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La Fauna in Australia Prima Seconda Terza Quarta Quinta Sesta Settima Ottava Nona Decima Undicesima Dodicesima Parte La Fauna in AustraliaFauna - AustraliaCANGURO ROSSO (Macropus rufus)Abbiamo dedicato al Canguro gigante, Canguro rosso, un capitolo importante, poiché è senz'altro l'animale più conosciuto, il più caratteristico di tutta l'Australia. Il suo nome latino è forse anche Megaleia rufa. Gli australiani lo chiamano Red Kangourou (più esattamente Kangaroo, secondo l'ortografia locale) e la sua femmina Blue Flyer, che si può tradurre con Azzurra volatrice. I vecchi maschi, temibili boxeur, sono capaci di sbarazzarsi rapidamente di due o tre cani o di un uomo armato di un bastone. Old Men' roos è uno dei loro soprannomi. La grandezza del Canguro rosso è senza dubbio leggermente inferiore a quella del Canguro grigio. I giovani, che nascono in inverno e generalmente uno solo per nidiata, vengono messi al mondo dopo una gestazione che dura dai trentacinque ai quaranta giorni. Essi continuano a crescere, in seguito, fino alla loro morte che può sopravvenire all'età di quindici anni. E' la madre canguro che traccia una strada, a grandi colpi di lingua, sui peli del suo ventre, quando il suo piccolo è nato, al fine di condurlo nel suo marsupio. Noi non ritorneremo sui dettagli di questa vita che il giovane Canguro passa così a lungo nella tasca materna. Essa rassomiglia a quella di tutti gli altri marsupiali e, come loro, il giovane Canguro rosso si rifugia in questo confortevole marsupio quando è inquieto, anche se è già grandino e ben capace di provvedere ai suoi bisogni, brucando l'erba a fianco di sua madre. Lo spettacolo del giovane animale che sporge le orecchie, poi la testa e le zampe anteriori da questo balcone naturale è sempre divertente oltre che toccante. Il grande rosso è un combattente irascibile, quando lo si fa uscire dai gangheri. Esso è stato la causa di incidenti mortali e, se vi è costretto, si batte fino all'ultimo. E' capace di entrare in acqua, lasciarsi raggiungere dai cani che lo inseguono, poi annegarli, molto correttamente, uno per uno, tenendo loro la testa sott'acqua. Le sue "mani" gli servono non solamente a dare pugni, ma anche a graffiare e ad afferrare; le sue unghie sono abbastanza potenti per sventrare un cane od un uomo. Non bisogna dimenticare che dietro le sue piccole braccia muscolose si trova una massa di più di cento chili, pronta a scattare, a picchiare, a mordere. Purtroppo ciò non è bastato a proteggerlo dai cacciatori. Un grande Canguro rosso che si nutre con l'erba che lo si accusa di rubare agli allevamenti di montoni, viene a costare, per ucciderlo, una semplice pallottola di fucile. In Australia grandi campagne vengono condotte dagli allevatori affinché questa specie sia annientata definitivamente e gli zoologi sono costretti a battersi a palmo a palmo per difenderla al fine di ottenere per lei qualche promessa di parco nazionale naturale, purtroppo circondato da rete metallica. Il Canguro rosso è il nemico dei fattori australiani, quanto il Dingo e quanto lo furono, in Tasmania, il Lupo ed il Diavolo... In modo tale che in due anni e mezzo, dopo l'ultima guerra mondiale, furono esportate dall'Australia due milioni e mezzo di pelli di Canguro e di Wallabies. La carne di questi ultimi è utilizzata, come nutrimento in scatola, per cani e gatti. La domanda, particolarmente da parte degli Stati Uniti, è aumentata del milleduecento per cento, da qualche anno, e questa caccia costituisce una pressione valutata dieci volte superiore al massimo sopportabile per la sopravvivenza di questi animali. La storia del grande Canguro rosso rischia di fermarsi là, ai piedi di un muro di cibi conservati, per animali da compagnia. In più, la coda dell'animale, con cui si fanno delle minestre o dei piatti di carne di tipo "bourguignon", è molto apprezzata in numerosi paesi, dopo essere stato il piatto preferito degli aborigeni. E' possibile procurarsene in quasi tutte le città del mondo, in scatola o surgelata. Quanto alla pelle, essa è utilizzata in differenti industrie, in cui si apprezza molto la sua resistenza. I Canguri rossi vivevano nei pascoli delle grandi pianure. Le mandrie di montoni li hanno spinti verso le foreste, quando queste sono penetrabili, e verso le regioni cespugliose, dove essi hanno difficoltà a trovare il loro sostentamento. In numerose regioni gli allevatori, oltre alla guerra che essi conducono contro i Canguri, circondano i loro migliori pascoli per mezzo di recinti insormontabili. La femmina del Canguro rosso, soprannominata "Azzurra volatrice", è un animale particolarmente elegante e rapido, capace come i suoi cugini grigi di saltare con balzi considerevoli, a quaranta ed anche cinquanta chilometri all'ora. Essa è molto graziosa, distesa per terra, con il piccolo che gioca tra le sue zampe anteriori, sotto i suoi begli occhi. Spettacolo evidentemente visibile nelle sole riserve dove questi animali non sono alla mercé di coloro che non sognano che la loro distruzione. Questo spettacolo è purtroppo divenuto sempre più raro...
LA CORSA DEL CANGUROLa corsa dei Canguri, e specialmente dei grandi rossi e dei grandi grigi, è veramente particolare, del tutto differente da quella di tutti gli altri quadrupedi. E' insomma una corsa a piedi uniti sulle zampe posteriori, tenendo quelle anteriori ripiegate sotto il petto e servendosene soltanto leggermente per aiutare l'equilibrio generale. Si ammette, tuttavia, che le zampe posteriori non sono mai completamente sulla stessa linea, poiché i piedi possono essere spostati di qualche centimetro uno rispetto all'altro. La coda svolge un ruolo molto importante, poiché è un bilanciere estremamente efficace. Talmente efficace che un Canguro che ne venisse privato, non potrebbe più correre. Notate, infatti, che il peso di questa enorme coda arriva ad equilibrare quello di tutto il resto del corpo dell'animale, quando le zampe posteriori si lanciano in avanti, dal centro della massa totale. In più, la coda si alza e si abbassa con un movimento contrario a quello delle zampe. Le zampe anteriori, quelle posteriori e la coda, si muovono in perfetta sincronia. In questo modo il Canguro si sposta a piccoli salti di due o tre metri, accelera e raggiunge i quaranta chilometri orari con salti di otto metri, poi raggiunge la sua velocità di punta, cinquanta chilometri all'ora, con salti di dodici metri. E' questa una velocità che l'animale può mantenere molto a lungo, se la corsa avviene in pianura e se non ha mangiato troppo.
DINGO (Canis dingo)Il Wallaby agile, di cui abbiamo già parlato, è un animale rapido e leggero che non ha nessuna difficoltà a superare un cane su una distanza di qualche migliaio di metri. Ma cosa può contro dei carnivori decisi ad inseguirlo tanto a lungo quanto occorrerà, che hanno il fiato inesauribile e a cui nulla farà cambiare preda durante la strada? Come i lupi d'Europa, d'Asia e d'America, come i Cuon dell'India ed i Licaoni africani, i Dinghi cacciano a mute più o meno ristrette ed inseguono lo stesso animale fino a quando non sono riusciti a prenderlo. Il che non impedisce loro di attaccare le loro prede dopo una vigilanza ed un lungo avvicinamento o di gettarsi su di loro di sorpresa, avendole attese il tempo necessario al varco. Solo, tra tutta la fauna mammifera di grandi dimensioni, autoctona, d'Australia, il Dingo non è un marsupiale. Esso mette al mondo dei piccoli ben fatti, dopo una gestazione di una sessantina di giorni, ed esso non li ospita in una tasca marsupiale per la buona ragione che non la possiede e che essa non sarebbe di alcuna utilità. Tutto ciò si spiega facilmente: il Dingo non è veramente un animale autoctono d'Australia. Vi è giunto in tempi preistorici, in compagnia di popolazioni erranti, discese dall'Asia verso il continente australiano, lungo la linea delle isole malesi. Infatti il Dingo si lascia avvicinare, anche se non diventa veramente domestico, e gli aborigeni lo utilizzano spesso per la caccia. E' d'altronde osservando questa alleanza tra l'uomo e l'animale che si può immaginare ciò che accadeva una volta, molto tempo fa, tra altri uomini e quello che doveva diventare il nostro cane. Il Dingo non è ancora a questo punto. Accetta l'alleanza, ma rifiuta il collare. Fisicamente è un cane giallastro, a pelo raso, con le piccole orecchie dritte, gli occhi marroni, delle dimensioni dei pastori belgi, ma con le zampe un po' più corte. Tutti quelli che sono stati importati ancora giovani in Europa o in America, sono diventati animali domestici assai piacevoli, ma questo atteggiamento mal nasconde un fondo di selvaticità che si ritrova nei piccoli, di generazione in generazione. Negli zoo si comporta in modo timido, inquieto, anonimo, così da non attirare gli sguardi di alcun visitatore e passa il tempo girando lamentosamente in tondo, nella sua gabbia. In Australia è considerato un nemico. Prima dell'arrivo degli europei, il Dingo aveva già praticamente eliminato il Tilacino d'Australia e seriamente ridotto la popolazione di diversi animali senza difesa, come il Numbat. L'arrivo dei montoni, dei vitelli e dei volatili d'Europa fu un avvenimento da un lato ben favorevole per il Dingo che si rimpinzò di questo ricco nutrimento, e dall'altro ben sfavorevole, poiché si tradusse rapidamente in una guerra impietosa, col fucile, con le trappole, col veleno, da parte dei fattori contro i Dinghi, sebbene questi ultimi non abbiano mai attaccato l'uomo. Questa guerra dura sempre, ma il Dingo è talmente astuto, diffidente e resistente ai cattivi trattamenti, sempre restando fiero e coraggioso, che è riuscito a sopravvivere, sempre pronto a moltiplicarsi appena le circostanze migliorano a suo favore. In Australia il Dingo è chiamato Warrigal dagli aborigeni ed anche molti bianchi hanno adottato questa denominazione. L'origine della parola "dingo" non è ancora stata spiegata. Ammettendo che sia sinonimo di matto, in "gergo", non potrebbe applicarsi al nostro cane selvatico australiano che è tutto l'opposto di uno sciocco o di un incosciente. Se non fosse così, già da parecchio tempo l'ultimo della specie avrebbe lasciato le sue ossa al sole. E siamo ancora molto lontani da ciò, malgrado la guerra che gli viene fatta, una guerra in cui ogni colpo è permesso e che il Warrigal sopporta con disinvoltura... Esistono poche opere sul Dingo, ma se ne può raccomandare una intitolata "Mirri, cane selvatico" di Mary Patchett. Il titolo originale dell'opera era "In a wilderness" e racconta la storia romanzata di un bambino, figlio di allevatori australiani, che aveva trovato e adottato un cucciolo Dingo. Vi si trova perfettamente descritto l'odio che la gente di questo paese manifesta all'indirizzo di questi cani selvatici che errano intorno ai loro allevamenti di montoni e che inventano senza soste astuzie nuove per rubare agnelli o pecore. Questa lotta fa parte del folclore australiano del pari di quella che gli europei hanno sostenuto contro il lupo, per millenni, e che non è terminata che con la sparizione di quest'ultimo. In questo romanzo si impara a conoscere gli altri animali australiani ed è molto appassionante. Vi si legge, ad esempio, che in linguaggio aborigeno "Mirrigang" significa "un" Dingo e "Warrigal" un "gruppo" di Dinghi, cosa che spiega perché l'eroe della storia, Small Mac-Lean, chiama Mirri il suo cucciolo Dingo, strappato furtivamente al massacro organizzato della specie, per cui il governo paga qualche cent per ogni vittima. Mirri, che diventa un temibile uccisore di montoni, finisce per avere sul suo capo una grossa taglia e sarà alla fine ucciso, con disperazione del ragazzino che l'ha allevato e che continua ad amarlo. Questa lunga storia di amicizia non sarà stata completamente inutile, poiché quando Small sarà grande non dimenticherà mai che è stato grazie al suo Dingo che ha imparato a conoscere la fauna selvatica del suo paese e le sue abitudini straordinarie. A conoscerla e ad amarla, poiché si sa bene che uno non può esistere senza l'altro.VERI RODITORIMalgrado l'opinione generalmente diffusa che solo i marsupiali popolano l'Australia, la verità ci obbliga a dire che differenti bestiole sono riuscite, prima degli europei, a sbarcare su questo continente così grande e così lontano. Si tratta dei roditori, dei quali si contano circa ottantacinque specie, alle quali bisogna aggiungere quattro specie recentemente introdotte dall'uomo, di cui non parleremo qui: il topo delle fogne, il ratto nero, il sorcio domestico ed il coniglio. In verità, quattro specie indesiderabili e caratteristiche per la loro sbalorditiva capacità di moltiplicazione... Le altre ottantacinque specie sono arrivate in Australia da ben più tempo. Esse si sono assimilate molto bene alla vita del continente, vi hanno trovato il loro equilibrio e sono riuscite a vivere a fianco del mondo marsupiale senza disturbarlo e senza usurparne le prerogative. Questi roditori, pur molto antichi, si sono evoluti seguendo leggi proprie e parallelamente, sovente, con l'evoluzione dei loro parenti delle altre parti del mondo, seguendo la vecchia legge zoologica delle convergenze. Presentiamo qui di seguito quattro varietà di questi animali molto poco conosciuti, mal studiati, confusi con i marsupiali dalla maggior parte degli osservatori.ASCOFARYNX (Ascopharynx cervinus)Il primo di questi quattro animali ha seguito un'evoluzione classica che l'ha portato a questa forma di topo saltatore, che ha un po' della gerboa o del gerbillo, con lunghe zampe posteriori, minuscole zampe anteriori ed una lunga coda pelosa. E' un animale piuttosto piccolo, di colore piuttosto scuro superiormente, chiaro nella parte inferiore.
IDROMIDE ORIENTALE O RATTO CASTORO (Hydromys chrysogaster)L'evoluzione dell'Idromide orientale è stata completamente differente. Esso è divenuto topo d'acqua, ma topo d'acqua di grandi dimensioni, poiché arriva a raggiungere anche settantacinque centimetri di lunghezza; si nutre principalmente di pesce e anfibi o molluschi, ma anche di piccoli mammiferi, di volatili e di qualsiasi altra preda che possa venire da lui avvistata. Esso ha corte orecchie, le mascelle ben sviluppate e solide, le zampe posteriori leggermente palmate. Quanto alle zampe anteriori, esse sono dotate di unghie molto forti. La coda è molto lunga e la pelliccia tanto spessa, quanto irsuta. Questi caratteristici roditori vivono esclusivamente vicino all'acqua in cui possono tuffarsi non appena scende la sera. Le loro tane sono costituite da una lunga galleria che termina con due camere, la prima adibita ad «abitazione», la seconda a specie di magazzino. Quando nelle tane devono alloggiare i piccoli, queste vengono costruite in modo più ampio e con più uscite «di sicurezza». Quando riescono a catturare una preda, gli Idromidi la portano su una grossa pietra che esce dall'acqua e, servendosi di questa come di una tavola, se la mangiano tranquillamente. Sono però, spesso, essi stessi cacciati a causa della eccezionale somiglianza della loro pelliccia con quella dei topi muschiati. Spesso, perciò, la loro pelliccia viene usata al posto di quella dei topi muschiati. Più di una volta si è pensato perfino di organizzare allevamenti di Idromidi orientali, ma non si è mai intrapresa un'attività in questo senso per la sua scarsa convenienza economica: questi animali sono molto poco prolifici e quindi per poter utilizzare solo qualche metro quadrato della loro pelliccia dovrebbero passare molti anni.
UROMIO (Uromys) - MELOMIO (Melomys cervinipes)Questi animali hanno acquisito, nel corso degli anni, aspetti meno tipici, di classici roditori del deserto o della savana australiana. Essi sono di grandezza media e nulla li caratterizza particolarmente tra la folla di bestiole marsupiali e tipicamente australiane che li circondano e con i quali, naturalmente, li si confonde. L'Uromio, che ha una grandezza tre volte superiore a quella di un comune ratto, ha la pelliccia di color bruno giallastro nelle parti superiori, giallo chiaro in quelle inferiori. Esso cerca le cavità dei tronchi per costruirvi la tana in cui resta nascosto durante il giorno. Vive soprattutto lungo le coste dove la vegetazione è abbondante, ma si può dire che l'area di diffusione è estesa a tutto il continente australiano. Costruisce il suo nido sul terreno, al riparo, tra gli alberi, nei tronchi vuoti, imbottendolo di foglie ed erba per renderlo morbido; sta di fatto che nel suo rifugio trascorre solo poche ore al giorno. La maggior parte del suo tempo lo passa alla ricerca di cibo, arrampicandosi sugli alberi, tenendosi attaccato ai rami per mezzo delle zampe e della coda. Quest'ultima non è propriamente prensile, ma il Melomio la usa con grande destrezza. Si ciba quasi esclusivamente di noci di cocco; aiutandosi con la coda si arrampica fino al grande ciuffo di foglie dei cocchi, poi rode il peduncolo dei frutti facendoli precipitare e, tornato a terra, rosicchia la dura scorza finché giunge alla mandorla che divora beatamente. Con questo sistema possono causare danni anche notevoli alle coltivazioni di questi frutti. Il Melomio, soprannominato dagli australiani "Ratto dalla coda nuda", non ha grandi dimensioni. Misura infatti una quarantina di centimetri circa, metà dei quali spettano alla coda. Questa è ricoperta da scagliette sistemate in maniera tale da formare uno strano mosaico. La sua pelliccia è di color castano bruno nelle parti superiori, quasi bianca in quelle inferiori; la sua coda è quasi completamente priva di peli e serve all'animale per aiutarsi durante le arrampicate sugli alberi o sugli arbusti, che l'animale compie con grande abilità. Qui vengono sorpresi, mentre mangiano, dagli indigeni che li cacciano senza sosta, sia per i danni che arrecano alle piantagioni, sia per le loro carni che, a detta di alcuni intenditori, sono particolarmente gustose... Per catturarli bruciano legna verde in modo da riempire di fumo le cavità dei tronchi o le immediate vicinanze in cui hanno costruito le loro tane. Il fumo li costringerà ad uscire dalle tane ed a cadere nelle mani dei loro cacciatori. Questi Ratti dalla coda nuda sono golosi di frutta e germogli molto teneri, preferiscono tra tutti i germogli di canna da zucchero. Giunti sulla cima di queste grosse graminacee, la recidono rosicchiandola e la mangiano. Sembra che nei periodi della riproduzione si avventurino addirittura fin sulla sommità delle canne da zucchero e qui costruiscano il loro nido, nonostante la caccia spietata, ma giustificata, cui sono soggetti. Recenti indagini hanno infatti accertato che i soli responsabili delle grandi devastazioni delle piantagioni di canne da zucchero sono i Melomi del litorale. Non possiamo dire con esattezza se questi animali siano studiati particolarmente. Noi pensiamo di no. Ed è un peccato, poiché essi potrebbero portare un contributo importante alla zoologia e soprattutto alle teorie derivate da quella dell'evoluzione, quale Darwin l'aveva immaginata. Una volta di più questa convergenza di forma, che si incontra tanto bene nel pescecane, nel marsuino e nel plesiosauro, quanto nei topi canguro e nelle gerboe, interviene per modellare degli animali che nulla costringeva, in principio, a rassomigliarsi, se non il fatto che spartivano lo stesso biotopo e lo stesso modo di vita.
FOCA LEOPARDO O LEOPARDO DI MARE (Hydrurga leptonyx)Il Leopardo di mare è una foca, una grande foca dal pelo grigio macchiettato di giallo, che può raggiungere la lunghezza di tre metri e sessanta nel maschio e di tre metri e venti nella femmina. Non è bonario o solamente suscettibile di difendersi quando è attaccato, come la maggior parte delle altre foche, ma, al contrario, è estremamente aggressivo e attacca tutto ciò che incontra, a terra o nell'acqua. E' dotato di una temibile mascella in cui i canini, lunghi e appuntiti, sono seguiti da molari provvisti di tre punte affilate ed ancora più taglienti. Il Leopardo marino, detto anche Foca leopardo, si nutre di pinguini, poiché esso vive nei mari e nelle terre dell'Antartide, e anche di giovani di altre specie di foche, senza contare i pesci, i giovani cetacei ed ogni tipo di uccello che può sorprendere costeggiando le rocce e la banchisa. E' appunto l'alimentazione la caratteristica più interessante di questi sensazionali animali. Si è già detto che si cibano di pinguini, ma è la quantità di cibo che riescono a divorare che stupisce. Infatti, un giorno, il naturalista Murphy, mentre studiava il comportamento di un branco di Foche leopardo, si accorse che alcune di essere nuotavano ostinatamente in vicinanza di colonie di pinguini e, quando qualcuno di questi si gettava in acqua, i nostri pinnipedi non esitavano ad assalirlo, con la stessa ferocia della pantera della giungla (leopardo-asiatico). Non contento di tutto ciò il Murphy, la mattina seguente, uccise un esemplare di Foca leopardo e lo sezionò. Con suo grande stupore ritrovò nello stomaco dell'animale, oltre a pesce di vario genere, crostacei ed uccelli, anche i resti di quattro di quei pinguini che il giorno prima aveva visto scomparire in acqua. E' da notare che i pinguini appartenevano alla specie reale, cioè i più grossi che esistono poiché pesano anche venti chili e raggiungono e superano il metro d'altezza. Ciò vi basti per comprendere quale possa essere la voracità delle Foche leopardo e perché tutti le temano e le evitino. Non bisogna stupirsi troppo nel vedere questo animale aggiunto alla lista già lunga degli animali d'Australia. Infatti questo continente è relativamente vicino all'area di distribuzione del Leopardo marino, che si incontra spesso sulle coste della Nuova Zelanda, della Tasmania e dell'Australia meridionale. Pur vivendo bene in prossimità delle coste, questo animale non è assolutamente preoccupato dai lunghi soggiorni e viaggi in mare. Esso vi trova, infatti, tutto ciò di cui ha bisogno per sopravvivere e, come tutti i pinnipedi, può dormire in superficie od anche sotto la superficie dell'acqua, risalendo automaticamente ogni volta che ha bisogno di rinnovare l'aria dei suoi polmoni. Esso può inoltre, sempre come tutti gli altri pinnipedi, chiudere a volontà le sue narici quando è immerso, al fine di non inghiottire intempestivamente dell'acqua. Nell'epoca della riproduzione questi pinnipedi si insediano sulle rive in branchi grandissimi ed hanno un comportamento molto simile a quello delle altre foche. Il ruolo del Leopardo marino, nell'Oceano Glaciale Antartico, è lo stesso di quello dell'orso bianco, all'altro polo della terra. Esso è incaricato di mantenere l'equilibrio naturale eliminando chi rimane indietro, i malati, i feriti, i nati male. Esso svolge il suo compito molto bene ed il suo incontro sul ghiaccio o nell'acqua non è mai molto piacevole. Se scivola sulla neve o sul suolo gelato con una velocità già molto apprezzabile, esso nell'acqua è ancora più agile, e dovunque esista, è molto temuto anche perché non esita ad afferrare coi denti il bordo delle imbarcazioni leggere per rovesciarle. Per fortuna al momento non è molto diffuso e, a dire il vero, sono rare le persone che hanno anche sentito soltanto parlare di lui. La maggior parte degli uomini passa la vita senza neppure sapere che, tra tutte le gentili foche dai buoni grandi occhi di cane timido, ne esiste una temibile quanto una pantera, che attacca, senza essere provocata, tutto ciò che può considerare come una possibile preda. Comunque questo disinteresse verso la Foca leopardo è giustificato dai rapporti che intercorrono tra la specie e l'uomo: quest'animale non esiterebbe ad attaccare l'uomo, non si adatta alla cattività, ragion per cui difficilmente lo si ritrova nei giardini zoologici. Tra l'altro l'uomo non è interessato né alla sua pelliccia di scarso valore o addirittura di valore nullo, né tantomeno alle sue carni non certo gustose.
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