Le Grandi Questioni Internazionali.

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STORIA CONTEMPORANEA - LE GRANDI QUESTIONI INTERNAZIONALI

L'IMPERO OTTOMANO

L'Impero Ottomano, riuscito a sopravvivere alle guerre napoleoniche solo grazie ai contrasti esistenti tra Francia, Russia e Inghilterra, nel 1815 comprendeva ancora un territorio vastissimo, che dalla costa nord-occidentale dell'Africa si estendeva sino ai Carpazi, comprendendo l'intera penisola balcanica. Il processo di dissoluzione era cominciato nel 1830 con la conquista francese dell'Algeria e col conseguimento dell'indipendenza greca. Era poi seguito il riconoscimento dell'autonomia dei principati di Moldavia, di Valacchia e della Serbia, e solo l'intervento delle potenze occidentali nella guerra di Crimea aveva salvato la Turchia dalle mire espansionistiche russe. Particolarmente vivaci erano i movimenti nazionalisti nei territori della penisola balcanica e appariva ormai evidente che la potenza turca era sull'orlo del crollo. Pertanto, la «questione d'Oriente» assunse grande importanza nella seconda metà del secolo XIX. Nel 1861 il sultano Abdul Mejid morì e gli succedette Abdul Aziz che regnò sino al 1876, cercando di attuare le riforme impostate dal suo predecessore, con l'intento di promuovere un processo di occidentalizzazione (caratterizzato, tra l'altro, dalla costruzione di alcune linee ferroviarie e da quella del canale di Suez ultimata nel 1869). Né le potenze europee, né i nazionalisti balcanici erano però favorevoli al rafforzamento del regime turco. A partire dal 1876, dopo l'ascesa al trono del nuovo sultano, Abdul Hamid II, gli eventi si svilupparono in modo tale da porre alle potenze occidentali gravi problemi, mentre più forte andava facendosi la pressione del nazionalismo slavo. Greci, Serbi e Rumeni tendevano all'unificazione nazionale, minando gravemente la potenza turca nei Balcani. Il regno di Grecia, costituitosi nel 1830, includeva solo la metà dei popoli di lingua greca, mentre l'altra metà rimaneva ancora soggetta al Governo turco. Agitazioni e cospirazioni si susseguirono in Grecia sotto il regno di Ottone di Wittelsbach, deposto da una rivolta militare scoppiata nel 1862. Dietro suggerimento inglese, venne scelto per la successione il principe Guglielmo Giorgio di Glücksburg, figlio cadetto del re di Danimarca Cristiano IX, che salì al trono col nome di Giorgio I (1863-1913), mentre l'Inghilterra cedeva alla Grecia le isole Ionie. Ciò non fece che accrescere il desiderio dei nazionalisti di annettersi anche le isole Egee, soggette al dominio turco, oltre alla parte settentrionale della penisola comprendente la Macedonia.

La nuova Costituzione greca del 1864 aveva carattere liberale e limitava ulteriormente i diritti del sovrano: questi affidò la carica di primo ministro a Karilos Trikùpis, sotto il cui Governo furono introdotte importanti riforme. I progressi economici compiuti furono però vanificati dalle ingenti spese militari sostenute per promuovere la liberazione dei territori greci rimasti sotto il dominio ottomano. Anche la Serbia era riuscita, con la lotta, a diventare un principato semi-indipendente nel 1829, ma un'importante minoranza di popolazione serba rimaneva sotto il dominio turco e verso la metà del secolo venne sollevato il problema di una unificazione fra tutti gli Slavi del sud. I diritti della Serbia furono riaffermati nel 1865, e le rivendicazioni nazionalistiche non mancarono di ripercuotersi anche sulla politica interna. Protagoniste della lotta furono alcune famiglie della nobiltà serba che si contendevano il potere. Nel 1858 venne deposto il principe Alessandro Karageorgeviéc, la cui famiglia aveva detenuto il potere prima del 1839. Nel 1860 a Milos successe il figlio Michele che, ricorrendo all'aiuto delle potenze occidentali, nel 1867 riuscì ad allontanare le ultime guarnigioni turche dalla Serbia. A distanza di un anno, egli venne assassinato e salì al trono suo cugino Milan I che, negli anni seguenti, concentrò gli sforzi per guadagnare un accesso al mare e unire tutti gli Slavi meridionali. Nel settembre del 1876 l'esercito del nuovo sultano inflisse ai Serbi una gravissima sconfitta, costringendoli a ricorrere all'aiuto delle grandi potenze. Di fronte alle richieste russe, il sultano accettò di trattare la pace, mentre la Russia concluse un accordo con l'Austria, impegnandosi a sostenere l'indipendenza serba e montenegrina, e lasciando mano libera agli Austriaci in Bosnia ed Erzegovina. Frattanto a sud del Danubio si stava costituendo un terzo Stato balcanico, quello di Romania. Pur essendo divenuta la sovranità turca su Moldavia e Valacchia poco più che nominale, la rivalità tra Austria e Russia accrebbe le difficoltà per una totale indipendenza dei due principati. Finalmente nel 1859, ferma restando la sovranità nominale della Turchia, i due territori poterono formare un regno unitario, affidato al principe Alessandro Cuza. Le riforme liberali da lui promosse (abolizione della servitù, chiusura dei monasteri, incremento dell'istruzione pubblica) sollevarono l'ostilità delle forze conservatrici, che nel 1866 lo deposero. La corona venne offerta a Carol di Hohenzollern-Sigmaringen (1866-1914), imparentato col re di Prussia. Nel 1877 egli proclamò l'indipendenza del principato e nel 1881 assunse il titolo di re.

Assai meno avanzata era stata negli anni precedenti la lotta per l'indipendenza condotta da Bulgari e Albanesi, anch'essi soggetti al dominio turco. In Albania, patria degli antichi Illiri, la sovranità turca era debole e puramente nominale, come lo era stata quella dei Bizantini, data l'impossibilità di imporre un potere dall'esterno a un popolo montanaro e pastore che ancora nella seconda metà dell'Ottocento rimaneva in uno stato semi-tribale, non riconoscendo altra autorità effettiva che quella dei piccoli signori locali. Dimenticati dalla storia erano anche i Bulgari, localizzati nei Balcani orientali, lungo le coste occidentali del Mar Nero. La rinascita nazionale, incoraggiata dalla Russia in funzione antiturca, era iniziata con tono sommesso nella prima metà dell'Ottocento ed era andata facendosi sempre più vigorosa, rimanendo però nell'ambito delle rivendicazioni religiose, così che il primo passo verso l'indipendenza fu compiuto nel 1870, quando i nazionalisti ottennero il riconoscimento dell'autonomia religiosa con l'insediamento di un esarca bulgaro. L'autonomia politica fu ottenuta nel 1878 in seguito alla guerra russo-turca, scoppiata nell'aprile del 1877, che portò alla costituzione di un principato libero, nominalmente soggetto alla sovranità turca, ma di fatto sotto protettorato russo e affidato al principe tedesco Alessandro di Battenberg, nipote della zarina. Egli tentò presto di sottrarsi all'egemonia russa, adottando una politica espansionistica che portò all'annessione della Rumelia orientale e alla guerra serbo-bulgara (1885-86), a conclusione della quale, nonostante i successi ottenuti, Alessandro fu costretto ad abdicare e venne sostituito dal principe Ferdinando di Sassonia-Coburgo.

IL CONGRESSO DI BERLINO DEL 1878

Conclusasi la guerra russo-turca, fu convocato il congresso di Berlino, che produsse una nuova sistemazione dei territori dell'Europa orientale. Romania, Serbia e Montenegro videro confermata la loro indipendenza di Stati sovrani. Alla Russia venne riconosciuto il possesso delle città turche del Caucaso, mentre l'Inghilterra entrava in possesso di Cipro. La sistemazione raggiunta lasciava insoddisfatte sia le potenze europee sia i nazionalisti slavi. Rimasero infatti accesi focolai di rivolta, che nel 1885 sfociarono nella guerra serbo-bulgara. Nel 1889 il re di Serbia, Milan I, la cui posizione era stata indebolita dalla disfatta con la Bulgaria, fu costretto ad abdicare. Gli succedette il figlio Alessandro che nel 1888 abrogò la Costituzione e restaurò l'antico sistema autocratico, protrattosi sino al 1903, quando il re venne ucciso insieme con la moglie. I ribelli riportarono allora sul trono il principe Pietro Karageorgevič, appartenente alla famiglia reale esiliata nel 1858, che istituì una Monarchia costituzionale, intensificando la lotta per allargare i confini della Serbia. Nell'ultimo decennio dell'Ottocento, nella questione d'Oriente, si inserì anche la rivolta degli Armeni, una popolazione localizzata nelle regioni montagnose a nord di Costantinopoli e sulla costa sud-orientale del Mar Nero. I due milioni di cristiani armeni richiesero l'indipendenza nazionale, ma il sultano, deciso a non tollerare altre sollevazioni, e potendo contare sull'appoggio della Germania, schierò contro di loro i fanatici musulmani curdi che, insieme ai soldati turchi, compirono una serie di feroci massacri. Anche il nazionalismo greco andò incontro a una grave sconfitta: nel 1897, cedendo alle pressioni dei nazionalisti, il re si decise a mandare un piccolo contingente a Creta. Dopo una serie di scontri alla frontiera greco-turca, il sultano dichiarò guerra; i Greci subirono una serie di disfatte e nel giro di poche settimane furono costretti a chiedere l'armistizio, che riuscirono ad ottenere solo grazie alla mediazione delle grandi potenze e al pagamento di una forte indennità, che compromise seriamente la stabilità del bilancio; inoltre furono costretti a cedere alcuni villaggi di frontiera. Al di là di vittorie come quella riportata sui Greci, alla fine del secolo era evidente che il crollo dell'Impero ottomano era ormai inevitabile. Nei territori balcanici dell'impero si erano costituiti 5 Stati nazionali indipendenti: Grecia, Serbia, Montenegro, Romania, Bulgaria, e altri territori (Bosnia, Erzegovina, Dobrugia) erano stati sottratti, mentre le potenze europee si erano impossessate dell'Africa mediterranea.

LA GUERRA DI SECESSIONE NEGLI STATI UNITI

Agli inizi dell'Ottocento gli Stati Uniti avevano raggiunto un importante ruolo in campo economico a livello mondiale, nonostante le radicali differenze tra Nord e Sud. Gli Stati del Sud, schiavisti e a struttura agricola, e quelli del Nord, a sviluppo industriale, entrarono però in contrasto sul problema della schiavitù, che il Sud era deciso a introdurre anche nei territori dell'ovest, mentre il Nord era orientato a promuovere il processo di colonizzazione. Questi contrasti sfociarono nella secessione degli Stati sudisti, iniziata pochi mesi prima dell'elezione del presidente Abraham Lincoln (1861), avversario della schiavitù e rigido assertore della legalità e dell'ordine. Gli Stati del Sud, che fino a quel momento erano riusciti a far eleggere presidenti sudisti, si autoproclamarono «Stati Confederati d'America», eleggendo Jefferson Davis come presidente, e ponendo la capitale a Richmond, nello Stato della Virginia. L'esercito del Nord presentava una netta preponderanza numerica, ed era sostenuto dalla potente casta finanziaria e industriale; quello sudista, benché meno numeroso, godeva dell'appoggio delle potenze europee (Francia ed Inghilterra), interessate all'acquisto di cotone a basso costo, ed era guidato da un abilissimo generale: Robert L. Lee, che riuscì ad ottenere parecchie vittorie. Il primo scontro importante avvenne in Virginia, a Bull Run, nel giugno 1861, e finì in una schiacciante sconfitta nordista, anche se i sudisti non seppero sfruttare a fondo il loro successo. L'avanzata del generale Lee fu fermata dalle truppe nordiste a Gettysburg (1-3/7/1863) e da quel momento per i sudisti iniziò il declino; i federalisti del Nord infatti, guidati dai generali Sherman e Grant, ottennero una serie di vittorie che culminarono con la conquista della capitale confederata Richmond (1865) e con la resa del generale Lee nel villaggio di Appomatox il 9 aprile 1865. La pace ebbe come conseguenza la completa abolizione della schiavitù in tutti gli Stati e la ricostituzione dell'Unione. La vittoria nordista fu però rattristata dall'assassinio del presidente Lincoln, che cadde vittima, in un teatro di Washington, di una congiura sudista per mano dell'attore J.W. Booth. Iniziava così negli Stati Uniti il difficile periodo della ricostruzione di un grande Paese devastato dalla guerra civile e dilaniato dall'instabilità.

Le principali battaglie della Guerra di Secessione americana

Modello tridimensionale della mitragliatrice Gatling del 1862

Modello tridimensionale della pistola inglese Pepperbox, in voga nei secc. XVIII e XIX

LINCOLN E LO SCHIAVISMO

La linea politica di A. Lincoln fu sempre ispirata alla difesa dei diritti umani e alla condanna della schiavitù, fondata proprio sulla prevaricazione di questi diritti. Riportiamo qui di seguito l'estratto di un discorso che Lincoln tenne nel 1860 (un anno prima della sua elezione presidenziale) in cui, in una linea di aperto dialogo con i Sudisti, critica la loro direttiva politica. Un dialogo che, come ben sappiamo, non porterà a nessun risultato, ma solo alla guerra di secessione.

Schiavitù e lotta politica

E ora, se essi volessero ascoltare, e suppongo non lo faranno, rivolgerei alcune parole ai Sudisti. Vorrei dir loro: voi vi considerate un popolo giusto e ragionevole; ed io ritengo che per condizioni generali di ragione e giustizia voi non siate inferiori a nessun altro popolo. Inoltre, quando parlate di noi repubblicani, lo fate soltanto per considerarci dei rettili, o nel caso migliore, non migliori dei fuorilegge. Ascoltereste pirati o assassini, ma niente che assomigli ai «Repubblicani neri». In tutte le vostre lotte ognuno di voi pensa ad una condanna del «Repubblicanesimo nero» come alla prima cosa da fare. Invero una tale condanna sembra un requisito indispensabile, un permesso, per così dire, per poter essere introdotti tra di voi, o per aver licenza di parlare. Ora potete o no fermarvi un attimo e considerare se ciò sia giusto per noi, o persino per voi? Mostrateci le vostre accuse specifiche, e poi pazientate tanto da permetterci di negarle o di giustificarci. Noi persistiamo a lottare per la stessa antica politica sul punto in questione che fu adottata dai «nostri padri che formarono il Governo sotto il quale viviamo»; mentre voi tutti d'accordo rifiutate, respingete e vi accanite contro quella vecchia politica, e insistete nel sostituirla con qualcosa di nuovo. Ma non siete d'accordo tra di voi su quello che deve sostituirla. Siete divisi su nuove leggi e nuovi piani, ma siete unanimi nel rifiutare e denunciare la vecchia politica dei padri. Alcuni di voi sono per la ripresa del commercio estero degli schiavi; altri per un codice sugli schiavi fissato dal Congresso per i Territori; altri per un'ordinanza da parte del Congresso, che impedisca ai Territori di proibire la schiavitù entro i loro limiti; altri per mantenere la schiavitù nei Territori per mezzo della magistratura; altri per il «grande principio» che «se un uomo volesse renderne un altro schiavo, nessun terzo dovrebbe intromettersi», chiamato fantasticamente «sovranità popolare»; ma nessuno fra voi è mai favorevole alla proibizione federale della schiavitù nei territori federali, secondo la pratica dei «nostri padri che formarono il Governo sotto il quale viviamo».

IL COLONIALISMO

L'ultima parte del XIX sec. e la prima del XX furono caratterizzate dal capitalismo imperialistico che spinse dapprima le potenze europee, e poi gli Stati Uniti e il Giappone (tutti i Paesi economicamente e militarmente più potenti) verso una nuova espansione coloniale. La ripresa della corsa all'acquisto di colonie ebbe origine dalla crisi economica del 1873-96. Le teorie economiche liberiste e la conseguente apertura delle barriere doganali avevano notevolmente abbassato i prezzi dei prodotti e aumentato la concorrenza straniera. La risposta alle difficoltà economiche fu un ritorno al protezionismo, la creazione di cartelli e di trust, cioè di raggruppamenti industriali e finanziari con l'intento di soffocare la concorrenza, e, infine, la conquista coloniale. Quest'ultima era incentivata dalla necessità di materie prime a basso prezzo e dalla ricerca di nuovi mercati dove vendere i prodotti. La politica di espansione era infatti fondata sull'idea che le ricchezze asiatiche e africane fossero a disposizione di chi fosse arrivato per primo a conquistarle (visto che le popolazioni locali non erano in grado di sfruttarle), nonché sulla convinzione della superiorità razziale e culturale dell'Occidente sugli indigeni. Ma a queste motivazioni di carattere economico e culturale si aggiunsero anche quelle politiche e, talvolta, la necessità di nuovi spazi vitali, conseguente alla forte crescita demografica. La nuova fase espansionistica europea si avviò con l'apertura del canale di Suez nel 1869. Costruito con capitali francesi, il canale passò poco dopo nelle mani degli Inglesi (1876). Questo canale artificiale, tagliando il territorio egiziano, permetteva alle navi europee il passaggio diretto dal Mediterraneo al Mar Rosso e quindi all'Oceano Indiano, evitando la lunga circumnavigazione dell'Africa. L'Inghilterra divenne la Nazione più potente dell'Europa: conquistando la maggior parte dell'Africa orientale, il suo impero divenne il più esteso del mondo. Dopo aver assunto il controllo del canale di Suez, gli Inglesi occuparono l'Egitto (1882), la Somalia britannica (1884), la Nigeria (1885), il Sudan (1889). Inoltre acquistarono il Transvaal con la pace di Pretoria (1902) e l'Orange, dopo aver combattuto e vinto i Boeri, coloni bianchi di origine olandese. L'impero coloniale francese non fu meno esteso e popolato. Nel 1881 i Francesi occuparono la Tunisia, e negli anni seguenti una parte del Congo, il Sudan occidentale e il Madagascar. La Germania si mosse con un certo ritardo rispetto alla Francia e all'Inghilterra, ma riuscì comunque ad inserirsi tra le grandi potenze, occupando, dopo il 1884, il Camerun, il Togo, parte dell'Africa occidentale e orientale. L'Italia, oltre alla colonia eritrea, delle cui vicende si è già parlato, occupò una parte della Somalia (1895-1900). Oltre all'Africa, anche l'Asia divenne oggetto delle mire espansionistiche delle maggiori potenze europee: la Gran Bretagna occupò nel 1886 la Birmania e alcune isole del Pacifico; la Francia il Tonchino (1884) e il Laos (1893). Nel complesso, però, tutte le potenze europee seppero trarre vantaggi militari ed economici dalla decadenza dell'Impero cinese, riuscendo ad ottenere franchigie e concessioni su numerosi porti commerciali. Per il possesso di uno di questi porti, Port Arthur in Manciuria, Russia e Giappone entrarono in conflitto, come vedremo più avanti.

L'AFRICA E IL COLONIALISMO

Per tutto il XVIII sec. l'Africa era rimasta per lo più inesplorata: le perlustrazioni degli Europei si erano infatti limitate alle coste, divenute base per il commercio degli schiavi diretti verso le colonie americane. Quando si intuì che l'Africa avrebbe potuto diventare, più che una riserva di manodopera, un'inesauribile fonte di materie prime (cacao, pietre preziose, caffè, olio di palma, indispensabile per la produzione del lubrificante per macchine industriali), l'Europa la guardò con occhi diversi. A partire dalla seconda metà dell'Ottocento, un flusso consistente di esploratori europei incominciò a penetrare le zone interne del vecchio continente. Gli esploratori assumevano, nei confronti delle popolazioni locali e della loro cultura, un atteggiamento di assoluta superiorità: gli Africani non erano in grado di progredire socialmente, ed erano dunque destinati ad essere dominati dalla civiltà europea, la cui emancipazione economica, culturale e politica era ormai assodata. Ben pochi furono gli europei che si sforzarono di potenziare le naturali risorse dell'Africa, cercando di penetrarne la cultura e le reali possibilità di sviluppo. Fra questi ricorderemo il medico missionario David Livingstone (1813-1873) che si impegnò a realizzare, attraverso la diffusione del cristianesimo, uno sviluppo civile degli Africani, oppressi per ben tre secoli dallo schiavismo e da guerre civili che ne avevano indebolito le istituzioni. Su un versante totalmente diverso si colloca Cecil Rhodes (1853-1902), il fondatore dell'Impero britannico nell'Africa meridionale, che favorì l'insediamento del potere europeo in tutte le sue forme, anche a danno degli elementi locali.

PICCOLO LESSICO

Cristiani Armeni

Già Tertulliano, nel 200 circa, parla di una comunità cristiana in Armenia, una regione montuosa dell'Asia minore. Il cristianesimo divenne religione ufficiale in Armenia solo nel 300, grazie a San Gregorio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, il quale istituì una chiesa armena che prenderà da lui il nome di «gregoriana». Sorse allora il problema della convivenza con il metropolita di Costantinopoli, dal quale l'Armenia dipendeva. Con la spartizione fra l'Impero Romano e la Persia, la chiesa armena si avvicinò a quella di Costantinopoli, assumendo, con il passare dei secoli, un atteggiamento sempre più indipendente.

Imperialismo

È la tendenza da parte di Nazioni o popoli particolarmente potenti ad espandersi e a dominare dal punto di vista politico ed economico, e spesso con l'aiuto di rappresaglie militari, popolazioni culturalmente ed etnicamente diverse, o aree geografiche ricche di materie prime ma economicamente sottosviluppate.

Protettorato

È un termine usato nel diritto internazionale per indicare un accordo, pattuito generalmente fra due Stati, uno dei quali si impegna, attraverso la firma di una convenzione, a proteggere l'altro. In virtù di questo accordo, lo Stato protetto affida la gestione dei propri affari internazionali (politici, commerciali ed economici) allo Stato protettore. Questo istituto si diffuse soprattutto nel XIX sec. e nella prima metà del XX sec. tra le potenze europee da un lato e i Paesi africani o asiatici colonizzati dall'altro.

PERSONAGGI CELEBRI

Abraham Lincoln

Sedicesimo presidente degli Stati Uniti (Kentucky 1809 - Washington 1865).

Di umilissime origini, appartenne a una famiglia di pionieri dell'Illinois.

Ebbe un'infanzia piuttosto infelice: rimasto orfano di madre ad appena nove anni, frequentò saltuariamente le scuole per aiutare il padre nel lavoro dei campi.

Fu perciò un autodidatta: si applicò con interesse allo studio della Bibbia, della retorica classica e della vita di Washington.

Dopo aver praticato diversi mestieri, si gettò nella carriera militare, e nel 1834 venne eletto deputato nel Parlamento dell'Illinois.

Acquistò in seguito larga popolarità come avvocato, soprattutto per la sua arte oratoria e per i suoi principi morali, volti alla difesa dei diritti umani.

Affiliatosi al partito repubblicano, fece dell'abolizione della schiavitù il manifesto del suo programma politico. La sua elezione a presidente degli Stati Uniti causò la secessione del Sud.

Lincoln si sforzò invano di evitare la guerra, adottando una politica di mediazione fra abolizionisti e schiavisti che agivano in seno al suo stesso partito.

Proclamata l'emancipazione degli schiavi di tutti gli Stati (gennaio 1863), Lincoln condusse con energia la guerra contro il Sud, avvalendosi della collaborazione del colonnello U. Grant.

Fu ucciso, proprio all'apice del suo successo politico, da un fanatico, durante la rappresentazione della commedia «Il nostro cugino d'America».

Ritratto di Abramo Lincoln

Ritratto di Abramo Lincoln

Milan Obrenovic

Re di Serbia (Iasi 1854 - Vienna 1901). Nipote del principe Milos, fu proclamato principe di Serbia dopo l'assassinio del principe Michele III, suo cugino. Durante la minore età fu sottoposto alla tutela di un Consiglio di reggenza, fino al 1872. Raggiunta la maggiore età, Milan si mostrò autoritario, accentratore e amante della vita mondana, il che gli valse le antipatie e i malumori dell'opinione pubblica. Nel 1876 entrò in guerra contro l'impero Ottomano; ne uscì indenne grazie all'intervento russo e, nel congresso di Berlino del 1878, riuscì ad ottenere l'indipendenza del suo Paese. Prendendo a modello le più consolidate Monarchie europee, promosse una serie di riforme (dei trasporti, urbane e amministrative). Nel 1885 dichiarò guerra alla Bulgaria per ottenere il protettorato sulla Rumelia, una regione incorporata ad essa dopo il congresso di Berlino. Destinato alla sconfitta, fu salvato dall'intervento dell'Austria, sua alleata segreta fin dal 1881. Costretto all'abdicazione dalle correnti democratiche serbe, si stabilì in Francia rinunciando perfino alla cittadinanza serba. Nel 1893 tentò il ritorno in patria al comando di un imponente esercito: ma la sua linea dittatoriale finì per inimicargli il figlio Alessandro, salito al trono al suo posto. Fu così costretto ad abbandonare definitivamente il suo Paese (1900) e a trascorrere in esilio, a Vienna, gli ultimi anni della sua vita.

RIASSUNTO CRONOLOGICO

1830: Spedizione francese in Algeria e riconoscimento dell'indipendenza greca.

1861: Vittoria elettorale di A. Lincoln negli USA.

1865: Resa dei Sudisti negli USA. Assassinio di Lincoln.

1869: Apertura del canale di Suez.

1877: Guerra russo-turca.

1878: Congresso di Berlino.

1882: Occupazione inglese dell'Egitto.

1884: Fondazione del dominio coloniale tedesco in Africa.

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