«Eutrofizzazione delle acque» di Romano Pagnotta


Generalità
L'eutrofizzazione accelerata provocata dall'uomo nelle acque dolci ed in quelle marine è un fenomeno che risale agli anni '60 e che è andato intensificandosi nelle ultime due decadi diventando, a livello mondiale, una delle cause più importanti di degradazione delle acque. La parola "eutrofizzazione" significa letteralmente "processo attraverso il quale si ottiene una soddisfacente nutrizione" ma nel linguaggio odierno il termine si riferisce all'eccessiva fertilizzazione causata dall'apporto di nutrienti (soprattutto il fosforo ed i composti dell'azoto) dei laghi, dei bacini idrici artificiali, dei fiumi a lento scorrimento ed in alcuni casi delle acque costiere marine, provocando una crescita eccessiva delle piante acquatiche, quali alghe e macrofite. A sua volta ciò comporta un deterioramento della qualità dell'acqua, problemi di sapore e di odore, un impoverimento di ossigeno, una minor trasparenza, una riduzione della pesca, possibili morie di pesci e intasamento dei corsi d'acqua. Per queste ragioni l'utilizzazione dei corpi idrici diventa più difficile ed a volte persino impossibile. I settori più colpiti sono quelli in cui si svolgono tutte le attività legate all'uso dell'acqua: il turismo, l'approvvigionamento di acqua potabile, il rifornimento di acqua destinata all'industria, il rifornimento di acqua per l'irrigazione, la pesca sportiva e commerciale e la navigazione. Si riportano inoltre casi di eutrofizzazione che provocano difficoltà nelle centrali idroelettriche ed un aumento della corrosione delle strutture immerse nell'acqua e realizzate dall'uomo. Oltre allo sviluppo di macrofite ed alle fioriture fitoplanctoniche, recentemente, soprattutto a causa dei fenomeni verificatisi in mare Adriatico, al termine "eutrofizzazione" si ricollegano, più o meno correttamente dal punto di vista scientifico, una serie di altri eventi quali:
- produzione di gelatine;
- presenza di alghe tossiche;
- anossie.
Questi fenomeni, pur essendo in qualche modo dipendenti soprattutto per il loro sviluppo quantitativo dall'aumentato stato trofico delle zone in cui si verificano, hanno cause, origini, inneschi, durate, estensioni ed effetti ben diversi e distinguibili; vanno pertanto esaminati separatamente, anche se talvolta gli effetti possono sommarsi sinergicamente, peggiorando ulteriormente lo stato delle aree colpite.

I meccanismi alla base del fenomeno
L'eutrofizzazione vera e propria dei corpi idrici, inteso come processo che produce fioriture fitoplanctoniche, è il risultato di una serie di eventi naturali in qualche modo amplificati o alterati per l'intervento dell'uomo nell'ambiente. Tale fenomeno può essere descritto e definito nel modo che segue. Le variazioni della biomassa degli organismi vegetali in un ambiente acquatico sono determinate da diversi fattori tra i quali in primo luogo:
a) la velocità con cui avviene la riproduzione cellulare;
b) la velocità con cui la massa di vegetali prodotta viene esportata dall'ambiente (sia viva che morta);
c) la velocità con cui la stessa viene importata;
d) la velocità con cui i vegetali vengono consumati dagli organismi animali presenti nella comunità;
e) la velocità con cui una frazione più o meno rilevante della massa vegetale muore e si decompone senza abbandonare l'ambiente.
Le condizioni qualitative dell'ambiente si mantengono ad un livello accettabile quando i materiali organici che giungono al sistema (c) e quelli che si producono all'interno del sistema (a) non eccedono quelli che vengono esportati (b), utilizzati (d) o decomposti (e) e, in quest'ultimo caso, in modo tale da non consumare ossigeno più di quanto il sistema ne metta a disposizione. Quando ciò si verifica si instaurano condizioni anossiche alle quali conseguono fatti degenerativi che incidono più o meno negativamente sulla qualità delle acque. Fra tutti i fattori sopra elencati che interagiscono nel controllare la biomassa, è l'aumento del grado di riproduzione che solitamente assume il ruolo principale nel determinare l'aumento della produzione di vegetali. In condizioni bilanciate la crescita della biomassa è, di norma, controllata dalla disponibilità di sostanze nutritive (carbonio, azoto, fosforo, ecc.) ma, quando questo controllo viene a mancare, il fenomeno può assumere andamento esplosivo dando luogo alla produzione di enormi quantità di vegetazione ed innescando quei processi anaerobici che possono portare, anche in tempi brevi, alla degenerazione qualitativa del corpo idrico. In una definizione corretta il termine di eutrofizzazione deve quindi essere riservato alla fase di arricchimento delle acque da nutrienti. In realtà il termine ha assunto un significato più ampio, riguardando l'intero processo di degradazione del corpo idrico, articolato in tre fasi:
- aumentata disponibilità di nutrienti,
- incremento della massa vegetale,
- insorgenza di fatti anaerobici.
La possibilità del manifestarsi dei fenomeni eutrofici dipende in gran parte, a parità di immissione di nutrienti, dalle caratteristiche fisiografiche (fisiche, morfologiche, idrodinamiche, climatiche, ecc.) del corpo idrico in questione. Profonde differenze sono quindi prevedibili nel caso delle acque correnti e di quelle non soggette ad un altrettanto rapido ricambio. Saranno questi ultimi gli ambienti potenzialmente più soggetti al rischio di eutrofizzazione quando a situazioni di scarso ricambio, bassa profondità media, elevato riscaldamento ed illuminazione, si associa l'apporto di nutrienti da un bacino fortemente antropizzato. Piccoli laghi o serbatoi con fondale basso e scarso ricambio idrico, frequenti in molte zone dell'Italia centrale ed insulare, oppure tratti di costa poco profondi e anch'essi a scarso ricambio, come il medio ed alto Adriatico, sono quindi da considerare ambienti da sottoporre a particolare tutela in quanto maggiormente esposti ai pericoli dell'eutrofizzazione.

Fattori casuali
Per effettuare una gestione dei corpi idrici che prevenga l'insorgere dei fenomeni eutrofici è necessario poter descrivere e conoscere con la massima precisione i fattori che generano e controllano il fenomeno ed esaminare le possibilità di controllo.

Fattori di generazione
Si intendono come tali quegli elementi o composti che intervengono nella nutrizione dei vegetali acquatici e le cui concentrazioni possono controllare l'insorgere di fenomeni di eutrofizzazione. Non si considerano invece come tali i fattori fisici (luce, temperatura, ecc.) e di morfometria del corpo idrico che, seppure esercitano un ruolo fondamentale nell'esplicarsi del fenomeno, non possono essere considerati fattori di eutrofizzazione in senso stretto e comunque non possono essere agevolmente modificati e controllati. Per quanto concerne i nutrienti di natura inorganica, Carbonio (C), Azoto (N) e Fosforo (P) rappresentano gli elementi fondamentali per la nutrizione vegetale. Oltre a questi tre nutrienti fondamentali un ruolo può essere esplicato anche dal ferro o da altri micronutrienti di natura organica come le vitamine. La presenza dei nutrienti è necessaria, anche se non sufficiente, per il verificarsi di fenomeni eutrofici.

Fattori controllanti l'eutrofizzazione
A controllare l'eutrofizzazione sarà quindi la disponibilità di sostanze nutrienti. Come fattore controllante si intende quella (o quelle) sostanza che essendo presente nell'ambiente in quantità minore rispetto alle altre in funzione delle necessità nutrizionali degli organismi limita il livello di crescita dei popolamenti algali. C, N é P sono necessari alla vita vegetale con rapporti variabili in funzione dei popolamenti. Il contenuto intracellulare dei tre elementi in alghe azzurre (Cianoficee) risulta pari a circa C:N:P = 61:9:1, in alghe verdi (Cloroficee) invece C:N:P = 138:10:1. Le fonti di carbonio, alcanilità dei carbonati, processi respiratori e rifornimento di CO2 dall'atmosfera sono sempre sufficienti a sostenere crescite algali vegetali. Anche i micronutrienti sono sempre presenti in quantità sufficiente, esclusi alcuni ambienti estremamente oligotrofici. Per quanto riguarda P e N, dall'esame dei dati relativi a 131 dei maggiori laghi e serbatoi italiani l'85% è risultato essere limitato da P, il 7% da N e l'8% in equilibrio tra P e N. In acque marine costiere le condizioni sono invece molto variabili e legate a numerosi fattori sia di origine naturale che antropica. I dati più recenti sulle acque costiere dell'Emilia Romagna riportano per gli anni 1982-1984, in 1.455 campioni, l'89% di casi in cui il P è elemento limitante e il 7% per l'N. Considerando però soltanto i mesi estivi la limitazione da N è molto maggiore raggiungendo anche il 40% dei casi.

Fattori controllabili
Le fonti di N e P sono in parte comuni, come quella metabolica o agricola o industriale, ma l'N perviene ai corpi idrici anche attraverso la fissazione dall'atmosfera ad opera di alcune cianoficee. Il P ha invece un'importante fonte localizzata di generazione che è costituita dai detersivi nella formulazione dei quali il P è presente in concentrazione variabile. Sia per la prevalente importanza delle fonti localizzate che per un più facile e meno costoso abbattimento del P negli impianti di trattamento, risulta quest'ultimo il fattore il cui controllo sembra essere più attuabile negli interventi di gestione di un corpo idrico. La riduzione dell'input di P avrà un effetto certo nei casi in cui il P è elemento limitante, che come si è visto sono la maggioranza. Anche negli altri casi tale riduzione, pur richiedendo necessariamente uno sforzo maggiore dovendo essere più spinta, porterà ad un'inversione del rapporto tra N e P preesistente e produrrà quindi un risultato analogo. Stabilito come il fattore più idoneo da controllare per prevenire i fenomeni eutrofici sia il carico di P che perviene al corpo idrico, l'intervento può essere effettuato sulle varie fonti di generazione di quell'elemento. Tali interventi possono riguardare:
- riduzione del P presente negli effluenti domestici diminuendo la concentrazione di P nei detersivi, fino ad una totale scomparsa per sostituzione con idonei prodotti sostituenti;
- riduzione del P dilavato dai terreni del bacino idrico mediante:
a) interventi in agricoltura tendenti ad una razionalizzazione delle concimazioni e ricerca di fertilizzanti a minore impatto ambientale oltre ad opere che possono limitare l'erosione del terreno e difenderne la stabilità;
b) particolare attenzione agli scarichi provenienti dagli allevamenti zootecnici stimolando le ricerche sulla fertirrigazione.
- riduzione del P di origine metabolica (effluenti domestici) ed industriale mediante l'impiego di impianti di depurazione che prevedano la defosfatazione dello scarico, tenendo maggior conto della capacità recettiva del recapito.

La situazione in Italia
I fenomeni eutrofici restano uno degli aspetti più critici per quanto riguarda le acque costiere (specialmente quelle del Nord Adriatico) e lacustri. Per avere un quadro complessivo della situazione a livello nazionale ci si può rifare ad indagini svolte dal CNR e da altre istituzioni scientifiche negli ultimi 10 anni. Inoltre, nel 1987 sulla base di una specifica legge (L. 7/1986), è stato attivato un piano per il monitoraggio dello stato di eutrofizzazione delle acque interne e costiere. Per la realizzazione del piano di monitoraggio sono state selezionate le acque costiere di La Spezia, Roma, Napoli, Ferrara, Rimini, Ravenna, Venezia e Sassari, sulle quali, mensilmente, vengono effettuati i necessari compionamenti e le relative analisi. Per le principali acque lacustri gli ambienti selezionati sono i laghi di Varese, Maggiore, Como, Garda, Iseo, Bolsena, Bracciano, Trasimeno, Omodeo, Mulargia, Liscia, Varano, Lesina ed Orbetello per i quali sono state programmate due campagne annuali, con prelievi da effettuarsi al centro del lago. La situazione risultante può essere come nel seguito descritta.

Acque lacustri
I corpi idrici in Italia sono oltre 2.000: di questi 389 sono di acque dolci (naturali, naturali ampliati o artificiali) e 104 sono ambienti salmastri costieri, lagune escluse. I maggiori problemi del deterioramento di questo patrimonio sono ormai noti: derivano da un accumulo di sostanze nutrienti e, limitatamente ad alcuni corpi idrici, dalla presenza di scarichi inquinanti di origine industriale. Indagini effettuate dall'Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA) del CNR permettono di arrivare ad una classificazione complessiva dello stato trofico (TSI) delle acque ordinando i vari ambienti in funzione delle concentrazioni crescenti del fosforo totale, e dei valori decrescenti della trasparenza e della concentrazione di ossigeno disciolto. Tra i due estremi si identifica un gradiente continuo di trofia crescente che permette una valutazione dell'intensità delle capacità produttive e del grado di deterioramento. Tra gli ambienti meno compromessi risultano la maggioranza dei laghi e serbatoi dall'alta quota ed il Garda. Per contro il più elevato grado di conpromissione si rivela per una serie di laghi e serbatoi che sopportano un pesante carico di origine antropica (tra questi i laghi di Pusiano, Caldonazzo Alserio, Annone Est, Lugano, Varese) e che in alcuni casi risultano particolarmente sfavoriti dal punto di vista climatico e morfologico. Per quanto riguarda i grandi laghi italiani, questi si collocano nella seguente sequenza trofica (crescente): Garda, Bracciano, Bolsena, Iseo, Maggiore, Como. Molti laghi naturali o invasi artificialmente sono utilizzabili per approvvigionamento idrico. Ciò nonostante le loro acque sono a volte classificabili come eutrofiche. Per quanto riguarda i laghi sottoposti al monitoraggio, dai dati ottenuti di recente e da quelli precedenti è possibile formulare un giudizio orientativo di qualità basato principalmente sull'attuale grado di trofia. Varese Il lago risulta praticamente anossico già alla quota intermedia e totalmente anossico sul fondo. Questo dato, che indica uno stato di profondo degrado, è in linea con quelli rilevati prima dell'entrata in vigore della legge 7/86. Analoghe considerazioni riguardano l'ammoniaca e la clorofilla. Quest'ultima risulta anzi presente in concentrazioni nettamente superiori a quelle riscontrate negli anni '77-'78. Maggiore - Dalle indagini che l'Istituto di Idrobiologia (I.I.I.) del CNR effettua con sistematicità su questo lago, risulta che a partire dagli anni '80 si sono avute sensibili diminuzioni della concentrazione di fosforo totale. Tale risultato è da attribuire principalmente all'entrata in funzione di sistemi di depurazione nonché agli effetti conseguenti all'intervento legislativo sui detersivi.
Como - Anche per questo ambiente sono disponibili i dati I.I.I. in cui si constata una riduzione della concentrazione del fosforo che è da attribuire in maggior misura all'entrata in funzione di depuratori.
Garda - Per il Garda sono disponibili dati relativi a prelievi effettuati in tre periodi autunnali che, sostanzialmente in accordo con quelli raccolti dall'I.I.I. nell'81, confermano il perdurare di uno stato oligotrofico.
Iseo - Anche per questo lago si può far riferimento ai dati dell'I.I.I. che evidenziano una condizione di mesotrofia abbastanza stabile per i primi anni '80.
Bolsena - I risultati derivanti dall'elaborazione dei primi dati non contrastano con quelli ottenuti dall'IRSA nel periodo '82-'83 che mostravano un peggioramento delle condizioni di ossigenazione ed un lieve incremento del contenuto dei sali nutritivi rispetto ai dati dell'I.I.I. relativi al 1974.
Bracciano - Riferendosi alle indagini IRSA della metà degli anni '70, gli ultimi dati non contrastano con il giudizio precedente relativo al buono stato di trofia del lago di Bracciano.
Trasimeno - I dati del 1987 confermerebbero per questo lago il livello trofico già rilevato in precedenza (oscillante intorno alla mesotrofia).
Omodeo - Dagli ultimi dati dell'Istituto di Botanica dell'Università di Sassari emerge come il lago Omodeo non presenti sostanziali differenze nel livello di avanzata trofia già evidenziato dall'IRSA nel 1978.
Mulargia - Sempre dalle ricerche dell'Istituto di Botanica di Sassari nel triennio '85-'87 emergono fluttuazioni del contenuto di ossigeno e della trasparenza, mentre la concentrazione del fosforo, nello stesso periodo, rimane sostanzialmente costante.
Liscia - Pur presentando, negli anni '86-'87, un maggior contenuto di ossigeno, la concentrazione dei nutrienti rimane elevata. Pertanto si può affermare che il grado complessivo di trofia del Liscia nel tempo non ha subito modificazioni di rilievo.
Varano e Lesina - I dati ricavati nel corso del 1987 portano, in prima approssimazione, a classificare questi ambienti lacustri rispettivamente come mesoeutrofico e mesotrofico. Non si dispone di dati pregressi per una valutazione dell'evoluzione di questi ambienti.
Orbetello - I dati analitici del 1987 non sono in contrasto con quelli rilevati dall'IRSA che evidenziano un livello trofico elevato, con un discreto deficit di ossigeno.

Acque costiere
I fenomeni eutrofici raggiungono la massima intensità nelle acque costiere nord adriatiche che sono sede, dal 1975-1976, di intense fioriture con formazione lungo il litorale, di biomasse algali appartenenti al gruppo delle Diatomee (che danno luogo alle cosidette "maree verdi" o "acque sporche") e a quello delle Dinoflagellate ("maree colorate" o "acque rosse") che creano problemi serissimi alla pesca ed alla balneazione. Negli ultimi anni tali processi sembravano essersi attenuati come probabile conseguenza di una serie di interventi messi in atto per la depurazione delle acque reflue dei comuni costieri, mentre nel 1987 e nel 1988 si sono verificati nuovamente fenomeni di estese fioriture algali. Inoltre, nel 1988 e nel 1989 si è verificato il noto fenomeno della formazione di gelatine che ha prodotto danni rilevanti alle attività turistiche della zona. Per quanto riguarda le aree sottoposte al monitoraggio, precedentemente citato, previsto dalla legge 7/86 (condotto in sette aree campione) la situazione, riferita al 1987, può essere come nel seguito sintetizzata:

Ferrara
I dati analitici indicano il superamento costante dei valori corrispondenti ad un livello di eutrofia per tutte le stazioni considerate. Nella maggior parte dei casi viene inoltre superato il valore corrispondente a condizioni di ipertrofia. Queste considerazioni sono in perfetto accordo con i dati ottenuti a partire dal 1976 dall'IRSA, dalla Regione Emilia-Romagna e da altre Istituzioni scientifiche che hanno operato nelle acque costiere nord adriatiche.

Ravenna
I dati relativi al 1987 confermano la valutazione dello stato trofico della costa ravennate, individuato dalle istituzioni di cui sopra. Tali indagini portano a concludere che anche queste acque risentono degli apporti del fiume Po con conseguenti livelli trofici compresi tra l'eutrofia e la ipertrofia.

Rimini
I dati disponibili indicano, in maniera pressoché generalizzata per tutte le stazioni, ampie oscillazioni intorno ai valori tipici della mesotrofia. Tali oscillazioni fanno sì che, in relazione ad un parametro e/o in relazione ad una data di campionamento, si abbiano valori caratteristici della oligotrofia e della eutrofia, con sporadici casi di valori indicatori di condizioni di ipertrofia. Rispetto ai dati precedenti, relativi ai primi anni '80 e che indicano per queste acque costiere una situazione di ipertrofia, i dati del 1987 starebbero a dimostrare una lenta evoluzione delle caratteristiche qualitative delle acque in senso migliorativo.

Venezia
I dati indicano per le acque litorali della zona condizioni di forte variabilità. In queste acque recentemente (1984) si sono verificate imponenti fioriture algali che hanno interessato sia la zona costiera che la laguna veneta.

La Spezia
Si sono rilevate situazioni abbastanza diversificate che vanno dalla oligotrofia alla eutrofia spinta. Nonostante questo quadro e benché non siano disponibili serie storiche relative al livello trofico delle acque in questione, non si hanno notizie di rilevanti e generalizzati fenomeni di eutrofizzazione.

Roma
Le acque costiere del litorale romano appaiono sufficientemente caratterizzate dal punto di vista trofico. Il Tevere svolge un ruolo fondamentale nel determinare le condizioni di trofia delle acque costiere. Così nella zona a Sud della foce e non interessata all'apporto fluviale si hanno caratteristiche di oligo-mesotrofia mentre nella zona a Nord, ove generalmente si è riscontrato il pennacchio di diffusione del Tevere, si va gradatemente da condizioni tendenti all'eutrofia nelle stazioni più vicine alla foce, a situazioni di mesotrofia che si instaurano a distanze maggiori.

Sassari
Delle sette stazioni analizzate nel corso del 1987 (periodo aprile-settembre), cinque appaiono costantemente in condizioni di oligotrofia. Delle rimanenti due stazioni, scelte in quanto rappresentative di zone ad alto rischio trofico, una appare caratterizzata da elevati valori di fosforo totale (100 ug/l) e, nei mesi tardo-estivi, da bassi valori di trasparenza (1 m) e pertanto è da considerare eutrofica, l'altra risulterebbe oligotrofica e per l'assenza di fosforo e per i valori di trasparenza più elevata.

Il problema delle "gelatine"
Il fenomeno, definito come "mare sporco", che si manifesta con la formazione di ammassi gelatinosi, impropriamente chiamati mucillagini, è stato rilevato negli ultimi due anni (1988 e 1989) in tutto l'Adriatico settentrionale e in quello centrale su ambedue le coste (italiana fino alle Tremiti e jugoslava fino a Dubrovnik) durante l'estate. In entrambi i casi la comparsa è stata segnalata dapprima nelle zone al largo, con probabile inizio lungo le coste jugoslave e successivamente nelle acque costiere dell'Italia settentrionale, con durate dell'ordine di 30-45 giorni. I danni sono state prevalentemente a carico delle attività di pesca (appesantimento delle reti e conseguente impossibilità di utilizzo) e delle attività turistiche. Fenomeni analoghi erano già stati descritti nel passato, fin dal secolo scorso, con estensione analoga, ma avevano danneggiato soltanto le attività di pesca non essendo ancora sviluppata quella turistica. Mentre i fenomeni connessi alle fioriture fitoplanctoniche sono meglio conosciuti, per quanto riguarda il "mare sporco", la cui diretta dipendenza dall'aumento nelle acque di nutrienti organici ed inorganici è ancora tutta da provare, si hanno soltanto descrizioni sull'evoluzione del fenomeno che concordano su alcune delle caratteristiche generali, ma si riferiscono prevalentemente alla fase finale della sua evoluzione. Resta invece in gran parte ignota quella iniziale della produzione di materiale che dà origine al gel. A tutt'oggi non sono state infatti individuate le aree di innesco, il meccanismo di produzione delle sostanze gelatinose, gli organismi che le producono e conseguentemente la loro fisiologia e le cause imputabili a tale fenomeno. Le ipotesi esplicative più diffuse sono che la produzione della mucillagine sia a carico di diatomee bentoniche e/o epifitiche in situazioni oligotrofiche e con concentrazione e rapporti anomali tra i nutrienti. Il ritrovamento nei campioni di mucillagine raccolti di un gran numero di diatomee appartenenti a generi quali Nitzschia, Chaetoceros ed altri, sembrerebbe dare credito a tali interpretazioni. L'emissione di muco da parte delle diatomee è in effetti un fenomeno ampiamente descritto, collegato a diverse attività fisiologiche algali. Così l'adesione delle cellule di diatomee epifitiche al substrato è permesso dalla formazione di un cuscinetto di mucillagine. Per altre forme coloniali l'involucro gelatinoso serve a tenere uniti i diversi individui. Analogamente è stata osservata in alcune diatomee bentoniche l'emissione di mucillagini a base di polisaccaridi per favorire lo spostamento delle singole cellule sul substrato. Altro fenomeno che causa una elevata produzione di mucillagine da parte delle diatomee è la produzione sessuale, fenomeno meno frequente rispetto alla normale riproduzione vegetale che si attua per divisione binaria della cellula. Tale meccanismo può essere innescato oltre che per ragioni propriamente fisiologiche, quali la dimensione raggiunta dalla cellula al seguito di molteplici scissioni binarie, anche da fattori fisici, come la temperatura o l'illuminazione, e nutrizionali. Nel formulare le ipotesi suddette non sono però stati descritti i fenomeni fisici e chimici la cui coincidenza ed evoluzione cronologica forzano la transizione dei meccanismi fisiologici delle specie responsabili dai livelli normali di produzione a quelli anomali che potrebbero giustificare l'ampiezza del fenomeno. Si può ragionevolmente supporre che la presenza di diatomee nei campioni raccolti possa essere dovuta al semplice inglobamento delle stesse nella mucillagine senza essere state loro stesse a produrla. Infatti le specie osservate sono piuttosto comuni ed abbondanti in tutto il Mediterraneo. E' inoltre da evidenziare come la produzione di mucillagine non sia assolutamente una prerogativa unica delle diatomee. I prodotti della secrezione algale, che includono molte molecole organiche come amminoacidi, DNA, RNA, enzimi, proteine e polisaccardi, sono un elemento comune a tutte le specie e rappresentano un elemento fondamentale nella catena alimentare degli ecosistemi acquatici. Esistono anche alghe, cloroficee o crisoficee, caratterizzate nel loro ciclo vitale da una fase gelatinosa "palmelloide", che nel passato erano per questo considerate come appartenenti all'unico genere Palmella e che ora vengono definite come alghe gelatinose. Il più noto rappresentante in questo gruppo è forse la Phaeocystis pouchettii, una piccola cellula munita di flagello appartenente alla classe delle crisoficee, che nel Mar del Nord è frequentemente responsabile di enormi fioriture che si manifestano con la produzione massiccia di materiale gelatinoso, ad alto contenuto di polissaccardi, che produce effetti molto simili a quelli descritti in Adriatico. Al di là delle ipotesi, l'identificazione degli organismi responsabili del materiale gelatinoso potrà comunque essere effettuata soltanto se l'evoluzione del fenomeno sarà seguita fin dall'inizio, prima cioè che la produzione di muco sia diventata massiccia e vi sia stato l'inglobamento nella massa gelatinosa di altre alghe presenti.

I provvedimenti normativi
I provvedimenti legislativi adottati in Italia, per contrastare i fenomeni eutrofici hanno sostanzialmente riguardato la riduzione del carico di fosforo che perviene ai corpi idrici da sorgenti puntiformi e diffuse (agricoltura, bestiame, detersivi, componente metabolica di scarichi urbani). In particolare tali provvedimenti per lo più hanno riguardato la riduzione del fosforo nei formulati per detergenza. L'adozione di tale strategia trova la sua giustificazione nella possibilità di intervenire rapidamente su dette fonti e dalla prospettiva di ottenere risultati positivi, in termini di benefici ambientali, in tempi relativamente brevi. Dall'esame della normativa degli ultimi 12 anni tuttavia si evince che alla suddetta strategia mirata si è arrivati per gradi, sotto l'impulso del rapido sviluppo delle conoscenze tecniche e scientifiche e soprattutto sotto la preoccupazione dei ritmi crescenti di comparsa delle fioriture algali nelle acque costiere del nord Adriatico. Prima di passar in rassegna i provvedimenti normativi specifici che hanno regolamentato negli ultimi anni il contenuto massimo di fosforo nei formulati per detergenza, appare opportuno accennare ad altre iniziative di legge che in precedenza hanno preso in considerazione l'elemento in questione. Già nella legge quadro del 10.5.1986, n. 319 che detta "Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento" il fosforo nelle acque di scarico industriale è ammesso alla concentrazione massima (valore limite) di 10 mg/l (come P). Per le acque lacustri, potenzialmente soggette ad effetti cumulativi connessi anche con i fenomeni di eutrofizzazione, il suddetto valore limite viene ridotto a 0,5 mg/l (come P) sia che le acque di scarico vengano immesse direttamente nel lago sia che vengano immesse nell'area circostante compresa in un fascia di 10 km. dalla linea di costa. Successivamente, nella delibera del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento del 4 febbraio 1977 riguardante i "criteri, metodologie e norme tecniche generali" di cui all'art. 2, lettera b), d) ed e) della citata legge 319, si ritrova all'allegato 1, cap. II che il fosforo, sia sotto forma di fosfato che di fosforo totale, è tra i parametri indispensabili per il controllo della qualità dei laghi e serbatoi. Un altro aspetto degno di menzione si ritrova nella delibera del Comitato Interministeriale per la Tutela della Acque dall'Inquinamento del 30 dicembre 1980 (in G.U. n. 9 del 10.1.81) e più precisamente nell'allegato 2 riguardante i criteri in base ai quali dovranno essere fissati i limiti di accettabilità per alcuni parametri. Per il fosforo, in sede di preambolo, si dice che "limiti più o meno restrittivi possono essere imposti in relazione al carico trofico e tossico ammissibile in funzione degli usi del corpo ricettore, tenendo presente le eventuali interconnessioni con le acque sotterranee", mentre per la sua regolamentazione viene detto "per il fosforo totale, la fascia di 10 km. dalla linea di costa del lago, di cui alla nota del parametro 34 della Tabella A della legge 319/76, può essere ampliata fino a coprire, se necessario, l'intero bacino imbrifero". Il primo provvedimento inteso a regolamentare il tenore di fosforo nei "detersivi per bucato" lo si riscontra nella Legge 5.3.1982, n. 62 che rappresenta la "Conversione in legge, con modificazione, del decreto legge 22.12.1981, n. 801, concernente provvedimenti urgenti in materia di tutela delle acque dall'inquinamento". Più particolarmente viene prescritto che dal 19 settembre 1982 "i detersivi per bucato debbono essere prodotti e commercializzati con un contenuto di composti di fosforo non superiori al 6,5%, espresso come fosforo". Successivamente, attraverso una serie di altri provvedimenti normativi, il Ministero della Sanità (D.M. Sanità del 23 settembre 1988, n. 413 in G.U. del 26.09.88, n. 226) stabiliva che a partire dal 1º gennaio 1989 i preparati per lavare, di cui alla legge 24 gennaio 1986, n. 7, devono essere prodotti con una percentuale massima dei composti di fosforo, espressa come fosforo, non superiore all'1%. Per concludere e per quanto riguarda i provvedimenti normativi nel giro dei sei anni circa il Governo e le Amministrazioni Centrali interessate, mediante una serie di provvedimenti, hanno raggiunto l'obiettivo di eliminare quasi totalmente il fosforo dai detersivi per lavare.

Considerazioni conclusive
Da quanto esposto emerge come un notevole impegno sia stato profuso nello studio dei numerosi aspetti del problema e nello sviluppo di azioni ritenute idonee al raggiungimento di soluzioni valide. Questo impegno ha consentito di acquisire un quadro orientativo delle condizioni trofiche di un rilevante numero di ambienti lacustri e del tratto di costa marina più compromesso dall'eutrofizzazione e ha permesso di individuare i fattori causali del processo e di indicare linee di intervento, in parte attuate. Tutto ciò, a causa della sproporzione tra le dimensioni del problema e le forze impegnate, non ha però permesso di conseguire risultati significativi sul piano del recupero della qualità, essendo ancora generalizzato lo stato di degrado in cui versa buona parte dei bacini idrici per effetto della proliferazione algale. Questa situazione si motiva a) con il mancato approfondimento delle conoscenze sullo stato trofico di molti corpi idrici, a causa del quale, a tutt'oggi, risultano ignote o conosciute in maniera insoddisfacente le caratteristiche trofiche di gran parte delle acque italiane, e b) con il parziale avviamento delle azioni che sono state individuate per il contenimento dei carichi trofici e di quelli di fosforo in particolare. Manca, in altre parole, un quadro complessivo della situazione, tracciato sulla base di dati recenti raccolti con metodologia uniforme in modo da avere tutti gli elementi necessari a sviluppare progetti di recupero, conservazione e gestione. Iniziative sporadiche, quali quelle conseguenti all'avviamento del programma di monitoraggio previsto dalla legge 7/86, non consentono di colmare le lacune conoscitive sopradette. Il primo obiettivo, in una visione prospettica, deve perciò essere quello dell'acquisizione di dati utili per progetti di interventi dimensionati alle necessità dei singoli corpi idrici, obiettivo che non può prescindere da quello dalla istituzione e del potenziamento delle strutture addette ai rilevamenti e ai controlli ambientali. Per quanto riguarda gli interventi, ne sono stati a tutt'oggi attuati solamente alcuni di diversione o depurazione della acque urbane confluenti ai laghi e, in Emilia-Romagna, sono stati completati con il trattamento di defosfazione gli impianti dei principali comuni costieri; a livello nazionale, si è adottato solo il provvedimento alla riduzione del fosforo nei detersivi, attuandola in modo esasperato. Nulla si è mosso per il contenimento degli apporti di sostanze eutrofizzanti provenienti da settore zootecnico; in quello della cessione di sali nutritivi dal suolo si è anzi andati in senso opposto per dimostrare, contro l'evidenza, che le pratiche agricole non inquinano; sul piano del trattamento dei reflui urbani il ritardo è stato enorme e i benefici degli interventi depurativi sono stati spesso annullati dall'espandersi delle reti di fognatura, prive di sistemi di defosfatazione negli impianti terminali di trattamento, quando esistenti. In altri termini, contro la linea dell'intervento globale, riconosciuta valida a livello mondiale, si è preferito, di fatto, puntare solo su uno dei numerosi fattori che determinano il problema e, cioè, sui detersivi. Si ritiene invece che l'intervento contemporaneo su tutte le fonti sia a tutt'oggi valido e che la sua piena attuazione rappresenti la sola possibilità di contrastare un processo di deterioramento ambientale che viene segnalato come tra i più preoccupanti, nel prossimo futuro, per le acque interne e costiere dei Paesi sviluppati. L'attuazione di tali interventi non potrà probabilmente bastare a impedire episodi eccezionali quale è quello verificatosi nelle ultime due estati in Adriatico, le cui cause restano da valutare, ma certamente va nel senso opposto ad essi e potrà avere invece una forte influenza positiva nel contenimento degli eventi ordinari, quelli, cioè, che interessano abitualmente i laghi e le acque costiere dell'Emilia-Romagna. Per concludere le prospettive di successo delle azioni per contrastare il processo di eutrofizzazione passano, in primo luogo, attraverso l'acquisizione di elementi utili per progetti di intervento. Detti elementi, definiti i livelli necessari per il recupero dei corpi idrici, dovranno consentire la quantificazione dei carichi eutrofizzanti, in modo da indirizzare su di essi, in un secondo momento, le varie azioni di contenimento, giudicandone l'opportunità in base ad una corretta previsione dei costi e dei risultati.

 

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