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Geografia Asia Territorio Economia Storia del Pakistan

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Geografia Asia - Indice

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GEOGRAFIA - ASIA - PAKISTAN

PRESENTAZIONE

Il Pakistan, posto nell'Asia meridionale, confina a Nord e a Ovest con l'Afghanistan, a Nord-Est con la Cina, a Est e a Sud-Est con l'India, a Sud-Ovest con l'Iran e a Sud è bagnato dal Mare Arabico. Occupa una superficie di 796.096 kmq, ha una popolazione di 148.723.000 abitanti con una densità di 187 abitanti per kmq. La lingua ufficiale è l'urdu, ma è parlato anche l'inglese. Il 95% della popolazione professa l'Islamismo; esistono minoranze di induisti (1,8%) e cristiani (2%). Il Pakistan è una Repubblica presidenziale. Prima del colpo di Stato del 12 ottobre 1999, era in vigore la Costituzione del 1973, che affidava la funzione legislativa a un Parlamento bicamerale e il potere esecutivo al primo ministro. Dal 2002 l'Assemblea è costituita da 342 membri e il Senato da 100 membri. Amministrativamente il Pakistan è diviso in 6 province, comprese le aree tribali. L'unità monetaria è la rupia pakistana. La capitale è Islamabad (529.180 ab.).

IL TERRITORIO

Il Pakistan comprende diverse regioni naturali ben distinte. A Nord e Nord-Est si elevano le catene del Karakorum, dell'Hindukush e dell'Himalaya. In questa regione nasce l'Indo, il maggior fiume del Paese che scorre da Nord a Sud per 3.180 km e sfocia con ampio delta nel Mar Arabico. A Ovest dell'Indo, si stende la regione del Belucistan, costituita da rilievi interrotti da aride depressioni. Vi è poi una vasta fascia pianeggiante formata dalla valle dell'Indo e dei suoi affluenti (Jhelum, Bias, Ravi, Sutlej). L'estrema zona di Sud-Est include una parte del deserto del Thar. Le coste sono basse e sabbiose, più movimentate nella sezione occidentale. Il clima è piuttosto arido; la regione dell'Indo viene colpita solo marginalmente dai monsoni estivi, mentre la zona montuosa settentrionale ha un clima rigido.

Trapani Cartina del Pakistan

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L'ECONOMIA

Paese prevalentemente agricolo; il Pakistan riesce a garantire solo la propria autosufficienza. L'estensione dei territori coltivabili è resa possibile dalle opere di irrigazione (dighe e pozzi) che utilizzano le acque dell'Himalaya e dell'Indo. Le terre sono coltivate a cereali (grano, riso e mais), cotone, canna da zucchero, arachidi, tabacco. Notevoli le risorse zootecniche (ovini, caprini e bufali), anche se l'allevamento è prevalentemente transumante. Il Paese possiede giacimenti di lignite, petrolio e gas naturale che potrebbero permettere un maggior sviluppo dell'attività industriale. Tradizionale è l'industria tessile, in particolare quella per la tessitura del cotone e della lana; sono inoltre presenti cementifici, impianti chimici e meccanici. La rete stradale si estende per 264.232 km, di cui 162.532 asfaltati. Gli aeroporti principali si trovano a Karachi, Lahore, Rawalpindi e Peshawar.

CENNI STORICI

Il Pakistan, «terra dei puri», fonda la sua ragione d'essere sulla profonda frattura esistente in tutti i campi tra indù e musulmani indiani, inaspritasi dopo la fine dell'Impero Moghul (1857). L'Islam fu quindi l'elemento unificante di una popolazione etnicamente e linguisticamente varia. Il primo ad esprimere nella sua forma più elementare il concetto di Pakistan fu il poeta e filosofo punjabi Mohamed Iqbal (1873 o 77-1938) che, nel 1913, propose la formazione di uno Stato per i musulmani che vivevano in India. I primi musulmani ad approdare nel subcontinente indiano furono mercanti provenienti dall'Arabia e dalla Persia, mentre la prima conquista musulmana fu quella della provincia di Sind, ad opera di Mohamed ibn Qasim nel 711. Nel corso del XIII sec. vennero gettate le basi del Regno musulmano dell'India, con Delhi come capitale. Dopo la conquista, la regione (compreso l'attuale territorio del Pakistan) venne governata da diverse dinastie musulmane, l'ultima delle quali fu quella dei Moghul. La questione dell'identità islamica acquistò notevole importanza nel momento dell'ascesa al potere della borghesia indù durante l'epoca della colonizzazione inglese. Nell'ottobre del 1906 una delegazione di leader musulmani si incontrò con il viceré (principale rappresentante del Governo imperiale britannico in India) per chiedere l'istituzione di collegi elettorali separati per i musulmani. Nel medesimo anno, a Dacca (Bangladesh) venne fondata la Lega musulmana indiana (Ali India Muslim League), che si proponeva di difendere i diritti politici e gli interessi dei cittadini indiani di religione islamica. Nel 1909 gli Inglesi concessero la separazione del sistema elettorale mediante la legge per il governo dell'India, che riconosceva ufficialmente la Lega musulmana quale organizzazione rappresentativa degli indiani di quella religione. Durante gli anni Trenta fra i musulmani si rafforzò la coscienza della propria specifica identità, insieme al desiderio di poterla salvaguardare in un ambito territoriale separato. Guidata da Mohamed Ali Jinnah, la Lega musulmana proseguì la sua campagna per la creazione di un territorio a sé stante all'interno dell'India britannica e, dopo le elezioni politiche dell'aprile del 1946, convocò una riunione dei parlamentari musulmani appena eletti a Delhi, i quali, sollecitati soprattutto da Hussain Shaheed Suhrawardi, l'allora ministro per il Bengala, tornarono a chiedere la creazione di uno Stato indipendente. I rapporti tra la maggioranza indù (Unione indiana) e i musulmani furono seriamente compromessi dai disordini scoppiati fra le due comunità e dalle proteste verificatesi in diverse regioni dell'India. Questa situazione convinse i leader del Congresso nazionale indiano (che rappresentava soprattutto i nazionalisti) ad accettare la nascita del Pakistan quale soluzione del problema. Il 3 giugno del 1947 fu annunciato un piano per la separazione e il 14 agosto nacque il nuovo Stato costituito da una regione occidentale (Punjab, Sind, Baluchistan, North West Frontier) e da una orientale (Bengala orientale), divise fra loro da migliaia di chilometri. Retto da gruppi conservatori (messa al bando del Partito comunista, 1949), dopo la morte di Mohamed Ali Jinnah (1948), creatore del Pakistan e suo primo governatore generale, il Paese fu caratterizzato da instabilità politica e nel 1958 cadde nelle mani dei militari. La Costituzione emanata nel 1956 fu abrogata e, dopo aver promulgato la legge marziale, il generale Ayub Khan divenne presidente del Pakistan. Nel 1962 entrò in vigore una nuova Costituzione che concedeva al presidente pieni poteri di governo e sanciva la trasformazione del Pakistan in Repubblica islamica; la legge marziale fu revocata. Il regime di Ayub Khan durò fino al marzo 1969, quando i continui malcontenti e disordini portarono di nuovo alla proclamazione della legge marziale e alla presidenza di un altro generale, Yahia Khan. Questi indisse per la prima volta le elezioni politiche generali (dicembre 1970), da cui uscirono vincitori la Lega Awami (con a capo Mujibur Rahman) nel Pakistan orientale e il Partito popolare del Pakistan (PPP, guidato da Ali Zulfikar Bhutto) in quello occidentale. Tuttavia, alle elezioni parlamentari la maggioranza assoluta nell'intero Pakistan andò alla Lega Awami, a cui spettò il governo federale. La prima sessione del nuovo Parlamento venne però rimandata e, nel marzo del 1971, la popolazione bengalese del Pakistan orientale, guidata dalla Lega Awami (promotrice dell'autonomia bengali), rispose dando vita a un movimento separatista per la liberazione del Bangladesh. Il partito venne messo al bando e il suo leader, lo sceicco Mujibur Rahman, fu incarcerato. Ebbe così inizio una guerra civile (1971-72) che portò alla costituzione del Bangladesh come Stato indipendente. Naturalmente ci fu un cambiamento generale anche nel Governo del Pakistan, dove, dopo le dimissioni da premier del generale Yahia Khan, il leader del PPP Zulfikar Ali Bhutto, già ministro degli Esteri, diventò presidente (1972). Bhutto realizzò una politica populista promuovendo la nazionalizzazione delle industrie e introducendo una riforma agraria di tipo radicale; perseguì inoltre una politica estera di non allineamento e varò una nuova Costituzione (1973) che ampliava i poteri del primo ministro. Ciò provocò la reazione della Lega Awami, che sfociò nel 1975 in disordini e in assassinii di uomini politici. Alle elezioni politiche del 1977 il PPP ottenne ancora una volta la vittoria, ma l'opposizione accusò il partito di Governo di brogli elettorali. Approfittando della confusione generata dalle agitazioni, il generale Zia ul-Haq rovesciò il Governo di Bhutto e proclamò la legge marziale. Bhutto, incarcerato e sottoposto a processo, fu ritenuto colpevole di complicità nell'assassinio di un leader politico dell'opposizione e nel 1979 venne giustiziato. Assunta la carica di presidente della Repubblica (settembre 1978), Zia ul-Haq instaurò un regime ancor più autoritario del precedente e mise in vigore, in tutte le sfere della vita politica e sociale, la legislazione musulmana più ortodossa; molti esponenti dell'opposizione furono perseguitati e imprigionati. Dopo le elezioni del febbraio 1985, svoltesi senza la partecipazione dei partiti politici e con la legge marziale in vigore, venne formato un Governo che appoggiava il generale Zia, il quale però trovò la morte in un presunto incidente aereo nell'agosto del 1988. Le elezioni politiche del novembre 1988 segnarono il successo elettorale del PPP e portarono alla formazione di un nuovo Governo guidato dalla figlia dell'ex presidente, Benazir Bhutto, sancendo così il ritorno alla democrazia dopo 11 anni di dittatura militare. La Bhutto, prima donna a governare un Paese a netta predominanza islamica, provvide subito a liberare tutte le donne incarcerate nelle prigioni pakistane, ad eccezione di quelle accusate di omicidio; molte di loro erano state processate sulla base delle «leggi nere», di matrice discriminatoria, approvate durante il regime di Zia. L'insieme di leggi lasciate in eredità da Zia, approvate sotto forma di emendamenti costituzionali, per poter essere modificate richiedevano la maggioranza dei due terzi dei voti, condizione impossibile da raggiungere nella pratica. In Pakistan l'esercito fu sempre un'istituzione molto influente; nel 1954 il Paese entrò a far parte della SEATO (sigla inglese dell'Organizzazione del trattato dell'Asia sudorientale) e, nel 1955, della CENTO (sigla inglese dell'Organizzazione del trattato centrale), due importanti alleanze militari capeggiate dagli Stati Uniti. Ritiratosi in seguito da entrambe le organizzazioni, il Pakistan mantenne comunque saldi legami con gli Stati Uniti. I rapporti con l'India, invece, furono sempre piuttosto tesi a causa delle contese di natura territoriale riguardanti la regione del Kashmir, per il cui possesso i due Paesi si scontrarono nel 1948, nel 1965 e nel 1971. Alla fine dell'ultimo scontro i due Stati si accordarono per stabilire una zona cuscinetto lungo entrambe le linee di confine del Kashmir, causando, di fatto, una netta divisione territoriale e la separazione della popolazione locale. La nuova situazione portò i gruppi nazionalisti del Kashmir a rivendicare la trasformazione della regione in Stato indipendente. Per quanto riguarda l'Afghanistan, il Pakistan contestò energicamente l'intervento sovietico iniziato nel dicembre del 1979. A metà del 1990 i tre milioni di rifugiati afghani in Pakistan decisero di dare il proprio sostegno alla lotta dei guerriglieri mujaheddin (gruppo di resistenza afghana con base nel territorio pakistano) contro il regime filosovietico di Kabul. Durante gli anni della permanenza delle truppe sovietiche in Afghanistan gli Stati Uniti si servirono del territorio pakistano per rifornire di armi i gruppi ribelli, circostanza che finì col trasformare il Pakistan in un alleato della strategia politica statunitense nella regione e che si tradusse in aiuti finanziari da parte di Washington. Il 6 agosto del 1990 il presidente pakistano Ghulam Ishaq Khan destituì il primo ministro Benazir Bhutto con l'accusa di nepotismo e corruzione e procedette allo scioglimento dell'Assemblea nazionale, assegnando al leader dell'opposizione Ghulam Mustafa Jatoi il compito di guidare un Governo ad interim. Il 24 ottobre le consultazioni elettorali portarono all'elezione di Nawaz Sharif alla carica di primo ministro grazie all'appoggio della Lega musulmana (il maggiore partito di opposizione al Governo della Bhutto). Il Partito popolare pakistano (PPP) guidato da Benazir Bhutto, che aveva presentato ugualmente la propria candidatura, denunciò brogli elettorali e diede inizio a una massiccia campagna contro il nuovo Governo. Allo scoppio della guerra del Golfo (gennaio-febbraio 1991), avvenuto in seguito all'invasione irachena del Kuwait (agosto 1990), il Pakistan si schierò con gli Stati Uniti inviando le proprie truppe in Arabia Saudita; decise però di limitarsi, date le simpatie filo-irachene della popolazione pakistana, alla difesa dei luoghi santi dell'Islam, evitando di prendere parte ai combattimenti e di penetrare in territorio iracheno. Poco dopo l'assunzione dell'incarico, Sharif diede avvio a un vasto processo di privatizzazioni delle aziende pubbliche che causò grandi proteste da parte dei quasi trecentomila lavoratori del settore. Convinto che gli anni del Governo di Benazir Bhutto avessero portato a una regressione sul piano religioso, Sharif intraprese un contestato processo di islamizzazione del Paese, reintroducendo la sharia (legge islamica). Nel novembre 1991 l'opposizione accusò Nawaz Sharif di uso indebito del denaro pubblico; Sharif in effetti si rivelò responsabile del fallimento di alcune istituzioni cooperative di credito e soltanto la fiducia incondizionata espressagli dal presidente Ishaq Khan impedì la sua caduta, riuscendo a ricondurre la questione in ambito giudiziario. Lo scandalo generò un'ondata di manifestazioni di protesta capeggiate dal PPP, represse duramente dal Governo. Sul piano internazionale, la ritirata delle forze sovietiche dall'Afghanistan (1989) mise il Pakistan in una situazione difficile; di fatto per gli Stati Uniti il Paese cessò di svolgere l'importante ruolo strategico assunto durante gli anni dell'intervento militare sovietico e, inoltre, il processo di islamizzazione avviato da Sharif, fu visto con diffidenza da Washington. Nel febbraio del 1992, l'inasprirsi dell'annosa contesa fra India e Pakistan per la regione del Kashmir portò i due Paesi sull'orlo di un nuovo scontro armato. Il Fronte di Liberazione di Jammu e del Kashmir, un gruppo musulmano che rivendicava la creazione di una Nazione indipendente, organizzò una marcia di protesta invitando le migliaia di persone che vivevano lungo la linea di confine ad attraversarla. La repressione dell'esercito, ordinata dal Governo pakistano per bloccare la marcia dei separatisti, causò la morte di cinque persone e il ferimento di almeno cinquanta manifestanti. Il resoconto, da parte del Governo pakistano, dell'avanzato stato di realizzazione del programma sugli armamenti nucleari, rappresentò l'inizio di una serie di pressioni da parte degli Stati Uniti, culminate con la cessazione virtuale di qualsiasi aiuto economico e la sospensione della vendita delle armi al Paese. In risposta ai provvedimenti decisi da Washington, il Governo pakistano accettò di avvalersi del sostegno economico e tecnologico della Cina, per portare avanti il progetto di ricerca nucleare. Nel novembre del 1992 Benazir Bhutto guidò una marcia delle forze dell'opposizione chiedendo le dimissioni di Sharif, che reagì facendo arrestare 1.600 persone, fra cui anche la Bhutto, imprigionata per trenta giorni in un carcere di Karachi. Accusato di cattiva amministrazione e nepotismo dal presidente Ishaq Khan, che lo costrinse alle dimissioni nell'aprile del 1993, Sharif presentò appello alla Corte di Giustizia e il mese seguente riuscì ad essere reintegrato nell'incarico. Il provvedimento di scioglimento dell'Assemblea venne revocato, così come furono annullate le elezioni precedentemente indette dal presidente. Il ritorno al potere di Sharif acuì i contrasti esistenti fra quest'ultimo e il presidente Ishaq Khan; a luglio entrambi si videro costretti a rassegnare le dimissioni. Il presidente supplente, Moin Kureishi, ex funzionario della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (FMI), incaricato di gestire la transizione, adottò dei provvedimenti inediti per il Pakistan: applicò nuove tasse sui latifondi e, per combattere la corruzione, provvide alla sospensione del sistema attraverso il quale i membri del Parlamento ricevevano finanziamenti da investire nelle giurisdizioni di appartenenza. Le elezioni del 6 novembre 1993 riportarono Benazir Bhutto al potere. Il PPP conquistò 86 seggi sui 217 totali dell'Assemblea, contro i 72 attribuiti al principale partito della maggioranza uscente, la Lega musulmana di Sharif; alleandosi con alcuni indipendenti e piccoli partiti, Benazir Bhutto ottenne una maggioranza parlamentare di 121 voti, riuscendo a farsi eleggere primo ministro. A novembre, l'elezione di Faruk Ahmed Leghari (anch'egli esponente del PPP) alla carica di presidente rafforzò ulteriormente la posizione di Benazir Bhutto. Il primo ministro cercò di dare nuovi stimoli all'economia del Paese, cercando di evitare il confronto con i gruppi religiosi più conservatori. Gli sforzi della Bhutto per la democratizzazione del Paese e per l'uguaglianza dei diritti civili si arenarono a causa dei numerosi episodi di violenza sia politica che etnica (specialmente fra sindi e muhajir, i musulmani immigrati dall'India) scoppiati tra il 1994 e il 1995, in cui morirono più di 3.500 persone. Il centro degli scontri fu Karachi, insieme alle regioni separatiste del Nord. Alla fine del 1995 vi fu un fallito colpo di stato ad opera di un gruppo di ufficiali fondamentalisti, nel giugno del 1996 vennero arrestate centinaia di persone che protestavano contro la mancata ammissione dei candidati indipendentisti alle elezioni amministrative ad Azad Jammu e nel Kashmir. Uno dei principali avversari politici della Bhutto, suo fratello Murtaza, leader di un gruppo di guerriglieri che chiedeva le dimissioni del primo ministro, fu ucciso dalla polizia a Karachi il 20 settembre 1996, con sette delle sue guardie del corpo. I due fratelli Bhutto erano rivali in politica fin da quando, nel 1977, il padre era stato destituito. Nel novembre 1996 la Bhutto, accusata di corruzione, fu costretta a dimettersi. Un Governo provvisorio presieduto da Miraj Khalid amministrò il Paese fino alle elezioni del 3 febbraio 1997; il PPP ne uscì pesantemente sconfitto, avendo ottenuto soltanto 19 seggi sui 217 disponibili, a fronte dei 135 conquistati dalla Lega musulmana del Pakistan dell'ex primo ministro Nawaz Sharif, che formò il nuovo Governo. Nella regione del Kashmir proseguirono gli scontri armati fra India a Pakistan; le trattative in corso fra Nuova Delhi e Islamabad entrarono in una fase di stallo: se da un lato l'India continuava a sostenere la sovranità su quella regione, dall'altro il Governo di Sharif insisteva nel reclamare un referendum per l'autodeterminazione. La tensione fra i due Paesi si acutizzò nel maggio del 1998, quando, a seguito di alcuni esperimenti nucleari indiani nel Rajasthan, il Pakistan rispose immediatamente con altri esperimenti atomici nel deserto del Beluchistan. Nell'ottobre 1998 nella provincia del Sind gli scontri etnici tra fazioni rivali e tra sciiti e sunniti provocarono centinaia di morti. Il 12 ottobre 1999 un colpo di stato militare portò al potere il generale Pervez Musharraf che, dopo aver rimosso il primo ministro Nawaz Sharif, decretò lo stato di emergenza e sospese la Costituzione, sciogliendo il Parlamento e i Governi locali, dove nominò nuovi governatori. Annunciò inoltre l'istituzione di un Consiglio nazionale di sicurezza, un Esecutivo formato da quattro militari e quattro civili. Il 12 maggio 2000 la Corte suprema dichiarò legale il golpe, decretando tuttavia un termine di tre anni per la durata del regime militare, scaduto il quale nel Paese avrebbero dovuto tenersi elezioni. Nel maggio 2001 il generale Musharraf incontrò il premier cinese Zhu Rongji al quale ribadì la sua contrarietà (condivisa da Pechino) al progetto di difesa missilistica voluto dal nuovo presidente americano George W. Bush e col quale sottoscrisse una serie di accordi nell'ambito della cooperazione economica, riguardanti progetti di telecomunicazioni, minerari e un contratto da 319 milioni di dollari a una società cinese per la realizzazione di un oleodotto. Il 21 giugno 2001, confermando le tendenze autoritarie e poco inclini a favorire il ritorno alla democrazia, il generale Musharraf con un decreto destituì il presidente-fantoccio Rafiq Tarar, che lui stesso aveva nominato dopo la sua presa del potere, autoproclamandosi capo dello Stato. Il decreto dichiarò anche formalmente sciolto il Parlamento, che al momento del golpe era stato solo sospeso. In questo modo Musharraf accumulò tutte le maggiori cariche dello Stato: oltre a quelle di comandante in capo delle Forze armate e di primo ministro, anche quella di presidente della Repubblica. A luglio Musharraf si incontrò col suo omologo indiano Vajpayee. Il vertice, accompagnato da un'ondata di violenze, si concluse con un nulla di fatto poiché i due Paesi non riuscirono a raggiungere un accordo comune sul modo in cui affrontare la questione del Kashmir. Dopo gli attentati dell'11 settembre Islamabad, che aveva contribuito alla nascita e alla presa di potere dei taliban, si trovò davanti alla scomoda scelta di schierarsi, insieme all'India, con la coalizione antiterrorismo voluta da Bush. Il generale Musharraf cercò di convincere la popolazione dell'ineluttabilità di una tale scelta per evitare l'isolamento del Pakistan. Islamabad mise a disposizione degli USA, oltre al suo spazio aereo, anche i servizi segreti e il supporto logistico. Per giustificare il suo completo cambio di linea nei confronti dei taliban, Musharraf sostenne che la sua presenza all'interno dello schieramento antiterrorismo avrebbe dovuto servire ad evitare sofferenze al popolo afghano e ai taliban. Islamabad non mancò inoltre di sottolineare i vantaggi economici di una tale scelta, in termini di aiuti promessi da Washington: a metà ottobre gli Stati Uniti revocarono le sanzioni imposte al Pakistan (e all'India) nel 1998, che restringevano la vendita di armi e la concessione di aiuti finanziari, e fecero pressioni per una cancellazione parziale del debito estero pakistano. L'inizio dei raid anglo-americani contro l'Afghanistan (7 ottobre) infiammarono i partiti religiosi riuniti nel Comitato per la difesa del Pakistan e dell'Afghanistan, sostenitore della guerra santa, che organizzarono manifestazioni in tutto il Paese contro gli USA e contro il generale Musharraf. Le manifestazioni più violente si tennero nelle città più vicine all'Afghanistan che ospitano la maggior parte dei profughi afghani (Peshawar, Quetta, ecc.). Nello stesso giorno in cui cominciarono gli attacchi contro l'Afghanistan, Musharraf attuò un rimpasto ai vertici dell'esercito e dell'ISI (Inter-services Intelligence, i servizi segreti), destituendo gli uomini che lo avevano appoggiato nel golpe del 1999 e diede il via a una serie di arresti tra i leader islamisti. Dopo la caduta di Kabul nelle mani dell'Alleanza del Nord (novembre), Islamabad vide con preoccupazione l'insediamento di un Governo di transizione in cui vi fossero rappresentanti dell'Alleanza del Nord, composta per lo più da tagiki e uzbeki ma non da pashtun, alleati del Pakistan. Intanto la situazione nel Kashmir si fece incandescente. Il 1° ottobre una trentina di persone morirono in un attentato lanciato contro il Parlamento a Srinagar, capitale del Kashmir indiano. La situazione si aggravò in coincidenza con la visita del segretario di Stato americano Colin Powell in India e Pakistan (15 ottobre), visita finalizzata a rinsaldare l'alleanza antiterrorismo. Il 16 ottobre l'India attaccò undici postazioni militari pakistane lungo la Linea di controllo che separa il Kashmir indiano da quello pakistano, dimostrando di non voler ammorbidire le sue posizioni nei confronti del separatismo musulmano della regione. In seguito all'attentato al Parlamento di New Delhi (dicembre), le tensioni tra Pakistan e India si acuirono. I due Paesi cominciarono ad ammassare truppe lungo il confine per prepararsi a un eventuale conflitto. Tuttavia Musharraf, in difficoltà sul fronte interno, cercò in ogni modo di evitare il confronto diretto, arrivando a condannare ogni tipo di estremismo interno al proprio Paese. Per reprimere l'estremismo religioso il generale nel gennaio 2002 non esitò a mettere al bando due gruppi militanti. Dopo aver annunciato che le elezioni si sarebbero tenute a ottobre 2002, Musharraf in aprile vinse un referendum (criticato come incostituzionale e carico di irregolarità) che lo confermò al potere per altri cinque anni. In seguito a un attentato suicida avvenuto agli inizi di maggio a Karachi e costato la vita a 15 persone, per lo più di nazionalità francese, Musharraf annunciò l'adozione di una nuova serie di misure di sicurezza. In agosto apportò delle modifiche alla Costituzione, che gli diedero il diritto di sciogliere un eventuale Parlamento democraticamente eletto. Nell'ottobre 2002 si tennero le prime elezioni legislative dopo il colpo di Stato militare del 1999, che furono vinte dalla Lega musulmana del Pakistan-Quaid-e-Azam, sostenuta da Musharraf. Ma il mancato raggiungimento della maggioranza assoluta costrinse la Lega musulmana ad allearsi con altre formazioni politiche per costituire un nuovo Governo. Nonostante il neo premier Mir Zafarullah Khan Jamali, eletto nel mese di novembre, avesse operato un avvicinamento con l'India, il 2003 fu costellato da un aumento degli attentati e degli scontri a fuoco nel Kashmir. In seguito alle dimissioni del primo ministro Jamali (giugno 2004), fu eletto primo ministro Shaukat Aziz. Nel mese di ottobre il Parlamento pakistano approvò una legge che consentì a Musharraf di mantenere la carica di capo delle forze armate, oltre a quella di presidente. L'8 ottobre 2005 un devastante terremoto di magnitudo 7,6 della scala Richter colpì il Pakistan del Nord, provocando oltre 73.000 vittime, 60.000 feriti e 3 milioni di senza tetto nel Kashmir e nelle zone settentrionali al confine con l'India.

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LE CITTÀ

Islamabad

(529.180 ab.). Capitale del Pakistan e capoluogo della provincia della Capitale Federale (906 kmq; 805.235 ab.). È una città di nuova costruzione (progetto del 1959, lavori iniziati nel 1961), realizzata in funzione del suo ruolo di capitale del Paese (fino al 1960 ricoperto da Karachi). Sorta ai piedi dell'Himalaya, ha una forma a cuneo ed è divisa in otto zone funzionali: amministrativa, diplomatica, residenziale, istituzioni speciali, industriale, commerciale, una fascia verde e il parco nazionale. Gli edifici pubblici sono frutto di un compromesso tra l'architettura moderna e quella tradizionale islamica.

Trapani Il palazzo del Senato a Islamabad

Karachi

(9.339.023 ab.). Città del Pakistan, capoluogo della provincia del Sind (140.914 kmq; 30.439.893 ab.), è situata sulla costa del Mar Arabico, alla foce del fiume Lyar, poco distante dal delta del fiume Indo, è il maggior centro del Paese per numero di abitanti e importanza economica. Il suo rapido sviluppo è legato all'immigrazione di profughi musulmani dai territori indiani, al fatto di essere stata capitale del Paese dal 1948 al 1960 e alla costruzione del porto, uno dei migliori del Mare Arabico, naturale sbocco dei prodotti agricoli della vallata dell'Indo. Industrie metalmeccaniche, chimiche, petrolchimiche, elettrotecniche, tessili, alimentari, conciarie, della gomma, del vetro, del legno, del cemento. La città, che ha conosciuto una disordinata crescita urbana, presenta un caratteristico alternarsi di quartieri residenziali, con palazzi alti anche cinque, sei piani, casupole e bazar. La parte più imponente della città si trova spostata verso Est, in prossimità del fiume Malir.

Lahore

(5.143.495 ab.). Città del Pakistan, capoluogo del Punjab (205.345 kmq; 73.621.290 ab.), è la seconda città del Pakistan per numero di abitanti, ma è la prima per motivi religiosi e tradizioni storiche. Situata sulla riva sinistra del fiume Ravi, presso il confine con l'Unione indiana, è notevole centro commerciale (frumento, riso, cotone), industriale (industrie siderurgiche, meccaniche, chimiche, elettrotecniche, tessili, alimentari, della gomma, conciarie, del tabacco, del legno, del vetro) e dell'artigianato (orafo, della seta, del cotone). Risalente ai secc. I-II, fu dominata dai Ghaznavidi (1021), dai sultani di Ghor (1186) e dall'Impero Moghul (secc. XVI-XVII). Strutturata urbanisticamente come città-giardino durante la dominazione britannica, conserva nel nucleo storico il forte musulmano (secc. XVI-XVII) col quadrangolo di Giahangir e lo Shish Mahal (palazzo degli specchi), la moschea Badshahi, la moschea Wazir Khan e il mausoleo Data Ganj Bakhsh (tutti del XVII sec.). Al di fuori delle mura (di cui restano le porte), si trovano il mausoleo dell'imperatore Giahangir (1637) e quello della moglie Nur Jehan; a Est della città, i giardini di Shalimar (1642). Celebre è anche l'università costruita nel 1822.

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PERSONAGGI CELEBRI

Zulfikar Ali Bhutto

Uomo politico pakistano (Larkana 1928 - Rawalpindi 1979). Fondò nel 1967 il Partito del popolo pakistano (PPP). che divenne nel 1970 il più importante del Pakistan occidentale. Accusato di condurre una politica dittatoriale, nel 1968 venne arrestato per un breve periodo. Nel 1971, dopo la secessione del Bangladesh e la guerra con l'India, fu eletto presidente della repubblica e nel 1973 primo ministro; venne deposto nel 1977 con un colpo di stato militare effettuato dal generale Zia-ul-Haq e, accusato di avere ordinato l'assassinio di un avversario politico, fu condannato e giustiziato nel 1979.

Benazir Bhutto

Donna politica pakistana (n. Karachi 1953). Figlia di Zulfikar Ali Bhutto, presidente del Pakistan dal 1971, destituito nel 1978 da un colpo di stato militare capeggiato dal generale Zia e successivamente giustiziato. Dopo un periodo di formazione in Occidente, rientrò in patria nel 1986 proponendosi come leader dell'opposizione alla dittatura militare. Nel 1988, morto il generale Zia, conquistò la carica di primo ministro, unica donna mai ascesa alla guida di uno stato islamico. L'opposizione dei vertici delle forze armate e l'ostilità dei gruppi religiosi fondamentalisti spinse però nel 1990 il presidente Ghulam Ishaq Khan a destituire la Bhutto con l'accusa di corruzione e di abuso di potere. Nel 1993 tuttavia, sull'onda del successo alle elezioni politiche, la Bhutto assunse nuovamente la guida del governo. Nei tre anni successivi il Pakistan conobbe una grave crisi (crollo dell'economia, conflitti inter-etnici, avanzata dell'integralismo), marcata da violenze e repressioni, e nel 1996 la Bhutto, accusata di corruzione, fu esautorata dall'incarico di primo ministro dal presidente Leghari. Le elezioni del 1997 si risolsero per lei in una nuova sconfitta.

Trapani Benazir Bhutto

Pakistan

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