«Trofei d'acqua» di Aronne Anghileri


Dopo l'inizio delle Olimpiadi moderne, trascorsero 28 anni, dal 1896 al 1924, prima che il vuoto codificasse il modo di disputare le gare. Avvenne alle Olimpiadi di Parigi, appunto nel 1924, quando fu realizzato un autentico stadio nautico (Les Tourelles, usate ancora oggi) con vasca lunga 50 metri, e si stabilì che per il futuro sempre si sarebbe gareggiato in quelle condizioni, che appunto si dicono «olimpiche». In precedenza le gare dei Giochi fatti rivivere da De Coubertin avevano avuto luogo a mare (Atene 1896), nella Senna (Parigi 1900), in un laghetto artificiale (St. Louis 1904), in un bacino dentro lo stadio di atletica (Londra 1908), nel porto (Stoccolma 1912), in una vasca dentro le fortificazioni (Anversa 1920). A Parigi 1924 nacque invece il nuoto moderno. Era già l'epoca di Johnny Weissmuller, il futuro Tarzan dello schermo, il quale due anni prima ad Alameda aveva nuotato i 100 metri in 58"6, primo uomo a rompere il muro del minuto. Era il trionfo del «crawl», lo stile nato nei primi anni del secolo in Australia, da osservazioni sul modo di nuotare di indigeni delle isole del Sud Pacifico. Abbandonando i più lenti «over» e «trudgen», i nuotatori più evoluti puntavano ormai sulla velocità, mentre lo sport agonistico trovava la sua sede più razionale (anche se non naturale) nelle piscine. Era sempre tempo di traversate, di gare lunghe in laghi o fiumi, ma i campioni più noti erano ormai i dominatori delle prove olimpiche: da Weissmuller ai suoi rivali e contemporanei Charlton, Arne Borg, Baranyi, Crabbe. Weissmuller è il primo mitico personaggio del nuoto. E' di origine tedesca, ma americano di Chicago: dicono che si sia dedicato al nuoto per guarire da un'affezione polmonare, ha trovato in Bachrach un grande allenatore, ha grandi mezzi fisici ed è uno studioso dello stile. Migliora decine di primati del mondo e vince cinque medaglie d'oro in due Olimpiadi, nel 1924 e 1928. E' un bello, e diventerà un beniamino dei ragazzi per le sue interpretazioni cinematografiche; nel 1950 un referendum fra giornalisti specializzati lo eleggerà «miglior nuotatore del mezzo secolo». Con lui è iniziata la lunga battaglia contro il minuto, che ha costituito per decenni la meta irrangiungibile degli specialisti di altri stili di nuoto: il «dorso», la «rana», la «farfalla» (quando è stata inventata: poi si è trasformata nel più veloce «delfino»). Dopo Weissmuller, il nuoto ha vissuto altri momenti quasi epici, dalla rivelazione dei giapponesi alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1932, confermata poi nel 1936 a Berlino, al duello a distanza fra gli stessi giapponesi e il resto del mondo nel 1948. Dopo la fine della guerra, gli atleti dei paesi sconfitti, Germania e Giappone, non erano stati ammessi ai Giochi Olimpici di Londra, ma mentre i tedeschi non rappresentavano in quel momento una potenza sul piano tecnico agonistico, i giapponesi erano di nuovo i più forti del mondo, soprattutto per merito di Ironoshin Furuhashi, «il pesce volante del Fujiyama», specialista del mezzofondo, cioè dei 400, 800, 1500 stile libero (quindi «crawl»). Mentre gli atleti di quasi tutto il mondo (mancava anche l'URSS) si davano battaglia a Londra senza ottenere grandi risultati, in Giappone fu organizzata una «contro-olimpiade» di significato chiaramente polemico, nel corso della quale Furuhashi migliorò i primati mondiali dei 400 e 1500 stile libero. Tempi che non furono riconosciuti dalla federazione internazionale, perché in quel momento il Giappone non ne faceva parte. Il momento del Giappone e di Furuhashi era ormai passato, quando si celebrarono le successive Olimpiadi, quelle del 1952, contraddistinte dall'avvento delle donne ungheresi, che vinsero quattro delle cinque prove in programma. Altro grande momento fu quello australiano, che coincise con i Giochi del 1956, disputati per la prima volta al di sotto dell'equatore, a Melbourne. Era la terza rivoluzione del nuoto, la terza ribellione all'egemonia americana: dopo quella giapponese del 1932 e quella (parziale) ungherese del 1952, gli australiani portarono un colpo che ebbe l'effetto di una bomba. Adottando nuovi sistemi tecnici e di allenamento, gli atleti del continente australe si imposero in tutte le gare di stile libero maschile e femminile (oltre al dorso uomini), e in modo tanto completo da far apparire una vera disfatta la sconfitta americana. Sia nei 100 maschili sia in quelli femminili i primi tre posti furono occupati da australiani, e nella gara di velocità donne comparve l'atleta che sarebbe entrata nella storia del nuoto, Dawn Fraser, una Weissmuller in gonnella. Aveva 19 anni nel 1956, all'epoca della sua prima vittoria olimpica nei 100 metri, e conservò la sua superiorità mondiale fino al 1964, vincendo la stessa gara anche nel 1960 a Roma e nel 1964 a Tokyo; una triplice impresa che nella storia dell'olimpismo ha pochissimi precedenti, soprattutto in specialità di chiaro contenuto atletico, qual è il nuoto. L'esplosione australiana, i cui effetti si potrassero per oltre 15 anni, ebbe pure il merito di portare a rompere il muro del minuto anche una donna. Il merito è stato naturalmente di Dawn Fraser, che riuscì a nuotare i 100 metri in 50"9 nel 1962 (40 anni dopo Weissmuller) a Melbourne. Era stata però preceduta, nel 1960, da uno specialista di «delfino», l'americano Lance Larson, il quale era arrivato a 59" a Los Angeles, un paio di mesi prima di partecipare senza fortuna all'Olimpiade romana. A Roma infatti l'Australia vinse ancora entrambe le gare dei 100 stile libero: fra le donne per merito della Fraser, fra gli uomini per merito (o fortuna?) di John Devitt, il quale «toccò» all'arrivo contemporaneamente a Lance Larson ed ebbe attribuita la vittoria anche se il parere dei cronometristi era favorevole all'americano, e successive osservazioni fatte sul filmato confermarono l'errore. Fu quello il «caso» dei Giochi di Roma, che registrarono comunque una ripresa del nuoto USA di fronte a quello australiano. Si era ormai in piena lotta contro la barriera del minuto. Prima dell'Olimpiade di Tokio, nel 1963, un giovane americano che sarebbe poi diventato il più famoso atleta della sua epoca, Don Schollander, ottenne meno di due minuti nei 200 stile libero: 1'58"8 a Los Angeles. All'Olimpiade, Schollander vinse quattro medaglie d'oro; un suo connazionale, Thompson Mann, arrivò a 59"6 nei 100 dorso. Il nuoto stava ormai progredendo come una valanga. Il divario fra uomini e donne diminuiva a vista d'occhio, ma soprattutto, mentre venivano ridicolizzati i tempi ottenuti pochi anni avanti, si restringevano i margini entro i quali le ragazze ripetevano le imprese maschili. Dopo l'Olimpiade di Messico 1968, disputata a 2000 metri di quota quindi meno prodiga di risultati, quella del 1972 a Monaco offrì un grande protagonista all'americano Mark Spitz, vittorioso in quattro gare individuali (100 e 200 stile libero, 100 e 200 farfalla-delfino) e in tre staffette. Sette medaglie d'oro, anche se propiziate dall'allargamento del programma, costituiscono un'impresa che nella storia dei Giochi non ha precedenti, e probabilmente non si ripeterà. A Monaco ci si rese conto che le donne ormai erano in grado, soltanto 12 anni dopo, di ripetere i tempi che gli uomini avevano ottenuto a Roma nel 1960, soprattutto nel mezzofondo, specialità che vide una piccola atleta italiana, Novella Calligaris, vincere la medaglia d'argento dei 400 e quelle di bonzo degli 800 e dei 400 mimisti (una specialità in cui si devono nuotare successivamente frazioni di farfalla, dorso, rana e crawl). La stessa Calligaris, un anno più tardi, nel 1973 a Belgrado, si laureò campione del mondo degli 800, ottenendo anche - prima italiana nella storia di questo sport - il record mondiale: per la storia, 8'52"97, quasi lo stesso tempo che costituiva il record maschile nel 1962. Proprio a Belgrado un uomo ottenne meno di quattro minuti nei 400: l'americano Rick De Mont, con 3'58"18; e a Belgrado si registrò la quarta rivoluzione nella storia del nuoto, l'avvento delle donne della DDR, la Germania dell'Est. Una squadra che aveva come condottiera la quindicenne Kornelia Ender surclassò le americane e iniziò un periodo di predominio destinato a durare piuttosto a lungo. Forse non a caso le altre barriere del minuto sono state abbattute da atleti tedesco-orientali. Non aveva avuto questa soddisfazione Roland Matthes, il più grande dorsista di tutti i tempi, invitto dal 1967 al 1975, vittorioso in due Olimpiadi, due Mondiali, due Europei; ma vi sono arrivate nel 1976 Kornelia Ender nei 200 stile libero (1'59"78 a Berlino Est, prima di vincere tre gare individuali e una staffetta all'Olimpiade di Montreal), Roger Pyttel lo stesso anno nei 200 farfalla-delfino (1'59"63, a Berlino Est), infine Kristiane Knacke nel 1977, ancora a Berlino Est, nei 100 farfalla-delfino, con 59"78. Una storia di muri infranti e di donne che nuotano come uomini. A Montreal nel 1976 è stato osservato che il vincitore nei 400 di Tokyo 1964, Don Schollander, sarebbe stato in grado di classificarsi soltanto terzo nell'analoga gara femminile. Una progressione simile si può giustificare forse soltanto in uno sport che evidentemente è ancora da scoprire.

 

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