STORIA MODERNA - L'EPOCA NAPOLEONICA

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STORIA MODERNA - L'EPOCA NAPOLEONICA














STORIA MODERNA - L'Epoca Napoleonica

STORIA MODERNA - L'EPOCA NAPOLEONICA

IL GENERALE BONAPARTE E LA CAMPAGNA D'ITALIA

Napoleone Bonaparte era nato ad Ajaccio, in Corsica, il 14 agosto 1769 da una famiglia della piccola nobiltà isolana. Avviato alla carriera militare, aveva aderito alla Rivoluzione e stretto relazioni col gruppo di Robespierre. Nominato generale d'artiglieria per essersi distinto nell'assedio di Tolone, era caduto in disgrazia dopo il Termidoro, ma era potuto riemergere grazie all'amicizia di Barras e non tardò a mettersi in luce e a guadagnarsi la fiducia del Direttorio, reprimendo la sollevazione realista del 1795. Le capacità di cui aveva dato prova e il matrimonio con l'influente vedova del generale Beauharnais, Giuseppina, gli consentirono di ottenere nel 1796 il comando dell'armata d'Italia, sia pure col compito limitato di impegnare le forze austro-piemontesi in una manovra diversiva, tendente ad alleggerire il fronte tedesco. Ma il giovane Bonaparte, con un susseguirsi di strepitose vittorie, gettò lo scompiglio tra gli eserciti nemici. Battuti infatti gli eserciti sardo e austriaco a Mondovì e a Millesimo, costrinse il re di Sardegna Vittorio Amedeo III a firmare l'armistizio di Cherasco (28 aprile), al quale fece seguito la pace di Parigi (15 maggio), con la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia. Sconfitto l'esercito austriaco a Lodi, Bonaparte conquistò successivamente Milano, ponendo poi l'assedio alla fortezza di Mantova (febbraio 1797), violando, quindi, la neutralità della Repubblica di Venezia con l'occupazione di Peschiera e di Verona. Vennero anche occupate Massa e Carrara e parte dei territori delle Romagne, con le legazioni di Ferrara e Bologna. Con la pace di Tolentino (19 febbraio 1797), il papa fu costretto a cedere questi territori, accettando inoltre la rinuncia ad Avignone, mentre il re di Napoli fu costretto a chiedere la pace. Nel marzo Bonaparte sconfisse ancora gli Austriaci a Tarvisio e quindi il 18 aprile, di propria iniziativa, ignorando gli ordini del Direttorio, firmò con l'Austria i preliminari di pace di Leoben, in base ai quali l'Austria avrebbe rinunciato al Belgio e alla Lombardia in cambio dell'Istria, della Dalmazia e dell'entroterra veneto. Ovunque i Francesi furono salutati come liberatori da coloro che avversavano l'assolutismo monarchico ed erano favorevoli a riforme costituzionali. Il Direttorio acconsentì alla creazione di governi repubblicani giacobini nei territori conquistati, ma in cambio impose ad essi una tutela politica e militare che di fatto ridusse i margini di iniziativa autonoma e annullò la libertà di azione degli elementi più avanzati e democratici del nascente patriottismo italiano. Reggio Emilia fu la prima a ribellarsi al dominio di Rinaldo Gonzaga, costituendosi come repubblica indipendente. Ben presto il suo esempio fu seguito da Modena. Nell'agosto 1797, sotto gli auspici di Napoleone, si costituì la Repubblica Cispadana formata da Reggio, Modena e dalle due ex legazioni pontificie di Bologna e Ferrara. Essa adottò per prima la bandiera tricolore bianca, rossa e verde. Nel frattempo era già nata in Lombardia, con l'approvazione di Napoleone, la Repubblica Transpadana, il cui potere era controllato dai giacobini lombardi. In cambio della cessione della Lombardia, l'Austria ottenne il territorio della Repubblica di Venezia sino all'Oglio. Il pretesto per sacrificare l'antica repubblica era stato offerto da una sanguinosa sommossa anti francese e clericaleggiante scoppiata a Verona il lunedì di Pasqua del 1797. Sotto la minaccia delle armi francesi, l'ultimo doge, Ludovico Manin, abbandonò il potere e il Maggior Consiglio votò la trasformazione della vecchia repubblica aristocratica in una «repubblica democratica» (12 maggio), destinata a morire in seguito alla cessione dei territori veneti all'Austria col trattato di Campoformio del 18 ottobre 1797. Anche la vecchia repubblica aristocratica di Genova dovette abbandonare il suo antico ordinamento, proclamandosi, nel giugno del 1797, Repubblica Ligure. Frattanto in Piemonte a Vittorio Amedeo III era succeduto (ottobre 1796) il figlio Carlo Emanuele IV che, nell'aprile successivo, concluse un trattato di alleanza con la Francia. Esso non impedì lo scoppio di moti rivoluzionari nell'estate successiva, ai quali seguì una durissima repressione che costò la vita a una settantina di «giacobini», senza che la Francia intervenisse. Nel luglio del 1797, dall'unione dei territori della Repubblica Cispadana e della Repubblica Transpadana, nasceva la Repubblica Cisalpina, retta da un Direttorio e da un corpo legislativo costituito da due Camere: Gran Consiglio e Consiglio dei Seniori. Il territorio si ingrandiva ulteriormente nell'ottobre successivo, con l'annessione della Valtellina, sottratta al cantone svizzero dei Grigioni, e la rettifica del confine orientale che avanzava dall'Oglio al Garda e all'Adige, mentre all'Austria veniva sacrificato il rimanente territorio di Venezia. Frattanto, in Svizzera si era costituita la Repubblica Elvetica e nel febbraio del 1798 anche Roma veniva occupata dai Francesi, che vi istituivano la Repubblica Romana. Trapani Napoleone Bonaparte

LA SPEDIZIONE IN EGITTO

Il Direttorio, desideroso di allontanare il generale Bonaparte, divenuto troppo potente e popolare, nel 1798 gli affidò il comando della spedizione in Egitto, tesa a isolare la Gran Bretagna dall'India e dagli altri suoi possedimenti asiatici. Napoleone concepì allora un piano audacissimo, imperniato sul tentativo di chiudere il Mar Rosso, cioè la più importante via commerciale verso l'Oriente. Dopo aver occupato Malta ed eluso la flotta inglese comandata dall'ammiraglio Orazio Nelson, l'esercito francese sbarcò in Egitto, allora sotto il dominio turco, e sconfisse i Mamelucchi nella famosa battaglia delle Piramidi (21 luglio 1798). La vittoria venne però bilanciata da gravi rovesci quali un'epidemia di peste, che decimò l'esercito, e la distruzione della flotta francese nella baia di Abukir, ad opera dell'ammiraglio Nelson. Napoleone, cui era stata tagliata la via del ritorno, riuscì ad abbandonare l'Egitto solo nell'agosto del 1799 e a tornare in patria nell'ottobre seguente. La sfortunata spedizione egiziana ebbe ripercussioni negative anche sul teatro europeo: le truppe napoletane infatti, rincuorate dalle difficoltà dei Francesi, occuparono Roma nel novembre del 1798. Presto furono però battute dal generale Championnet che marciò su Napoli e, vinta la resistenza dei Borboni, mentre la corte si rifugiava in Sicilia, vi istituì la Repubblica Partenopea (gennaio 1799), sostenuta dai più eminenti uomini di cultura napoletani. Nel frattempo, sotto la minaccia delle armi francesi, Carlo Emanuele IV di Savoia aveva abdicato (dicembre 1798), rifugiandosi poi in Sardegna dove, sotto la protezione della flotta inglese, aveva ritirato l'abdicazione. Anche in Toscana, espulso il granduca Ferdinando III, era stato istituito un governo provvisorio filofrancese. Presto, tuttavia, l'iniziativa passò nuovamente agli Austriaci, appoggiati da contingenti militari russi, mentre in ogni parte d'Italia si avevano violente reazioni antifrancesi. Particolarmente sanguinosa fu la reazione del Mezzogiorno, dove nella lotta ai «giacobini» si allearono le bande brigantesche e l'esercito della Santa Sede, sorto per iniziativa del cardinale Fabrizio Ruffo. L'armata sanfedista, così chiamata perché combatteva nel nome della fede cattolica, riuscì a riconquistare la Calabria e a muovere contro Napoli, che si arrese nel giugno del 1799 in cambio dell'impegno a non operare massacri. I patti della resa vennero però violati: migliaia di cittadini furono arrestati e molti di essi condannati a morte, tra cui Mario Pagano, Francesco Conforti, Vincenzo Russo, l'ammiraglio Francesco Caracciolo. Trapani Modello tridimensionale di cannone navale inglese da 12 libbre usato durante le guerre napoleoniche

IL 18 BRUMAIO

Se però la situazione nella penisola italiana era gravemente compromessa per la Francia, sul fronte europeo essa era decisamente migliore, dal momento che il generale Massena era riuscito a sconfiggere gli Austro-Russi guidati dal generale Suvarov. Nonostante questo successo militare, l'equilibrio interno continuava a presentare delle incognite. La politica del Direttorio scontentava infatti in quel momento il ceto imprenditoriale, mentre crescevano le opposizioni di destra e di sinistra. L'alternativa, a questo punto, era forse rappresentata da una profonda modifica costituzionale, anche se era obiettivamente difficile trovare un compromesso che soddisfacesse i vari gruppi politici che aspiravano a far prevalere la propria politica. Si fece così strada la soluzione autoritaria prospettata da Sieyès, un esponente del Direttorio, che con altri pensò di ricorrere all'aiuto di uno dei giovani generali che già avevano dato buona prova di sé. E la scelta cadde inevitabilmente su Napoleone Bonaparte. Nonostante le sconfitte subite quest'ultimo rimaneva il solo uomo capace di ottenere il consenso della grande maggioranza dei Francesi, in un momento reso particolarmente grave dalla crisi politica interna e dalle minacce esterne. In tale situazione, Bonaparte realizzò il progettato colpo di Stato del 18 brumaio; ma non tutto si svolse come era previsto nei suoi piani. Egli era infatti convinto che le Camere (una delle quali era presieduta da suo fratello Luciano), dopo essersi lasciate convincere a trasferirsi a Saint-Cloud, col pretesto di sventare un complotto giacobino, avrebbero votato una riforma della Costituzione, affidandogli il potere. Questo però non avvenne e il 10 novembre la maggioranza dei deputati respinse le sue proposte, confermandosi fedele alla Costituzione in vigore. Napoleone ricorse allora all'esercito e ordinò alle sue truppe di fare sgombrare l'aula, dove rimasero solo pochi deputati. Essi approvarono la riforma costituzionale proposta da Sieyès, affidandone l'attuazione a un governo composto da tre consoli: Bonaparte, Sieyès e Roges Ducos. Toccò ancora una volta all'abate Sieyès, che aveva già avuto una parte di primo piano nella stesura della Costituzione del 1791, preparare la nuova carta costituzionale, basata sulla formula «fiducia dal basso, potere dall'alto». Il potere esecutivo veniva affidato a un Primo console, affiancato da altri due consoli, da lui designati. Un Consiglio di Stato, di nomina elettiva, avrebbe preparato le leggi, affiancato da un Senato, composto da sessanta membri nominati dai consoli. La Costituzione, sottoposta a un plebiscito popolare, venne approvata con tre milioni di voti a favore e millecinquecento contrari. Bonaparte, divenuto Primo console, accentrava così nelle proprie mani il potere, consolidandolo con atti successivi.

LA RIPRESA DELLA GUERRA

Il potere di Primo console poggiava soprattutto sul sostegno dell'esercito e il generale Bonaparte era intenzionato a non deludere le attese dei militari, ma intendeva prima di tutto consolidare la propria posizione politica, dando alla Francia un governo stabile ed efficiente, concedendosi perciò una tregua militare. La guerra era però ripresa in modo intenso, dopo che la sfortunata spedizione in Egitto aveva favorito la nascita della seconda coalizione, alla quale avevano aderito l'Inghilterra, la Turchia, la Russia e, successivamente, l'Austria, Napoli e il Portogallo. In Italia l'iniziativa era passata nelle mani degli Austro-russi che, con una serie di battaglie vittoriose, avevano sottratto l'intera penisola ai Francesi. In Svizzera e in Olanda, invece, i Francesi avevano potuto tener testa alle armi nemiche, per quanto la situazione militare francese rimanesse molto precaria. Fu in questo clima che Bonaparte venne chiamato ad assumere il potere e, ancora una volta, diede prova delle sue eccezionali capacità militari. Dopo aver invano tentato di indurre Austria e Inghilterra alla pace, egli si decise a risolvere la questione con le armi e il 14 giugno del 1800 inflisse all'Austria una sconfitta decisiva nella battaglia di Marengo. A questa vittoria seguì in dicembre quella del generale Moreau a Hohenlinden (Baviera), che indusse l'Austria a chiedere la pace. Il 9 febbraio del 1801 venne firmato il trattato di Lunéville che ribadiva gli accordi di Campoformio: l'Austria riconosceva il Reno quale confine orientale tra la Francia e la Germania e restituiva la Lombardia, sino all'Adige, alla Repubblica Cisalpina, chiamata poi italiana; accettava, invece, che la Toscana passasse ai Borboni di Parma; si impegnava a pagare un indennizzo ai principi spodestati in Renania e in Italia; riconosceva la Repubblica Batava (Olanda) e la Repubblica Elvetica. Nel 1802 anche la Gran Bretagna accettò di concludere la pace, firmando il 25 marzo il trattato di Amiens col quale restituiva le colonie sottratte ai francesi, agli olandesi e agli spagnoli, fatta eccezione per l'isola di Trinidad, tolta agli Spagnoli, e per Ceylon, sottratta agli Olandesi.

LA RIORGANIZZAZIONE DELLO STATO

Tra il 1800 e il 1803 Bonaparte dedicò le sue energie alla riorganizzazione interna dello Stato, compiendo il lavoro più costruttivo, più valido e più duraturo dell'intera sua carriera politica. Per compiere tale lavoro, egli si servì degli uomini più capaci di cui la Francia disponesse, senza tener conto del loro passato, rivoluzionario o meno. L'obiettivo era di riorganizzare sistematicamente le principali istituzioni amministrative, finanziarie e giuridiche, dato che durante la Rivoluzione erano state avviate molte riforme, ma solo poche erano state attuate. I tre consoli designati erano entrati in carica il 25 dicembre 1799, prima ancora che la nuova Costituzione fosse approvata dal plebiscito, e già nel febbraio successivo veniva operata una radicale riforma amministrativa. Rimaneva la divisione in dipartimenti, ma veniva modificata quella delle circoscrizioni comunali, ristabilendo gli antichi distretti, che assunsero il nome di arrondissements. A capo di ogni dipartimento veniva posto un prefetto; a capo di ogni arrondissement un sottoprefetto e di ogni comune un maire (sindaco), anch'egli di nomina governativa, mentre i consigli eletti nelle varie località avevano solo un potere consultivo. Contemporaneamente veniva affrontato il problema dell'amministrazione finanziaria e nello stesso anno venne fondata la Banque de France, che nel 1803 ottenne il monopolio dell'emissione delle banconote. Le esazioni fiscali vennero centralizzate e rese più efficienti. Si procedette inoltre alla codificazione delle leggi francesi con la stesura e la successiva promulgazione (21 marzo 1804) di un nuovo codice civile, che più tardi assunse il nome di Codice napoleonico. Il nuovo codice si componeva di 2.287 articoli, risultanti da una sintesi tra il diritto romano e il diritto consuetudinario, con una prevalenza del primo. Esso influì particolarmente sulle leggi attinenti la famiglia, il matrimonio, il divorzio, la patria potestà, la posizione della donna. In opposizione con la tendenza rivoluzionaria a riconoscere l'eguaglianza tra le persone e un'equa suddivisione dei beni, anche all'interno della famiglia venne rafforzata la posizione del capofamiglia sulla moglie, sui figli e sui beni, dei quali solo un quarto poteva essere lasciato in eredità a persone che non facessero parte della famiglia. Consapevole dell'importanza politica della religione e desideroso di separare al più presto la causa della monarchia da quella del cattolicesimo, Bonaparte si preoccupò inoltre di giungere rapidamente a una regolamentazione dei rapporti con la Chiesa, risolvendo il conflitto venutosi a creare durante la Rivoluzione tra la Chiesa e lo Stato francese. Egli approfittò dell'elezione del nuovo papa Pio VII, nel 1800, per intavolare trattative e giungere a un concordato. L'accordo fu raggiunto nel luglio dell'anno successivo e, con esso, il governo francese si impegnava a garantire libertà di culto, riconosceva il cattolicesimo come «la religione della maggioranza dei Francesi», si impegnava a pagare gli stipendi dei vescovi e del clero parrocchiale, ottenendo in cambio il riconoscimento delle confische dei beni ecclesiastici, effettuate durante la Rivoluzione. Trattandosi di un compromesso, l'accordo con Roma scontentò sia i più accesi cattolici sia gli anticlericali e non fu mai accettato né dagli uni né dagli altri. Inoltre, durante il Consolato, vennero promosse importanti opere pubbliche, modificata l'organizzazione scolastica con l'istituzione dei licei e il miglioramento dell'istruzione tecnica. Fu incoraggiata la ricerca scientifica e la carriera politica fu aperta, senza pregiudizi, a «tutti gli uomini di talento».

DAL CONSOLATO ALL'IMPERO

La nomina del generale Bonaparte a Primo console non fu che il primo passo verso il potere assoluto. Nell'agosto del 1802 egli si fece nominare console a vita, anziché solo per dieci anni, come era stato stabilito nel 1799. Anche in questa occasione Bonaparte si preoccupò di ottenere la sanzione popolare, indicendo un plebiscito in cui oltre tre milioni e mezzo furono i sì e poco più di ottomila i no. Nel maggio del 1804 compì il passo decisivo proclamandosi «imperatore dei Francesi», ottenendo la sanzione popolare con un nuovo plebiscito e convincendo il papa a recarsi a Parigi per la cerimonia dell'incoronazione. Questa si tenne il 2 dicembre nella chiesa di Notre-Dame. Durante la cerimonia, Napoleone si pose da solo la corona sul capo e così fece per la moglie, negando a Pio VII questo gesto. Egli era infatti consapevole dei difficili rapporti sorti tra lo Stato e la Chiesa durante la storia di Francia e, memore del cerimoniale carolingio, volle con questo gesto rivendicare la superiorità del potere temporale su quello spirituale. Con ciò egli intendeva sottolineare il fatto che il proprio potere gli derivava non dal diritto di nascita, ma dalla volontà popolare, mentre la presenza del papa costituiva la sanzione del diritto divino alla sua incoronazione. Per affermare la propria sovranità, Napoleone si circondò di molti degli ornamenti delle monarchie tradizionali. Istituì una corte imponente e un complesso cerimoniale, ma non adottò comunque lo sfarzo del vecchio regime. A somiglianza delle monarchie tradizionali, venne creata una nuova aristocrazia con l'assegnazione di titoli onorificenze imperiali agli esponenti della nobiltà. Nonostante le affinità formali con le vecchie monarchie, Napoleone rimase un figlio della Rivoluzione, consapevole che la sua posizione politica gli derivasse dalla fedeltà dell'esercito e dal consenso popolare, e non mancò mai di sottolineare questo fatto sottoponendo a plebiscito la sua incoronazione. Pertanto, al di là delle somiglianze esteriori con le monarchie tradizionali, il regime imperiale da lui istituito fu in realtà una moderna dittatura militare, retta da un uomo che aveva avuto, e continuava ad avere, un grandissimo ascendente sull'esercito e sulla maggioranza della popolazione francese. A ragione, dunque, i sovrani d'Europa considerarono il regno da lui istituito una minaccia per l'istituzione monarchica, non meno pericolosa della Rivoluzione e della dittatura di Robespierre. Per i monarchi europei, Napoleone altro non era che un usurpatore, un giacobino incoronato, ed egli non li deluse riprendendo presto la guerra contro di loro.

LA TERZA E LA QUARTA COALIZIONE

Al pari dei suoi nemici, Napoleone aveva considerato la pace di Amiens una tregua. Per contrastare la supremazia navale britannica, egli intensificò la costruzione di navi, mentre sulla base delle clausole del trattato di pace di Lunéville, preparò una nuova sistemazione dell'impero tedesco, riducendo notevolmente il numero dei piccoli principati, soprattutto ecclesiastici, e delle città libere (oltre un centinaio furono gli Stati soppressi), a vantaggio degli Stati maggiori e soprattutto della Prussia, che ottenne gran parte della Westfalia. Il maggiore nemico della Francia napoleonica restava comunque l'Inghilterra, che vedeva minacciato il suo dominio sui mari e quindi il suo impero coloniale. Dal 1803, da quando cioè si riaccese la guerra sino alla caduta di Napoleone nel 1814, tra Francia e Inghilterra non vi fu più una tregua. La rottura delle relazioni diplomatiche anglo-francesi si ebbe nel maggio del 1803 e la flotta inglese cominciò a dare la caccia alle navi francesi e olandesi. Napoleone rispose facendo invadere l'Hannover e raccogliendo truppe a Boulogne per attuare un grande sbarco sulle coste inglesi. Nel maggio del 1804 a capo del governo inglese ritornò William Pitt il Giovane, nemico irriducibile del nuovo imperatore, che diede vita alla terza coalizione antifrancese. All'Inghilterra si unirono Austria, Russia e successivamente Svezia e Napoli. Costretto così ad abbandonare i piani di invasione dell'Inghilterra, Napoleone accorse rapidamente in Germania a capo di quella che da allora si chiamò la Grande Armata (Grande Armée) e, ottenendo una decisiva vittoria a Ulm, il 15 ottobre 1805, costrinse l'esercito austriaco del generale Mack ad arrendersi. Meno fortunata fu la guerra navale contro l'Inghilterra: nella battaglia di Trafalgar (21 ottobre), la maggior parte della flotta ispano-francese fu annientata dall'ammiraglio britannico Orazio Nelson, che vi perdette la vita. Poiché la superiorità navale britannica non poteva più essere messa in dubbio, negli anni seguenti Napoleone, divenuto il padrone dell'Europa, ricorse al blocco continentale. Esso rappresentò il tentativo di colpire la Gran Bretagna sul piano economico, cercando di abbatterne la potenza commerciale impedendone i traffici. Nel frattempo la sua vittoriosa marcia militare verso est lo aveva portato ad occupare Vienna e, dopo essersi congiunto con l'armata d'Italia condotta da Massena e Beauharnais, a proseguire verso la Moravia, riportando la grande vittoria di Austerlitz (2 dicembre) e costringendo l'Austria a chiedere la pace. Col trattato di Presburgo del 1805 l'Austria si ritirava dalla guerra, riconoscendo alla Francia il possesso dei territori italiani incorporati (Piemonte, Liguria, Parma e Piacenza) e cedendo al Regno d'Italia (la Repubblica Italiana era stata trasformata in Regno nel marzo del 1805 e le corone d'Italia e di Francia erano state riunite nella persona di Napoleone) i territori acquisiti col trattato di Campoformio: Venezia, Istria, Dalmazia. Inoltre l'Austria era costretta a cedere il Tirolo, il Voralberg, i vescovadi di Bressanone, Trento, Passau, Augsburg alla Baviera e altri territori al Baen e al Wurttemberg. Per trasformare la Germania, al pari dell'Italia settentrionale, in un'appendice dell'Impero francese, Napoleone costituì la Confederazione del Regno (luglio 1806), assumendone personalmente la presidenza. Ne facevano parte sedici principati, tra cui Baviera, Wurttemberg, Baden, mentre l'imperatore Francesco II d'Asburgo era stato costretto a deporre la corona del Sacro Romano Impero, rimanendo solo imperatore d'Austria (nel 1804 l'arciducato d'Austria era stato elevato a impero) col nome di Francesco I. A seguito di questi fatti, Inghilterra, Prussia, Russia e Svezia diedero vita alla quarta coalizione. Nell'ottobre del 1806 la Prussia venne duramente sconfitta nelle battaglie di Jena e di Auerstädt e fu costretta a cedere vasti territori: le province orientali, già sottratte alla Polonia, che costituirono il Granducato di Varsavia, sotto l'elettore di Sassonia; le province occidentali, che costituirono il Regno di Westfalia, la cui corona fu assunta dal fratello di Napoleone, Girolamo Bonaparte. Successivamente vennero sbaragliate le truppe russe a Friedland (giugno 1807) e con una brillante azione diplomatica Napoleone indusse lo zar Alessandro I, oltre che a firmare la pace, ad allearsi con la Francia (trattato di Tilsit del luglio 1807). Alessandro riconobbe Napoleone come «imperatore d'Occidente» in cambio della promessa di essere riconosciuto «imperatore d'Oriente». La Francia impose anche ai suoi nuovi alleati il blocco continentale contro l'Inghilterra. Trapani Modello tridimensionale della nave Victory comandata dall'ammiraglio Horatio Nelson nella battaglia di Trafalgar contro la flotta di Napoleone

IL GRANDE IMPERO NAPOLEONICO

Le brillanti vittorie riportate nel corso di due anni, e sancite dal trattato di Tilsit, avevano notevolmente ampliato l'area dei territori soggetti al dominio francese. Ai territori già annessi in precedenza alla Francia (Belgio, Nizza, Savoia, Piemonte, Liguria), si aggiunsero la Dalmazia, la Croazia e nel 1807 il Regno d'Etruria (Toscana). Inoltre erano stati creati nuovi Stati satelliti, retti da membri della famiglia Bonaparte, che avevano assunto il titolo di re. Al Regno d'Italia (Napoleone si era posto sul capo l'antica corona dei re Longobardi a Milano il 26 maggio 1805) si erano infatti aggiunti il Regno di Westfalia, affidato a Girolamo Bonaparte e il Regno d'Olanda (la Repubblica Batava era stata soppressa), retto da Luigi Bonaparte; mentre sul trono di Napoli, spodestati i Borboni, veniva posto Giuseppe Bonaparte (1806). Anche le sorelle di Napoleone non furono trascurate: Elisa Baciocchi era stata creata principessa di Lucca e di Piombino, e successivamente anche di Massa e Carrara; a Paolina Borghese venne concesso il ducato di Guastalla e Carolina, moglie di Gioacchino Murat, divenne regina di Napoli. Le Marche e il litorale adriatico dello Stato Pontificio vennero annessi al Regno d'Italia, mentre quello tirrenico passò alla Francia e nella stessa Roma fu istituita un'amministrazione francese (febbraio 1808). A Milano, come vicerè, fu inviato Eugenio di Beauharnais, figlio di primo letto dell'imperatrice Giuseppina. Col re di Spagna Napoleone aveva stipulato il trattato di Fontainebleau (ottobre 1807) per la spartizione del Portogallo, occupato da un esercito al comando del generale francese Junot. Ma presto anche la Spagna cadde sotto il dominio francese: approfittando di un conflitto tra il re Carlo IV e suo figlio Ferdinando, Napoleone costrinse entrambi ad abdicare e mise sul trono spagnolo suo fratello Giuseppe, che lasciò il Regno di Napoli al cognato Gioacchino Murat. La Spagna si sarebbe presto mostrata un cattivo acquisto, tanto che Napoleone attribuiva a quella che aveva soprannominato «l'ulcera spagnola» le sue successive sfortune militari. Nel 1808 egli era praticamente il padrone dell'Europa, mentre l'Inghilterra era rimasta completamente isolata e non poteva neppure più contare sul suo grande primo ministro Pitt, morto nel gennaio del 1806. Sino al 1811 l'impero napoleonico continuò ad espandersi, arrivando a coprire, con i suoi alleati, l'intero continente europeo, fatta eccezione per i Balcani, appartenenti all'Impero Turco. Dovunque Napoleone estese i nuovi ordinamenti francesi, infliggendo un duro colpo al feudalesimo nei Paesi Bassi, in Italia e in gran parte della Germania. Insieme con la potenza di Napoleone andarono però aumentando le resistenze e l'ostilità dei popoli sottomessi: il suo proposito di creare una nuova dinastia europea era destinato a fallire per le stesse contraddizioni interne dell'impero napoleonico che, da un lato, intendeva imporre una nuova dinastia familiare, e dall'altro diffondere gli ideali della Rivoluzione francese, basati sul principio dell'autodeterminazione dei popoli.

LA QUINTA COALIZIONE

Un'aperta e attiva rivolta contro l'occupazione francese scoppiò, nel 1808, in Spagna e l'Inghilterra si affrettò a inviare aiuti. La popolazione spagnola insorse non solo spinta da un sentimento di difesa nazionale, ma soprattutto per opporsi a quanto di moderno e innovatore era congiunto all'occupazione francese. Il popolo spagnolo era profondamente fedele agli antichi ordinamenti religiosi e civili, non ne tollerava l'introduzione di nuovi, tesi alla laicizzazione dello Stato e alla distruzione delle strutture feudali. Bande armate e milizie regolari iniziarono pertanto una guerra partigiana nella quale il clero si impegnò in prima fila e che si dimostrò estremamente logorante e dispendiosa per l'esercito francese. Napoleone si trovò infatti a dover fronteggiare una guerra che gli tenne impegnato mezzo milione di uomini, provocando gravissime perdite, mentre si stava ricostituendo la coalizione antifrancese e cominciavano a manifestarsi le prime opposizioni, dovute soprattutto all'aumento dei prezzi e alle pressioni fiscali, nei Paesi assoggettati e nella stessa Francia. In politica interna, anche come imperatore, Napoleone aveva continuato l'opera iniziata come console nel 1800, dedicando particolare cura al miglioramento dell'istruzione e istituendo il più valido sistema di educazione secondaria d'Europa. Aveva inoltre promosso numerose opere pubbliche. Parigi venne arricchendosi e abbellendosi. Tutto questo era però stato accompagnato da crescenti restrizioni nell'ambito della vita sociale e delle libertà politiche. D'altra parte, i provvedimenti presi si giustificavano col fatto che l'opposizione andava rafforzandosi, che alcuni amici si stavano allontanando e che non pochi collaboratori dello stesso imperatore (in primo luogo Talleyrand e Fauché) erano tutt'altro che fidati, pronti a passare al nemico ai primi accenni di difficoltà e preoccupati soprattutto di salvaguardare la loro futura carriera politica, con o senza Napoleone. Nel 1809 le prime nazioni che ripresero la lotta contro la Francia furono l'Austria e l'Inghilterra, alleatesi nella quinta coalizione. Dopo qualche difficoltà iniziale, ancora una volta l'esercito napoleonico trionfò sugli Austriaci, comandati dall'arciduca Carlo, ai quali venne inflitta una sconfitta decisiva a Wagram (5-6 luglio 1809). La battaglia costò tuttavia gravissime perdite anche ai vincitori. Ancora una volta Napoleone era riuscito a trionfare, ma gli eterogenei eserciti francesi, composti da soldati raccolti in mezza Europa, erano scaduti di qualità, mentre andavano migliorando le tecniche militari dei nemici che si preparavano a sferrare un attacco congiunto. La pace venne comunque firmata nell'ottobre successivo nel castello di Schönbrunn (Vienna) e con essa l'Austria dovette cedere la Croazia, gran parte della Carinzia e la Carniola che, unite all'Istria e alla Dalmazia, costituirono il nuovo Stato delle Province Illiriche, sotto sovranità francese. Napoleone ottenne inoltre la mano della figlia dell'imperatore d'Austria, Maria Luisa, che sposò nell'aprile del 1810, dopo aver divorziato da Giuseppina. Dal matrimonio nacque un figlio al quale fu conferito il titolo di re di Roma. Durante la guerra, con un decreto del 17 maggio 1809, Napoleone aveva infatti dichiarato abolito il potere temporale dei papi, unendo Roma, il Lazio e l'Umbria alla Francia. Pio VII venne arrestato nel luglio successivo e condotto prigioniero, prima a Savona, poi a Fontainebleau, e ciò non fece che accrescere l'opposizione religiosa contro il regime napoleonico.

LA CAMPAGNA DI RUSSIA

Sconfitta l'Austria la minaccia più grave veniva dalla Russia e fu proprio in territorio russo che Napoleone subì la disfatta destinata a travolgere l'impero. L'alleanza franco-russa concordata a Tilsit nel 1807, era dovuta a ragioni di convenienza temporanea, dato che gli interessi di Napoleone e dello zar Alessandro erano in aperto contrasto. Entrambi infatti aspiravano a dominare sul Vicino Oriente e a controllare il Mediterraneo. Nel 1808, approfittando della mano libera lasciatagli da Napoleone, lo zar si era rivolto contro la Svezia, togliendole la Finlandia. Notevoli furono le ripercussioni interne nello Stato scandinavo: nel marzo del 1809 re Gustavo IV venne deposto da un colpo di stato militare e sostituito da suo zio, Carlo XIII, che dovette concedere una nuova costituzione. Poiché il nuovo re non era in grado di assicurare un erede legittimo al trono, la Dieta, col proposito di garantire alla Svezia una posizione più favorevole nell'impero napoleonico, scelse come successore il maresciallo francese Bernadotte, un fedele e brillante collaboratore di Napoleone, che, dopo la battaglia di Austerlitz, aveva assunto il titolo di principe. Prese le redini del governo svedese, Bernadotte decise di abbandonare Napoleone. Nel 1812 entrò nella coalizione antifrancese e, come comandante militare, ebbe una parte di primo piano nella campagna che portò al crollo dell'impero napoleonico, assicurando alla Svezia il possesso della Norvegia. Dopo essersi impadronito della Finlandia, lo zar si era volto contro la Turchia, approfittando della difficile situazione in cui versava l'Impero Turco per le continue insurrezioni dei popoli cristiani soggetti e le ribellioni dei governatori locali. Lo zar sapeva che Napoleone non gli avrebbe permesso di insediarsi a Costantinopoli, e iniziò pertanto a prendere le distanze, rifiutandosi di partecipare al blocco continentale e di cooperare alla guerra economica contro l'Inghilterra. Inoltre il governo zarista considerava il ducato di Varsavia, costituito con l'unione dei territori polacchi già appartenenti all'Austria e alla Prussia, una minaccia alla sovranità russa sul rimanente territorio polacco. Nell'aprile del 1812 lo zar chiese a Napoleone lo sgombero della Pomerania svedese e della Prussia, ottenendo un secco rifiuto. Proprio queste richieste fornivano a Napoleone il pretesto per dichiarare la guerra. Ebbe così inizio la disastrosa campagna di Russia del 1812, mentre Gran Bretagna e Svezia, quest'ultima notevolmente danneggiata dal blocco continentale, si alleavano con la Russia, dando vita al nucleo costitutivo della sesta coalizione antifrancese. Alla fine di giugno la Grande Armata napoleonica, comprendente oltre mezzo milione di uomini, varcò il Niemen, pronta ad affrontare un esercito russo numericamente molto inferiore che Napoleone contava di sbaragliare, puntando poi direttamente su Mosca. Il piano non poté essere attuato per le particolari difficoltà del terreno, i rigori del clima e la tattica adottata dal nemico: i Russi rifiutarono infatti il combattimento in campo aperto, preferendo ritirarsi di fronte all'esercito francese. Lo affrontarono solo a Borodino per difendere Mosca e furono sconfitti (7 settembre). Le perdite furono gravissime da entrambe le parti. Come era avvenuto nei paesi e nei villaggi, anche Mosca fu abbandonata dalla popolazione. Napoleone entrò così, il 14 settembre, in una capitale deserta e quasi completamente distrutta da piccoli incendi. Intanto si avvicinava l'inverno, le file dell'esercito si presentavano notevolmente ridotte, oltre che per le perdite in campo, per le malattie e le diserzioni. Particolarmente difficile era inoltre mantenere le comunicazioni a lunga distanza e difendere i vasti territori occupati dagli attacchi della cavalleria cosacca. In queste condizioni era impossibile rimanere a Mosca: il 19 ottobre ebbe inizio la ritirata che si svolse in pieno inverno e che provocò la morte di centocinquantamila uomini, mentre altrettanti venivano fatti prigionieri e soltanto ventimila riuscivano a far ritorno in Francia.

LA CADUTA DI NAPOLEONE

Nonostante le crescenti difficoltà anche interne, Napoleone seppe dare prova, ancora una volta, delle sue eccezionali doti di volontà e, nei primi mesi del 1813, riuscì a spremere dalla Francia e dai Paesi satelliti risorse e uomini che gli consentirono di ricostituire un esercito di mezzo milione di soldati. Nel frattempo, però, ai suoi nemici si era aggiunto anche il cauto Federico Guglielmo III di Prussia, spinto da un movimento patriottico che era vivacissimo soprattutto tra gli studenti e gli intellettuali e alimentato da società segrete tra cui spiccava il Tugendbund. Il 28 febbraio 1813, il re di Prussia firmò con lo zar il trattato di Kalisch e il 16 marzo dichiarò guerra alla Francia. Napoleone riuscì a sconfiggere i Prussiani a Lützen e a Bautzen, ma ormai il dramma stava giungendo alla sua fase culminante. Il cancelliere austriaco Metternich propose un armistizio, firmato in giugno, ma presto i negoziati si interruppero e anche l'Austria scese in guerra contro la Francia. La sesta coalizione antifrancese disponeva di un milione di uomini e Metternich, con la sua eccezionale abilità diplomatica, trascinò nella guerra antinapoleonica la maggior parte degli Stati della Confederazione del Reno. Napoleone iniziò la campagna riportando ancora una volta la vittoria a Dresda, ma subì poi una gravissima sconfitta a Lipsia (ottobre 1813) che gli costò la perdita di oltre cinquantamila uomini. Fu così costretto a ritirarsi oltre il Reno, mentre, penetrando dalla Spagna, il generale Wellesley invadeva la Francia dal sud. Com'era già avvenuto nel 1793, la guerra assunse allora il carattere di una lotta patriottica contro l'invasione straniera e si ebbe in Francia un'ondata di resistenza popolare che consentì a Napoleone di riportare importanti vittorie sui Prussiani. A un certo momento parve persino che egli potesse avere ancora una volta il sopravvento, ma l'inferiorità numerica del suo esercito era troppo forte e il 30 marzo 1814 Parigi capitolò. Napoleone abdicò dal titolo di imperatore dei Francesi, ritirandosi nell'isola d'Elba, di cui aveva conservato la sovranità.

L'ARRIVO DI NAPOLEONE ALL'ISOLA D'ELBA

Dopo l'abdicazione a Fontainebleau (11 aprile 1814), Napoleone Bonaparte fu portato in esilio a Portoferraio, cuore dell'Isola d'Elba, sotto scorta degli Inglesi. La fregata inglese con a bordo Napoleone, gettò l'ancora nella rada di Portoferraio alle 18.30 del 3 maggio 1814. La situazione interna all'arrivo del Bonaparte non era delle più pacifiche: da alcune settimane nei principali centri dell'isola (Portoferraio, Marciana, Capoliveri) erano scoppiati focolai di rivolta. Nelle caserme gli ufficiali erano stati aggrediti dai soldati che lamentavano di non ricevere la paga da molti mesi; l'economia, che poggiava su attività limitate (ferro, saline, pesca e vino), entrò in crisi, in seguito a queste rivolte. Per giunta le vecchie fazioni politiche in cui l'isola era suddivisa, avevano mostrato il loro attaccamento a quegli antichi regimi che sarebbero stati inesorabilmente sovvertiti dall'arrivo di Napoleone: l'Elba era più che mai divisa fra Ferdinando di Toscana, i Boncompagni di Piombino, gli Inglesi, i Borbone di Sicilia e quelli di Francia. La situazione era talmente tesa che il governatore dell'isola, generale G.B. Delesme, fu costretto a proclamare lo stato d'assedio e a cacciare gli elementi più pericolosi. Alla notizia dell'arrivo di Napoleone, la situazione ritornò sotto controllo. La giunta comunale di Portoferraio autorizzò il sindaco Pietro Traditi a far fronte alle spese per accogliere adeguatamente Napoleone. Il problema più grosso da risolvere era quello dell'alloggio. Si racconta che il Traditi, disperato, andasse in giro per la città ripetendo a mo' di litania: «dove si ficca? dove si ficca?». Alla fine si decise di ficcarlo nella vetusta e cadente casa municipale, il cui pianterreno era chiamato «biscotteria» perché ai tempi di Cosimo I, granduca di Toscana, vi si cuoceva il pane per i carcerati di Portoferraio. Il sindaco si poteva ritenere soddisfatto: restava il problema della consegna delle chiavi della città al nuovo sovrano. Il guaio era che a Portoferraio queste chiavi non esistevano: ma Traditi non avrebbe mai rinunciato a questa cerimonia. Prese pertanto dalla sua dispensa un chiavistello e lo immerse nella porporina. Ne uscì un pezzo pregiato di oreficeria. Ma al momento della consegna al molo, Napoleone, dopo aver espresso il proprio gradimento per l'omaggio, restituì la chiave al sindaco, pregandolo di continuare a conservarla come nel passato. La sera stessa del suo approdo, le autorità di Portoferraio accorsero alla fregata inglese per compiere atto di sottomissione al nuovo principe, che arrivava con pochi soldi e con molte speranze di poter presto ritornare sulla scena mondiale. Comunque l'Elba, nonostante la «dolcezza dei costumi degli abitanti e la bontà del clima» (come lui stesso scrisse), stava stretta a Napoleone.

I CENTO GIORNI

Da tempo Talleyrand aveva intavolato trattative segrete con le potenze nemiche, svolgendo opera di persuasione in favore di una restaurazione borbonica in Francia. Pertanto il 6 marzo il Senato proclamò re di Francia Luigi XVIII (fratello di Luigi XVI). Con la pace di Parigi, firmata dal nuovo re, la Francia veniva ricondotta entro i confini territoriali che le erano appartenuti prima della rivoluzione, fatta eccezione per Avignone e per una parte della Savoia, mentre le potenze vincitrici decidevano di convocare a Vienna un congresso, incaricato di dare una nuova sistemazione all'Europa. Luigi XVIII aveva appena cominciato a riorganizzare il suo regno e i delegati riuniti a Vienna discutevano sulla sistemazione dell'Europa, quando giunse del tutto inattesa la notizia della fuga di Napoleone dall'Elba, dopo soli dieci mesi d'esilio. La concessione di una «Carta» che riconosceva l'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e garantiva le libertà individuali aveva inizialmente avvicinato ai Borboni una parte della nazione. Presto però erano stati adottati metodi di governo reazionari che avevano suscitato un vasto malcontento, soprattutto nelle file dell'esercito. L'opposizione antiborbonica aveva ripreso a cospirare in favore di Napoleone, il quale dal canto suo, contando sul crescente disagio dei Francesi e sull'ascendente che ancora esercitava, il 26 febbraio 1815, aveva lasciato l'Elba con un migliaio di soldati. Il 1º marzo Napoleone sbarcò presso Cannes, da dove iniziò la sua marcia vittoriosa attraverso la Francia, accolto festosamente dalla popolazione. Alla notizia del suo sbarco, la maggior parte dell'esercito francese abbandonò Luigi XVIII, che fu costretto a lasciare nuovamente la Francia, e il 20 marzo l'«imperatore» rientrava a Parigi. Nonostante l'esercito francese si fosse schierato ancora una volta con lui, Napoleone non riuscì a riportare la grande vittoria militare necessaria per consolidare il suo potere. Decise a liberarsi per sempre di lui, le potenze europee misero da parte le contese diplomatiche che, a Vienna, avevano dissolto la sesta coalizione e si accordarono per dichiarare Napoleone fuorilegge stringendo un nuovo trattato di alleanza e mettendo in campo quattro eserciti, per un totale di un milione di uomini. La disperata impresa di Napoleone, che fu detta dei Cento giorni, si concluse il 18 giugno 1815 a Waterloo, con la definitiva sconfitta. Napoleone fu così costretto ad abdicare per la seconda volta. Sotto la protezione britannica, egli venne trattato come un prigioniero di guerra e condotto nella piccola isola di Sant'Elena, dove morì il 21 maggio 1821. Sul trono di Francia ritornò allora Luigi XVIII che accettò le dure condizioni imposte dal trattato di Parigi, in base al quale la Francia si impegnava alla rinuncia delle conquiste operate durante il periodo rivoluzionario, pagando forti indennità di guerra alle potenze vincitrici.

LA FINE DELL'EGEMONIA FRANCESE IN ITALIA

In Italia il regime napoleonico durò più a lungo che nella stessa Francia. Esso durò infatti dal 1796 al 1814 e fu, almeno inizialmente, sostenuto dalla borghesia urbana che aveva salutato il generale Bonaparte come un liberatore. Essa aveva accolto con favore le riforme introdotte, apprezzando la maggiore efficienza amministrativa, economica e tecnica, e la minore influenza clericale, conseguenti all'allontanamento dei signorotti locali e dello stesso pontefice. Eliminando la pletora dei piccoli Stati, Napoleone incoraggiò i progetti di una completa unificazione e favorì il processo verso l'indipendenza nazionale. Nonostante la costituzione del Regno d'Italia, del quale erano entrati a far parte nel 1810 anche le Marche e il Trentino, Napoleone non volle fare però dell'Italia uno Stato unito e indipendente. Gli interessi del Regno furono subordinati interamente a quelli dell'impero e il Beauharnais, come vicerè, non ebbe altro compito che di eseguire gli ordini di Napoleone, né cercò mai di adottare una linea indipendente. Non così Gioacchino Murat, divenuto re di Napoli dopo che Giuseppe Bonaparte era salito sul trono di Spagna. Come già il suo predecessore, egli si trovò a dover fronteggiare i potenti nemici del nuovo regime, che avevano armato bande di contadini e di briganti e che mantenevano stretti contatti con Ferdinando IV di Borbone, sovrano di Sicilia. Murat manifestò presto la volontà di perseguire una politica autonoma, avendo presenti gli interessi di Napoli più che quelli della Francia. Egli prese pertanto contatto con elementi patriottici e accarezzò l'idea di unire l'intera penisola. Dopo la sfortunata campagna di Russia, alla quale aveva partecipato con un contingente napoletano, mentre il vicerè Eugenio rimaneva fedele a Napoleone, egli strinse un accordo di alleanza con l'Austria (gennaio 1814). In base ad esso, si impegnava a rinunciare a ogni pretesa sulla Sicilia e prendeva le armi contro il vicerè Eugenio di Beauharnais. Dopo la caduta di Napoleone, Beauharnais si vide costretto a concludere un armistizio; mentre gli Austriaci occupavano Milano; a Torino rientrava Vittorio Emanuele I di Savoia e a Roma Pio VII. Alla notizia che Napoleone era fuggito dall'Elba e aveva ripreso le armi, Gioacchino Murat si schierò nuovamente dalla sua parte e dichiarò guerra all'Austria. Il 30 marzo 1815 lanciò da Rimini un proclama con cui dava vita all'Unione d'Italia, invitando gli Italiani e stringersi intorno a lui. Costretto a ripiegare di fronte a forze preponderanti, fu sconfitto a Tolentino (3 maggio) e respinto entro i confini del Regno di Napoli. Dopo la restaurazione borbonica, il 3 giugno, Ferdinando IV rientrava a Napoli, mentre Murat si rifugiava in Corsica. Alla notizia di fermenti di malcontento nel Napoletano, egli, con pochi compagni, tentò di operare uno sbarco, ma, una volta approdato a Pizzo Calabro, venne catturato dai borbonici e fucilato dopo un sommario processo.

PICCOLO LESSICO

ARMISTIZIO

Letteralmente, armistizio significa «fermata delle armi» (dal latino) e indica accordo che porta alla sospensione delle operazioni belliche su tutto un fronte di combattimento. Non bisogna però confondere l'armistizio con la pace: da un punto di vista giuridico sono due cose diverse. Il primo comporta infatti la sola cessazione delle operazioni di guerra, mentre la seconda esprime la fine dello stato di guerra.

BLOCCO CONTINENTALE

Il 21 novembre 1806 Napoleone emise un decreto contenente una serie di misure antibritanniche che dovevano essere rispettate in tutto l'impero. Mediante queste l'imperatore voleva causare l'isolamento economico, militare e politico dell'isola, impedendo ad essa di mantenere rapporti di qualsiasi tipo con il resto del mondo. Ecco alcune delle disposizioni presenti in quel decreto: divieto di ogni commercio e di ogni traffico; esclusione da porti di ogni vascello che avesse toccato la Gran Bretagna o le sue colonie; arresto e detenzione di ogni cittadino inglese residente nell'Impero; confisca delle proprietà inglesi sul continente.

PERSONAGGI CELEBRI

ORAZIO NELSON

(Burnham Thorpe, Norfolk 1758 - Capo Trafalgar 1805). Ammiraglio inglese, ebbe il comando della Marina all'epoca della guerra contro la Francia rivoluzionaria e nel primo periodo dell'impero, portando a termine memorabili imprese militari. Nel 1789, nella baia di Abukir, guidò infatti le navi britanniche alla distruzione della flotta francese che aveva portato Napoleone in Egitto. Nel 1805, al largo di Trafalgar, nei pressi della costa spagnola, inflisse una decisiva sconfitta alla marina francese, trovando la morte nella battaglia.

RIASSUNTO CRONOLOGICO

15 agosto 1769: Nasce ad Aiaccio Napoleone Bonaparte. 1796: Vittorie di Napoleone Bonaparte nell'Italia settentrionale contro gli austriaci e i piemontesi. Ottobre 1796: Nasce la Repubblica Cispadana. Novembre 1796: Nasce la Repubblica Transpadana. 3 febbraio 1797: Conquista di Mantova da parte di Napoleone. 19 febbraio 1797: Pace di Tolentino tra il papa e Napoleone. 18 aprile 1797: Armistizio di Leoben tra Austria e Francia. 17 ottobre 1797: Pace di Campoformio. Luglio 1798: I francesi sconfiggono i Turchi in Egitto ai piedi delle Piramidi. Agosto 1798: Napoleone occupa Il Cairo, ma la flotta inglese distrugge le navi francesi ad Abukir. Novembre 1798: Colpo di stato del 18 brumaio. 1800: Battaglia di Marengo. Luglio 1801: Concordato tra Napoleone e Pio VII. 1802: Viene proclamata la Repubblica Italiana. Maggio 1802: Napoleone è console a vita. Maggio 1803: Riprende la guerra tra Francia e Inghilterra. 1804: È promulgato il codice civile napoleonico. Dicembre 1804: Napoleone è imperatore di Francia. 1805: Si forma la terza coalizione antifrancese. Marzo 1805: Napoleone dà vita al Regno d'Italia. 15 ottobre 1805: Napoleone sconfigge gli austriaci a Ulm e conquista Vienna. 20 ottobre 1805: Orazio Nelson sconfigge la flotta francese a Trafalgar. Dicembre 1805: Napoleone vince ad Austerlitz contro gli austro-russi; viene formulata la pace di Presburgo. 1806: Si forma la quarta coalizione antifrancese. Napoleone vince a Jena. 1807: Pace di Tilsit tra Francia e Russia. 1808: La Francia conquista la Spagna. Ottobre 1809: Pace di Schoenbrunn. 1810: Pace di Lunéville. Aprile 1810: Napoleone sposa Maria Luisa d'Austria. 18 giugno 1812: Le truppe francesi invadono la Russia. Giugno 1813: Napoleone vince a Lützen e a Bautzen. Ottobre 1813: Napoleone è sconfitto a Lipsia. 31 marzo 1814: Russi e Prussiani entrano a Parigi. 6 aprile 1814: Napoleone abdica e si ritira all'Isola d'Elba. 30 maggio 1814: Pace di Parigi. 20 marzo 1815: Napoleone fuggito dall'Elba, rientra a Parigi. 25 marzo 1815: Le monarchie europee costituiscono una nuova coalizzazione antinapoleonica. Maggio 1815: Murat è sconfitto a Tolentino dagli austriaci. 18 giugno 1815: Gli eserciti inglese e prussiano sconfiggono Napoleone a Waterloo. Questi viene esiliato nell'Isola di Sant'Elena. 5 maggio 1821: Morte di Napoleone Bonaparte.

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