azzurre o brune. Nella pelle di molti esemplari si trovano ghiandole particolari che secernono un umore acre, lattiginoso, di odore agliaceo. In seguito a numerose osservazioni si è potuto constatare che, di solito, queste ghiandole sono sparse per tutto il corpo, spesso localizzate ai lati del collo, in grossi mucchi e sono chiamate ghiandole «auricolari».
La pelle e le ghiandole sono di importanza vitale per la vita degli Anfibi. La pelle serve per l'assorbimento e per le esalazioni: è stato infatti provato che le rane si riforniscono di acqua non solo per via orale, ma anche attraverso la pelle. Una rana, tenuta in un luogo asciutto, dimagrisce e s'indebolisce e le forze tornano solo dopo un bagno; se, quando splende il sole si possono vedere molte rane distese a godersi il calore come farebbe un rettile, possiamo essere sicuri che c'è sempre vicino un luogo dove trovare l'acqua per potersi bagnare.
Tutti gli Anfibi che passano la maggior parte della loro esistenza sulla terra asciutta, sbucano fuori del loro nascondiglio, che è ben protetto dai raggi del sole, soltanto quando la notte porta l'umidità. Townson osservò che le rane muoiono in pochi giorni, se viene loro tolta l'acqua; resistono più a lungo se possono aggirarsi fra la segatura e si mantengono benissimo se la segatura è bagnata. Con un esperimento facile e alla portata di tutti si dimostra quant'acqua assorbano le rane per mezzo della pelle. Pesando una rana asciutta e ripesandola dopo averla tenuta avvolta in uno straccio bagnato con la bocca libera - si può notare un notevole accrescimento di peso (con questo esperimento in una raganella di poco più di tre grammi si notò un aumento di quasi 5 grammi).
In una scatola chiusa le rane possono vivere anche più di un mese se l'ambiente è umido e se la temperatura non oltrepassa i 10-12 gradi di calore. In una temperatura asciutta muoiono in pochi giorni e, se si toglie loro la pelle, dopo poche ore. La potenza di assorbimento della pelle è quasi uguale alla capacità di esalazione, tant'è vero che in uno spazio privo d'aria, essendo l'esalazione più attiva, un anfibio può morire in breve tempo. Notiamo un organo particolare, che a torto è chiamato vescica urinaria e che funziona da «serbatoio» per l'acqua.
Oltre all'acqua, la pelle secerne una materia vischiosa: nei rospi e nelle salamandre questa secrezione, grazie alle numerose ghiandole, è più considerevole che non negli altri anfibi e può essere accresciuta dall'irritazione della pelle. Se, per esempio, si colloca un rospo sul carbone acceso, questa secrezione è così abbondante che in poco tempo riesce a spegnere un piccolo fuoco.
Questa è l'origine della vecchia favola che la salamandra può resistere al fuoco. Sembra che gli Anfibi possano a piacere aumentare la secrezione e forse servirsi di essa come mezzo di difesa contro i nemici. Questo liquido ha un odore acutissimo ed è assai acre e ha procurato ai rospi e alle salamandre la fama di emettere veleno. In realtà, esso non è un veleno nel vero senso della parola ma è abbastanza orticante da produrre sull'epidermide e sulla lingua un senso di vivo bruciore: ha lo stesso effetto dell'acido di aconito, non è solubile nell'acqua e nel vino, conserva la sua acredine nel sale ammonico e tinge di rosso l'acido nitrico. E' stato provato che l'umore ghiandolare dei rospi uccide gli uccelletti nei quali viene inoculato, come pure piccoli cani, cavie, salamandre acquaiole e rane. L'umore delle salamandre acquaiole è nocivo ai rospi.
A questo proposito Lenz fa queste osservazioni: «So dal seguente fatto che non bisogna mai mettere nella gabbia degli uccelli della sabbia che sia stata a contatto con l'umore dei rospi. Una volta mandai a prendere della sabbia fresca per la gabbia dei canarini e ne misi parte in una pentola e parte in un ripostiglio sotto delle tavole per preservarla dal sudiciume. Nell'inverno e nell'estate seguente i miei uccelli ebbero spesso la sabbia fresca della pentola e vissero benissimo; ma, appunto nell'estate, un grosso rospo si sistemò sotto le tavole della rimessa. Nottetempo si aggirava nel cortile e nel giardino e in breve prese anche confidenza con me. Nell'autunno la sabbia della pentola era terminata e allora pensai di attingere alla mia riserva: sollevai le tavole che la proteggevano e vi trovai il rospo e le numerose gallerie che esso aveva scavato in superficie. Tolsi lo strato superficiale di sabbia, ne presi un po' a quindici centimetri di profondità e la diedi atre canarini che stavano in ottima salute. Ne ingoiarono: uno morì il medesimo giorno, gli altri due, cui tolsi la sabbia infetta, morirono la settimana seguente. Non credo che ciò provi senz'appello la velenosità dell'umore dei rospi, ma certo prova il suo effetto pernicioso sulla vita dei piccoli animali».
Lo scheletro degli Anfibi è molto caratteristico e presenta nella sua conformazione le stesse particolarità di quello dei pesci, per quanto in grado minore. Carlo Vogt, nelle sue «Lettere zoologiche» dice: «Nelle salamandre allo stato di girino, le vertebre non si distinguono per la loro forma dalle vertebre dei pesci; nelle salamandre adulte si trovano invece delle vertebre perfettamente sviluppate. In tutti questi anfibi dal corpo allungato il numero delle vertebre è considerevole, mentre negli anfibi dal corpo tondeggiante le vertebre sono da sette a nove e l'osso sacro è formato da parecchie vertebre saldate insieme e si trova collegato con un osso piuttosto lungo, a forma di sciabola, che continua sino all'ano la colonna vertebrale. I processi trasversali delle vertebre sono sviluppatissimi in tutti gli Anfibi e a volte sono così lunghi da sostituire le costole, che sono ridotte a semplici appendici cartilaginose.
Anche nell'ossatura del capo si notano differenziazioni a seconda degli stati vitali dell'animale; queste differenze consistono principalmente nella trasformazione e nella sparizione delle cartilagini primitive. In contrapposizione a quanto si verifica nella classe dei rettili, negli Anfibi notiamo, come carattere proprio a tutte le specie, due capi articolari prodotti dall'osso occipitale, sempre ossificato, che si articolano in due cavità della prima vertebra cervicale, che ha forma di anello. Il cranio è sempre larghissimo, piatto; le orbite sono grandissime. Lo sfenoide forma alla base del cranio una specie di piastra, talvolta a forma di croce, che, nella faccia superiore, è coperta da cartilagine. La volta del cranio è formata da due ossa parietali, due frontali - spesso rudimentali -, da un etmoide o da due ossa nasali. Le parti laterali del cranio, negli anfibi perenni-branchiati, o sono quasi del tutto cartilaginose, o presentano un'ossificazione corrispondente alle ali anteriori dello sfenoide o all'osso frontale anteriore; al contrario, negli anfibi dal corpo discoide l'osso petroso e le grandi ali dello sfenoide si ossificano, pur lasciando degli intervalli membranosi. Nella volta palatina tutte le ossa sono saldamente collegate al cranio; manca completamente il vomere; le ossa palatine sono munite di denti come le mascellari superiori. La mascella inferiore è composta di almeno due ossa (l'articolare e il dentale, talvolta, anche di più) sostenute da un arco mai perfettamente ossificato, costituito dall'osso quadrato e dall'osso timpanico. L'apparato osseo è saldamente collegato al cranio e, generalmente è obliquo verso l'interno, in modo che l'apertura della bocca è molto ampia e le fauci possono dilatarsi notevolmente.
Quando esistono, le estremità sono costituite dal circolo scapolare e pelvico e dalle estremità propriamente dette; alle cecilie queste mancano totalmente, mentre in molti perenni-branchiati esistono soltanto i piedi anteriori. Il circolo scapolare è formato dalla scapola peduncolata e dalla clavicola ed è lateralmente attaccato alle vertebre cervicali. Nelle salamandre è ossificato solo in parte e spesso è presente uno sterno impari. Nelle rane una larga cavità toracica è formata dal circolo scapolare che è composto da numerose ossa. Il circolo pelvico è formato dalle vertebre dell'osso sacro, che differiscono appena, nella loro conformazione, dalle altre vertebre; il bacino è generalmente cartilaginoso e consta di due sole ossa iliache, collegate da un osso mediano. Particolare è la conformazione del bacino nelle rane, perché deve permettere l'inserzione dei robusti muscoli delle zampe adatte al salto. Le zampe anteriori constano di un omero, di due ossa dell'avambraccio - talvolta saldate insieme -, di un carpo spesso allo stato cartilaginoso, di dita in numero di quattro (più raramente di tre). Negli arti posteriori la disposizione è la stessa di quella delle membra anteriori, sebbene si presenti una differenza nel numero delle dita, che possono essere anche due o cinque, come nelle rane e nelle salamandre. In pochissimi generi esistono unghie a zoccolo: in esse terminano le dita che vi sono rinchiuse come in un ditale; spesso fra dito e dito esiste una membrana natatoria.
I muscoli degli Anfibi corrispondono alla forma del corpo; sono di colore rosa più pallido che non nei rettili. Notevoli sono la loro robustezza e la loro sensibilità, come dimostrano i numerosi esperimenti che si fanno su questi animali».
Il cervello è allungato e il midollo spinale ha un'estensione considerevole in proporzione ad esso.
A nessun anfibio mancano gli organi della vista, dell'udito e dell'odorato. Gli occhi, però, sono spesso coperti da una membrana opaca; le rane sono quelle che hanno gli occhi meglio sviluppati, grandi, mobilissimi e forniti di una palpebra superiore, una inferiore e una membrana nittitante. L'orecchio è variamente conformato: in alcuni anfibi esiste soltanto il labirinto, nelle rane troviamo una cavità timpanica e una breve tromba d'Eustachio. Il labirinto è formato da tre canali semicircolari e da una borsa ripiena di piccoli cristalli calcarei. Il naso consta di due cavità divise: in molti anfibi l'orifizio di questa cavità può essere chiuso da una membrana che funge da valvola. La lingua, che non può essere considerata come organo di gusto, manca in una sola famiglia, ma, generalmente, è bene sviluppata, molto larga e riempie perfettamente lo spazio fra le due mandibole. Si distingue dalla lingua degli animali superiori per il fatto di essere attaccata anteriormente e non posteriormente: l'estremità posteriore è quella che viene protesa fuori della bocca.
Alcuni anfibi sono privi di denti, altri ne hanno nella mascella superiore e nel palato e altri ancora ne presentano due file compiute nella mascella superiore e nel palato. I denti sono invariabilmente piccoli uncini, rivolti all'indietro e hanno un'importanza assai relativa per la vita dell'animale.
L'esofago è lungo e largo, lo stomaco è semplice, con parete spessa, piegato longitudinalmente, l'intestino è breve, il retto è eccezionalmente dilatato a forma di vescica. Esistono sempre il fegato, diviso in due lobi, la vescica del fiele, la milza, i reni e le ghiandole salivari. Gli organi sessuali si distinguono per la semplicità della loro struttura e sono collocati nella parete dorsale della cavità ventrale. Gli organi copulatori propriamente detti mancano completamente.
L'accoppiamento e la fecondazione delle uova nel ventre della femmina sembrano aver luogo solo per le salamandre terragnole, che partoriscono figli vivi: in tutti gli altri anfibi le uova sono fecondate, come accade nei pesci, solo quando sono fuori del corpo materno. La fecondazione avviene nell'acqua e solo eccezionalmente le uova sono trattate con cura dai genitori, che, di solito, le affidano alle cure dell'acqua e del sole. «Le uova mature», dice Carlo Vogt, «hanno il tuorlo a forma di cono: esse formano un umore vischioso, albuminoso, nel quale si trovano innumerevoli corpuscoli solidi di forma quadrata. Al loro passaggio nell'ovidutto, le uova sono ravvolte in una sostanza gelatinosa che in alcune specie forma un cordone elastico, mentre in altre si gonfia a contatto con l'acqua; durante lo sviluppo, questa materia gelatinosa non ha altro ufficio che quello di un involucro protettore ed è sempre inzuppata d'acqua come una spugna. Appena il girino ha finito il primo stadio di sviluppo, perfora questo involucro, mangiandone una parte e vivendo liberamente nell'acqua. Il primo stadio dello sviluppo ha luogo abbastanza rapidamente e pochi giorni dopo la fecondazione il tuorlo è trasformato in una larva, la cui testa schiacciata, con una piccola bocca, si trova immediatamente attaccata al ventre a forma di sacco. Questo termina in una coda a remo, piatta, circondata all'intorno da un largo margine membranoso con una pinna verticale: essa presenta la stessa disposizione a ghirigoro dei fasci muscolari che si vede nei pesci. Sul collo spuntano le branchie, che hanno la forma di alberelli verrucosi e che scompaiono quasi subito nelle larve delle rane, sostituite da branchie interne. La formazione ulteriore della larva che, dopo la rottura dell'involucro gelatinoso, si alimenta di sostanze vegetali e principalmente di alghe e di filamenti vegetali acquatici, tende essenzialmente allo sviluppo della coda e alla lenta elaborazione del tuorlo. Il margine membranoso della pinna caudale è molto spesso; il corpo si fa più snello e, a poco a poco, si formano le estremità che in un primo tempo sono nascoste dalla pelle. Nei girini delle rane le gambe posteriori appaiono per prime e solo dopo un certo tempo si formano quelle anteriori, mentre la coda seguita ad essere, per un certo tempo, il principale strumento di locomozione. A questo punto l'animale comincia a trasformarsi da girino nuotante ed erbivoro in rana saltellante ed insettivora; la coda piano piano si dissecca e scompare del tutto, e cadono i denti cornei di cui era armato.
In quanto alla formazione degli organi interni dei girini delle rane, lo sviluppo dell'embrione parte dal rilievo germinativo da cui si formano prima il solco dorsale e dopo la corda dorsale che è la prima base dello scheletro. Poco visibili sono le parti ventrali e membranose. L'uovo si allunga, mentre la piastra dorsale si chiude in su e forma così lo spazio che è assegnato al cervello e al midollo spinale: si distinguono chiaramente le divisioni del cervello e i corrispondenti organi dei sensi (naso, occhi, orecchi).
Tanto lo sviluppo del cervello, quanto quello dello scheletro, presentano somiglianze con quanto avviene nei pesci. Nella coda, destinata a cadere, non troviamo mai vertebre e queste, sul dorso, si presentano o come anelli perfetti, o come mezzi anelli. Lo spazio mediano del cranio, nel quale termina l'estremità della corda dorsale e che è pieno di sostanza cerebrale, è abbastanza grande, di forma ovale.
Il cuore dei girini si forma assai presto ed entra subito in attività. In principio ha la forma di un otre, più tardi si formano le divisioni; il sangue scorre dal corpo alla coda attraverso la vena cava e ritorna agli atri del cuore attraverso le vene del tuorlo. Durante la vita di girino questa circolazione rimane immutata, se si esclude il fatto che piano piano subentrano i passaggi per il fegato e per i reni. I polmoni si sviluppano gradatamente e le arterie polmonari diventano sempre più ragguardevoli; comincia la respirazione aerea, mentre le branchie si ritraggono. Mentre nei girini l'intera massa del sangue spinta dal cuore passa attraverso le branchie e si ripartisce poi in tutto il corpo, negli animali adulti il sangue è mischiato, perché non esiste la divisione dei ventricoli nel cuore: il sangue che ritorna dal corpo entra nell'orecchietta (o atrio) destra e quello che viene dal polmone entra nell'orecchietta (o atrio) sinistra e le due masse si mescolano nell'unica cavità ventricolare del cuore.
Data la scarsità dei residui fossili degli Anfibi, non siamo in grado di dare notizie sulla storia primitiva di questa classe; attualmente essa abita tutte le zone della Terra ed è diffusa in tutte le regioni, escluse le più settentrionali. Il calore e l'acqua sono condizioni essenziali di vita; l'acqua specialmente, dato che tutti, ad eccezione degli anfibi striscianti, debbono passarvi la prima parte della vita. D'altra parte, che il calore sia parimenti essenziale al loro benessere è dimostrato dal fatto che presso l'Equatore il loro numero aumenta in maniera notevole. Essi scelgono sempre l'acqua dolce ed evitano, con la massima cura, il mare e l'acqua salata in genere. Dove il deserto regna sovrano, non esistono Anfibi, mentre, per contro, essi s'incontrano anche dove l'acqua appare solo in alcuni periodi dell'anno. In tempo siccitoso o nell'inverno essi si seppelliscono nella melma oppure in qualche cavità, risvegliandosi dal letargo al sopravvenire della stagione propizia. Da un giorno all'altro essi animano con la loro presenza interi tratti di territorio nei quali, il giorno prima, non si aveva il sospetto della loro presenza. Ma in queste regioni il loro numero è limitato in confronto al numero di Anfibi che popolano le foreste vergini ricche di acqua, con una temperatura quasi uniforme. Le immense foreste dell'America meridionale ospitano alcune famiglie che si riproducono in maniera spettacolare: ogni posticino che abbia un po' d'acqua serve per deporre le uova e allevare la prole. Nelle foreste dell'Africa e dell'Asia, che sono notevolmente più asciutte, il numero di Anfibi presente è assai minore.
Più di tutti gli altri vertebrati, gli Anfibi sono vincolati alla stessa località e spesso il loro raggio di azione si circoscrive in pochi metri quadrati: uno stagno di mediocre grandezza ne può ospitare anche centinaia e così anche un albero in una foresta umida, senza che in loro nasca la voglia di emigrare. Altre specie si aggirano in una cerchia più ampia, ma sono sempre legate al territorio e si nascondono sempre nello stesso rifugio.
Gli anfibi emigrano solo quando il luogo da loro abitato ha subìto trasformazioni tali da rendere impossibile la vita.
La vita degli Anfibi è ancora più monotona di quella dei rettili, sebbene la maggior parte di essi sia più vivace. Tutti sono eccellenti nuotatori, non soltanto allo stato di girino quando, anche fisicamente, hanno l'impronta del pesce, ma anche dopo la metamorfosi, sia che per nuotare adoperino la coda o i piedi. Tutti i girini e anche qualche anfibio dopo la metamorfosi, nuotano lateralmente, aiutandosi con la coda: gli anuri si servono dei piedi posteriori palmati e li usano come se fossero remi. Anche gli anfibi striscianti sanno muoversi nell'acqua (tutti gli animali vermiformi si spingono avanti nell'acqua con movimenti serpentini), ma sono molto meno destri di tutti gli altri anfibi. Sul terreno si spostano in maniera diversa: gli anfibi caudati strisciano saltellando; gli anuri si muovono a sbalzi più o meno lunghi. Qualcuno di questi animali è in grado di arrampicarsi sino alla cima degli alberi più alti con una tecnica particolare: essi saltano da un punto più basso ad un punto più alto.
In un punto, principalmente, essi si distinguono dai rettili: mentre pochi di essi hanno una vera voce, la maggior parte degli Anfibi ha una sorprendente facilità ad emettere suoni più o meno armoniosi. Nella notte la loro voce spesso ricopre tutti gli altri suoni che riecheggiano nelle foreste vergini; essi sono muniti, nella loro gola, di «amplificatori», di cui fanno uso senza alcuna discrezione, tanto da poter essere considerati fra i maggiori perturbatori della quiete notturna. Solo gli animali adulti possono gracidare: i girini e i piccoli sono perfettamente muti.
Come abbiamo già visto, i cinque sensi - e soprattutto i tre principali - sono abbastanza ben sviluppati; l'intelligenza ha un certo potere riflessivo: essi si ammaestrano, almeno fino ad un certo punto, e si accorgono facilmente dei cambiamenti esterni.
Malgrado ciò, si deve ammettere che essi sono fra i vertebrati più poveri di spirito, che eguagliano o superano il primato dei pesci. Fra di loro non si può parlare di una vita in comune: non è infatti l'affetto che li lega insieme, ma il luogo. Quando è soddisfatto l'istinto sessuale, essi non si danno più pensiero del compagno, né si possono sopravvalutare le premure che essi riservano alla prole, benché non siamo in grado di sapere se queste premure siano dettate da una riflessione o da un cieco istinto.
E' probabile che nessun anfibio sia perfettamente diurno: essi iniziano la loro attività col cadere del sole e rimangono attivi fino al mattino seguente. Durante il giorno essi si riposano: alcuni strisciano nel loro nascondiglio, dove rimangono immobili fino alla sera successiva, altri si concedono il piacere del sole e passano tutto il giorno in posti soleggiati, abbandonati in uno stato di dormiveglia, che però permette loro di afferrare l'eventuale preda e di fuggire il probabile nemico. In ogni modo, durante il giorno, non si può avere la minima idea del gran gracidare e dell'animazione che ferve fra di loro. Il cibo è in rapporto con le metamorfosi.
I girini si nutrono, almeno per i primi tempi, di sostanze vegetali, mentre gli adulti mangiano soltanto animali e diventano dei veri carnivori. La vittima adocchiata è raggiunta d'un balzo invischiata dalla lingua protesa e ingoiata intera; alcune specie di Anfibi, però, insidiano anche animali che debbono inseguire per qualche tempo prima di raggiungerli. Le loro scorrerie non si effettuano solo a danno di altri animali ma perfino contro i loro fratelli o i loro figli. Come nei rettili, l'appetito cresce col calore: in estate sono veramente insaziabili. Nessuno degli Anfibi è nocivo, ma l'ignoranza li perseguita in una maniera deplorevole. Solo il giardiniere previdente risparmia e protegge il rospo, perché sa che gli sbarazza il giardino da ogni parassita nocivo, mentre l'ignoranza uccide la «bestiaccia» dove la trova. Contro la maggior parte dei carnivori sono difesi dall'umore viscido che secerne la loro pelle; quelli che non hanno questa difesa cadono preda in gran numero degli animali più svariati.
Anfibi: caratteristiche generali

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