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GEOGRAFIA - AFRICA - ETIOPIA

PRESENTAZIONE

Situata nel cosiddetto Corno d'Africa, l'Etiopia confina a Nord con l'Eritrea, a Nord-Est col Gibuti, a Est e a Sud-Est con la Somalia, a Sud con il Kenia e a Ovest con il Sudan. Ha una superficie di 1.127.127 kmq e una popolazione di 69.733.000 ab. con una densità media di 61,5 ab. per kmq. I principali gruppi etnici sono gli Oromo o Galla (31%), gli Amhara (30%), i Tigrini (7%), i Somali (4,1%) e i Sidama (3,2%). La lingua ufficiale è l'amharico, ma si parla anche l'inglese e l'italiano. Sul piano religioso, il 50,3% della popolazione è ortodossa, seguono i musulmani (30%), gli altri cristiani (10,8%) e gli animisti insieme ai seguaci di credenze tradizionali (4,8%). In base alla Costituzione del 1994, l'Etiopia è una Repubblica democratica federale divisa in Stati-regione su base etnica. Il presidente della Repubblica, con funzioni eminentemente rappresentative, è eletto dal Consiglio dei Rappresentanti del popolo (547 membri eletti per cinque anni a suffragio diretto) e dura in carica sei anni. Il Parlamento ha anche una Camera alta: il Consiglio Federale (117 membri scelti dalle Assemblee degli Stati, in carica per cinque anni). Il Governo è presieduto dal primo ministro nominato dal partito che ha avuto la maggioranza alle elezioni. L'unità monetaria è il birr. La capitale è Addis Abeba (2.723.000 ab.).

IL TERRITORIO

Il nucleo del Paese è costituito da due altopiani, separati da una frattura, detta Fossa dei Galla, occupata da valli e laghi fluviali. L'altopiano etiopico (Acrocoro) si trova a Nord-Ovest ed ha un'altitudine compresa tra i 1.500 e i 2.400 m; la vetta maggiore è il Ras Dascian (4.620 m). Nel cuore dell'altopiano nasce uno dei rami sorgentiferi del Nilo, il Nilo Azzurro. A Sud-Est dell'altopiano etiopico si eleva quello somalo (massima altitudine 4.300 m), digradante verso l'Oceano Indiano. Lungo il Mar Rosso si estende la Dancalia, un bassopiano desertico e paludoso che nella parte settentrionale raggiunge i 116 m sotto il livello del mare. Il fiume principale dell'altopiano etiopico è il Nilo Azzurro che sfocia nel Lago Tana; gli altri corsi d'acqua sono perlopiù a carattere torrentizio e variano di portata a seconda delle piogge. Il più importante è l'Omo Bottego. Dall'altopiano somalo nascono il Giuba e il Uebi Scebeli, che sfociano nell'Oceano Indiano. Unico fiume della Dancalia è l'Awash. Numerosi sono i laghi: Stefania, Margherita, Tana, Shala, Ziway e altri. Il litorale è basso e uniforme; esso si articola nella penisola di Buri, fronteggiata dall'arcipelago Dahlac, mentre a Sud si apre la Baia di Baihul con una serie di isolette. Il clima è differenziato a seconda delle zone geografiche del Paese: le coste presentano alte temperature e aridità; l'altopiano etiopico gode invece di temperatura mite e abbondante piovosità; l'altopiano somalo ha precipitazioni varianti in conformità dell'altitudine e temperature elevate; la Dancalia infine è desertica.

_blank Cartina dell'Etiopia

_blank Il lago Tana, in Etiopia

L'ECONOMIA

L'Etiopia è un Paese molto povero con un'economia basata essenzialmente sull'agricoltura, l'allevamento e la pastorizia. La stessa produzione agricola, tuttavia, non è elevata, in quanto solo un decimo del territorio è destinato alle coltivazioni; mancano inoltre tecniche di coltura moderne, nonché infrastrutture e capitali. Il territorio è diviso in tre aree climatiche e culturali: la quollà, che comprende le zone meno elevate con clima caldo e umido, produce tabacco, mais e cotone; la voina degà, la zona più popolata e fertile, caratterizzata da coltivazioni di frumento, miglio, legumi, ortaggi e caffè (quest'ultima, voce importante delle esportazioni etiopi); la degà, che comprende zone di elevata altitudine, particolarmente adatte ai pascoli. Le colture destinate al consumo interno sono il sorgo, l'orzo e il mais. L'industria, poco sviluppata, è di tipo artigianale e si concentra intorno alla capitale. Fra i principali impianti troviamo gli stabilimenti tessili, gli zuccherifici, le vetrerie, i calzaturifici e le cartiere. Di rilievo è anche la lavorazione del cuoio e dei pellami e l'essiccazione del pesce. Le risorse minerarie sono piuttosto scarse; esistono giacimenti di platino, oro, e rame. L'Etiopia intrattiene relazioni commerciali con vari Paesi. I maggiori fornitori di macchinari, autoveicoli, prodotti chimici, petroliferi, metallici e materiale elettrico sono l'Italia, il Giappone, la Germania, gli USA e il Kuwait. Le esportazioni di caffè, frutta, oli di semi, pelli e cuoio sono destinate agli USA, all'Italia e alla Germania. Il Paese, che non dispone di sbocchi sul mare, dipende in buona parte dai porti eritrei (Massaua e Assab) e da Gibuti. Le comunicazioni interne si svolgono attraverso reti ferroviaria (694 km) e stradale (33.297 km, di cui 4.000 circa asfaltati) poco sviluppate in confronto al traffico aereo: vi sono, infatti, 16 aeroporti di cui i principali ad Addis Abeba, Diredaua, Macallè. Nel giugno del 2005 l'Etiopia ha ottenuto dai Paesi del G-8 la cancellazione di parte del debito estero.

CENNI STORICI

«Etiope» in greco significa «faccia bruciata»: il termine fu utilizzato nell'antichità per denominare tutti gli africani. L'altro nome dell'Etiopia, «Abissinia», deriverebbe dall'arabo habbashat, un'etnia yemenita emigrata in Africa nel 2000 a.C. Axum, nel Nord dell'attuale Etiopia, raggiunse l'apogeo all'inizio dell'era cristiana, essendo il centro del traffico fra l'alto Nilo e i porti del Mar Rosso, che commerciavano con l'Arabia e l'India. Fu uno Stato prospero e ricco, che dominò l'attuale Yemen. Nel VII sec. entrò in crisi a causa delle modifiche delle tratte commerciali dovute all'unificazione e all'espansionismo degli Arabi, che conquistarono l'Egitto. La conversione al Cristianesimo della classe dirigente etiope, creò un ulteriore fattore d'isolamento. La successiva espansione verso Sud, la crescita eccessiva del clero e il declino commerciale portarono ad un processo di feudalizzazione simile a quello dell'Occidente europeo. Nel XVI sec., un terzo della terra apparteneva ai negus (re), un terzo ai monasteri e un terzo veniva diviso tra la nobiltà e il popolo. La rivolta della popolazione musulmana della costa del Mar Rosso, l'attuale Tanzania, spinse gli Etiopi a chiedere aiuto all'Europa. Il soccorso arrivò con un secolo di ritardo, ma fu efficiente: nel 1541, la flotta portoghese ebbe un ruolo decisivo nella distruzione del sultanato di Adal, attuale Somalia. I Galla, affini agli Haussa, approfittarono dell'attenzione che il negus rivolgeva alle zone costiere per penetrare gradualmente dall'Ovest, fino a costituire la maggioranza della popolazione. La loro influenza arrivò al punto che tra il 1755 e il 1769 vi fu un imperatore galla, detronizzato a stento dall'aristocrazia amhara. Menelik II fu designato erede nel 1869 ed impiegò vent'anni per preparare un esercito con l'aiuto inglese e italiano e organizzare l'amministrazione del suo feudo personale, il Regno dello Scioa. Tale efficienza fu provvidenziale, poiché nel 1895 gli ex alleati italiani invasero il Paese. Nella decisiva battaglia di Adua, morirono quattromila soldati italiani: fu la più devastante sconfitta subita dagli europei in Africa fino alla guerra d'Algeria. L'Italia ottenne comunque, durante i negoziati, due territori che l'Etiopia di fatto non controllava: l'Eritrea e la costa meridionale somala. Nel 1906, le grandi potenze del tempo riconobbero l'indipendenza e l'integrità territoriale dell'Abissinia, in cambio di vantaggi economici. Questo accordo permise all'Etiopia di salvarsi dal colonialismo diretto, fino al 1936, quando Benito Mussolini ne decise l'invasione, approfittando della lotta per la successione di Menelik. L'erede al trono, Hailè Selassiè, chiese aiuto alla Società delle Nazioni, ma non ottenne un sostegno concreto. L'Italia occupò il territorio per cinque anni, instaurando un regime di discriminazione razziale simile all'apartheid sudafricano. Gli Etiopi riconquistarono l'indipendenza nel 1948, grazie alla Gran Bretagna che assunse il controllo del Paese alla caduta del Fascismo. Hailè Selassiè ritornò sul trono, ma l'Etiopia si trovava in una crisi gravissima: la situazione produttiva era nel caos, i movimenti nazionalisti non accettavano il ritorno a quello che loro consideravano un feudalesimo e gran parte della popolazione viveva in miseria. L'imperatore appoggiò il Movimento dei Paesi non allineati e l'Organizzazione per l'unità africana (OUA) con sede ad Addis Abeba. Sotto Selassiè l'Etiopia si dotò di una burocrazia statale, di un sistema educativo ispirato a quello degli USA e del più nutrito esercito dell'Africa subsahariana. Selassiè fu deposto nel 1974, dopo una serie di scioperi contro la mancanza di cibo e l'assolutismo del negus. Un Comitato di coordinamento delle Forze armate abolì la Monarchia e proclamò la Repubblica. Dopo varie crisi interne, nel dicembre del 1977 assunse il potere il colonnello Hailè Mariam Menghistu, che riuscì a porre fine alle lotte interne alle Forze armate. Il Governo militare nazionalizzò le banche e le grandi industrie a capitale straniero e chiuse le basi militari nordamericane. La chiave della «rivoluzione nazionale democratica» fu la statalizzazione del suolo e del sottosuolo, che pose fine al latifondismo. Fu adottato il «socialismo scientifico» come filosofia dello Stato. L'opposizione fu violentemente eliminata: tra il 1977 ed il 1978 avvennero migliaia di esecuzioni sommarie. Superata questa crisi, l'esercito affrontò le ribellioni in Eritrea e nell'Ogaden. Gli indipendentisti eritrei ritenevano infatti che la presenza di un Governo di tipo socialista non fosse un motivo sufficiente per rinunciare alla loro lotta, mentre i Somali dell'Ogaden approfittarono della crisi per alimentare i loro propositi separatisti. Contraria al progetto somalo di annessione dell'Ogaden, l'Unione Sovietica ruppe gli accordi militari con il presidente Siad Barre. L'appoggio sovietico e cubano all'Etiopia fu decisivo nella sconfitta delle truppe somale. Avendo ottenuto il controllo della situazione, Menghistu si dedicò ai problemi interni. Nel 1979 il Governo creò la Commissione per l'organizzazione dei lavoratori etiopi (COPWE). In quell'anno la superficie delle aree coltivate crebbe del 14%. Tra il 1982 e il 1984 il Paese soffrì per una grave siccità: cinquecentomila contadini morirono e cinque milioni di persone soffrirono di denutrizione. Nel 1984 si svolse il congresso di fondazione del Partito dei lavoratori etiopi (WPE), che approvò la trasformazione del Paese in Stato socialista. In settembre il Parlamento proclamò la Repubblica popolare democratica e confermò Menghistu a capo dello Stato. La nuova Costituzione istituì cinque nuove regioni autonome e venticinque regioni amministrative. Subito si fece sentire la risposta dei movimenti nazionalistici, in primo luogo quello eritreo. Nel dicembre del 1987 gli Eritrei, dopo una cruenta battaglia, conquistarono Af Abed. Anche il Fronte di liberazione del popolo del Tigrè conquistò importanti città come Wukro. Tigrini ed Eritrei firmarono accordi di cooperazione ed elaborarono una strategia congiunta. Nel 1989 il comando della XII divisione tentò un colpo di Stato; Menghistu rientrò rapidamente dalla Germania dell'Est e sventò il tentativo. Alla fine degli anni Ottanta, le spese militari occupavano il 60% del bilancio etiope e la produzione agricola andava diminuendo. Nel 1989, con la mediazione dell'ex presidente statunitense Jimmy Carter, vi fu un incontro ad Atlanta tra una delegazione del Governo etiope e una dell'FPLE (Fronte popolare di liberazione dell'eritrea). Quest'ultimo propose un plebiscito sul futuro dell'Eritrea, ma Menghistu rifiutò. L'Etiopia si avvicinò a Israele, con il quale aveva rotto le relazioni dopo la guerra arabo-israeliana del 1973. Menghistu era interessato all'aiuto militare di Tel Aviv e all'emigrazione di diciassettemila Ebrei etiopi. La situazione di milioni di abitanti in Eritrea e nel Tigrè si aggravò quando la siccità ridusse il raccolto dell'80%. Nel 1990 nel quadro dei cambiamenti politici nei Paesi dell'ex blocco socialista, il partito etiope decise di cambiare il nome in Partito democratico dell'unità etiope (PDUE) e ne modificò anche la struttura interna. Senza abbandonare il partito unico, si eliminò la definizione marxista-leninista. Il Governo decise allora di impiantare un'economia mista, formata da enti statali, cooperative e imprese private. Nel maggio del 1991 Menghistu fuggì dal Paese, incalzato dai trionfi della guerriglia nel Nord. Il potere restò nelle mani del vicepresidente Tesfaye Gabre Kidane, considerato un moderato, che istituì un Governo di transizione negoziando il cessate il fuoco con i ribelli eritrei. Kidane si dimise quando gli Statunitensi consigliarono alle forze del Fronte democratico del popolo etiopico (EPRDF) di assumere il controllo di Addis Abeba. Meles Zenawi, giovane leader dell'EPRDF, assunse l'incarico di presidente ad interim fino alla realizzazione di una conferenza multipartitica e promise la fine della guerra e della fame nel Paese, impegnandosi a indire nuove elezioni entro un anno. Il presidente provvisorio etiope assicurò che avrebbe rispettato la volontà del popolo eritreo che poco dopo, in un referendum, si pronunciò per l'indipendenza. Il Governo di transizione si impegnò a promuovere l'economia di mercato, stimolare la produzione agricola e ridurre la povertà, nel quadro di un piano quinquennale coordinato con l'ONU e con la Banca Mondiale. Nel 1994 gli aiuti subirono un rallentamento, in quanto gli organismi internazionali considerarono insufficiente il ritmo delle privatizzazioni promosse dal Governo etiope. La carestia tornò a farsi critica durante la stagione calda, specialmente nel Sud del Paese. Il Consiglio dei Rappresentanti approvò intanto il progetto di Costituzione che creava la Repubblica democratica federale d'Etiopia. Questo progetto si basava sul principio del «federalismo etnico». Nel giugno del 1995 si tennero le elezioni parlamentari, boicottate dalla maggior parte dei partiti d'opposizione. La nuova Repubblica federale fu proclamata ufficialmente in agosto. La presidenza venne assunta da Negasso Gidada, un oromo cristiano della regione di Welega, nell'Ovest dell'Etiopia. Il Governo guidato da Zenawi (ora primo ministro) proseguì le privatizzazioni delle industrie statali, ma il deficit annuale di cereali raggiunse il milione di tonnellate. Nel 1996 era fallito intanto un tentativo di uccidere Menghistu. L'accesso ai prodotti di prima necessità si fece sempre più difficile per i settori più poveri della società, in seguito all'aumento dei prezzi decretato dal Governo tra agosto e dicembre del 1997. Le piogge in quell'anno furono ancora scarse a causa di fenomeni climatici connessi alla corrente «El Niño». L'apposita Commissione etiope per la prevenzione delle catastrofi sollecitò l'aiuto degli organismi internazionali per evitare una nuova carestia. Nel Tigré, nel 1998, le tensioni con l'Eritrea per il controllo di una porzione di territorio conteso sfociarono in un aspro scontro militare che provocò centinaia di vittime e di profughi. La siccità nel 2000 causò una grave carestia nell'Ogaden, dove non pioveva dal 1997; nel Sud dell'Etiopia gli incendi distrussero circa settantamila ettari di foresta. La UE e l'ONU organizzarono l'invio di soccorsi per la popolazione. Il Governo eritreo, nonostante lo stato di grave tensione con l'Etiopia, accettò di aprire un corridoio umanitario per il trasporto degli aiuti internazionali. In maggio riesplose la guerra con l'Eritrea dopo il fallimento, pochi giorni prima, dei colloqui di pace ad Algeri nell'ambito dell'OUA. La tregua concordata nel 1999 era stata violata dalle truppe etiopiche, che avevano conquistato importanti postazioni eritree oltre il confine settentrionale. Nello stesso mese alle elezioni del Parlamento federale e delle Assemblee locali si affermò, come previsto, il Fronte democratico rivoluzionario del popolo (FPDRPE). L'esercito etiope inferse negli stessi giorni il colpo decisivo dell'offensiva contro l'Eritrea. Le vittime furono migliaia, centinaia di migliaia i profughi. Grazie anche alla mediazione della UE, il Governo etiope accettò di riprendere i colloqui di pace ad Algeri, dove a giugno 2000 venne firmato il cessate il fuoco e a dicembre un accordo di pace. L'accordo prevedeva il ritiro dei due eserciti sulle linee precedenti l'inizio del conflitto; una forza di pace dell'ONU, stanziata in una zona di 25 km posta in l'Eritrea, ricevette l'incarico di controllare le operazioni con cui sarebbero stati fissati i nuovi confini. Alla metà di aprile 2001 l'università di Addis Abeba fu teatro di violenti scontri tra gli studenti, che protestavano contro alcuni decisioni antidemocratiche del Governo (scioglimento del Consiglio studentesco, divieto di pubblicazione del giornale degli studenti), e forze dell'ordine, che attuarono una repressione violentissima (almeno 38 furono i morti). Dopo la manifestazione, migliaia di studenti vennero arrestati e alcuni scomparvero. La repressione si estese anche a uomini di spicco dell'opposizione che furono incarcerati. A maggio il capo dei servizi segreti e della sicurezza, Kinfe Gebre-Medhin, importante alleato del primo ministro Zenawi, venne assassinato ad Addis Abeba. Per far fronte alla grave crisi alimentare che colpì l'Etiopia tra il 2002 e il 2003, la Banca Mondiale, alcuni paesi donatori (Canada e Unione Europea) e la Banca per lo sviluppo Africano approntarono, nel 2004, un piano triennale di aiuti umanitari pari a un miliardo di dollari. Intanto, Eritrea ed Etiopia continuarono entrambe a rivendicare le proprie ragioni territoriali nella disputa infinita relativa ai confini, apparentemente conclusa nell'aprile del 2002 da una decisione del Tribunale dell'Aja. L'Aja, infatti, aveva demarcato la frontiera di 1.000 chilometri affidandone la gestione alla EEBC (Ethiopian-Eritrean Border Commission), ma i Governi dei due Paesi non ne furono soddisfatti, poiché, a loro modo di vedere, chi avrebbe ottenuto la sovranità definitiva sulla contesa città di Badme (dove scoppiarono i primi scontri nel 1998), sarebbe stato riconosciuto come il vero vincitore della passata guerra. Nell'ottobre 2003 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU emise una risoluzione che assegnava Badme all'Eritrea e l'Etiopia non riconobbe la validità della decisione. Negli stessi anni oltre 4.000 peacekeeper dell'ONU furono dislocati nella regione, mentre decine di migliaia di mine antiuomo restavano disseminate su entrambi i lati della linea di frontiera. Nel maggio 2004 l'esercito di Addis Abeba svolse operazioni militari nella regione di Gambella, nella quale da quattro anni vi erano scontri fra gli anuak, originari della zona, e tribù provenienti da altre parti del Paese. Ancora le tensioni con l'Eritrea spinsero il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, nel marzo 2005, a prorogare i termini della missione-cuscinetto fra i due Stati africani. Sul piano politico interno, le elezioni che si svolsero nel maggio del 2005 segnarono una svolta in Etiopia: il partito del primo ministro Zenawi (EPRDF), pur vincitore su scala nazionale, perse quasi tutti i seggi nell'area di Addis Abeba, attribuiti in gran parte alla progressista Coalizione per l'unità e la democrazia (CUD). Nella capitale si creò così una situazione molto tesa, con grandi manifestazioni studentesche antigovernative, represse dall'esercito, e con la Commssione elettorale che si vide costretta a rinviare la pubblicazione dei risultati.

LE CITTÀ

Addis Abeba

(2.723.000 ab.). Capitale dell'Etiopia, situata nel centro del territorio dello Stato, a 2.500 m d'altezza, nella regione dello Scioa, venne fondata nel 1889 dall'imperatore Menelik che la rese capitale dell'Impero. Fu capitale dell'Africa orientale italiana dal 1936 al 1941, sotto il regime fascista di Benito Mussolini. Oggi è il principale centro politico, economico e culturale dell'Etiopia, nonché città in pieno sviluppo urbanistico e demografico, sviluppo favorito dalla posizione molto elevata e quindi dal clima assai salubre. Addis Abeba si presenta ancora come una tipica cittadina africana, con una vasta distesa di casette a pianta rotonda (i famosi tucul) immerse nel verde e interrotte solo sporadicamente da imponenti edifici in stile europeo e ampie arterie di traffico. In dialetto amharico Addis Abeba significa «Nuovo Fiore».

Gondar

(156.000 ab.). Città dell'Etiopia, situata in una regione montuosa (il Beghemeder) non lontana dal Lago Tana. Nel 1650 divenne capitale dell'Abissinia sotto il dominio del negus Fasiladas. Conserva stupendi monumenti tipici di quell'epoca. Presso Gondar si trova il Castello di Cusquam, un tempo sede della regina Mentaub. È un centro molto importante, dal punto di vista archeologico, per la storia del Paese.

PICCOLO LESSICO

Acrocoro

Dal greco akros: alto, e chóros: regione. Si tratta di una forma particolare di altopiano dai versanti scoscesi, sul quale possono elevarsi catene aspre e accidentate. In questo caso si parla di acrocoro a corrugamento. L'Acrocoro etiopico non presenta corrugamenti e raggiunge un'altezza media di 2.000 metri.

Konso

Tribù etiope (circa 60.000 individui) che vive nel territorio compreso tra la città di Arba Minch e il Lago Turkana. I Konso possiedono un elevato senso della comunità e si distribuiscono rigorosamente i compiti. Hanno persino creato un'associazione, detta Harriya, che provvede ai lavori più pesanti, in generale riguardanti l'agricoltura. Si dividono in clan familiari, ripartiti in villaggi circondati da mura di basalto. Si dedicano all'agricoltura (piantagioni di cotone e tabacco) secondo tecniche particolari di irrigazione e terrazzamento.

Negus

Voce etiopica che significa «re», titolo dei sovrani d'Etiopia. Il titolo protocollare degli imperatori d'Etiopia è invece negus negesti che vuol dire «re dei re».

Ras

In Etiopia era il titolo del più alto dignitario dopo il negus; nel linguaggio comune il termine è passato ad indicare una piccola autorità locale che spesso assume atteggiamenti dispotici.

PERSONAGGI CELEBRI

Hailè Selassiè

Negus d'Etiopia (Harar 1891 - Addis Abeba 1975). Figlio di ras Maconnen, governatore dell'Harar, e cugino di Menelik, gli fu imposto il nome di Hailè Selassiè, in ge'ez «potenza della Trinità». Tuttavia, prima di salire al trono venne familiarmente denominato Tefarì, ovvero «che è temuto». Divenuto dal 1910 governatore dell'Harar, nel 1915 fu privato dell'incarico dal nuovo sovrano Iasu Ligg, contro il quale Hailè Selassiè, insieme al Partito dei capi scioani, promosse la rivoluzione del settembre 1916. Dal 1917 assunse la reggenza a nome della zia, l'imperatrice Zauditù, nel 1928 giunse a ottenere il titolo di negus (re) e nel 1930, alla morte di Zauditù (2 agosto 1930), fu proclamato negus neghesti (imperatore). Varata una Costituzione che rafforzava il potere centrale, Hailè Selassiè introdusse un Codice Penale, riorganizzò l'esercito e l'amministrazione rifacendosi a modelli europei, tentando inoltre di difendersi dalle ingerenze economiche e dalle ambizioni espansionistiche dell'Italia fascista. Costretto all'esilio (1936) dalla conquista italiana di Addis Abeba, Hailè Selassiè fuggì con la famiglia e riparò in Inghilterra. Nel 1941, con il sostegno degli Inglesi, tornò al potere. Al termine della seconda guerra mondiale l'ammissione dell'Etiopia all'ONU (1945) e l'assegnazione dell'Eritrea (pur in forma federata) alla Corona etiope (1950) costituirono importanti successi per l'imperatore. Negli anni successivi Hailè Selassiè proseguì la prudente politica di modernizzazione del Paese; tuttavia il persistere di strutture semifeudali e di un regime autoritario determinarono una progressiva erosione della sua base di consenso, che sfociò nel tentativo di colpo di Stato del 1960. In politica estera Hailè Selassiè strinse rapporti privilegiati con gli USA, da cui ottenne il sostegno per la guerriglia sviluppatasi in Eritrea dopo il 1960. La rivoluzione del settembre 1974, guidata da militari di sinistra, ebbe come conseguenza la deposizione e l'arresto dell'imperatore accusato di malgoverno e corruzione. Morì nell'agosto 1975, prima del processo.

Hailè Mariam Menghistu

Uomo politico etiopico (n. Soddu 1938). Maggiore dell'esercito e poi membro del Comitato di coordinamento delle Forze armate, fu uno dei protagonisti del colpo di Stato che nel 1974 rovesciò l'imperatore Hailè Selassiè. Divenuto capo del comitato esecutivo del DERG (Consiglio militare amministrativo provvisorio), dal 1974 al 1977 ne fu vicepresidente. Nel 1977, dopo una lunga e cruenta lotta interna, Menghistu riunì nella sua persona la carica di capo di Stato e di presidente del Comitato militare amministrativo provvisorio (CMAP). Da quel momento in poi, Menghistu divenne il capo indiscusso del Paese, togliendo ogni spazio agli oppositori. Tratti salienti della sua politica furono l'acceso nazionalismo, che alimentò la lotta contro le minoranze etniche, e l'adesione al Marxismo-Leninismo. La fondazione, nel 1984, del WPE (Partito dei lavoratori d'Etiopia), di cui fu presidente, permise a Menghistu di creare una struttura monopartitica di ispirazione sovietica che servì da transizione dal regime militare a quello civile. Nel corso dello stesso anno e durante il 1985, Menghistu si trovò ad affrontare una drammatica carestia che causò la morte di migliaia di persone e che mise a dura prova il suo Governo, già provato dall'annoso problema dei ribelli del Fronte popolare della liberazione dell'Eritrea (FPLE) e di quello per il Tigré. Nel 1987, dopo l'approvazione di una Costituzione, fu eletta un'Assemblea Nazionale che sciolse il CMAP e proclamò la Repubblica democratica popolare d'Etiopia, di cui Menghistu fu eletto presidente. Menghistu promosse un'importante riforma agraria, condotta sul modello collettivistico sovietico e, sul piano internazionale, strinse trattati di cooperazione con l'Unione Sovietica. Il malcontento per le sorti della lotta contro gli indipendentisti fu alla base del tentativo di colpo di Stato del 1989, attuato durante una visita di Menghistu nell'allora Germania Orientale, rapidamente sedato. Nel 1990 Menghistu, sollecitato dai rapidi rivolgimenti politici nell'Europa comunista, intraprese una campagna di riforme tese al superamento dell'ideologia marxista-leninista. La situazione interna lo vide, tuttavia, in grave difficoltà a causa dell'incalzare della guerriglia, ormai padrona delle province dell'Eritrea e del Tigré. Cadute nelle mani dei due fronti popolari anche Asmara e Addis Abeba, nel 1991 Menghistu fu costretto alla fuga; si rifugiò nello Zimbabwe.

ALTRI CENTRI

Axum (o Aksum)

(27.150 ab.). Centro dell'Etiopia settentrionale, situato nel Tigré, a 2.130 m s/m., sull'orlo estremo di una vasta pianura. Da essa prese il nome il più antico Regno nazionale abissino, che fiorì nei primi secoli dell'era volgare sino al VII sec., quando decadde a causa del prevalere dell'Islamismo; fu distrutta dai musulmani e da un incendio verso la metà del XVI sec. Anche quando Axum cessò di essere la capitale politica dello Stato abissino, ne rimase la città santa, dove i re venivano consacrati: l'incoronazione avvenne nella cattedrale dedicata a Maria di Sion.

Harar

(62.000 ab.). Città dell'Etiopia situata 370 km a Est di Addis Abeba, a 1.856 m sul versante nord-orientale del Gebel Mullata. Fondata da genti arabe provenienti dallo Yemen intorno al VII sec., divenne emirato musulmano di Adal. Da Harar, Ahmad ibn Ibrahim mosse alla conquista dell'Etiopia. Decaduta a causa dell'invasione galla, Harar fu occupata dagli Egiziani nel 1875. Recuperata per breve tempo l'indipendenza, passò a far parte dell'Impero etiopico, a seguito della conquista da parte delle truppe di Menelik (1887).

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