«Vita nell'universo» di Aurelio C. Robotti
E' abbastanza facile, una volta dato lo Stato, la città, la via, il numero civico e il codice postale, rintracciare una persona che si trovi sulla Terra; ugualmente possibile sarebbe, per un ipotetico extraterrestre, rintracciare la posizione della Terra in quell'insieme complesso che potremmo chiamare l'Universo. In primo luogo si potrebbe dirgli in quale galassia ci troviamo e dargli informazioni sulle galassie vicine, che assieme alla nostra formano un ammasso; poi si potrebbe comunicargli sotto il dominio di quale stella ci troviamo e fornirgli la posizione del Sole rispetto al centro galattico; infine gli dovremmo dare la nostra posizione all'interno del sistema planetario cui apparteniamo. Supponiamo che il nostro visitatore viaggi con un' astronave che abbia velocità uguale a quella della luce (circa 300 mila km/sec), e vediamo il tempo che gli sarebbe necessario per fare qualche viaggio intorno a noi. Per venire a noi dalla più vicina galassia impiegherebbe circa 2 milioni di anni, mentre per andare da un capo all'altro della Via Lattea lungo un suo diametro gli sarebbero necessari solo 100.000 anni. Se però l'extraterrestre si trovasse su un sistema planetario appartenente alla stella più vicina al Sole, in meno di 5 anni potrebbe raggiungerci; potrebbe poi andare dalla Terra al Sole in poco più di 8 minuti, mentre raggiungerebbe la Luna (dalla Terra) in meno di 2 secondi. Infine con la sua astronave potrebbe percorrere l'intero nostro sistema planetario, da un capo all'altro di un suo diametro, in circa 11 ore. Immaginiamo che questo visitatore sia un nostro vicino del sistema solare e cerchiamo di vedere come apparirebbe il pianeta Terra nel suo cielo; per esempio nel cielo di un gioviano la Terra è invisibiie ad occhio nudo (un occhio terrestre) e visibile solo con un buono strumento; nel cielo di Marte la Terra si comporta più o meno come Venere nel nostro cielo, mentre nel cielo di un venusiano il nostro pianeta al massimo splendore sarebbe da 6 a 7 volte più luminoso di Venere nel cielo terrestre (nelle stesse condizioni di massima luminosità); infine nel cielo di Mercurio la Terra avrebbe luminosità doppia di quella che ha Venere osservata da noi. Ma quante possibilità abbiamo, in base ai dati attualmente a disposizione, di ritenerlo realmente esistente, questo spettatore che dal suo pianeta guarda al nostro? Probabilmente nessuna, e questo non perché sui pianeti del nostro sistema non si trovino gli elementi necessari a formare quella che chiamiamo vita, ma a causa delle condizioni ambientali che tali elementi hanno trovato. Sappiamo infatti che tutto ciò che si trova sul nostro pianeta è costituito da meno di 100 tipi di atomi; questi stessi atomi si trovano non solo sugli altri pianeti del nostro sistema, ma costituiscono l'intero universo; su questo punto non possono sorgere dubbi, perché i messaggi spettrali delle stelle parlano chiaramente, e una prova più tangibile ancora, se possibile, ce la forniscono i meteoriti, gli unici corpi di provenienza extraterrestre a nostra disposizione (prima che potessimo esaminare le rocce lunari riportate dagli astronauti americani). Questi elementi, perciò, in condizioni equivalenti a quelle trovate sulla Terra, avrebbero certamente dato luogo alla vita, necessitando solo di un certo periodo di tempo per potersi evolvere; ma il tempo non è certo un fattore che poteva mancare. Che cosa, allora? Esistono delle condizioni-base per poter affermare che un certo pianeta è in grado di originare e conservare la vita: la temperatura e la gravità, per esempio. La gravità terrestre, alle temperature attuali e anche a quelle che si suppone ci fossero alle origini, è in grado di trattenere l'ossigeno e l'azoto, fondamentali per il nostro tipo di vita, mentre metano, ammoniaca e idrogeno si sono dispersi nello spazio, a causa del movimento molecolare più rapido di quello dell'ossigeno e dell'azoto. Se consideriamo gli altri pianeti del sistema solare, ci si può accorgere che sia le loro temperature sia le loro atmosfere non sono tali da renderli facilmente abitabili, a eccezione di Marte, su cui potrebbe esistere una forma di vita primordiale; infatti Mercurio e Venere sono troppo vicini al Sole per avere temperature favorevoli; mentre i pianeti esterni sono certamente troppo lontani e toccano temperature bassissime. La temperatura è ovviamente modificata e condizionata dall'atmosfera che si trova attorno al pianeta, e questa a sua volta è soggetta alla velocità di fuga dal pianeta, funzione della massa e del raggio del pianeta stesso. Se perciò si conosce la velocità di fuga da un pianeta e il valore medio della velocità delle molecole, che dipende dalla temperatura a cui si trova il gas e dal peso molecolare, si può determinare se un pianeta ha mantenuto la sua atmosfera originale, o se invece questa è stata modificata parzialmente o addirittura totalmente. Espresse in chilometri al secondo, le velocità di fuga per il nostro sistema planetario vanno da un minimo di circa 4 per Mercurio ad un massimo di 60 circa per Giove; Venere e la Terra hanno valori quasi uguali (10.5, 11.4 km/ sec) mentre gli altri pianeti esterni hanno valori inferiori a quello di Giove, ma pur sempre molto alti (Saturno 37, Urano 22, Nettuno 26 km/sec); le notizie per Plutone sono molto incerte in quanto sia la sua massa che il suo raggio sono conosciuti male. Dai valori delle velocità di fuga si può stabilire che Mercurio non ha probabilmente alcuna atmosfera, Venere e Terra hanno atmosfere abbastanza simili, Marte dovrebbe avere un'atmosfera più rarefatta della nostra, mentre i pianeti esterni devono averne una molto più estesa di quella terrestre. Tenendo poi in considerazione la velocità media molecolare alle diverse temperature si può stabilire, almeno in via approssimata, la composizione dell'atmosfera e capire come mai gas micidiali come ammoniaca e metano siano per esempio sfuggiti all' atmosfera terrestre ma siano invece rimasti in quella di Giove. Per avere un'idea del perché alcuni gas di cui doveva essere ricca la nostra atmosfera adesso non siano più cosi abbondanti, mentre altri sono rimasti e ne sono anzi diventati gli elementi principali, si consideri per esempio che alla temperatura di 0°C la velocità molecolare media dell'idrogeno è di 1.85 km/sec, mentre quella dell'azoto e dell'ossigeno è di circa 0.5 km/sec; ne risulta, essendo la velocità di fuga dalla Terra di circa 11 km/sec, che una molecola di ossigeno o di azoto deve moltiplicare di circa 24 volte la sua velocità media per poter sfuggire, mentre ad una di idrogeno basterebbe solo una velocità 6 volte maggiore per abbandonare l'atmosfera terrestre. Se quindi sembra accertato che di tutto il sistema solare la Terra sia l'unico pianeta favorevole alla vita, non è però logico pensare che la stessa Terra sia l'unico pianeta vivente dell'universo. Sull'origine della vita si possono distinguere due concetti fondamentali: o è nata sul nostro pianeta, oppure vi è stata trasportata in qualche modo dallo spazio esterno. In questo secondo caso la vita esterna al nostro sistema esiste e si è manifestata prima che da noi; nel primo caso, rimane da stabilire se la formazione di un sistema planetario come il nostro è da ritenersi un caso isolato, un evento insolito nell'universo, oppure un caso comune. Le origini e la formazione del sistema solare sono un problema ancora aperto alle discussioni; tuttavia la maggior parte degli astronomi ritiene la nascita e la sopravvivenza di sistemi planetari una cosa comune, e perciò normale il fatto che una stella sia accompagnata da un corteo planetaretario; questa tesi è avvalorata dal fatto che nel sistema solare ci sono troppe «regolarità», che il caso non avrebbe certamente potuto provocare. Naturalmente non tutte le stelle avranno un sistema planetario, e fra questi sistemi non tutti potranno offrire condizioni ambientali favorevoli alla vita; è logico pensare che una stella debba offrire determinate garanzie, e tra queste forse la principale è che per un periodo di tempo valutabile in miliardi di anni essa possa offrire più o meno le stesse condizioni di temperatura; una stella variabile o soggetta ad esplosioni non permetterebbe quel lento processo formativo che può portare alla vita, oppure potrebbe distruggerlo in maniera improvvisa e definitiva. Si deve inoltre tener presente che per dare origine alla vita è necessario creare un equilibrio perfetto tra mille fattori di diversa natura, come per esempio luminosità della stella, distanza del pianeta, massa del pianeta e così via; se uno solo di questi fattori non è in perfetto accordo con gli altri, le infinite condizioni da soddisfare per assicurare l'origine e la continuità della vita non si produrrebbero: una massa troppo piccola garantirebbe un'atmosfera insufficiente, una massa troppo grande, troppa atmosfera e per di più ricca di gas velenosi; se il pianeta fosse poi molto vicino alla stella risulterebbe troppo caldo, se molto lontano le temperature sarebbero troppo basse; tuttavia la vicinanza ideale dipende dal calore che può diffondere la stella centrale, e così via: ogni fattore si lega all'altro fino a formare le condizioni ideali, e anche in questo caso non è detto che la vita si formi, almeno la vita come la intendiamo noi fino ad oggi.
