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Uccelli Pappagalli.

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ANIMALI - UCCELLI - PAPPAGALLI

INTRODUZIONE

Dopo aver discorso in linea generale delle più diffuse tra le caratteristiche somatiche e biologiche degli uccelli, veniamo ora ad osservare più da vicino questa classe di animali, isolando in essa gli ordini e le famiglie di cui si compone. Il primo degli ordini da prendere in considerazione è quello dei Pappagalli, ed a ragione, poiché essi possono essere paragonati a ciò che sono le scimmie tra i mammiferi quanto a perfezione e sviluppo sensoriale. E' consueto accostarli ai componenti dei due ordini successivi, quello dei Passeracei e quello dei Coracirostri, con i quali hanno molte particolarità in comune. La loro struttura è generalmente tarchiata, con ali abbastanza corte, gambe brevi e robuste, testa grossa e becco forte, arcuato e conico. La coda può essere di foggia e dimensioni diverse, ma sempre formata da penne piuttosto molli e non del tutto elastiche. Le altre penne sono folte, ma di non grandi proporzioni, e il loro colorito è sempre vivace, a volte veramente splendido. I Pappagalli si trovano soltanto nelle regioni a temperatura elevata, mentre i rappresentanti degli altri due ordini sono praticamente sparsi in tutto il mondo. Poiché sono quasi tutti uccelli d'albero, abitano le zone ricche di vegetazione; si nutrono prevalentemente di sostanze vegetali, e, per quanto riguarda la loro riproduzione, c'è da dire che il maschio passa quasi sempre la vita con una sola femmina, e quasi tutti prolificano più di una volta all'anno. Le uova vengono deposte dalla femmina in numero non molto elevato, e sempre essa provvede a covarle chiamando solo molto di rado il maschio a sostituirla. Passeracei, Pappagalli e Coracirostri si assomigliano ancora in questo, che molto spesso per assicurarsi il cibo producono gravi danni alle colture dell'uomo: non bisogna tuttavia dimenticare che essi, divorando insetti ed erbe dannose, svolgono anche una funzione di grande utilità. Venendo a discorrere più propriamente dei Pappagalli, diremo che essi costituiscono un ordine di uccelli ben distinto da tutti gli altri. La loro caratteristica più spiccata è data dal becco, che solo a prima vista sembra simile a quello dei Rapaci, mentre invece è più grosso, più alto e proporzionato ed è, inoltre, fornito di cera e di una pelle priva di piume e non cornea posta alla radice della mascella superiore. Su questa mascella spicca una ben distinta striscia dorsale, dalla quale si abbassano a tettoia due superfici leggermente arcuate. Esse si perdono nella parte posteriore dentro la cera, nella quale si notano delle piume piliformi al di sotto della narice, rotonda e circondata da un orlo prominente. Al centro dei margini della mandibola superiore è posto un rilievo simile ad un dente, più pronunciato nella parte anteriore che nella posteriore.

La punta della mandibola è adunca, rigata come una freccia nella superficie inferiore. Più breve e massiccia, ma non meno alta, è la mandibola inferiore, munita nel centro di una cresta longitudinale poco sporgente, ai lati della quale ne corrono altre due che vengono a confondersi nella parte anteriore. Il margine estremo di questa mandibola è largo e tagliente, e i suoi lati sempre più o meno arcuati. Le gambe dei Pappagalli sono robuste ma non lunghe. Le dita, piuttosto lunghe, hanno una pianta forte e mostrano un ingrossamento verso la punta: due di esse sono rivolte in avanti, le altre due indietro. Sono coperte di squame le cui proporzioni diventano sempre maggiori man mano che ci si avvicina all'apice, e presso l'unghia si mutano in piccoli scudi. Le unghie non sono lunghe, ma ricurve e acute come artigli. Caratteristiche pressoché costanti presentano, nelle diverse famiglie di pappagalli, le ali; con le penne remiganti robuste e brevi e le timoniere di foggia e consistenza variabili. Le penne sono sempre piuttosto forti, non molto numerose ma di notevole robustezza, ad eccezione di quelle della testa. Il loro colore, quasi sempre vivacissimo, va dal più diffuso verde foglia al rosso porpora, al giallo e anche alle tinte scure; spesso queste tinte si distribuiscono in accostamenti armoniosissimi anche su uno stesso individuo. Nella struttura interna, i Pappagalli presentano alcune particolarità esclusive. Quanto allo scheletro, la più singolare è l'esistenza di una articolazione tra la mandibola superiore e la fronte, inesistente negli altri uccelli. L'osso timpanico, poi, è dotato di un condilo articolare che si inserisce in una fossetta allungata della mascella inferiore, costituendo un'altra articolazione, tra la mascella inferiore e l'osso timpanico. Le ossa del palato sono di una grandezza difficilmente rintracciabile negli altri ordini; mentre la forchetta è molto piccola, e in certe specie addirittura non esiste. Fra gli organi, singolare è la lingua, grossa e carnosa, e qualche volta fornita agli orli di uncini cornei. L'esofago è fornito di gozzo, l'intestino ha una lunghezza pari al doppio del corpo e manca delle parti cieche. Anche la vescica del fiele è assente, mentre la milza è di proporzioni ridotte e la ghiandola pancreatica è doppia. Le particolarità che si notano nella struttura fisica dei Pappagalli si ripetono nella loro vita e nelle loro abitudini, come diretto riflesso delle prime. E se è vero che l'importanza della posizione tenuta da una specie animale si valuta guardando all'uniformità nel grado di sviluppo dei sensi, per cui i mammiferi sono stati dermiti «gli animali del senso», bisogna convenire che, entro la classe degli uccelli, i Pappagalli sono quelli cui va riconosciuta la prima posizione, quella di primo ordine della classe. Nessuno dei loro sensi, infatti, ha uno sviluppo rudimentale. Spesso, uccelli che si distinguono per la perfezione di alcune attitudini sensoriali lasciano poi a desiderare per altre: così nel falco primeggia la vista, nel corvo l'odorato, nel picchio il tatto: ma sono mediocri gli altri organi dei sensi. Il pappagallo, viceversa, vede, sente, tocca, odora e gusta allo stesso modo: e tutte le esperienze eseguite dimostrano che ciò avviene in misura elevata che cioè la sensibilità è acutissima in ciascuna direzione. Del resto, anche lo sviluppo intellettuale è considerevole nei Pappagalli: sotto questo aspetto, più che forse sotto qualsiasi altro, essi possono essere paragonati a quel che sono le scimmie tra i mammiferi, cioè l'ordine principale. Come quello delle scimmie, il carattere del pappagallo è mutevolissimo, misto di amabilità e di ruvidezza, di tranquillità e di improvvise furie, di fedeltà e gratitudine come di malizia e di crudeltà. Vi si trovano tutte le qualità possibili: e questa appunto è una delle prove della superiorità di una creatura.

Un animale così dotato, ovviamente, è in grado di fare buon uso delle proprie qualità. Il pappagallo, per esempio, non è dotato di grande mobilità: ma sopperisce con tutte le risorse di cui dispone a questa piccola lacuna. Intanto, bisogna dire che se le specie grandi incontrano delle difficoltà a mettersi in volo, per poi del resto procedere assai speditamente, quelle piccole invece volano molto bene, e con grande velocità e disinvoltura. Spesso i Pappagalli non sanno camminare sul terreno, e si muovono zoppicando e saltellando: riescono ad ogni modo a superare distanze notevoli, aiutandosi col piede che sanno usare come nessun altro uccello: lo adoperano come se fosse una mano. Il becco poi è mobilissimo e adatto a mille usi: singolarissimo quello di aiuto per arrampicarsi. Sono poche le specie di Pappagalli in grado di cantare: normalmente la loro voce è forte, stridula e piuttosto povera di armonia. E' tuttavia singolare la capacità che possiedono di imparare a ripetere melodie altrui, come pure il talento dimostrato nell'imitare i suoni della voce umana. Tutti i continenti, specialmente nella zona intertropicale, ospitano i Pappagalli. Solo in Europa essi non vivono in libertà. Nei paesi tropicali, essi costituiscono il contingente più grosso degli uccelli, e così pure in Australia, in certe zone dell'Africa e dell'India: tutti luoghi in cui essi sono diffusi come in Europa è diffuso il passero. Essi vivono sempre in grandi stuoli, che formano come sorta di società affiatatissime. Salvo il periodo degli accoppiamenti, in cui la vita comunitaria subisce una sospensione, questi stuoli vivono in stretta intimità, avendo in comune la zona in cui cercano il cibo, i movimenti e il riposo. Quando il gruppo è intento a cibarsi, colloca qua e là delle sentinelle incaricate di badare alla comune sicurezza, e al loro allarme la fuga è generale. Spiccatissimo, in questi gruppi, è il senso della reciproca assistenza in caso di pericolo. Dopo la notte, trascorsa il più possibile riuniti tra le foglie di una folta chioma d'albero, su di una parete rocciosa piena di cavità o nei vecchi tronchi quasi vuoti all'interno, la giornata si inizia con le prime luci del sole, e si indirizza quasi subito alla ricerca del cibo. Verso il mezzogiorno il pappagallo si bagna, si cela tra le foglie per trascorrere le ore più calde, e alla sera, dopo essersi nuovamente cibato e bagnato, ritorna a trascorrere la notte nello stesso luogo. Durante il giorno gli importa assai più trovare luoghi adatti a nascondersi che non a ripararsi dalle intemperie. Il pappagallo ama infatti il caldo, ma non si cura del freddo e nemmeno dell'umidità. Durante i violentissimi acquazzoni tropicali resta spesso immobile sulle alte cime degli alberi, cantando: alla fine gli è sufficiente una scrollata di penne per liberarsi dell'umidità accumulata. Quanto alla destrezza nel cercare i nascondigli, l'animale è sovente favorito dal color verde delle penne, che lo mimetizza ottimamente tra il fogliame: ma ad ogni modo ha, a questo fine, un'abilità innata, che gli consente di soddisfare appieno all'istinto che è in lui e che lo spinge a sottrarsi quanto più è possibile agli sguardi indiscreti.

Frutta e sementi sono il cibo principale dei Pappagalli. Non ne mancano che fan posto, nella loro dieta, anche a larve, insetti o addirittura a carne cruda (quest'ultimo caso si verifica di solito solo tra i soggetti in cattività), ma la base dell'alimentazione è vegetale. Gli interessati se la procurano sovente con scorrerie ladresche nei campi coltivati, e in queste occasioni danno ulteriore dimostrazione della loro astuzia. Lasciano di solito un compagno di vedetta e, costringendo la loro natura che li spingerebbe, mentre si cibano, ad emettere altissime strida (e così infatti avviene quando il pasto è consumato in luoghi non pericolosi), operano silenziosamente e con lena coscienziosa. Bastano due segnali lanciati dalla vedetta, che ha visto avvicinarsi l'uomo, perché tutto il gruppo si ponga in volo con grande fracasso, lasciando alle sue spalle danni sovente gravissimi. L'uomo è costretto a combatterli con ogni mezzo, perché sono dei predatori infaticabili ed estremamente pericolosi. Sono in grado di rompere, con il loro becco robusto, qualsiasi frutto e le noci più dure, di impadronirsi in un attimo di una spiga e di liberarla del suo involucro. Più ancora che da quello che mangiano, i danni derivano dall'incredibile quantità di prodotti che rovinano: entrati in un frutteto, sono ad esempio capaci di limitarsi a divorare quanto conviene al loro gusto raffinato, distruggendo però, contemporaneamente, tutto ciò che non gradiscono. E si può immaginare con quale beneficio per le colture. Le specie maggiori dei Pappagalli non covano che una volta l'anno, e depongono in genere non più di due uova. I Pappagalli terrestri dell'Australia si scostano da questa regola: arrivano a covare anche nove uova e per due o tre volte in un anno. Le uova sono sempre tondeggianti, di colore bianco e con il guscio liscio. L'incubazione avviene, naturalmente, nel nido, che viene costruito prevalentemente, ma non esclusivamente, nei tronchi degli alberi. A volte, vengono singolarmente sfruttate le pareti rocciose verticali, nelle cui parti argillose gli animali scavano dei cunicoli e inseriscono i nidi: non di rado una stessa parete contiene centinaia di nidi, ed è curioso osservare, se i pappagalli vengono disturbati, le innumerevoli teste che si affacciano dalla parete levando alte strida. Quando si tratti di fori degli alberi - fori preesistenti oppure pazientemente ricavati con un duro lavoro di becco, compito, questo, svolto prevalentemente della femmina - è consueto il criterio di sfuggire all'isolamento; anche in questo caso gli animali scelgono in gran numero lo stesso albero o alberi vicini. Il lavoro di traforo al quale si è accennato, che l'animale compie appendendosi alla corteccia come fa il picchio, dura talvolta per settimane. E' il lavoro principale: finito quello, con due ramoscelli il nido è pronto. Il pappagallo non è in questo senso molto esigente. Le uova vengono covate prevalentemente dalla femmina, mentre il maschio provvede ad alimentarla, e si direbbe, a distrarla, saltellandole intorno con un chiacchierio continuo. Il periodo di incubazione dura, nelle specie minori, diciotto giorni; nelle altre può arrivare fino a ventitré. Appena nati, i piccoli hanno movimenti molto impacciati e sono coperti di una rada lanugine. I loro progressi sono rapidi: dopo cinque o sei giorni spuntano i primi steli delle piume, e verso il decimo gli occhi si aprono. Al cibo per i nuovi nati provvedono, naturalmente, i genitori, e spesso per un tempo che dura oltre il momento in cui i figli hanno già imparato a volare: si tratta di grani e sementi che vengono tenuti a macerare nel gozzo e successivamente vomitati nel becco dei piccini. I Pappagalli sono affettuosi con i loro figli, e molto coraggiosi nel difenderli da qualsiasi pericolo, anche quando si trovano in cattività.

La pienezza dello sviluppo e l'attitudine a generare viene raggiunta, di solito, nel secondo anno, e solo le specie minori mostrano una maggiore precocità. Precocità che non influisce sulla durata della loro vita, che in generale è notevolissima. Alla fine del secolo scorso, era ancora viva una leggenda secondo la quale un vecchio pappagallo avrebbe visto spegnersi una razza, quella degli Aturi, in America. Gli indigeni dicevano che era impossibile comprenderlo, perché esso si esprimeva secondo l'idioma degli Aturi. La leggenda fornì lo spunto ad una bella poesia di un poeta tedesco, nella quale si leggono, tra l'altro, queste strofe: Nelle solitudini dell'Orinoco, siede un vecchio pappagallo duro e freddo come se fosse scolpito nel marmo. Sotto di lui, dove spumeggiano le onde, dorme l'eterno sonno un popolo che, cacciato dalle sue sedi, trovò rifugio tra queste rupi. Il pappagallo piange l'ultimo degli Aturi, affila il becco alla pietra, e riempie l'aria di strida. Ah! I fanciulli che gli insegnarono il loro linguaggio e le donne che lo hanno nutrito costruendogli il nido sono tutti spenti. Giacciono tutti uccisi lungo la riva, e le dolenti strida non valgono a risvegliarli. La fine più comune cui possa andare incontro un pappagallo è la morte naturale. Essi sono abbastanza astuti per rintuzzare in ogni caso gli attacchi degli animali da preda, contro cui si difendono validamente usando la robusta arma del becco: solo quelli delle specie minori sono talvolta vittime dei falchi o dei mammiferi che hanno la capacità di arrampicarsi. Praticamente, l'unico nemico contro il quale si trovano del tutto indifesi è l'uomo, che spesso dà loro la caccia per ridurli in cattività, per tentare di opporsi ai gravi danni che essi provocano alle sue colture, e a volte per impadronirsi delle loro splendide penne. Gli agricoltori non sono certo disposti a lasciare impunite le scorrerie dei Pappagalli. Quando li sorprendono sui loro campi, li uccidono in gran numero con i fucili: ogni colpo produce larghi vuoti nelle loro file serrate, e la pietosa abitudine di questi animali di aggirarsi stridendo intorno ai compagni uccisi favorisce la strage. Nell'America del Sud è usato pure il rischioso sistema di calarsi lungo le rocce in cui essi nidificano, per estrarre i piccoli dai nidi e ucciderli: né il sistema della caccia col vischio o con le reti viene trascurato. La carne dell'uccello, benché fibrosa e dura, non è cattiva, e spesso chi li cattura se ne ciba. Alcune popolazioni primitive, come gli indigeni australiani, fanno del nutrimento la ragione principale delle loro battute di caccia.

Il fascino degli ornamenti, eseguiti con splendide penne variopinte, ha reso diffusa, specialmente in passato, la caccia al pappagallo per servirsi del suo naturale vestito. I viaggiatori del passato hanno spesso trovato, specialmente nel Brasile, rozzi lavori eseguiti, non senza gusto, con le penne di pappagallo. Nei secoli trascorsi, gli abitanti dell'America del sud portavano in tributo agli Incas, perché ne abbellissero le loro abitazioni, le penne delle are, una delle famiglie di questa classe animale. Fin dai tempi di Alessandro il Grande si ha notizia dell'uso di addomesticare i Pappagalli. Lo stesso generale, o forse qualcuno dei suoi luogotenenti, portò infatti con sé dalla spedizione compiuta nelle Indie degli esemplari ammaestrati. Esempi di questo genere erano comuni nell'antica Roma; così diffusi da suscitare l'ironia di Catone: «A quali tempi siamo giunti: le donne nutrono cani nel grembo e gli uomini portano in mano pappagalli!». Era uso tenerli in gabbie d'argento o d'avorio, e farli istruire da appositi maestri; ed il loro prezzo poteva essere superiore a quello di uno schiavo. Fino ai tempi di Nerone non si conoscevano, probabilmente, che le specie indiane, e solo più tardi vennero introdotte quelle africane. All'epoca delle Crociate, si seguitava a considerarli ornamento delle case dei ricchi, e ad occuparsi del loro ammaestramento. Quando i primi viaggiatori giunsero nelle Americhe, videro che gli indigeni avevano l'abitudine di tenere presso di sé dei pappagalli ammaestrati. Questo succede ancor oggi, e si può dire, ad esempio, che nei villaggi indiani essi siano quello che sono tra noi i gallinacei, con la differenza che i primi prendono una parte più attiva alla vita dell'uomo. E' singolare la loro tendenza a familiarizzare con i bambini: anche in ciò essi assomigliano alle scimmie, e in certe località dell'India è difficile imbattersi in crocchi di ragazzi che non abbiano con loro scimmie e pappagalli: i quali, in questa compagnia, imparano ad imitare il suono della voce umana, l'abbaiare dei cani, e in genere tutti i rumori che avvertono nell'ambiente in cui vivono. Questi uccelli, che liberamente si associano all'uomo, sono certo più fortunati di quelli costretti a seguirlo quand'egli non ha che scarsissime e sovente errate nozioni sul modo di tenerli in vita. Quelli che vengono presi in consegna dai marinai, magari in cambio di qualche genere di mercanzia, sono destinati facilmente a morire durante i viaggi: e, se sopravvivono, rischiano di perdere la vita nelle oscure botteghe dei rivenditori. Ma quando abbiano fortuna, si adattano agevolmente agli inevitabili mutamenti di vita, specie per quel che riguarda il cibo. Gradiscono generalmente gli alimenti di cui si serve l'uomo, diventando ghiotti di dolciumi, di caffè, di birra. A volte apprezzano le bevande alcooliche al punto da ubriacarsi. Si cibano volentieri anche di carne, "ma l'abuso di questo genere di alimentazione può spesso produrre la perdita delle penne. Non c'è dubbio, in ogni caso; che assai più opportuno sarebbe non distoglierli dalla loro dieta abituale, e seguitare a somministrare loro, fino a che è possibile, sementi e vegetali in genere. I Pappagalli sono dotati, in misura che può variare da specie a specie ma che non scende mai oltre certi limiti, di una spiccatissima facoltà di apprensione, soprattutto grazie ad un'eccellente memoria. E' questa facoltà, accoppiata alla mobilità della lingua, che rende facile l'imitazione dei suoni umani. Appresa una parola, ne imparano facilmente altre, e diventano sempre più abili attraverso l'esercizio. E' necessario, per ottenere in questo senso dei buoni risultati, tenerli in stretta sorveglianza e limitare le loro possibilità di movimento: solo quando l'istruzione è compiuta si può senza pregiudizio aumentare la loro libertà.

E' possibile, anche se non sempre del tutto facile, riuscire ad ottenere la prolificazione in condizioni di schiavitù. A questo fine è necessario rispettare una condizione pregiudiziale, che consiste nel concedere agli animali prigionieri un ambito molto vasto, nel quale sia loro possibile muoversi, e sono poi indispensabili un'atmosfera di grande quiete e tranquillità e un nido sufficientemente ampio per la coppia che si dimostri incline all'unione.

La suddivisione dei Pappagalli in famiglie presenta non poche difficoltà, cagionate dal fatto che le specie conosciute sono in gran numero, e anche perché i caratteri fondamentali palesano delle differenze molto limitate in tutti gli individui dell'ordine. Per le medesime ragioni è quasi impossibile stabilire dei confini precisi tra le diverse famiglie, le cui caratteristiche differenzianti sono spesso vicinissime tra di loro e possono ingenerare, specie tra gli osservatori non del tutto attenti, qualche confusione.

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