Botanica Generale La Sistematica delle Piante

 

 
    

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Botanica Generale La Sistematica delle Piante

  

Scienze e Tecnica  - Indice

Botanica Generale La Sistematica delle Piante

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SCIENZE E TECNICA - BOTANICA GENERALE - LA SISTEMATICA DELLE PIANTE

 

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BOTANICA GENERALE - LA SISTEMATICA DELLE PIANTE

INTRODUZIONE

Fin dalle origini la vita dell'uomo è stata condizionata dalle piante che crescono nel suo habitat. Egli imparò presto a distinguere le specie velenose da quelle che invece potevano essere utilizzate come fonte di cibo o per la produzione di vestiti e di utensili. Per usare le piante a suo beneficio, l'uomo si trovò nella necessità di ampliare le proprie conoscenze su di esse. Quando imparò a coltivarle, egli risolse brillantemente il problema della ricerca del cibo, e contemporaneamente abbandonò la vita nomade per insediarsi stabilmente su un territorio. Le prime cognizioni che l'uomo riuscì a enucleare sulle piante rappresentavano un misto di verità e di errore. Probabilmente i terapeuti, che curavano i loro pazienti con farmaci derivati dalle piante, furono i primi a studiarle con attenzione, annotando le loro osservazioni. Essi impararono perciò a distinguere le piante medicinali, per aver poi modo di curare gli ammalati. Anche gli agricoltori, naturalmente, per motivi strettamente pratici, impararono molto circa la struttura delle piante, il loro comportamento e le loro necessità. I Babilonesi e gli Egizi ci hanno lasciato alcune descrizioni delle specie che conoscevano, attribuendo loro anche il nome. I Greci ne ereditarono le conoscenze, ampliando il numero delle specie conosciute. Teofrasto, allievo di Aristotele, scrisse un trattato sulla vita delle piante (300 a.C.), descrivendone circa 500 specie e soffermandosi soprattutto sul loro impiego terapeutico. I Romani, invece, non diedero un grande contributo scientifico allo studio della botanica, ma svilupparono lo studio delle piante soprattutto in relazione all'agricoltura, al giardinaggio e alla medicina. Durante il Medioevo, la botanica, come tutte le altre scienze, non registrò progressi degni di nota, e solo gli studiosi arabi si preoccuparono di mantenere vive le conoscenze acquisite dagli antichi. All'epoca delle Crociate, l'interesse per le piante iniziò comunque a diffondersi anche in Occidente, stimolando gli studi scientifici. I botanici del tardo Medioevo tentarono di applicare i nomi greci e romani alle specie conosciute, ma gradualmente raggiunsero la convinzione che le loro cognizioni dovessero fondarsi sull'osservazione diretta, piuttosto che sugli scritti degli antichi. L'esplorazione del pianeta ampliò il numero delle specie vegetali e animali conosciute. Inoltre, l'espandersi dei commerci accrebbe anche la domanda di prodotti derivati dai vegetali (cibo, fibre, spezie e sostanze coloranti). Verso la fine del XVI secolo, furono allestiti grandi orti botanici per la coltivazione di nuove specie e vennero costituite raccolte di piante disseccate (erbari) allo scopo di classificarle. L'aumento delle conoscenze rese inadeguati gli antichi sistemi di classificazione, stimolando la creazione di nuovi metodi. Ancor oggi, tuttavia, non esiste un sistema di classificazione che sia del tutto soddisfacente, giacché le cognizioni si evolvono di giorno in giorno. Fino al XVIII secolo la classificazione delle piante era organizzata in maniera piuttosto sommaria, ma, alla metà del secolo, il grande botanico svedese Carlo Linneo introdusse, per descrivere le piante conosciute, l'uso del nome scientifico, composto da due parti; tale metodo è tuttora in vigore. Linneo fu inoltre il primo a classificare le piante in base ai loro organi sessuali. A causa di questi fondamentali contributi, Linneo è considerato il padre della moderna tassonomia botanica (la disciplina della classificazione). Tuttavia lo studio dei dettagli più minuti della struttura delle piante era già iniziato nel XVII secolo; infatti nel 1665 Robert Hooke aveva osservato delle piccolissime cavità nella struttura del sughero e le aveva denominate cellule. Lo studio dell'anatomia delle piante si intensificò grazie all'introduzione del microscopio: tra il 1838 e il 1839, Mathias Jakob Schleiden e Theodor Schwann resero nota la loro scoperta che sia le piante, sia gli animali erano costituiti da cellule. Verso la metà del secolo si scoprì che tutte le cellule viventi contenevano una particolare sostanza, poi denominata protoplasma. Dal 1870 il microscopio raggiunse un elevato livello di perfezione: da quel momento la citologia si è andata rapidamente evolvendosi; altri contributi alla botanica sono stati apportati dallo sviluppo dell'ecologia e della genetica.

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COME SI CLASSIFICANO LE PIANTE

Esistono sulla Terra più di 300.000 specie diverse di piante. Prima che ogni esemplare possa essere studiato o utilizzato, è importante conoscerne le caratteristiche. Classificare le piante non è un'impresa facile: alcune di esse, infatti, sono così simili tra loro che è assai difficile distinguerle anche per gli esperti. Per facilitarne la suddivisione, la classificazione delle piante è organizzata in sei raggruppamenti sistematici: specie, genere, famiglia, ordine, classe e tipo. Il nome scientifico di ogni pianta è formato da due parole: quello del pesco, ad esempio, è Prunus persica. La prima parola è il nome del genere o gruppo a cui la pianta appartiene; il secondo è il nome della specie, o della particolare varietà all'interno del gruppo. Nell'elencare le diverse specie di un gruppo, possiamo abbreviare il nome del genere: nel caso del pesco avremo così P. persica. Del genere Prunus fanno parte anche altri alberi da frutta come il ciliegio, il mandorlo, l'albicocco e il susino. Ogni genere possiede un suo nome specifico, che è usato per quel genere particolare e per nessun altro. Parimenti ogni specie, all'interno di un genere, possiede un suo nome specifico. I generi che hanno tra loro una grande affinità sono raggruppati nella stessa famiglia. Nel caso specifico, il pesco appartiene a quella delle rosacee, che comprende sia piante ornamentali (la rosa), sia alberi da frutto (il pero, il melo, il cotogno ecc.). A loro volta, le famiglie tra loro affini costituiscono un ordine. Le rosacee fanno parte dell'ordine delle rosali, incluso nella classe delle dicotiledoni, di cui fanno parte le piante i cui semi sviluppano due foglioline (cotiledoni) nel momento della germinazione. Altre piante, come la palma, il giglio e il frumento, appartengono invece alla classe delle monocotiledoni, poiché il loro seme genera un solo cotiledone. Il pesco possiede un'altra importante caratteristica, che è quella di avere il seme racchiuso dal frutto; per tale caratteristica, la pianta è compresa nel tipo delle angiosperme. Delle gimnosperme fanno invece parte le piante che, come il pino e l'abete, hanno i semi "nudi", ossia non protetti dal frutto. Le angiosperme e le gimnosperme sono, infine, raggruppate nelle spermatofite o fanerogame, una delle quattro divisioni del regno vegetale.
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                        ¦ LA CLASSIFICAZIONE ¦
                        ¦DELL'ALBERO DI PESCO¦
                        ¦                    ¦
                        ¦  (Prunus persica)  ¦
                        ¦      SPECIE        ¦
                        ¦      persica       ¦
                        ¦        ¦           ¦
                        ¦      GENERE        ¦
                        ¦      Prunus        ¦
                        ¦        ¦           ¦
                        ¦     FAMIGLIA       ¦
                        ¦      rosacee       ¦
                        ¦        ¦           ¦
                        ¦      ORDINE        ¦
                        ¦      rosali        ¦
                        ¦        ¦           ¦
                        ¦      CLASSE        ¦
                        ¦   dicotiledoni     ¦
                        ¦        ¦           ¦
                        ¦       TIPO         ¦
                        ¦    angiosperme     ¦
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IL REGNO VEGETALE

Le piante sono distinte in quattro grandi divisioni: tallofite, briofite, pteridofite e spermatofite. Le prime tre sono anche denominate crittogame, cioè piante dotate di organi riproduttori non manifesti. Le spermatofite, invece, sono anche chiamate fanerogame, ovvero piante aventi organi riproduttori visibili.

TALLOFITE

Raggruppano le piante più semplici (o inferiori), ovvero quelle il cui corpo è un "tallo", privo di ogni differenziazione tra radici, fusto e foglie. Le tallofite si dividono in alghe, licheni e funghi, di cui si parlerà dettagliatamente più avanti.

BRIOFITE

Anch'esse sono piante il cui corpo è un "tallo", di modeste dimensioni e privo di un sistema vascolare. Il loro ciclo vitale è caratterizzato dall'alternarsi di due generazioni: il gametofito, pianta produttrice di gameti (generazione sessuata) e lo sporofito, parassita del gametofito e produttore di spore (generazione asessuata). Alle briofite appartengono i muschi e le epatiche. I muschi sono piante che vivono nelle paludi o su terreni molto umidi e che possiedono una resistenza molto elevata all'essicamento. Le epatiche sono simili ai muschi e raggruppano circa 9.000 specie.

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PTERIDOFITE

Le pteridofite, che comprendono piante vascolari comparse sulla Terra in epoche molto remote, presentano, come le briofite, un ciclo riproduttivo alternato, con uno sviluppo nettamente predominante della fase sporofitica. Dotate di vere radici, fusto e foglie, esse vivono principalmente nelle zone tropicali, ma sono presenti anche nelle zone montane e nei Paesi dell'estremo nord. Le pteridofite si distinguono in felci, equiseti e licopodi. Le felci presentano forma e dimensioni estremamente variabili, vivono in zone umide, ombrose e ricche di humus. Spesso sono coltivate a scopo ornamentale.

SPERMATOFITE

Sono le piante a struttura più complessa (superiori), in cui, come si è detto, gli organi riproduttori sono visibili e spesso disposti a formare un fiore. Esse comprendono due tipi: quello delle gimnosperme e quello delle angiosperme. Le gimnosperme, piante a semi nudi, cioè visibili, sono formate da sette classi, di cui tre fossili (vedi tabella). La classe più comune è quella delle conifere, alla quale appartengono pini, abeti, larici, cipressi, ginepri ecc. Le angiosperme, come abbiamo visto, rappresentano l'ultimo e più evoluto anello della catena dello sviluppo del mondo vegetale. Sono anche le piante più diffuse sulla superficie terrestre: a partire dalla loro comparsa, circa 150 milioni di anni fa, le angiosperme hanno infatti via via sostituito tutte le altre specie. Le caratteristiche fondamentali di queste piante sono i fiori, i frutti, contenenti semi, e il fusto legnoso. Esse si dividono in due classi: monocotiledoni e dicotiledoni, che oltre al già ricordato elemento di distinzione ne presentano degli altri. Ad esempio nelle dicotiledoni gli involucri fiorali sono costituiti da sepali e petali, mentre nelle monocotiledoni essi formano un tutto unico con i tepali.

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LE ALGHE

Le alghe sono costituite da un tallo formato da più cellule o anche da un'unica cellula. A seconda della specie il tallo può inoltre presentarsi come sostanza a consistenza carnosa, gelatinosa o pergamenacea, nonché, a volte, assai simile a quella legnosa. Organismi per lo più acquatici, sia d'acqua dolce che salata, le alghe presentano abbondanza di clorofilla o di sostanze simili, nonché una riproduzione che, avvenendo sessualmente o per spore, può talvolta mostrarsi assai complicata. É assai facile, inoltre, che le alghe vivano in simbiosi, cioè in comune con altri vegetali o con animali, con reciproco vantaggio. Numerose sono le specie di alghe e la loro classificazione viene fatta in base al colore: infatti in esse il verde, alla cui base sta la clorofilla, viene mascherato da diversi e particolari pigmenti. Le cloroficee o "alghe verdi" si distinguono per la presenza evidente di clorofilla: amanti delle acque sia dolci che marine, possono vivere anche in ambienti semplicemente umidi, ricoprendo alberi e pietre di una sorta di polvere verde. Tale è la "lattuga di mare", usata come alimento da numerose popolazioni costiere; anche la Chlorella, per la sua ricchezza di proteine e vitamine, è oggetto di studio in vista di un'eventuale sua diffusione quale alimento. La famiglia delle Characee comprende alghe di notevoli dimensioni, ricche di clorofilla ed amanti in generale delle acque stagnanti. Formate per lo più da una sola cellula sono le cianoficee o "alghe azzurre", capaci di vivere anche in terreni assai umidi: riunendosi spesso in filamenti, devono il loro colore ad un pigmento verde azzurro in grado di mascherare quello più decisamente verde della clorofilla. Le diatomee, organismi unicellulari che popolano le acque marine e lacustri, concorrono alla composizione del plancton marino, nonché, grazie ai loro gusci silicei, alla costituzione della "farina fossile", utile nella preparazione della dinamite, dei mattoni refrattari e di isolanti. Le feoficee o "alghe brune", oltre a raggiungere dimensioni enormi, testimoniate dai sargassi e dai fuchi, hanno alla base del proprio colore un pigmento bruno, la fucoxantina. Le rodoficee o "alghe rosse" sono tali per la presenza della ficoeritrina: fissate a sostegni naturali, sono ricche di jodio e bromo, e possono inoltre servire come alimento se trasformate in quella massa gelatinosa che prende il nome di "agar/agar". Le xantoficee o "alghe gialle", amanti delle acque dolci e del terreno umido, sono tali in virtù della xantofilla, pigmento assai simile a quello della carota. Numerosi sono gli usi delle alghe: ottimi fertilizzanti dei terreni, sono preziose per l'industria tessile, quella della carta e dei cordami nonché nella preparazione del foraggio o di reagenti chimici: notevole è poi il loro uso nella "chiarificazione" dei vini. Sarà bene infine ricordare che la loro presenza può dare colore ad uno specchio d'acqua o a un terreno. L'importanza di queste piante, di cui sono state descritte fino ad ora circa 20.000 specie, è enorme sia dal punto di vista generale della vita sul nostro pianeta sia sotto il profilo dell'economia umana. Senza le alghe, innanzitutto, le acque diverrebbero ben presto troppo povere di ossigeno (da esse continuamente prodotto durante il processo fotosintetico) per consentire la vita della maggior parte degli altri organismi: protozoi, celenterati e pesci sarebbero condannati a scomparire rapidamente tanto dai laghi quanto dai fiumi e dai mari. Con la fotosintesi, inoltre, le alghe producono ingenti quantità di sostanze organiche (più di 100 miliardi di tonnellate annue di carbonio trasformato allo stato organico) che rappresentano il punto di partenza per la nutrizione di tutti gli altri esseri viventi nell'acqua, dai protozoi ai pesci, alle balene. In alcuni casi però le alghe possono essere dannose: quando, a causa della presenza nell'acqua di sostanze inquinanti ma nutritive, esse si riproducono in modo abnorme. La morte e la successiva decomposizione delle alghe produce una quantità di anidride carbonica superiore a quella di ossigeno prodotta dalle alghe vive, distruggendo così progressivamente ogni forma di vita.
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    ¦            LA CLASSIFICAZIONE DELLE PIANTE           ¦
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    ¦ C  ¦                         ¦     Alghe             ¦
    ¦ R  ¦       TALLOFITE         ¦     Funghi            ¦
    ¦ I  ¦                         ¦     Licheni           ¦
    ¦ T  +-------------------------+-----------------------¦
    ¦ T  ¦       BRIOFITE          ¦     Muschi            ¦
    ¦ O  ¦                         ¦     Epatiche          ¦
    ¦ G  +-------------------------+-----------------------¦
    ¦ A  ¦                         ¦     Felci             ¦
    ¦ M  ¦       PTERIDOFITE       ¦     Equiseti          ¦
    ¦ E  ¦                         ¦     Licopodi          ¦
    +------------------------------+-----------------------¦
    ¦                              ¦ G  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ I  ¦ Pteridosperme*   ¦
    ¦                              ¦ M  ¦ Bennettitine*    ¦
    ¦                              ¦ N  ¦ Cordaitine*      ¦
    ¦                              ¦ O  ¦                  ¦
    ¦       FANEROGAME             ¦ S  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ P  ¦ Gnetine          ¦
    ¦                              ¦ E  ¦ Ginkgoine        ¦
    ¦           O                  ¦ R  ¦ Cicadine         ¦
    ¦                              ¦ M  ¦ Conifere         ¦
    ¦                              ¦ E  ¦                  ¦
    ¦       SPERMATOFITE           +----+------------------¦
    ¦                              ¦ A  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ N  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ G  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ I  ¦  Dicotiledoni    ¦
    ¦                              ¦ O  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ S  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ P  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ E  ¦  Monocotiledoni  ¦
    ¦                              ¦ R  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ M  ¦                  ¦
    ¦                              ¦ E  ¦                  ¦
    +------------------------------------------------------¦
    ¦* Fossili                                             ¦
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I LICHENI

I licheni sono formati dalla simbiosi di un'alga unicellulare con un fungo. Il fungo, in virtù del micelio (vedi funghi), può procurarsi dal terreno acqua e sali minerali per passarli quindi all'alga che, trasformatili in sostanze nutritive organiche, li restituisce al suo compagno, che ne può finalmente usufruire. La tipica forma dei licheni è quella di foglioline asciutte o di cespuglietti aridi: toccandoli possono apparire di consistenza coriacea, cartacea o gelatinosa. Altra loro caratteristica è quella di vivere ed attecchire dovunque, sia nei climi più freddi sia in quelli più caldi, svolgendo dappertutto, sulle rocce a cui si aggrappano, una fondamentale azione chimica e fisica: quella di disgregarle a poco a poco dando origine all'humus necessario per la crescita di piante assai più elaborate e grandi. Le rocce dunque sono l'ambiente ideale dei licheni: su quelle calcaree e dolomitiche l'acarospora forma le "strisce d'inchiostro", così come la Xantoria elegans è la causa di magnifiche chiazze rosse che costellano certe montagne. Tra i vari licheni che con i loro diversi e tipici colori concorrono a rendere ancora più belle e suggestive le pareti montane ricordiamo il lichene geografico, verde/giallo, l'Acarospora citrina, giallo limone, il ceratocarpus, la nera e minuta Cetraria triste, le girofore, il candido ed argenteo Stereocaulon alpinum, la cladonia, o lichene delle renne che lo prediligono come cibo, ed infine le cosiddette "barbe dei larici", tipici filamenti grigi, gialli o neri che pendono dalle conifere delle nostre montagne.

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I FUNGHI

Benché fossero conosciuti e apprezzati fin dai tempi più antichi, soltanto nel 1700 le cognizioni sui funghi e sulla loro riproduzione passarono dal campo delle congetture a quello della scienza; venne, allora, accantonata tanto l'ipotesi di chi li voleva originati dalla linfa degli alberi, quanto quella di chi li associava all'abbondanza di ferro nel terreno o all'influsso degli astri. É certo ormai che la riproduzione di questi organismi avviene mediante delle "spore", organismi unicellulari che si trovano sotto il cappello dei funghi stessi. Piante tallofite, i funghi possono essere organismi unicellulari o pluricellulari, sempre mancanti però di radici, fusto e foglie. Se pluricellulari, i funghi risultano dalla disposizione delle cellule in filamenti detti "ife", poggianti sul terreno o sul legno di vecchi ceppi e capaci di assorbire acqua, sali e sostanze organiche utili al loro nutrimento. L'insieme delle ife forma il "micelio", le cui dimensioni possono variare così come varia la sua conformazione: comunemente noi veniamo a contatto con quella parte del fungo che si chiama "corpo fruttifero" e che produce le spore. Dal momento che ai funghi mancano le foglie, è evidente che non compare in essi la clorofilla, basilare per il sostentamento di tutte le altre piante. É per questo che il loro nutrimento deve essere costituito da sostanze organiche già elaborate: per tale ragione essi sono detti "saprofiti", cioè consumatori di sostanze organiche in putrefazione, di scorze d'alberi, di foglie morte, di cadaveri d'insetti, svolgendo così un'importantissima funzione. Tra i funghi ve ne sono però di quelli "parassiti", usi cioè a ricavare il proprio nutrimento dalla pianta su cui sono sorti: tra questi, particolarmente noti per la loro commestibilità e diffusione sono i "chiodini", ovvero l'Armillaria mellea, temibile parassita dei pioppi, degli alberi e delle querce. I funghi più comuni appartengono per lo più alla famiglia delle Agaricàcee: sembra accertato che le ife fungine di questo tipo vivano in simbiosi con le radici di alcune piante. Benché ottimi al palato, modesto è il valore alimentare di questi organismi: basso è infatti il loro contenuto di carboidrati digeribili, di grassi e proteine, essendo per il 90% del loro peso formati di acqua. Non tutti i funghi, come è noto, sono commestibili: alcuni non solo sono cattivi al gusto, ma velenosi in modo più o meno grave. Al genere della russula appartengono alcune specie capaci di produrre avvelenamenti istantanei e dolorosi, influenzando direttamente le mucose digestive e determinando emorragie; vari inoltre sono i principi tossici esplicati dalle varie specie, sì da determinare sintomatologie a loro volta diverse. Lo studio dei funghi, o "micologia", riguarda tutte le varietà, comprese quelle, numerosissime, di dimensioni microscopiche, che rivestono particolare importanza nel mondo animale e vegetale.

Schema della riproduzione dei funghi

"Micosi" sono dette tutte le affezioni provocate dai funghi nell'uomo e negli animali e diffuse soprattutto nelle regioni tropicali: tra queste, particolare diffusione ha il cosiddetto "mughetto dell'infanzia", nonché la malattia provocata dagli "aspergilli", particolarmente portati ad aggredire l'orecchio, la faringe, i polmoni. Temibili per le piante sono le Peronosporacee, famiglia di funghi parassiti, tra cui particolarmente pericolose sono: la "peronospora" della patata; l'albugia candida o "ruggine bianca", che aggredisce cavoli e rape; la plasmopara viticola, nemica delle viti ed originaria dell'America del Nord. Anche i lieviti, che furono scoperti e studiati da Pasteur, fanno parte dei funghi: ad essi si deve la lievitazione del pane, della birra e di alcuni formaggi. I funghi contribuiscono alla demolizione di molti detriti organici (cellulosa, lignina, ecc.) e fanno sì che, specialmente nei terreni aridi, molti elementi momentaneamente immobilizzati nella sostanza organica di porzioni morte di organismi, ritornino nel grande ciclo della natura. Numerosissime sono le industrie che si avvalgono di funghi per le fermentazioni, grazie alle quali si ottengono prodotti di largo consumo come pane, vino e birra. Molti funghi vengono anche utilizzati per la preparazione di antibiotici (penicillina, ecc.) o di altre sostanze particolari. Non trascurabile infine l'importanza dei funghi come alimento.

Un esemplare di Boletus Edulis (porcino)

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LA FLORA TROPICALE

I due Tropici, situati a 23° 27' di latitudine nord e sud, delimitano la cosiddetta fascia tropicale, che comprende zone assai diverse tra loro per clima, distribuzione delle piogge, natura del terreno e delle montagne. Al centro di questa fascia è la foresta "ombròfila", nota un tempo come "foresta vergine": la vegetazione è fissa, sempre verde per le piogge piuttosto costanti e la elevata temperatura (24°-26°). Qui trovano il loro ambiente ideale molti legni pregiati, quali il mogano, il palissandro e l'ebano, tutti preziosi, al pari del teck, tipico della foresta tropicale asiatica, sia nella costruzione di mobili che in quella di navi, soprattutto l'ultimo, per la sua caratteristica di essere imputrescibile. Questi legni derivano da alberi di enormi dimensioni, sotto cui per lo più vive la foresta più bassa, costituita di felci arborescenti. Tipiche sono inoltre le liane, piante rampicanti, sarmentose, legnose o erbacee, che con i loro fusti formano una sorta di spessa corda che attorcigliandosi alle piante alla ricerca della luce dà luogo ad intrichi fittissimi. Particolarmente famose sono poi le orchidee, epifite, tali cioè da vivere su altre piante che servono loro come sostegno, abbellendo con il loro aspetto tronchi e fusti annosi. Anche le piante da gomma, quelle da cui si ricava il lattice che serve da materia prima nell'industria della gomma, amano questo ambiente caldo-umido: diverse sono le loro specie ed anche le loro famiglie, potendo essere arboree, o liane o erbacee. Tropicali sono le palme, accanto alle quali non va dimenticata la mangrovia, ovvero quella fittissima foresta costituita da piante alofite, che si sviluppano cioè nei terreni ricchi di sale, in prossimità di marine paludose, incuneandosi anche negli estuari dei fiumi. Poiché durante l'alta marea tali piante sono ricoperte d'acqua e quando il mare si ritrae formano un fittissimo intrico, la loro respirazione è garantita dai "pneumatòfori", cioè da radici aeree emergenti verticalmente dal fango. Anche la flora acquatica presenta superbi esemplari come la Victoria regia, ninfacea dell'America tropicale, dalle robustissime foglie di due e più metri di diametro, tali da sostenere pesi notevoli; anche i suoi fiori, che dal bianco passano al rosso, sono bellissimi, oltre che enormi. La fascia tropicale è pure l'ambiente più adatto alle savane, amanti dei climi secchi. Costituite per lo più da graminacee di notevole altezza e fittissime (savana erbosa) talvolta presentano anche alberi completamente diversi da quelli tipici della foresta tropicale (savana boscosa) e tali da essere annoverati come acacie, euforbie, baobab giganteschi e con stranissime forme oltre che con foglie caduche. Anche i rilievi della fascia tropicale sono costellati da una vegetazione lussureggiante, tra cui è possibile riconoscere specie tipiche della zona boreale, come pini, abeti, rododendri, ranuncoli, primule e genziane; le cime più alte non conoscono altra vegetazione che muschi e licheni. Preziosa è dunque, per le innumerevoli piante che in essa vivono, la foresta tropicale. Per questo, e soprattutto per la sua insostituibile influenza sul clima e su tutta la situazione ecologica del pianeta essa deve essere salvaguardata dalle minacce dell'uomo, sempre pronto a disboscare per creare campi e pascoli.

Esemplare di Victoria Regia, tipica pianta acquatica

I FIORI ALPINI

Certamente la nota più caratteristica dei prati montani estivi è data dalla vastità della gamma di fiori ed erbe che ornano le radure e i pendii. É la flora montana uno degli affreschi naturali più suggestivi della zona temperata e pertanto uno degli spettacoli più belli che ci può capitare di ammirare. Vediamo quali sono i fiori più caratteristici delle nostre contrade montane. Il croco (Crocus vernus) è tra i primi a fiorire quando il disgelo lo permette; ha la forma d'imbuto ed un colore viola carico, ma a volte può essere perfettamente candido. Ricca si presenta la famiglia delle Composite, alla quale appartengono il senecio, la crepide (Crepis aurea) di un bel colore giallo vivace, l'arnica (Arnica montana) che fa bella mostra di sé con tutti i suoi caratteristici ciondoli di un colore giallo-aranciato, la carlina insidiosa per le sue numerose foglie spinate, e, finalmente, la stella alpina (Leontopodium alpinum), famosa e suggestiva per la sua capacità di incoronare e addobbare a festa anche i luoghi più impervii.

Fior di Arnica montana

Una smagliante chiazza di colore offrono i fiori della famiglia delle Ranuncolacee. Così spicca la candida macchia dell'anemone alpina, ci si incanta a rimirare i gialli ranuncoli di montagna, ci si commuove per l'umiltà dell'aquilegia rivolta con i suoi petali viola verso il basso, ci colpisce lo splendore dell'aconito, dal colore azzurro carico. É doveroso menzionare la notevole presenza sulle nostre montagne della famiglia delle Orchidacee, tra le quali non ci si può dimenticare della genziana gialla (Gentiana lutea), slanciata e superba nel suo bel colore vivo, o dell'altra genziana dalla corolla blu intenso. Non può mancare, infine, un breve accenno alla presenza discreta ma significativa che offre la famiglia delle Violacee, rappresentata dalla viola calcarata, chiazzata di violetto e giallo, e dal garofano superbo, di un bel colore rosso cupo. La cosa più importante da ricordare è che spesso la flora montana è protetta, per cui limitatevi ad osservare queste piante, ma non raccoglietele se non volete incorrere nelle multe delle guardie forestali!

Viola del pensiero

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LE PIANTE MEDICINALI

Assai antico, come si è detto, è l'uso delle piante medicinali, chiamate anche "officinali": piuttosto avanzata già presso gli Egizi era la conoscenza delle virtù terapeutiche di alcune erbe, come testimoniano ricette ritrovate su antichi papiri, risalenti a millenni prima di Cristo. Anche i Greci e i Romani erano notevolmente esperti in questo campo, tale da costituire per secoli e secoli l'unico tipo di medicina, quella appunto a base di erbe, o fitoterapia, la sola conosciuta e messa in pratica. Grandi meriti acquisirono nel Medioevo i monaci, grandi cultori, nei giardini e negli orti dei loro conventi, di ogni tipo di erba atta a preparare infusi, filtri e impiastri. Ma la fitoterapia non è mai scomparsa, neppure oggi nei paesi più avanzati: anzi lo studio scientifico delle proprietà officinali di alcune erbe non ha che confermato le cognizioni di una tradizione secolare. Queste piante vengono per lo più essiccate, cercando di evitare un eccesso di illuminazione, che sarebbe causa di decolorazione, nonché mantenendo costante la temperatura dell'ambiente, sì da garantire l'inalterabilità del prodotto. Tra le più famose piante medicinali sono la malva (Malva silvestris), l'altèa (Althaea officinalis), dalle cui foglie si ottiene un ottimo calmante; blando potere sedativo hanno i fiori della camomilla volgare (Matricaria Chamomilla) e della camomilla romana (Anthémis nobilis); mentre i fiori appartenenti alla specie del piretro hanno proprietà insetticide.

Camomilla romana

Importanti per l'industria farmaceutica sono alcune specie di menta, dalle cui foglie si ricava quell'essenza usata in molte affezioni del naso e della gola. Il Papaver somniferum produce, opportunamente trattato, l'oppio, un'importante sostanza da cui si ricavano la morfina, la codeina e il làudano, le cui virtù antidolorifiche li rendono preziosi in medicina. L'oppio, che viene prodotto in Egitto, Turchia, Persia, India e Cina, è anche però una terribile droga, pericolosa se usata senza necessità per ricavarne transitori stati di ebbrezza. In Italia viene coltivata la liquerizia, da cui si ricavano le note pastiglie curative della tosse; tipico delle nostre regioni è anche il finocchio, la cui radice viene usata in farmacia per le sue proprietà calmanti e diuretiche. Importanti sono anche, per le loro virtù terapeutiche, lo stramonio e la belladonna; la melissa ha proprietà toniche e digestive, mentre la "digitale" possiede benefici effetti nella cura di alcune malattie di cuore.

Belladonna

Il chinino, febbrifugo assai efficace, è estratto dalla chinina, sostanza velenosa, che si ricava dalla corteccia di china o "chinchona", pianta tipica dei paesi dell'America latina. Ricordiamo infine lo strofanto, i cui semi erano usati dalle popolazioni indigene dell'Africa tropicale per avvelenare le loro frecce.

LA ROSA

Ben 3.000 sono le specie appartenenti alle Rosacee, diffuse in ogni parte della terra. Un tipo abbastanza particolare è costituito dalle spiree, arbusti ornamentali con foglie semplici dal margine intero, sia dentato sia lobato: bianchi o rosati i fiori, riuniti a formare corimbi, pannocchie od ombrelle. Piuttosto rare in Italia, e limitate soprattutto ad alcune zone dell'Abruzzo, della Venezia Giulia e delle Alpi Orientali, ove crescono spontaneamente, sono particolarmente diffuse e pregiate le specie ornamentali originarie dell'Estremo Oriente e dell'America del Nord. Alla famiglia delle Rosacee appartiene in particolare la rosa, genere a cui appartengono fiori assai comuni sia nei nostri giardini sia dentro le nostre case: considerata tra i fiori più belli, le sue origini sono remotissime. É costituita da un arbusto che può essere eretto o rampicante, munito di spine diritte o adunche, di peli rigidi o morbidi. Le foglie sono composte, pennate e di un verde cupo piuttosto luminoso. La forma del calice è ovoidale, racchiuso tra cinque petali, con numerosi stami. La rosa non ha frutto, ma soltanto un ingrossamento del calice, che si presenta di un colore variante tra il rosso acceso e il rosso arancione. Ricercati in profumeria sono i petali, da cui si ricavano sia l'acqua che l'essenza di rosa. Vari sono i colori delle rose, a seconda dei diversi pigmenti presenti nei petali; accanto alla più semplice varietà detta "rosa selvatica" o "rosa canina", l'opera e lo studio attento dell'uomo sono giunti a selezionare alcuni tipi particolarmente pregiati, caratterizzati da un più elevato numero di petali. Tra le rose più comuni ricorderemo pertanto la rosa gallina, selvatica, amante delle radure e dei boschi, dai bellissimi e grandi fiori rosati; di spina più robusta è la rosa centifolia, dai fiori stradoppi (cioè con stami e pistilli riuniti insieme) di un rosso intenso, le corolle volte verso il basso. La rosa di "Damasco" è caratterizzata invece da spine uniformi e fiori anch'essi stradoppi, con colori che vanno dal rosa al rosso: assai simile è la rosa di "York e Lancaster" con fiori screziati di bianco e rosso. Dalla Cina proviene la rosa "Thea", bianca, gialla o rosa e dal caratteristico profumo di tè. Particolarmente adatte ad ornare aiole e giardini, muri e pergolati sono infine le rose nane a cespuglio, quelle rampicanti e quelle ad alberello. La rosa fiorisce dalla primavera all'autunno, ma ormai le serre fredde o calde, a seconda della stagione, ne permettono la fioritura in ogni periodo dell'anno, utilizzando terreni soffici e facili da irrigare, nonché zone soleggiate o di mezza ombra. Si adatta a tutti i terreni purché non contengano un eccesso di calcare e siano ben concimati. La riproduzione per seme è attuata solo per ottenere varietà nuove, ma di norma si ricorre alla moltiplicazione vegetativa per talea e soprattutto per innesto, che si esegue in maggio-giugno a "gemma vegetante". I partinnesti più diffusi sono la rosa canina e la rosa indica. In Italia, la coltivazione industriale per la produzione del fiore reciso si pratica specialmente sulla Riviera di Ponente.

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LE CARIOFILLACEE

Pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Cariofillacee, il garofano ha foglie lineari, fiori rosati, rossi, bianchi o gialli, di forma regolare e con una corolla formata da cinque petali e dieci stami. Dianthus caryphyllus è il nome scientifico del comune garofano, capace di dare origine a frutti dalla forma di bacca o di capsula. I fusti formano cespugli perenni e si presentano più fragili laddove presentano i tipici rigonfiamenti. Il petalo è costituito dall'"unghia", o piccolo gambo, e presenta l'orlo più o meno seghettato o frangiato a seconda della specie. L'insieme dei petali, o corolla, posa sul calice, dalla caratteristica forma tubolare e dalle tipiche piccole foglie di protezione chiamate "bràttee". L'organo femminile di riproduzione, ovvero il pistillo, presenta un allungamento in due stili. Assai diffuse sono le specie selvatiche, sia di prato sia alpine, da cui, attraverso un paziente lavoro di coltura e di selezione, sono state ricavate in Italia delle nuove specie, particolarmente pregiate per le notevoli dimensioni, per la bellezza e vivacità dei colori. Tra i tanti ricorderemo il garofano dei "Certosini", tipico della montagna, con i suoi allegri fiori rossi; il garofano "inodoro" delle Alpi; il garofano "forcato"; il garofano "alpestre", il garofano "superbo", il raro garofano "negletto", il garofano dei "ghiacciai", rosa e piuttosto piccolo, il garofano "armeria" e il garofano "gramineo", tipici della Sardegna, nonché il garofano delle "rupi" rintracciabile in Sicilia e nelle Egadi. Tutte queste specie di garofani crescono in pianura o sulle rocce montane, in quasi tutti i Paesi europei. Quanto ai famosi chiodi di garofano, così frequenti negli usi di cucina, sarà bene chiarire che hanno ben poco da spartire con i fiori qui trattati. Essi infatti provengono dal Caryophyllus aromaticus, albero di notevoli dimensioni, tipico delle isole Filippine e delle Molucche, appartenente alla famiglia delle Mirtacee. Dai fiori di questo, o meglio dalle loro gemme, una volta fatte seccare, si ricavano appunto gli odorosi "chiodi", commestibili così come i frutti. Fa parte infine della famiglia delle Cariofillacee anche la saponaria (Saponaria officinalis), nota per usi casalinghi, in quanto da essa si ricavano polvere e scaglie ottime come detersivo. Pianta erbacea di uno o due metri di altezza, reca fiori rosa con foglie dalla caratteristica forma allungata a lancia: solitamente cresce lungo i fossati; dalle foglie e dalle radici vengono estratte le "saponine", sostanze chimiche detergenti.

Fiori di saponaria

LE PAPAVERACEE

In Italia esistono numerosi tipi di fiori appartenenti alla famiglia delle Papaveracee; il più comune e tipico è il Papaver rhoeas. Si conoscono, quindi, fra gli altri il papavero "retico", dal colore giallo o bianco, delle Alpi; e il papavero di "Burser", che cresce sulle alte vette dell'Appennino. Ma nonostante le venti e più varietà di Papaveracee che si possono riscontrare nella flora del nostro Paese, i tipici fiori appartenenti a questa famiglia sono originari delle regioni subtropicali dell'emisfero settentrionale. In Paesi quali l'India e la Cina alcuni tipi di papavero vengono coltivati estesamente per le loro proprietà farmacologiche. Le Papaveracee sono "piante erbacee" costituite da un fusto sottile ricoperto di minuscoli aculei con funzione protettiva. Il calice dei fiori è molto piccolo e rimane sommerso dai vivaci e larghi petali, i quali in boccio sono ripiegati e quasi costretti nella guaina esterna che li ricopre. Gli stami sono molto ricchi di polline, mentre il frutto quando giunge a maturazione forma una capsula rigida, che lascia fuoruscire i semi da alcuni fori disposti circolarmente nella parte superiore. Il seme di papavero produce una sostanza oleosa abbastanza pregiata. Ma la vera ricchezza di una varietà tipica di papavero, il Papaver somniferum, è data, come abbiamo detto, dal prezioso contenuto della capsula: l'oppio, un lattice bianco che si estrae con un lungo processo. Le capsule si incidono quando sono ancora verdi; allorquando il frutto matura, sgorga dall'incisione il liquido che solidificandosi al contatto con l'aria assume un colore scuro; poco dopo viene raccolto in caratteristici piatti e vengono formati dei pani pronti per essere venduti. L'oppio ha capacità di efficace narcotico e da esso viene estratta la morfina, alcaloide usato in medicina come sedativo. Morfina e oppio se assunti in grandi dosi risultano, come si è detto, pericolosi, in quanto provocano assuefazione, intossicazione e, in alcuni casi, anche la morte.

Fiore di papavero

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I CEREALI

I cereali appartengono alla famiglia delle Graminacee e presentano frutti ricchi di amido e di sostanze proteiche. Il mais, detto anche granoturco, è un cereale importato dal continente americano ed oggi coltivato praticamente in tutti i Paesi. Come tutti gli altri cereali, il mais è molto apprezzato per il suo notevole valore nutritivo. La sua pianta produce una infiorescenza, più comunemente detta pannocchia, sulla cui superficie maturano numerosi chicchi, o "cariossidi". Il cariosside presenta una polpa centrale, racchiusa in un involucro, e una parte terminale o "embrione", dal quale si sviluppa la nuova pianta. La pannocchia è ricoperta da larghe foglie dette "bràttee". A seconda del colore del cariosside e della sua forma si distinguono diversi tipi di mais. Il periodo di maturazione di questa pianta graminacea è l'estate e si possono ottenere diverse varietà tipiche a seconda del periodo di semina: maggengo, agostano e così via. Le cariossidi, una volta essiccate, vengono macinate e la farina viene utilizzata per vari usi. Dall'embrione, ricco di sostanze grasse, si estrae un olio usato per la fabbricazione dei saponi.

Pannocchie di mais in essiccazione

Altri importanti cereali, oltre al mais, sono: il frumento, l'orzo, l'avena, la segale, il sorgo e il miglio. Tutti i cereali sono ricchi di carboidrati, con poche proteine e vitamine. Il frumento, o grano, è per gli Europei il cereale più importante. Il suo cariosside è contenuto in una spiga, che cresce alla sommità del fusto sottile: esso è di forma ovale e di colore giallognolo; a seconda della loro consistenza i chicchi si dividono in "teneri" e "duri". I chicchi teneri sono utilizzati per la fabbricazione del pane, quelli duri per la preparazione delle paste alimentari. Il grano maturo si miete verso giugno-luglio, dopo di che esso viene trebbiato, cioè liberato dall'involucro che lo fissa alla spiga. Il grano in chicchi deve essere conservato in luoghi ben aerati e lontano dall'umidità per evitare che si alteri. Dalla trebbiatura del grano si ottiene la paglia, utilizzata per la fabbricazione di carta e di cappelli. La segale è un cereale simile al frumento, e viene coltivata nei Paesi dove a causa del freddo non crescono cereali più nobili. La segale è prodotta soprattutto dai Paesi dell'Europa centrale e dalla Russia. L'uso più comune di questo cereale è la preparazione di farina per la panificazione. L'orzo è un cereale che cresce sia in Paesi freddi sia caldi e presenta tutte le caratteristiche del frumento. Le cariossidi di orzo possono essere circondate da glumelle (orzo vestito) o esserne privi (orzo nudo). La maggiore utilizzazione dell'orzo risiede nella produzione della birra; ma viene usato anche per la preparazione del semolino, come surrogato di caffè e per l'alimentazione degli animali. L'avena è un tipico cereale dei Paesi freddi e viene utilizzato soprattutto come foraggio per bestiame. Il sorgo è un tipico prodotto delle regioni settentrionali dell'Africa ed è usato dalle popolazioni indigene come nutrimento. Il miglio, infine, è simile al sorgo ed in genere è dato come mangime agli uccelli; in varie zone dell'Africa è, però, utilizzato per la preparazione del pane.

Piantagioni di cereali

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IL RISO

Il riso è il cereale più nutriente e uno degli alimenti più diffusi per il suo basso costo e la capacità di conservazione che presenta. Originaria dell'Asia, la pianta graminacea che produce come frutto il riso, l'Oryza sativa, è costituita da un fusto, a zone ora liscie ora nodose, che prende il nome di "culmo". Il culmo, internamente cavo, presenta in corrispondenza dei nodi alcune foglie caratteristiche ed è sormontato da alcune spighe, le quali contengono i chicchi di riso, anch'essi scientificamente chiamati "cariossidi". Il riso cresce per quasi tutto il suo ciclo in risaie allagate. Solo circa 15 giorni prima della raccolta cessa la somministrazione dell'acqua e allora il prodotto viene raccolto tramite speciali macchine, le mietitrebbie, che separano le cariossidi dal resto della pianta. L'anatomia del chicco di riso dà queste risultanze: nella parte più esterna, oltre alla "glumella" (semplice involucro di protezione), si nota una zona a struttura più robusta, il "pericarpo", costituita da cellule poco nutrienti. Sotto il pericarpo stanno le "cellule aleuroniche", che rappresentano la parte più nutriente, ricca di proteine; infine, la parte più consistente del chicco di riso costituisce l'"endosperma", sostanza a base amidacea. Ogni cariosside contiene ad una estremità l'embrione, cioè il germe dal quale si svilupperà una nuova pianta. Il clima più favorevole alla coltivazione del riso è il caldo-umido di quelle zone che siano contemporaneamente ricche di piogge stagionali. I più grandi produttori di riso sono i Paesi asiatici ed in particolare Cina ed India. In Italia esso viene coltivato nella pianura padana e massime produttrici sono le province di Novara e Vercelli. Il riso viene seminato in un terreno sommerso dall'acqua a primavera avanzata; quando nasce la piantina, si deve procedere all'estirpazione delle erbe dannose che le crescono intorno. Allorché il riso è stato raccolto le pannocchie vengono messe ad asciugare al sole, quindi si trebbiano e si ottiene il riso in chicchi ricoperto dalle glumelle. Dopo la "sbramatura", che elimina le glumelle, il riso vien fatto passare in macchine spazzolatrici che effettuano la "sbiancatura". É da sottolineare il fatto che durante tutto il processo di preparazione il chicco perde parte del valore nutritivo, ma senz'altro esso presenta un aspetto più appetibile e commerciabile. Tutti i residui della lavorazione del riso sono utilizzati per diversi usi, ad esempio come mangime nell'allevamento del bestiame o come materiale di imballaggio.

Una risaia a Bali

Risaie a terrazze a Bali

LE PIANTE DA FECOLA

La fecola è una specie di farina di colore bianco e assai ricca di amido, ricavabile da bulbi, rizomi, tuberi e fusti di alcune piante. Per fecola si intende per lo più la "fecola di patate", non solubile in acqua fredda e tale da dare origine con l'acqua calda ad una sospensione di consistenza collosa; la sua importanza è grande nella preparazione di dolci, di farine alimentari e di prodotti dietetici, ma ben più preziosa è la sua utilizzazione industriale, nella fabbricazione del glucosio e dell'alcool. Pianta erbacea, la patata, appartenente alla famiglia delle Solanacee, come sta ad indicare il suo nome scientifico di Solanum tuberosus, è originaria dell'America meridionale (Perù o Cile), e venne importata in Europa dagli Spagnoli. In un primo tempo essa fu considerata come pianta ornamentale e solo nel '700 le sue proprietà alimentari la fecero diffondere in quasi tutti i Paesi. Le foglie della patata sono composte e grigio-biancastre sulla pagina inferiore; il fusto erbaceo presenta infiorescenze bianche, rosate o viola. Ciò che noi utilizziamo è il tubero o fusto sotterraneo, mentre non consideriamo i frutti, di colore giallognolo e grandi come piselli. La Polonia è la più grande produttrice europea di patate, seguita da Germania, Cecoslovacchia, Inghilterra, Spagna e Italia. L'umidità e la luce sono nemiche della conservazione delle patate, in quanto favoriscono lo sviluppo dei germogli e quindi della "solanina", sostanza velenosa del gruppo degli alcaloidi. Riguardo alla produzione di fecola sarà bene ricordare anche la "patata dolce", utile sia come alimento che come foraggio. Dalla Dioscorea alata viene estratta la fecola nota come arrow-root della Guyana; alla base dell'arrow-root propriamente detto sta la Maranta arundinacea delle Antille, cui va affiancata la "manioca", radice fondamentale per l'estrazione della fecola omonima. Alcune palme della Malesia sono infine le produttrici del "sago" o "sagù", presente nel midollo. Tanto la fecola come l'amido vengono usati nell'apprettatura dei tessuti; sarà infine utile ricordare come la fecola di cicuta e quella di belladonna abbiano largo impiego in medicina come decongestionanti.

Radici tuberificanti di patata

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L'ULIVO

Tipico del clima mediterraneo, l'ulivo (Olea europaea) sembra essere originario della Siria e dell'Anatolia, come starebbe a testimoniare anche il famoso episodio biblico della colomba giunta all'Arca di Noè con un ramoscello di ulivo. L'ulivo selvatico che sorge nei luoghi rocciosi delle coste mediterranee è noto come "oleastro"; si tratta di un arbusto dai rami spinosi e dai piccoli frutti con poco olio. Pianta arborea dal tronco piuttosto grosso è invece l'ulivo coltivato, le cui foglie, opposte, sono lanceolate e color verde cupo nella pagina superiore, argentee in quella inferiore. Piccoli e biancastri sono i fiori, riuniti a grappoli all'ascella delle foglie; quanto ai frutti si tratta di "drupe" carnose con il seme internamente protetto dal nocciolo. L'ulivo può vivere molto a lungo e ama i terreni poveri, calcarei e ciottolosi, i fondovalle ghiaiosi, purché esposti al sole. La sua coltivazione è diffusa in tutte le regioni costiere mediterranee nonché in California, sull'altopiano del Messico, in Argentina e in Australia. Nemico del freddo il raccolto può essere messo in pericolo da inverni rigidi o brinate; così pure esso teme un particolare insetto, la "mosca olearia" (Dacus oleae) che, deponendo le proprie uova nell'interno dei frutti, fa sì che le larve ne divorino la polpa. La raccolta delle olive può avvenire per scuotitura, abbacchiatura, raccattatura e brucatura: tutte queste tecniche vanno però usate quando i frutti sono ben maturi e più ricchi di olio. Una volta pulite, le olive vengono scelte e fatte asciugare in modo da evitarne la fermentazione. Nei frantoi poi vengono spezzate e ridotte in poltiglia tale da poter essere spremuta dai torchi; ottenuta così un'emulsione di olio e acqua, il prodotto finale si raggiunge con l'eliminazione dell'acqua mediante il riposo o la centrifugazione. Le olive subiscono più torchiature; dalla prima si estrae l'olio "sopraffino vergine d'oliva", che è il migliore; dalle successive si hanno via via olii più scadenti sino a giungere alle "sanse", da cui si può ottenere olio per usi industriali. Le olive possono essere utilizzate anche conservate in salamoia, sott'olio o essiccate. Il legno dell'ulivo è molto apprezzato per la sua robustezza, durezza e durata. Le Puglie, la Sardegna, la Campania, la Calabria, la Toscana, la Liguria e la zona del Lago di Garda sono le regioni italiane dove più estesa è la coltivazione.

Albero di olivo

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LA VITE E IL VINO

La vite è una pianta di antichissima origine, diffusasi dapprima nella regione del Caucaso e a sud del Caspio e quindi introdotta attraverso l'Egitto in tutta l'Europa. La Bibbia parla di Noè ubriaco di vino, e sussistono numerosi documenti attestanti la sua diffusione nelle regioni più disparate. La vite (Vitis vinifera) appartiene alla famiglia delle Ampelidacee; dai suoi tralci, o rami, nascono ampie foglie triquinquelobate e frutti in grappolo, i cui elementi, o "acini", sono bacche molto succose e ricche di sostanze zuccherine. Il clima mediterraneo è il più indicato alla coltivazione della vite, che abbisogna, per la maturazione, di alte temperature, di poca umidità e di molta luminosità. L'esposizione della vite al sole e la natura del terreno influiscono sulla qualità del frutto e dei vini che da esso si ricavano. Infatti, la luce del sole determina la quantità di zucchero degli acini, un terreno calcareo dà un vino ad alta gradazione alcoolica, mentre un terreno argilloso offre un vino dolce. Varia può essere la natura dell'albero da frutto: ogni regione ha le proprie caratteristiche di coltura e di tecnica, di potatura, di concimazione ecc. La vite ha molti nemici, il più terribile dei quali è la "fillòssera", insetto che si attacca prevalentemente alle radici determinandone l'essiccamento. Altri parassiti vegetali sono la "peronospera" e l'"oidio", che possono essere combattuti con irrorazioni di miscele calciche e solforose. I Paesi mediterranei sono i maggiori coltivatori di vite e i più grossi produttori di vino. In tutte le regioni d'Italia esistono vaste piantagioni di vigneti. L'uva viene vendemmiata in un periodo dell'anno compreso tra la fine di settembre e la metà di ottobre. L'uva appena raccolta viene "pigiata" e se ne ottiene il mosto, dalla fermentazione del quale si ricava poi il vino. Tale fermentazione è dovuta a dei microrganismi prodotti dall'uva stessa (Saccaromyces), i quali permettono che lo zucchero contenuto nel mosto si scinda in alcool e anidride carbonica. Si effettua quindi la separazione del vino dalle sostanze solide, dopo di che si lascia che avvenga un'ulteriore lenta fermentazione. Ora il vino è pronto per essere rinchiuso in botti nelle quali può maturare e acquistare il suo caratteristico profumo. Tutte le operazioni descritte devono essere effettuate con la massima cura per evitare che il vino si guasti o si deteriori. Vini caratteristici sono gli spumanti, perché ricchi di anidride carbonica prodotta dall'uva stessa. Per soffermarci solo sull'Italia, i tipi di vini che vengono prodotti nella nostra penisola sono ben cinquemila ed impossibile sarebbe elencarli tutti. Il vino è una grande bevanda che riesce a dare un sapore nuovo ai cibi con i quali si accompagna, e costituisce, se assunto con misura e sobrietà, un buon alimento e un efficace stimolatore della digestione.

Un grappolo d'uva

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GLI AGRUMI

Si chiamano "agrumi" diverse specie del genere Citrus della famiglia delle Rutacee. Originari dell'Asia, trovano il loro ambiente ideale nel clima mediterraneo, in quanto privo di forti sbalzi di temperatura, mite ed al tempo stesso in grado di fornire alle piante quella notevole quantità d'acqua di cui hanno bisogno. Le piante di agrumi sono sempreverdi, arboree, anche se di piccole dimensioni; le foglie si presentano coriacee, semplici, lucide e con disposizione alterna; i fiori, ermafroditi, solitari o meno, sono collegati all'ascella delle foglie o all'estremità dei ramoscelli. La parte più importante e caratteristica è data dal frutto, o "esperidio": in esso si possono rilevare la parte esterna, o "epicarpo", di colore giallo o dorato, sottile e ricca di ghiandole in grado di secernere olii essenziali; la parte intermedia, o "mesocarpo", spugnosa, ed infine la parte interna, o "endocarpo", ricca di logge in cui si trovano i semi ricoperti e avvolti da cellule piene di succo. Tra gli agrumi più comuni ricorderemo l'"arancia forte o amara" (Citrus amara), il cui albero di piccole proporzioni reca frutti non commestibili, avendo la polpa acida e la buccia amara, ma ugualmente utilizzati dall'industria nella preparazione di liquori e di prodotti farmaceutici. Anche i fiori, bianchi e dall'acuto profumo, vengono utilizzati in profumeria essendo alla base dell'"acqua di fiori d'arancio" e dell'olio essenziale noto come "nèroli". Commestibili sono invece gli ottimi frutti dell'"arancio dolce" (Citrus sinensis), importato dall'Asia in Europa dai Portoghesi nel XV secolo. Anche il "mandarino" (Citrus nobilis) è apprezzato per la bontà dei suoi frutti: esso fu introdotto in Europa solo nel 1800 dalla Cocincina e dalla Cina: le sue foglie sono lanceolate, piccole e odorose come pure i suoi bianchi fiori. Incerta è la provenienza del "pompelmo" (Citrus decumana): i suoi frutti sono simili a quelli dell'arancio, benché più grossi e gialli, e hanno sapore agrodolce. Piccole dimensioni ha l'albero del "bergamotto" (Citrus Bergamia), noto soprattutto per i suoi usi in profumeria e per essere una coltivazione tipica della Calabria. Alimentare è l'uso del "chinotto" (Citrus Bigaradia), i cui frutti, piccoli e amarognoli, vengono conservati canditi o in sciroppo. Di particolare importanza è poi il piccolo albero del "limone" (Citrus limonum), caratterizzato da foglie ovalo-bislunghe, coriacee e con il margine seghettato, nonché da fiori bianchi con sfumature esterne roseo-violacee. I frutti, esperidi ovoidali con un capezzolo in cima, hanno la buccia giallo-verdastra ricca di ghiandole, e sono internamente divisi in sei-dodici logge. Poiché questo è un albero rifiorente, i vari limoni prendono la loro denominazione dall'epoca della loro fioritura. Oltre che come basilare elemento della nostra cucina quotidiana, il limone serve a preparare profumi e liquori, e anche la sua polpa è preziosa per l'alto contenuto di acido citrico. Il "cedro" o "cedrato" (Citrus medica), pur essendo originario dell'India, ci è pervenuto tramite la Media, l'antica Persia nord-occidentale: i suoi frutti sono molto simili a quelli del limone, benché più grossi e con la buccia più spessa, preziosa in farmacia e nella preparazione di liquori, oltreché ottima una volta candita. Gli Stati Uniti, grazie alla California, sono i maggiori produttori mondiali di agrumi; seguono Brasile, Italia (Sicilia, Calabria e Campania), Spagna, Israele, Egitto, Algeria, Marocco, India, Giappone e Australia.

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LE PALME

Tipiche delle regioni tropicali e subtropicali, le palme sono pregiate soprattutto per i loro prodotti. Caratteristico è il loro tronco, diritto e colonnare, o "stipite", alto sino a 30 metri e terminante in un ciuffo di grandi foglie. Assai sviluppate in profondità ed elastiche sono le radici, capaci quindi di opporsi anche ai venti più forti. La "palma da cocco" o Cocos nocifera cresce spontaneamente lungo le coste del Pacifico e dell'Oceano Indiano, dove assai facilmente possono giungere e quindi attecchire le sue noci, con un alto potenziale di galleggiamento. Le "noci" sono frutti piuttosto grossi: rivestiti da una epidermide dura, presentano, immediatamente dopo, il "coir", sorta di intrico di fibre piuttosto grosse, usato per fabbricare corde, sacchi e stuoie; più internamente si ha il seme, racchiuso entro un involucro duro e compatto, tanto da essere usato per fabbricare bottoni. Aprendo tale involucro si può notare come l'interno sia ricoperto di una polpa bianca per circa due centimetri: ricca di grasso, questa costituisce l'albume del seme. Staccata ed essiccata la polpa assume il nome di "copra", prodotto di esportazione: il "latte di cocco", liquido biancastro e lattiginoso, è presente nel frutto poco maturo, in quanto a completa maturazione esso viene assorbito dalla polpa, concorrendo alla formazione di quelle sostanze grasse più note col nome di "burro di cocco". Quanto alla copra, essa serve per estrarne burro e olio di cocco, dai molteplici usi alimentari, nonché utili nella produzione di saponi e di lubrificanti. Anche della palma da cocco viene da tempo attuata una coltivazione in grande stile. Accanto a questa, particolarmente famosa è la Phoenix dactylifera o "palma da datteri", tipica della Mesopotamia e di alcune zone africane, capace di svilupparsi anche nei luoghi più aridi. I suoi frutti, i datteri, costituiscono un alimento prezioso per le popolazioni indigene, che utilizzano anche altre parti di questa pianta: dal tronco si ricava legname, dalle foglie fibre, dalla fermentazione delle gemme l'alcoolico "laghbi", dai semi, opportunamente trattati, si ottiene non solo cibo per i cammelli, ma anche una sorta di caffè. Anche la "palma da olio" (Elaeis guineensis), amante dei climi equatoriali e sub-equatoriali, produce l'"olio di palma" dalla polpa e l'"olio di mandorla" o "palmisti" dal seme: il loro uso è di tipo industriale e, nonostante il nome, costituiscono dei grassi solidi. Dalla Copernicia cerifera, tipica del Brasile e dell'Argentina, si ricava invece la cera, raccolta in piccole escrescenze situate nella pagina inferiore delle sue giovani foglie: da esse si ottiene la famosa "cera di Carnauba", mentre dal legno si ricavano bastoni da passeggio ed ombrelli. Carattere ornamentale hanno infine la Oreodoxa Regia o "palma reale" del Brasile, la Phoenix canariensis delle nostre riviere e la Phoenix Roebelinii, originaria del Laos e del Tonchino, che si adatta a vivere bene anche nei nostri appartamenti cittadini.

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