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Non chiedete che cosa il vostro Paese può fare per voi; chiedete che cosa potete fare voi per il vostro Paese.
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(Ernesto Codignola)

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GEOGRAFIA - ITALIA - EMILIA-ROMAGNA

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Il "modello" emiliano Il Percorso Artistico e Culturale Il periodo villanoviano Dalla romanità all'Alto Medioevo Il romanico padano Il gotico Il Rinascimento padano Manierismo e classicismo Il Barocco Dal Rococò al Novecento Le Città Bologna Luoghi di interesse Palazzo comunale o Palazzo d'Accursio Basilica di San Petronio Torre degli Asinelli Torre Garisenda Chiesa di S. Domenico Complesso monumentale di Santo Stefano Chiesa di San Giacomo Maggiore Musei e Gallerie di Bologna Pinacoteca Nazionale Museo Civico Archeologico

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Le Città Piacenza Ravenna Luoghi di interesse Basilica di S. Vitale Basilica di S. Apollinare Nuovo Basilica di Sant'Apollinare in Classe Battistero Neoniano Battistero degli Ariani Mausoleo di Galla Placidia Mausoleo di Teodorico Reggio Emilia

Le Città Rimini Luoghi di interesse Tempio Malatestiano Emilia-Romagna: Una Cucina per Ghiottoni I Castelli del Parmense Piccolo Lessico Culatello di Zibello Gnocco Fritto Mortadella di Bologna Parmigiano Reggiano Piadina Repubblica Cisalpina Salame di Felino Sangiovese Squacquarone Tigella Tortellini Villanoviano Personaggi Celebri Ludovico Ariosto Giorgio Bassani Matteo Maria Boiardo

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Bagnacavallo

(16.147 ab.). Cittadina agricola e industriale in provincia di Ravenna. Conserva diverse testimonianze della sua origine romana; subì le dominazioni gotica, bizantina, longobarda, passando quindi a diversi feudatari e nella giurisdizione dei comuni maggiori. Primo esempio di un feudo concesso in Italia a uno straniero: nel 1375 fu ceduta al capitano di ventura inglese John Hawkwood (italianizzato Giovanni Acuto), che sette anni più tardi la vendette agli Estensi. Possiede un centro storico pressoché inalterato nel suo assetto medievale, con una piazza principale dalla quale si diramano radialmente le vie porticate. Sulla piazza si affacciano i principali edifici pubblici: la duecentesca Torre civica o dell'Orologio (35 m) nelle cui celle, nel 1848, fu rinchiuso il bandito Stefano Pelloni detto il Passatore; il Palazzo Vecchio, risalente al XIII secolo e più volte ricostruito; il Palazzo del Municipio in elegante stile neoclassico, progettato da Cosimo Morelli (1791-1803), distinto da un alto porticato analogamente al teatro comunale Carlo Goldoni, opera del bolognese Filippo Antolini (1845). In posizione eccentrica si apre la splendida piazza Nuova (1758?59), la cui forma ellittica è definita da portici a tutto sesto. Tra gli edifici religiosi, la collegiata di S. Michele Arcangelo che, ristrutturata nel XV secolo nella parte absidale, richiama influenze bramantesche; nell'interno, Redentore e santi di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo. La chiesa di S. Giovanni e l'annesso convento delle Cappuccine, entrambi risalenti al Trecento, furono ristrutturati in stile barocco; nell'ex convento - dove nel 1821 morì Allegra, figlia di Lord Byron - hanno oggi sede la Biblioteca C. Taroni, sorta nel 1774, la Pinacoteca e il Museo civico, con le sezioni archeologica, etnografica e naturalistica. A un chilometro sorge la pieve di S. Pietro in Sylvis, tra le più belle e meglio conservate della Romagna. Risalente agli inizi del VII secolo, è un significativo esempio di architettura esarcale o protoromanica. Nell'interno, a tre navate divise da archi a tutto sesto su pilastri, conserva notevoli affreschi (1320-25), forse ascrivibili a ignoto maestro riminese, raffiguranti il Redentore tra gli evangelisti, gli apostoli e Cristo crocifisso tra la Madonna e S. Giovanni.

Meteo Emilia Romagna

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Bobbio

(3.899 ab.). In provincia di Piacenza, è il centro più importante della valle del Trebbia. Situato in una zona ricca di acque, è stazione turistico-termale. Sorse intorno all'abbazia di San Colombano, la più antica del regno longobardo, fondata nel 614 dal monaco cenobita Colombano attorno a una preesistente chiesa di S. Pietro. Tra il IX e il XII secolo l'abbazia fu un importante centro economico e culturale, sede di un famoso "scriptorium" e di una celebre biblioteca. Sede vescovile nel 1014, il borgo fu cinto da mura nel XII secolo. Passato ai Visconti nel XIV secolo, seguì le sorti dello Stato milanese fino al 1748, quando fu annesso allo Stato sabaudo. Unito a Genova fino al 1859, passò alla provincia di Pavia e infine, nel 1923, a quella di Piacenza. L'attuale basilica di S. Colombano è stata ricostruita dal 1456 al 1522 inglobando i resti della chiesa abbaziale; i corpi di fabbrica superstiti sono la parte absidale della basilica e il lungo loggiato (1570) del grande cenobio. Sul fianco sinistro si ergono il campanile e l'adiacente absidiola, risalenti al IX secolo. Con facciata tripartita e preceduta da portico cinquecentesco, la basilica ha un interno a tre navate divise da pilastri polistili. Conserva uno splendido coro ligneo (1488) e notevoli opere d'arte nella cripta: un pavimento a mosaico del XII secolo, pressoché integro, con motivi simbolici di gusto romanico; una rara cancellata in ferro del XII secolo; il sarcofago di S. Colombano, arca marmorea di Giovanni dei Patriarchi da Milano (1480). Nel Museo dell'Abbazia, raccolta di materiali archeologici e opere legate alla figura del santo. Sull'irregolare piazza del Duomo, con case medievali a portici, prospetta il Duomo, testimoniato nel 1075, con facciata quattrocentesca chiusa da due torri derivate dall'impianto originario; nell'interno, decorazione di gusto neogotico-bizantino (Aristide Secchi, 1896) e affreschi trecenteschi. La parte alta di Bobbio è dominata dal Castello, eretto nel 1440 da Pietro Dal Verme, oggi sede museale; il poderoso torrione e i resti della porta d'ingresso delle mura sorgono sui resti di un primitivo insediamento monastico. Lo storico Ponte Gobbo sul Trebbia, formato da undici arcate disuguali, è il simbolo di Bobbio; forse di origine romana, documentato a partire dal 1196, è stato ristrutturato nei secoli XVI e XVII.

Cartina dell'Emilia Romagna

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Bondeno

(16.749 ab.). Centro in provincia di Ferrara, attraversato dal Panaro e dal canale di Burana. Numerose sono le industrie connesse alla trasformazione dei prodotti agricoli e alla frutticoltura. Insediamento preistorico e romano, legato nell'Alto Medioevo all'abbazia di Nonàntola, Bondeno fu dotato da Matilde di Canossa di un castello, poi roccaforte estense. Terra di alluvioni e di confine tra Emilia, Veneto e Lombardia, reca imponenti testimonianze delle opere di bonifica: la botte Napoleonica, in stile dorico-romano, con due gallerie sottopassanti (1899), e il cavo Napoleonico, importante complesso di sifoni, chiaviche e bacini, lungo 18 km, che convoglia parte delle acque del Reno fino a Bondeno, scaricandole nel Panaro e servendo una vasta area delle province di Ferrara e Bologna.

Brisighella

(7.597 ab.). Centro in provincia di Ravenna, situato nella bassa valle del Lamone, è stazione termale. Insediato sin dalla remota antichità, il borgo prosperò con i commerci derivati dalle cave di gesso, con la lana, la seta, il cuoio, il vino e l'olio. Ufficialmente fondata da Maghinardo de' Pagani da Susinana alla fine del Duecento, Brisighella fu contesa tra i Manfredi e la Chiesa; dopo una breve dominazione veneziana (1503-09) fu annessa allo Stato pontificio. Il borgo conserva integro il suo aspetto medievale, degna cornice alla festa che vi si celebra tra giugno e luglio. Via degli Asini, o del Borgo, resta uno straordinario esempio di strada sopraelevata e coperta da un portico sul quale si aprono una sequenza di arcate e gli ingressi alle case, addossate alla scarpata della roccia; sul suo selciato transitavano le carovane degli asini e dei muli utilizzati nelle vicine cave di gesso. Sui tre speroni rocciosi in selenite che sovrastano il borgo si ergono rispettivamente la Rocca, la Torre dell'Orologio e il santuario di Monticino, dedicato alla Madonna (1758) e circondato da cipressi. La Rocca, eretta nel 1310 da Francesco Manfredi, fu elevata nel suo aspetto attuale alla metà del XV secolo e durante il periodo veneziano; consta di due torri cilindriche a beccatelli (la maggiore, aggiunta dai veneziani) raccordate alla cinta di mura. Nell'interno ha sede il Museo del Lavoro contadino nelle vallate del Lamone, Marzeno e Senio. Sullo spuntone antistante svetta l'alto profilo della Torre dell'Orologio, eretta nel 1290 e più volte restaurata da Alfonso Rubbiani. La seicentesca collegiata dei Ss. Michele e Giovanni Battista fu eretta su disegno del fiorentino Gherardo Silvani; sul ricco altare, una Madonna del Quattrocento su tavola e, nel battistero, un gruppo in terracotta della Pietà (XV sec.).

Busseto

(6.962 ab.). Centro agricolo in provincia di Parma. Vanta il prestigio di antica capitale dello stato dei Pallavicino, che ne detennero il dominio dal X secolo al 1587, quando passò al ducato farnesiano. Nella frazione Róncole, oggi Róncole Verdi, nacque Giuseppe Verdi (1813-1901), il "cigno di Busseto". Qui è possibile visitare l'umile casa natale del grande musicista. Sulla centrale piazza Giuseppe Verdi si affacciano la Rocca, il quattrocentesco Palazzo del Comune e la collegiata di S. Bartolomeo. La Rocca, fondata nel 1250, fu rifatta nell'Ottocento da Pier Luigi Montecchini in stile gotico con torri angolari merlate, tra le quali si erge la cinquecentesca Torre dell'Orologio; nell'interno hanno sede il Municipio e il grazioso Teatro Verdi, inaugurato nel 1868 con "Rigoletto" e "Un ballo in maschera". La collegiata di S. Bartolomeo fu ricostruita (1437-50) su una precedente trecentesca; nell'interessante facciata neogotica si apre un bel portale rinascimentale con decorazioni in cotto; all'interno, eleganti stucchi di gusto rococò e un ciclo di affreschi di Michelangelo Anselmi (1538-39). Lungo via Roma si allineano Palazzo Barezzi, casa del suocero di Verdi e suo primo mecenate; Palazzo Orlandi, sede del Museo dei Cimeli verdiani; Palazzo del Monte di Pietà (Domenico Valmagini, 1679-82), con ampio portico, dove è custodita la Biblioteca del Monte (1768). Un viale alberato porta alla Villa Pallavicino, il cui progetto è attribuito al Vignola. Preceduta da un monumentale padiglione d'accesso in stile rococò, la villa consta di cinque corpi disposti a scacchiera comunicanti con loggiati passanti. Ospita il Museo civico; negli ambienti interni, stucchi settecenteschi e affreschi di Ilario Spolverini e G.B. Draghi. Quasi di fronte alla villa è S. Maria degli Angeli, costruita in stile tardo gotico da Gianlodovico e Pallavicino Pallavicino tra il 1470 e il 1474; conserva lo splendido Compianto su Cristo morto, gruppo in terracotta di Guido Mazzoni (1476-77). A due chilometri, in territorio piacentino, si trova Villa Verdi. L'appartamento privato conserva la disposizione e l'arredo del tempo in cui fu abitata dal maestro e dalla moglie Giuseppina Strepponi.

Carpi

(60.589 ab.). Centro in provincia di Modena, sul torrente Secchia. è un attivo centro industriale (industrie casearie, enologiche, salumifici, raffinerie e industrie plastiche). Tradizionale attività artigianale, documentata fin dal Seicento, è la lavorazione della scagliola e del "truciolo" per ottenere cesti, cappelli, ecc. Nel secondo dopoguerra ha avuto un grande sviluppo il settore legato alla maglieria e alle confezioni. Nel territorio comunale si pratica l'allevamento del bestiame e l'agricoltura. Le prime notizie di Carpi risalgono all'VIII secolo. Sorta attorno alla pieve di S. Maria della Sagra e fondata secondo la tradizione dal duca longobardo Astolfo, fu poi borgo fortificato di Matilde di Canossa, che lo donò alla Chiesa. Autonoma rispetto a Modena e Reggio, fu contesa tra diverse famiglie e alla fine occupata dal modenese Manfredo Pio (1319). Fino al 1525 Carpi rimase signoria dei Pio, che ne promossero lo sviluppo urbano ed economico; soprattutto con l'ultimo signore, Alberto III, mecenate e fortemente influenzato dall'educazione umanista di un precettore d'eccezione quale Aldo Manuzio, Carpi divenne un gioiello rinascimentale nell'impianto e nelle architetture progettate da Baldassarre Peruzzi. Nel 1525 passò agli Estensi, seguendo le sorti del ducato. Negli ultimi decenni del XX secolo la città ha avuto una crescita edilizia abnorme che ha snaturato i rapporti con l'originaria trama urbanistica. Tra le più vaste della regione, Piazza dei Martiri è un ampio spazio rettangolare concepito per riunire le funzioni rappresentative religiose, signorili e mercantili della città. Il lato occidentale è interamente occupato dall'armonioso Portico Lungo (212 m, 52 arcate), mentre a Nord si erge la facciata barocca della cattedrale di S. Maria Assunta, il cui interno mantiene inalterato il carattere architettonico rinascimentale. Il lato orientale della piazza è invece definito dal Palazzo dei Pio, detto anche il Castello. Residenza signorile dei Pio, la struttura è scandita dalla massiccia Torre di Passerino Bonacolsi (1320), dal torrione di Galasso Pio (XV sec.), dal bastione circolare dell'Uccelliera (1480). Dal grande cortile interno, ispirato ai modelli bramanteschi, si accede all'appartamento monumentale e a diversi ambienti riccamente ornati, tra i quali il salone dei Mori, la preziosa cappella rinascimentale affrescata da Bernardino Loschi (inizi XVI sec.), la stanza del Forno, la stanza della Torre di Passerino, la stanza ornata, la stanza dei Trionfi, lo studiolo di Alberto Pio, la stanza dell'Amore. Vi sono conservate diverse importanti collezioni (dipinti, arredi, ceramiche, xilografie, materiali archeologici e risorgimentali) attinenti all'arte e alla storia locale. Nel complesso è ospitato anche il Museo della Xilografia italiana; in un cortile, con accesso da piazza dei Martiri, si trova il Museo-monumento al Deportato politico e razziale, progettato da Lodovico Belgioioso (1973). Sul piazzale re Astolfo, nucleo della cittadella medievale, si affacciano il Castelvecchio (XV sec.) il fronte più antico degli edifici che compongono il Palazzo dei Pio, e la pieve di S. Maria in Castello, detta la Sagra, risalente all'VIII secolo, con facciata rinascimentale su disegno del Peruzzi. L'alto campanile duecentesco con pinnacoli e cuspide segna il perno di riferimento dell'intero impianto antico di Carpi. Nel comparto di Borgogioioso e Borgonovo, derivato dall'ampliamento quattrocentesco della città, si concentrano importanti edifici: la chiesa di S. Nicolò, completata da Baldassarre Peruzzi nel 1516; la seicentesca chiesa di S. Ignazio con l'alta facciata in cotto, il complesso di S. Chiara (fine XV sec.), i Palazzi Barbieri-Grillenzoni e Bonasi-Gandolfi (sec. XVIII).

Il centro di Carpi (Modena)

Il centro di Carpi (Modena)

Castell'Arquato

(4.574 ab.). In provincia di Piacenza, la cittadina è costituita da due nuclei: il borgo ai piedi della collina; il centro monumentale, già chiamato Solario, scenograficamente sospeso sulla cima. Probabile insediamento in età romana, l'abitato è testimoniato nell'VIII secolo; appartenne al vescovo di Piacenza fino al 1220, in seguito fu soggetto agli Scotti e quindi allo Stato milanese fino al 1707, quando passò sotto il ducato di Parma del quale seguì i destini. Il culmine del borgo alto è la bella piazza Alta, o del Municipio, dove si affacciano il Palazzo pretorio, l'imponente parte absidale della collegiata di S. Maria e, protesa verso valle, la Rocca. Il Palazzo pretorio, ora Municipio, è una costruzione massiccia (1293), con torre, loggetta e un coronamento merlato; nella grande sala consigliare, soffitto a cassettoni e ricca decorazione pittorica. La collegiata di S. Maria è una struttura romanica risalente agli inizi del XII secolo, con campanile trecentesco. La facciata ha un bel paramento dal colore caldo, dove si alternano conci di tufo e arenaria. Sul fianco sinistro, sotto il portico detto del Paradiso (XV sec.), si apre un portale romanico strombato; nella lunetta, Madonna col Bambino, S. Pietro e un angelo (scuola di Piacenza, seconda metà XII sec.). All'interno, sopravvivono parti significative dell'impianto primitivo, come i capitelli figurati (inizi XII sec.), sculture (XII sec.) e affreschi quattrocenteschi. Dall'adiacente chiostro trecentesco si accede al Museo della Collegiata il cui pezzo forte è uno splendido paliotto bizantina, raffigurante l'Eucarestia (XIII sec.). La Rocca è una poderosa opera di difesa fatta erigere dal Comune di Piacenza nel 1343 e rafforzata da Luchino Visconti nel 1347. Comprende due spazi cintati: uno superiore e uno inferiore, dove sorge l'alto mastio con funzione di ingresso. Più in basso è posto il cinquecentesco torrione farnesiano dai grandi arconi concavi; a fianco, il Palazzo del Duca (XIII-XIV sec.), sotto il quale è una fontana a cannelle multiple (1292). Nell'ex ospedale di S. Spirito è allestito il Museo Geologico con raccolte di notevole valore scientifico, tra le quali i resti di una balenottera del Pliocene.

Cattolica

(15 559 ab.). Centro balneare in provincia di Rimini, sull'Adriatico. Porto peschereccio. Stazione itineraria romana sulla Via Flaminia (220 a.C.), in epoca bizantina formò l'insediamento dello scomparso castello di Conca. Nel 1270-71 venne fondato il nuovo borgo medioevale, sotto le giurisdizioni di Rimini e Ravenna. Dopo la signoria dei Malatesta e un breve dominio veneziano, passò allo Stato pontificio, dipendendo da Rimini fino alla fine del Settecento. Nell'Ottocento, come gli altri centri della costa, cominciò ad essere meta del turismo balneare da parte della nobiltà e dell'alta borghesia emiliano-romagnola. Ottenuta l'autonomia amministrativa nel 1896, durante il ventennio fascista, insieme alla vicina Riccione, divenne un centro mondano di rilevanza internazionale. L'abitato storico sorge su un terrazzo a un chilometro dal mare, allungato a margine della Via Flaminia. A Sud il promontorio di Gabicce conclude, dopo oltre cento chilometri, il litorale romagnolo. La città conserva alcune testimonianze delle sue origini romane nell'area archeologica e nell'Antiquarium, posto all'interno del Centro culturale polivalente, architettura contemporanea di Pier Luigi Cervellati. La massiccia Rocca Malatestiana (1490), ora Rocca Varni, costituiva il caposaldo difensivo dell'abitato. L'ospedale dei Pellegrini, fondato nel 1584 ed oggi adibito a caserma dei carabinieri, testimonia la cultura dell'ospitalità a Cattolica. Tra gli edifici contemporanei si evidenziano la chiesa di S. Antonio (anni Settanta del Novecento, architetti Riccardo Magnanini e Giancarlo Pediconi) e l'ex colonia Navi (1932, architetto Clemente Busiri Vici), oggi sede di un Parco Tematico che illustra con l'ausilio delle più moderne tecnologie multimediali il rapporto tra l'uomo e il mare.

Cento

(29.237 ab.). Cittadina in provincia di Ferrara, in posizione quasi baricentrica tra Bologna, Ferrara e Modena. Fiorente centro commerciale, Cento sorge in quella zona di pianura chiamata delle "terre vecchie", compresa tra i fiumi Po a Nord, Panaro a Ovest e Reno a Sud. Prende il nome da un'unità di superficie romana, e come colonia romana nasce, nel II secolo a.C. Cento e la vicina Pieve, matrice religiosa dell'insediamento, formarono fino al 1376 un'unica entità amministrativa. Il borgo di Pieve di Cento, dal 1929 in provincia di Bologna, condivise le sorti di Cento sotto il dominio degli Estensi e, dal 1598, del papato; con la sua trama regolare delle vie simmetriche e porticate, è un piccolo gioiello di urbanistica medievale. A Cento nacque, nel 1591, Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino. Il territorio del Centese è profondamente segnato dalle opere eseguite nel corso dei secoli per governare le acque e bonificare il suolo; qui, alla diffusione della dimora alla "bolognese", con le tipiche stalle-fienili e le case separate dalla vasta corte, si accompagnano ambiti di grande interesse, quali le aree della "partecipanza agraria". L'abitato storico di Cento conserva l'impianto urbanistico risalente al XIII secolo e i caratteri architettonici derivati dal consistente sviluppo edilizio dei secoli XVII e XVIII. Delle quattro porte d'ingresso alla città oggi rimane solo la PortaPieve; la poderosa Rocca a beccatelli e merlatura ghibellina fu costruita dai bolognesi (1387) e modificata nei secoli XV e XVI; dal profilo della robusta struttura emergono le torri angolari e l'alto mastio che funge da ingresso. Nella centrale piazza Guercino prospettano il Palazzo del Governatore (1502), sede della Galleria d'Arte moderna Aroldo Bonzagni, con la lunga facciata merlata interrotta dalla Torre dell'Orologio, e il seicentesco Palazzo comunale, dall'elegante portico a tre arcate e l'ampia balconata superiore. Edifici d'uso residenziale di grande interesse sono la Casa Provenzali, affrescata all'interno dal Guercino, il Palazzo Rangoni (1640), sede della Civica Biblioteca del Patrimonio degli Studi, e la Casa Pannini (1360), che richiama le case medievali bolognesi con il porticato ligneo e la sequenza di monofore accoppiate al piano superiore; un tempo accoglieva un importante ciclo di affreschi del Guercino, in parte conservati presso la Pinacoteca civica. Quest'ultima, ospitata nel Palazzo del Monte di Pietà e dell'Archivio notarile (Giovanni Calegari, 1782), oltre ad opere del Guercino, raccoglie dipinti di Pellegrino Tibaldi, Ludovico Carracci, Denijs Calvaert. L'ex chiesa di S. Lorenzo è uno dei maggiori esempi del barocco centese (Pietro Alberto Cavalieri, 1765-73). La chiesa del Rosario (1633-41), eretta forse su disegno dello stesso Guercino, reca all'interno quattro opere del grande artista centese: la Crocifissione, S. Francesco, S. Giovanni Battista, Padre Eterno (1645).

Cervia

(25.395 ab.). Cittadina in provincia di Ravenna, stazione climatica estiva sulla spiaggia adriatica. Dispone di un attrezzato porto turistico, di 254 stabilimenti balneari e di centinaia di strutture ricettive molto diversificate. L'antico abitato di Cervia sorgeva al centro delle saline, originando dal primitivo centro di Ficocle, distrutto nel 709. Il canale delle Saline, che oggi separa Cervia da Milano Marittima, collegava l'abitato con il mare. L'influenza di Venezia fu rilevante nei secoli XIII-XV; ne resta il ricordo nella tradizionale festa dello "Sposalizio del mare", che si celebra annualmente dal 1445 nel giorno dell'Ascensione, a somiglianza dell'analoga festa veneziana. Con la pace di Agnadello del 1509 passò sotto lo Stato pontificio, decadendo e spopolandosi a causa del clima malsano fino al suo definitivo abbandono. Tra il 1697 e il 1714 venne costruita Cervia nuova, la città del sale, secondo una concezione di città ideale. Il progetto urbanistico di Bellardino Berti previde un'area rettangolare cinta da bastioni con ampia piazza centrale. Allo sviluppo del turismo marino contribuirono la costruzione del primo stabilimento balneare (1882), la realizzazione del collegamento ferroviario con Ravenna e la bonifica delle paludi. è stata mantenuta un'area a pineta (la pineta di Cervia) che costituisce il precario residuo della scomparsa foresta costiera. La principale piazza Garibaldi riunisce le sedi del potere civile ed ecclesiastico: il Palazzo comunale, su disegno di Francesco Fontana (1702), caratterizzato dalla Torre dell'Orologio, e la coeva Cattedrale, più propriamente chiesa dell'Assunta, incompiuta nella facciata; nell'interno, dipinti seicenteschi di Simone Cantarini, Francesco Longhi e Barbara Longhi. Il perimetro del centro storico è formato dalle caratteristiche case dei salinari, gli operai addetti all'estrazione del prezioso prodotto. Presso il porto-canale sorgono la poderosa Torre di S. Michele (1691), sede della Biblioteca Comunale, e il settecentesco complesso dei magazzini del Sale, significativo esempio di archeologia industriale, restaurato e sede del Museo della Civiltà salinara, che illustra gli antichi processi di estrazione e lavorazione del minerale; il complesso comprende il magazzino detto della Darsena (1712) e quello detto Torre (1691). Le saline di Cervia, che costituirono per secoli la principale fonte economica della zona, si estendono a Ovest della strada Romea su una superficie di circa 828 ettari, dei quali 765 a Riserva naturale della salina di Cervia, sede di una avifauna caratteristica e parte del Parco regionale del Delta del Po. Dopo un periodo di produzione quasi azzerata si è assistito a una piccola e lenta ripresa. Le proprietà terapeutiche dei fanghi e dell'"acqua madre" (quella che resta nei bacini dopo la cristallizzazione del sale) vengono utilizzate nel moderno centro termale della città. All'interno del moderno impianto salino di Cervia si trova la salina Camillone, una piccola area dove è stato mantenuto, a scopo didattico, l'antico metodo di estrazione del sale dall'acqua marina.

Cesenatico

(21.344 ab.). Centro in provincia di Forlì-Cesena. In riva all'Adriatico, rinomato centro di villeggiatura estiva; vivace l'attività di pesca nell'Adriatico. La storia e la vita stessa di Cesenatico s'identificano con quella del suo porto-canale, fondato nel 1302 dalla città di Cesena e del quale Leonardo da Vinci eseguì il rilievo planimetrico quotato (1502). Entrato dapprima nell'orbita veneziana, Cesenatico passò dopo il 1509 sotto il dominio pontificio. Nella notte tra il 1° e il 2 agosto 1849, Giuseppe Garibaldi, reduce dalla difesa di Roma e accompagnato da Anita morente, si imbarcò da qui con l'intento di raggiungere Venezia. Cesenatico, riscoperta dalla borghesia di Cesena, ebbe il suo primo stabilimento balneare dopo la costruzione della ferrovia Rimini-Ravenna nel 1880. Già agli inizi del Novecento l'amministrazione comunale si propose di promuovere il turismo concependo l'idea di una città-giardino. Furono inoltre edificate, alla sinistra del porto-canale, le prime colonie marine, destinate ai soggiorni marini dei figli dei lavoratori. Il porto-canale è l'asse principale attorno al quale gravita la vita sociale di Cesenatico. Unico del suo genere in Italia è il Museo galleggiante della Marineria dell'alto e medio Adriatico, che espone diversi esemplari di barche tradizionali perfettamente restaurate. In piazza delle Conserve, nel ben conservato borgo antico, sono visibili le ghiacciaie, costruzioni interrate a forma di tronco di cono, che servivano a conservare i prodotti del mare. Da notare la seicentesca parrocchiale di S. Giacomo e la Biblioteca che contiene un piccolo Antiquarium romano. Rappresentative dell'architettura balneare di Cesenatico sono le colonie marine, in particolare la colonia AGIP (Giuseppe Vaccaro e Ferruccio Gherardini, 1937-38) e la colonia Enpas (Paolo Portoghesi ed Eugenio Abruzzini, 1961-65).

Codigoro

(13.799 ab.). Centro in provincia di Ferrara, sulla riva sinistra del Po di Volano. Il territorio è stato oggetto di immani opere di bonifica attuate mediante grossi stabilimenti idrovori. Tra gli insediamenti di archeologia industriale va segnalato l'impianto idrovoro di Codigoro, utilizzato nella Grande bonifica ferrarese. A cinque chilometri, sulla strada Romea, si trova la celebre abbazia di Pomposa. Fu un importante centro di studi e di riforma monastica e fondiaria, raggiungendo il massimo splendore nell'XI secolo. Ospitò Dante Alighieri, Pier Darniani e Guido d'Arezzo. Dopo un secolare declino, nell'Ottocento divenne di proprietà statale e fu sottoposta a un'intensa attività di restauro. Il cornplesso monumentale comprende la basilica di S. Maria, il monastero e il Palazzo della Ragione. La basilica, di tipo ravennate-bizantino, è preceduta da uno splendido atrio a tre arcate, realizzato da mastro Mazulo, ricco di sculture con animali simbolici; negli oculi degli archi è impresso l'albero della vita. Accanto svetta l'alto campanile, opera di Deusdedit (1063), impreziosito da inserti cromatici. L'interno della chiesa è a tre navate, ripartite da colonne di recupero romane e bizantine. La parte più antica vicino all'abside risale al VI secolo; il pavimento del XII secolo è a tarsie di marmi preziosi, con motivi geometrici, animali mostruosi, elementi vegetali e figurativi. Le pareti della navata centrale sono rivestite da affreschi di scuola bolognese della metà del Trecento e dai resti di decorazioni pittoriche precedenti. Nell'abside, opere di Vitale da Bologna e aiuti (1351). Il monastero si affaccia sul cortile che conserva i pilastri angolari del primitivo chiostro (XII sec.). Sul lato Est si apre la Sala capitolare, con portale e bifore a ogiva (all'interno, affreschi trecenteschi); nello spazio del dormitorio superiore ha sede il Museo pomposiano, dove è esposta una raccolta di oggetti provenienti dal restauri e dagli scavi del complesso. Sul lato Sud è il refettorio, con un significativo ciclo di affreschi di maestro vicino a Giuliano e Pietro da Rimini o a Giovanni Baronzio. Il Palazzo della Ragione, infine, chiude il lato Ovest del chiostro; edificato nell'XI secolo, vi si amministrava la giustizia. Si caratterizza per la serrata sequenza delle arcate del portico al piano terra e per la loggia superiore.

Comacchio

(21.502 ab.). Cittadina in provincia di Ferrara. Dista sei chilometri dal mare, col quale comunica per mezzo di un canale sfociante al porto di Magnavacca. Sorse su tredici isolette in epoca tardo-romana, in posizione strategica per il controllo delle rotte adriatiche e le vie d'acqua dell'entroterra padano. Poco distante era Spina, centro etrusco fiorito dalla fine del VI al III secolo a.C. Comacchio raggiunse la massima prosperità tra i secoli VI e IX, grazie alla pesca, alla produzione del sale e al commercio marittimo; è noto il capitolato del re Liutprando (VIII sec.), che riconosce i diritti di Comacchio per il commercio del sale dei porti fluviali della Longobardia. Più volte occupata e distrutta dai veneziani, nel 1299 passò sotto gli Estensi e due secoli dopo allo Stato della Chiesa; la città iniziò un lento declino, nonostante l'intensa attività edilizia e urbanistica della prima metà del Seicento e alla quale Comacchio deve in gran parte la sua attuale fisionomia. Nonostante sia oggi quasi interamente circondata dalla terraferma, la sua particolare conformazione e l'intimo rapporto con l'elemento acqua richiamano ancora l'immagine di una piccola Venezia. Al centro della città antica sorge l'elegante Loggia dei Mercanti o del Grano (1621) dalla svettante Torre dell'Orologio (trecentesca, rifatta nel 1824). Poco lontano è la Cattedrale di S. Cassiano, originaria dell'VIII secolo e ricostruita su progetto di Angelo Cerutti nella seconda metà del Seicento. Notevole la torre campanaria poggiante su un'enorme base in pietra d'Istria. Seicentesche anche la chiesa del Rosario (1618) e la chiesa di S. Maria in Aula Regia (1655). I ponti sono un elemento distintivo di Comacchio: sul canale Maggiore rimangono il Ponte S. Pietro e il Ponte degli Sbirri di Luca Danesi (1631-35). A quest'ultimo si deve anche il singolare complesso dei Trepponti (1634) eretto su due canali che si intersecano e composto da cinque arcate sovrastate da due torri con funzione difesiva. Le Valli di Comacchio costituiscono una grandiosa zona umida di oltre 11.000 ettari, dai caratteri paesaggistici e naturalistici unici. Sono quanto rimane di un vastissimo comprensorio lagunare e vallivo che per secoli ha caratterizzato il territorio sud-orientale della provincia di Ferrara, segnato inoltre da insediamenti umani peculiari, quali i "casoni" da pesca e i "lavorieri" (impianti per la cattura delle anguille). Presso Casone Foce si trova il Museo delle Valli di Comacchio.

Il centro di Comacchio (Ferrara)

Il centro di Comacchio (Ferrara)

Correggio

(20.278 ab.). Centro in provincia di Reggio Emilia, deriva il nome dalla lunga striscia di terra "corrigia" che emergeva tra i torrenti Cròstolo e Tresinaro. Nato intorno a una pieve longobarda, fu dominio fin dall'Alto Medioevo della famiglia che ne prese il nome: i Da Correggio. Sotto di essi si sviluppò una splendida corte che accolse poeti e letterati come il Tasso, l'Aretino, il Bembo e l'Ariosto. Grande fu il mecenatismo della poetessa Veronica Gambara, vedova del conte Giberto X, e di Claudia Rangone, moglie di Giberto XI. A Correggio nacque il grande pittore Antonio Allegri detto il Correggio (1489-1534). Nel 1452 il feudo fu elevato a contea e nel 1559 ottenne il rango di città. Deposto dall'imperatore Ferdinando II, l'ultimo dei Da Correggio, fu annessa al ducato di Modena nel 1635. La rinascimentale residenza dei Da Correggio, detto il Palazzo dei Principi, fu compiuto poco oltre il 1500, forse su disegno di Biagio Rossetti. Chiara l'impronta ferrarese, che si riscontra anche nel colore rosato del cotto e negli ornati. Attraverso lo splendido portale, ricco di figurazioni (opera di un maestro della scuola di Pietro Lombardo), si accede al cortile porticato. Di grande interesse gli ambienti interni, tra i quali lo scenografico salone delle Capriate. Il palazzo ospita la Biblioteca civica, gli Archivi storico,comunale e notarile e il Museo Civico, che custodisce, tra l'altro, un Redentore di Andrea Mantegna (1493). La basilica di S. Quirino fu eretta tra il 1513 e il 1587 su disegno attribuito al Vignola, ed è affiancata da una torre trecentesca. L'asse viario più caratteristico della cittadina è corso Mazzini: ampio come una piazza, tutto acciottolato, chiuso dalle case porticate con facciate dai colori pastello e abbellimenti settecenteschi e neoclassici. La strada si allarga a formare la "piazza" limitata dal Palazzo della Ragione con la torretta dell'Orologio, opera di Quirino Asioli (XVIII sec.); vi prospetta il Palazzo del Municipio, dall'elegante scalone settecentesco. Nel Borgo Vecchio, corrispondente all'area urbana del XIII secolo, sorge la ricostruzione della casa del Correggio, fatta nel 1755. La chiesa di S. Francesco è il polo di aggregazione del Borgo Nuovo, formatosi nel XV secolo. L'armoniosa architettura in cotto e il più antico caratteristico campanile pendente preludono al suggestivo interno a tre navate con archi a sesto acuto su pilastri polistili.

Cortemaggiore

(4.508 ab.). Città in provincia di Piacenza, diventata la capitale italiana degli idrocarburi da quando, nel dopoguerra, l'AGIP vi ha impiantato grandiose strutture per lo sfruttamento dei ricchi giacimenti di metano. La città antica rappresenta un ben conservato esempio dell'urbanistica rinascimentale; Cortemaggiore fu infatti rifondata verso il 1470 da Gianlodovico Pallavicino, intenzionato a farne la nuova capitale del suo stato con il nome di Castrum Laurum. Del progetto fu incaricato Maffeo Carretto, coadiuvato da Gilberto Manzi, che concepì un rettangolo regolare di m 400x350, attraversato da sette ampie vie rettilinee e parallele intersecate da otto trasversali, formanti una scacchiera di isolati. All'estremità Sud della città sono i resti del Palazzo signorile, con elegante loggiato, e della Rocca. Sulla vasta piazza Grande (dei Patrioti) si erge la collegiata di S. Maria delle Grazie (Gilberto Manzi, 1481), prodotto della cultura tardo-gotica lombarda, con campanile del Cinquecento e facciata del 1881. All'interno, di grande interesse l'arca sepolcrale di Gianlodovico Pallavicino, ornata di squisiti rilievi (1499), e una serie di tavole dipinte da Filippo Mazzola, padre del Parmigianino (1499). La chiesa della SS. Annunziata, con facciata di tipo lombardo caratterizzata da elementi gotici e protorinascimentali, conserva all'interno un ciclo di affreschi del Pordenone, autore anche della grande tela della Deposizione. Infine l'oratorio di S. Giuseppe, gioiello barocco (1576-93), impreziosito da stucchi di Bernardo Barca e Domenico Dossa e da dipinti di G.B. Tagliasacchi.

Faenza

(54.118 ab.). Città in provincia di Ravenna, nella pianura romagnola. Sorge sulla via Emilia ed è lambita dal fiume Lamone. Vivace mercato agricolo e centro industriale. Nota come la "capitale della ceramica" per una secolare tradizione di artigianato artistico, tanto che dalla seconda metà del Cinquecento si diffuse in Europa il termine faïence (faenza) per indicare la ceramica stessa. Tuttavia, Faenza è anche una città artisticamente degna di grande attenzione, soprattutto per merito delle testimonianze del periodo neoclassico, di livello assolutamente europeo. Faenza fu fondata alla fine del II secolo a.C. dai Romani con il nome di Faventia. I più significativi episodi urbanistici del Medioevo furono la creazione del borgo Durbecco a Est, oltre il Lamone (XI sec.), e l'allargamento urbano dovuto al formarsi di comunità religiose attorno al centro (XIII sec.). Libero comune dal XII secolo, fu in seguito conquistata dai Manfredi, che ne mantennero la signoria dal 1313 al 1501. Furono in particolare Astorgio II e Carlo II (1448-77), influenzati dal clima umanistico della Firenze medicea, a promuovere significativi interventi architettonici e urbanistici, quali la fabbrica del Duomo, la sistemazione delle piazze centrali e l'edificazione delle mura, mantenute fino al primo Novecento. Conquistata da Venezia, Faenza entrò nel 1510 a far parte dei domini della Chiesa. La felice stagione neoclassica si aprì nell'ultimo quarto del Settecento, grazie alla committenza dell'alta borghesia cittadina, aperta alle istanze culturali illuministiche e influenzata dal gusto francese; protagonisti del momento furono gli architetti Giuseppe Pistocchi e Giovanni Antolini, il pittore Felice Giani e lo scultore Antonio Trentanove. L'attuale aspetto di Faenza rivela gli interventi di ricostruzione del secondo dopoguerra, dopo gli ingenti danni bellici; la città ha assunto una fisionomia frammentata, ove frequentemente, fra pregevoli emergenze artistiche si inseriscono scadenti costruzioni moderne. L'impianto romano di Faenza si legge chiaramente nell'andamento viario a maglia ortogonale sul cui cardine principale si allineano le piazze centrali. Su piazza della Libertà, in posizione sopraelevata, sorge l'imponente struttura del Duomo, dalla severa facciata rimasta al grezzo, ingentilita dalle finestre e dagli oculi. Eretto dal 1474 al 1511 su progetto del fiorentino Giuliano da Maiano, ha un interno a croce latina e a tre navate di impronta brunelleschiana, ma con caratteri di ascendenza romanica e gotico-padana, quali l'alternanza pilastri-colonne e le volte a vela. Da notare la classicissima arca di S. Savino, scolpita dal fiorentino Benedetto da Maiano (1474-76). Nella scenografica piazza del Popolo si fronteggiano due lunghi porticati a doppio loggiato, frutto di un progetto manfrediano di ispirazione vitruviana, compiuto fra il XVII e XVIII secolo e ridisegnato nell'Ottocento. Dal lato della torre è il Palazzo del Podestà, antico Palazzo comunale (XII sec.), ampiamente rimaneggiato e poi restaurato "in stile" a fine Ottocento. Di fronte è il palazzo del Municipio, già residenza del capitano del popolo (XIII sec.) e quindi dimora dei Manfredi, che conserva ben poco della struttura originaria; un passaggio coperto, con volta decorata a grottesche (XVI sec.), immette nella corte della Molinella dove prospetta il teatro Masini, di Giuseppe Pistocchi (1780-87). Appartengono ancora al periodo signorile le case Manfredi (sec. XIV-XV), con tracce dell'originaria decorazione in cotto e le quattrocentesche case Ragnoli. Della prima metà del Settecento sono il poderoso Palazzo Ferniani con pregevole soluzione dell'angolo (1740-50) e il Palazzo Bertoni (1745); del Palazzo Morri (XVI sec.) si notano i bellissimi scaloni, uno barocco, l'altro neoclassico. Interessante per l'edilizia sette-ottocentesca è corso Matteotti: vi emerge il fastoso Palazzo Bertoni (1768). Il magistero degli artefici della stagione neoclassica faentina - gli architetti Giuseppe Pistocchi e Giovanni Antolini, il pittore Felice Giani e lo scultore Antonio Trentanove - si rivela appieno nell'imponente Palazzo Milzetti, oggi sede del Museo del Neoclassicismo. Eretto su progetto di Pistocchi e Antolini (1794-1802), ha la facciata ritmata dagli stipiti bugnati delle finestre; preziosissima la decorazione degli ambienti interni, opera di Felice Giani, che in alcune scene rivela contenuti simbolici ed esoterici propri dell'ideologia massonica; notevole pure l'ornamentazione a stucco di Antonio Trentanove (galleria di Achille, gabinetto d'Amore, sala da bagno). Corso Mazzini è la via maggiormente rappresentativa dell'edilizia sette-ottocentesca; allinea la casa che Giuseppe Pistocchi edificò per sé (1787-90), il Palazzo Conti e il Palazzo Gessi, entrambi del Pistocchi, il Palazzo Zanelli dalla plastica facciata (1750 ca.); più avanti, la Casa Morri, tipico esempio del nitido neoclassicismo faentino (1805-10). Su corso Garibaldi prospetta il Palazzo Laderchi (opera di Francesco Tadolini, 1780), con l'interna galleria decorata da Felice Giani e Antonio Trentanove; segue la Casa Caldesi, opera alquanto convenzionale di Giuseppe Pistocchi (1800 ca.). All'estremità occidentale del centro storico è la chiesa di S. Maria Vecchia, detta anche S. Maria foris Portam, perché all'esterno delle mura sino alla metà del XV secolo; della chiesa originaria, rifatta intorno al 1655, invertendone l'orientamento, rimane il campanile ottagonale, affine ai modelli ravennati (IX sec.). Nel borgo Durbecco, quasi interamente ricostruito dopo gli eventi bellici, si nota la chiesa della Commenda, risalente al XII secolo, ma modificata nei tre successivi; nel catino dell'abside, affreschi di Girolamo da Treviso (1533). Settecentesche sono le chiese di S. Umiltà (1741-44), le cui linee semplicissime non lasciano presagire l'incantevole interno rococò; di S. Francesco, con la bella Cappella della Madonna della Concezione; dei Ss. Ippolito e Lorenzo (1771-74), con elegante ornamentazione a stucco di Antonio Trentanove. Il Museo Internazionale delle Ceramiche ha sede nell'ex convento di S. Maglorio. Fondato nel 1908 e risorto dopo la quasi completa distruzione bellica, raccoglie una vasta documentazione relativa alla produzione ceramica nel mondo. Si segnalano la copiosissima creazione locale, dalla fase arcaica (XIII-XIV sec.) a quella del primo e del secondo istoriato, ai tipi dei "bianchi di Faenza", sino alla raffinata produzione barocca e neoclassica della fabbrica Ferniani; le collezioni delle ceramiche delle regioni italiane, con prevalenza di quelle umbro-marchigiane, poi toscane, venete, abruzzesi, pugliesi, campane e lombarde; la raccolta delle targhe devozionali, ampio campionario di arte popolare dal XV al XX secolo; le sezioni del Medio ed Estremo Oriente e delle civiltà precolombiane; fra le opere moderne, gli esemplari di alcuni maestri del Novecento (Picasso, Chagall, Matisse, Léger, Rouault). Nell'ottocentesco Palazzo dei Gesuiti è ospitata la Pinacoteca comunale; conserva soprattutto opere di scuola faentina e romagnola (XIV-XIX sec.), ma anche importanti esemplari di ambito esterno. Fra i dipinti, Madonna col Bambino e santi di Giovanni da Rimini, Madonna in trono col Bambino e i Ss, Michele e Andrea di Marco Palmezzano; Cane e sporta di Arcangelo Resani. Fra le sculture: S. Girolamo, legno policromo di Donatello; il delicato busto in marmo col S. Giovannino, attribuito ad Antonio Rossellino; infine due splendide casse nuziali quattrocentesche, in legno dorato e intarsiato.

Fidenza

(23.182 ab.). Cittadina in provincia di Parma, sulla Via Emilia a metà strada tra Parma e Piacenza, presso la riva destra del rio Stirone. Fiorente mercato agricolo e centro industriale (calzature, fertilizzanti, materiali per costruzioni stradali). Centro romano, nel 41 a.C. Ottaviano le conferì la cittadinanza romana con il nome di Julia Fidentia. Secondo la tradizione, nel 291 d.C. qui venne martirizzato S. Donnino. Tra il VII e il IX secolo si affermò la denominazione di "Borgo San Donnino", che rimarrà fino al 1921. Nell'XI secolo divenne capoluogo di contea e successivamente feudo dei Pallavicino; da questi fu ceduto nel 1145 al comune di Piacenza. Nel 1199 se ne impadronirono i parmigiani. Nel 1249, Federico II investì Oberto II Pallavicino della signoria di Fidenza, perduta nuovamente nel 1268 ad opera della città di Parma, contro la quale Fidenza si costituì, nel 1281, in libero Comune. Nel 1335 passò sotto lo Stato milanese, prima con i Visconti e quindi con gli Sforza. Tornata nuovamente ai Pallavicino, nel 1545 la città entrò a far parte dello Stato dei Farnese. Il duca Ranuccio le conferì il titolo di città e nel 1575 Ottavio Farnese iniziò la costruzione di una cinta muraria bastionata a sette lati, che ancora oggi caratterizza la pianta del nucleo storico della città. Fidenza fu ricostruita nel dopoguerra, dopo le ingentissime distruzioni del 1944. Piazza del Duomo, ben conservato centro del borgo altomedievale e attraversato un tempo dalla Via Emilia, è dominata dalla maestosa facciata della Cattedrale di S. Donnino ed è delimitata a est da una linea di case antiche e a Nord dalla Portadi S. Donnino. La prima fondazione della Cattedrale risale al periodo paleocristiano, quando venne costruita una piccola chiesa per custodire le spoglie di S. Donnino. Nel Medioevo la chiesa divenne tappa obbligatoria per i pellegrini che lungo la Via Francigena si dirigevano a Roma. Considerato uno dei massimi esempi dell'architettura romanica padana, la Cattedrale deve il suo assetto attuale a tre fasi successive di sviluppo: tra la fine dell'XI secolo e l'inizio del XII fu definita la struttura basilicale a tre navate; verso la fine del XII secolo, su progetto di Benedetto Antelami, fu realizzata una nuova facciata delimitata da due torri; infine, negli ultimi anni del XIII secolo, vennero costruite l'abside in forme gotiche e le volte a crociera ogivali che coprono la navata centrale. Le cappelle laterali, invece, furono aggiunte solo nel Cinquecento. Nella facciata, chiusa fra due torri gemelle, si aprono tre portali, notevoli per la ricchezza delle decorazioni scultoree e incorniciati da protiri assai elaborati. Opera della scuola antelamica è il portale mediano. Una sorta di bassorilievo "a nastro", raffigurante episodi dell'infanzia di Cristo e della vita di S. Donnino, corre lungo la facciata. Al campanile, opera di Giovanni del Bruno (1569), si affianca la bella abside del 1287. L'interno, a tre navate, è una struttura slanciata sovrastata da matronei a quadrifore. Molte sculture presenti dell'interno rivelano la grande scuola di Antelami: nell'abside le opere più pregevoli: Cristo giudice affiancato dai simboli degli Evangelisti e da figure di angeli. Nel Museo Diocesano è collocato il manufatto di maggior pregio: la statua della Madonna in trono col Bambino, opera di Benedetto Antelami (fine XII sec.). Piazza Garibaldi è dominata dal Palazzo comunale, un severo edificio porticato. Sebbene esistesse già nel 1191, la struttura del palazzo risale al XIV secolo; nella seconda metà del XIX secolo venne rifatta la facciata in stile gotico lombardo. In piazza Giuseppe Verdi sorge il teatro Girolamo Magnani, iniziato nel 1812 e concluso nel 1861. La ricca decorazione interna è opera dello scenografo fidentino Girolamo Magnani. Il Palazzo delle Orsoline, costruito nel 1708 al posto della trecentesca Torre Salvaterra, ospita il Museo del Risorgimento Luigi Musini, nato grazie alle donazioni dei figli del patriota locale al quale il museo è intitolato. Nello stesso palazzo è ospitato anche il Museo Paleontofilo, che raccoglie reperti fossili provenienti dal locale Parco dello Stirone.

Fiorenzuola D'Arda

(13.393 ab.). Centro agricolo in provincia di Piacenza, alla destra del fiume Arda, sulla Via Emilia. Notevole centro agricolo e commerciale, sorge a metà strada tra Piacenza e Fidenza. Industria conserviera, salumaria, conciaria, raffinazione del petrolio di Cortemaggiore. Due sono le tradizioni legate al nome di Fiorenzuola, la prima riferita alle sue origini romane, la seconda al passaggio di S. Fiorenzo di Tours, vescovo di Orange nel VI secolo. Nei suoi pressi Rodolfo II di Borgogna, riportò una vittoria su Berengario I, re d'Italia (923). Feudo dei Pallavicino dal XV secolo al 1585, la città fu quindi ricompresa nell'ambito del ducato farnesiano seguendone le sorti. Sul centrale corso Garibaldi (ex Via Emilia) prospettano il Palazzo Bertamini, con vasto ciclo di affreschi (Bartolomeo Rusca e Francesco Natali, 1723-25), e il quattrocentesco Palazzo Grossi, adorno di un fregio rinascimentale e di maestose finestre. Merita una menzione la collegiata di S. Fiorenzo, ricostruzione della fine del Quattrocento, con caratteri ereditati dal romanico e dal gotico piacentino. Attraverso il rinascimentale portale in cotto si accede nell'interno a tre alte navate; nell'abside, vasto ciclo di affreschi, opera di pittori lombardi (fine Quattrocento-inizi Cinquecento). A circa quattro chilometri sorge l'abbazia di Chiaravalle della Colomba, iniziata nel 1135 dai Cistercensi per impulso di Bernardo di Chiaravalle. La leggenda narra di una colomba che, volando e spargendo pagliuzze con il becco, indicò il luogo per la costruzione dell'abbazia. Il complesso, trasformato nel Seicento, è stato sottoposto a una serie di ripristini delle condizioni romaniche, condotti tra il 1893 e il 1963. La facciata è tripartita e preceduta da un atrio; nell'interno, nitidamente restaurato, sono frammenti di affreschi e opere di influsso giottesco (XIV-XV sec.). Dalla navata destra si accede al magnifico chiostro, ritmato dalla sequenza delle arcatelle con colonne angolari recanti il motivo gotico del "nodo".

Forlimpòpoli

(11.314 ab.). Cittadina in provincia di Forlì-Cesena. Posta tra i due capoluoghi, sorge al centro di un fiorente territorio agricolo. Di chiara origine romana come indica il suo nome (Forum Popilii), crebbe come luogo di transito e di mercato grazie alla sua posizione sulla valle del Bidente e in diretta comunicazione con il mare. Distrutta dal re longobardo Grimoaldo (seconda metà VII sec.), passò nel basso Medioevo agli Ordelaffi di Forlì. Nuovamente annientata dal cardinale Albornoz nel 1361, venne ricostruita dagli Ordelaffi, che ne ampliarono la rocca e ne completarono la cerchia muraria, della quale rimangono tuttora tracce. Caterina Sforza, Lodovico Rangone e gli Zampeschi ne tennero il feudo tra il 1481 e il 1592, quando ritornò sotto il diretto governo pontificio. Nella centrale piazza Garibaldi sorge, sulle rovine dell'antica Cattedrale di S. Maria Pupiliense, la Rocca, eretta dall'Albornoz alla fine del Trecento e rafforzata dagli Ordelaffi nel secolo successivo; la sua possente mole a pianta trapezoidale è completata da torri cilindriche angolari, raccordate da suggestivi camminamenti coperti e dal bastione d'ingresso con il ponte levatoio. Agli inizi dell'Ottocento furono aperte le arcate verso la piazza e si ricavò il piccolo teatro Giuseppe Verdi, riformato nel 1881 con tipiche strutture in ghisa. Il teatro è rimasto famoso per l'episodio della sera del 25 gennaio 1851, quando il brigante Stefano Pelloni detto il Passatore vi depredò gli spettatori. Da notare la chiesa dei Servi (1510-20), dall'insolita pianta circolare, e la collegiata di S. Rufillo, di origine paleocristiana (VI sec.), rifatta nel XIV secolo e restaurata nel 1821, con l'aggiunta del pronao neoclassico sotto il quale sono due pregevoli monumenti sepolcrali degli Zampeschi (XVI sec.).

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