«Le carte geografiche» di Alessandro Nangeroni


Le moderne carte geografiche - piene di dati riguardanti la rete stradale, la posizione dei monti e dei fiumi, le varie zone di vegetazione, la diversa collocazione delle razze, gli itinerari aerei e navali, la dislocazione delle aree di influenza commerciale e simili - nascono dall'esigenza di rappresentare in modo pratico la Terra con tutte quelle notizie che possono agevolare i nostri spostamenti e la nostra attività. Questa esigenza è stata sentita dall'uomo fin dai tempi antichi; già nella seconda metà del sesto secondo avanti Cristo il greco Ecateo rappresentava la Terra come un immenso «piatto» circondato dall'Oceano che entrava fra i continenti delle Colonne d'Ercole, oggi Stretto di Gibilterra e allora porta aperta sull'ignoto. Comincia in tal modo a far la sua comparsa una geografia affatto rudimentale; il nome stesso «geografia» - cioè descrizione della Terra - era stato per la prima volta usato da Eratostene, funzionario della famosa biblioteca di Alessandria, attorno al duecento avanti Cristo. I più interessati a questa disciplina erano i popoli nomadi che anticipavano, con le loro carte costiere, le carte nautiche o «portolani» dei navigatori europei dei secoli delle grandi scoperte. Simili alle carte moderne, i portolani rappresentavano con discreta approssimazione la posizione dei porti lungo le coste ed erano disegnati per lo più su pergamena e a vivaci colori. Ma è chiaro che questa rudimentale fase della cartografia - la scienza che studia la struttura delle carte - lascia largo spazio alla fantasia del disegnatore che «vede», e descrive graficamente, monti, fiumi e foreste e perfino le case della città e dei villaggi. Queste carte divennero a poco a poco autentiche opere d'arte, pur nel tentativo dei loro creatori di rimaner sempre fedeli alle conoscenze scientifiche del tempo, da cui però troppo spesso si staccavano per lasciarsi trasportare dall'estro. Nessuno disegnava una carta geografica senza fare la divisione in paralleli e meridiani creata da Ipparco per definire la latitudine e la longitudine dei vari luoghi - sistema adottato ancor oggi - ma tutti sentivano la necessità di ravvivare il disegno per rendere più «vere» le immagini. Purtroppo però, dando libero sfogo alla fantasia, a poco a poco i cartografi si allontanarono eccessivamente dalla realtà. D'altra parte, all'inizio del Medioevo, quando il mondo conosciuto fu sopraffatto dalla barbarie, i soli ad alimentare la vecchia cultura, sostenuti dalla fede, furono i monaci, che non smisero mai di predicare e non si accontentarono di farlo nei loro paesi ma se ne allontanavano coraggiosamente avventurandosi in terre inesplorate per diffondere la loro religione. Ma la cosa più importante per noi è che dai loro viaggi riportavano notizie così particolareggiate che servivano come fonte di studio e conoscenza a quanti si interessavano alle regioni sconosciute. Per capire bene questo interesse bisogna pensare che nel Medioevo, e più tardi fin dopo il Rinascimento, la geografia fu una tra le materie che suscitavano gli entusiasmi maggiori, e ciò è comprensibile in quanto abbracciava in sé altre discipline allora tenute in gran conto, come la matematica e l'astronomia. I medici poi, oltre a narrare le vicende dei loro viaggi, cominciarono a disegnare vere e proprie carte geografiche presto diffuse fra le persone più abbienti e altolocate. I principi e i feudatari più in vista ambivano procurarsi tali carte per esibirle ai loro amici come autentiche meraviglie. E meravigliose in un certo senso lo erano, per colori e disegno, ma purtroppo l'arte andava spesso a scapito della scienza. Di tali documenti rimangono esemplari davvero notevoli, che denotano soprattutto come chi si aggingeva a compilarli non avesse nemmeno la minima idea di che cosa fosse il globo terracqueo, che tra l'altro non era ancora raffigurato come una sfera. Dai geografi veniva adottato un sistema curioso per disegnare le loro carte: cercavano di sistemare attorno alle terre conosciute quelle di cui si sospettava l'esistenza perché era accennata in qualche conto popolare o in qualche leggenda. La maggior parte dei geografi del Medioevo erano rimasti alla disposizione che della Terra avevano dato Strabone ed Eratostene e cioè partivano dal presupposto che tutto il mondo conosciuto fosse come una grande isola: l'Africa era staccata dal Mediterraneo e terminava a nord dell'Equatore. Ogni tanto poi c'era qualcuno che metteva a suo giudizio, qua e là, una estensione piuttosto vaga di «terra incognita»... Eppure con tutte le loro lacune e imprecisioni furono queste carte a far conoscere agli abitanti del Nordeuropa le scoperte di quelli del Sud e viceversa. Sotto l'influenza araba nell'Europa meridionale si rifece sentire l'esigenza di carte più scientifiche e meno infiorate. Nel Trecento si diffusero così i portolani; uno fra i più famosi è quello firmato del 1311 da Pietro Vesconte. Altra opera veramente interessante è il Mappamondo di Marin Sanudo, che si rifaceva alla teoria secondo la quale a sud dell'Africa v'erano terre dove abitavano i leggendari Antipodi ma non era possibile andarci perché i naviganti avrebbero dovuto passare per una zona torrida in cui si riteneva che l'aria non fosse respirabile. Un'altra carta eccezionale fu disegnata nel 1436 da Andrea Bianco e si trova in una biblioteca di Venezia. In tale carta il mondo antico è raffigurato come un gran continente diviso in due parti dal Mediterraneo e dall'Oceano Indiano come se fossero un solo mare che andava da occidente a oriente. L'Europa e l'Asia sono nella parte settentrionale e l'Africa in quella meridionale; anche in tale carta l'Africa termina alla linea dell'Equatore. Le nazioni dell'Europa vi sono nominate tutte, comprese la Svezia e la Norvegia; mancano solo, chissà perché, la Polonia e l'Ungheria. Ma la vera singolarità di questa carta è un'isola che l'autore pone a ovest delle Canarie e che chiama Antilia. Dopo la scoperta del Nuovo Mondo molti pensarono che quest'isola fosse, in realtà l'America Centrale e alle grandi isole che la compongono venne perciò dato il nome di Antille. Dopo questo periodo la scienza comincia ad avere il sopravvento sull'arte, si rispolverano i testi greci e così si possono notare i progressi che la scienza ha fatto. Nel 1528 Münster aveva pubblicato una carta abbastanza esatta in cui vicino a dati precisi aveva inciso anche gli errori di Tolomeo. Dopo il XVII secolo le carte assunsero sempre più decisamente il carattere solo scientifico che posseggono attualmente, e ciò soprattutto per le scoperte dell'olandese Mercatore sulle leggi della proiezione che ancor oggi vengono seguite nella stesura delle carte stesse. Attualmente per stampare le carte geografiche si devono seguire alcune norme sulle quali esiste un accordo internazionale; se così non fosse, ogni Stato avrebbe le proprie carte e non ci potrebbe essere nessuna collaborazione tra i vari paesi. Bisogna innanzitutto tener presente la relazione matematica tra la superficie terrestre curva e il piano del foglio su cui si deve eseguire la rappresentazione grafica. Un'altra convenzione, la scala, indica il rapporto di riduzione esistente fra le dimensioni reali e quelle disegnate sulla carta. Pertanto una scala indicata 1:100.000 (di uno a centomila) significa che la misura di un centimetro sulla carta corrisponde a un chilometro effettivo. Tra i vari tipi di carte geografiche vi sono le carte politiche, che riportano i vari confini tra gli Stati e le città contrassegnate secondo la loro importanza, e le carte fisiche, che indicano i gruppi montuosi e i corsi d'acqua e praticamente mettono in evidenza le caratteristiche del terreno. Queste sono a loro volta suddivise iin orografiche, che rappresentano le catene dei monti, nautiche o idrografiche che servono alla navigazione, e aeronautiche che servono ai piloti in volo. Vi sono anche le carte sismiche dove sono messe in rilievo le regioni soggette a terremoti; le carte etniche in cui viene segnata la distribuzione delle varie razze, e quelle demografiche che indicano la densità degli abitanti nelle varie regioni. E poi le varie carte geologiche, linguistiche, economiche, e infine quelle storiche e archeologiche. Per la fabbricazione delle carte gli elementi vengono presi da una carta base che a sua volta viene realizzata sui rilevamenti attuati in loco. Questa carta base generalmente viene fatta su scala molto grande partendo da un massimo di 1:25.000. Da questa vengono ricavate tutte le altre, in scale successive che prendono via via il nome di piante, se riproducono in scala da 1:1.000 i quartieri di una città; di mappe, in scala da 1:10.000; di carte topografiche, da 1:100.000; di carte corografiche, che su scala da 1:1.000.000 rappresentano i particolari di una regione. E finalmente di carte geografiche propriamente dette, se vanno al di là della scala da 1:1.000.000. Nel 1912 per la prima volta, e poi di nuovo nel 1948 tutte le nazioni del mondo hanno concordato una Carta internazionale alla quale hanno collaborato i tecnici di tutti i paesi ciascuno per la propria parte.

 

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