«La prevenzione dei tumori del seno» di Giancarlo Pagliarin


In medicina la parola prevenzione ha acquistato in questi ultimi anni un'importanza sempre più rilevante sconvolgendo le usuali metodiche diagnostiche e lo stesso rapporto medico paziente. Molte malattie sono, infatti, curabili, altre lo sono meno e non lo sono affatto, ma è certo che qualunque manifestazione morbosa tanto più precocemente è diagnosticata, tanto più si dimostra curabile e tanto più conduce a guarigione completa. Se questo discorso, è valido per ogni malattia, è maggiormente valido nel campo dei tumori e in particolare per quelli della mammella. Prevenire significa cercare di porre l'intervento sanitario a monte rispetto all'insorgenza della malattia, o quanto meno impostare una diagnosi talmente precoce da permettere un intervento terapeutico completamente risolutore. Per questo la prevenzione è stata suddivisa in primaria e secondaria a seconda che l'intervento sanitario sia rivolto a migliorare l'ambiente e le abitudini di vita del paziente, oppure a scoprire in fase preclinica la malattia. La mammella è uno di quegli organi che permette l'impostazione di una valida campagna di prevenzione e quindi una guarigione definitiva della paziente. Lo sviluppo del tumore della mammella è molto lento, tanto che occorrono dai 2 agli 8 anni per passare dalla fase preclinica a quella clinica in rapporto al suo tempo di raddoppiamento che, sufficientemente lungo, concede alla donna o al medico curante tutto il tempo per porre una diagnosi tempestiva. Se consideriamo che fino alle dimensioni di un centimetro di diametro il tumore è considerato in fase iniziale, e quindi asportabile senza alcun pericolo o alcuna conseguenza per la donna, e che occorre un tempo sufficientemente lungo per superare tale dimensione, possiamo dedurre che un controllo periodico delle mammelle pone la donna al di fuori di pericoli reali per la sua salute. Questo frequente e pubblico controllo deve essere attuato direttamente dalla donna per risultare attuabile e realmente efficace. L'autopalpazione, infatti, per rispondere ai fini che si propone, deve essere praticata una volta al mese e, per le donne che si trovano ancora in età feconda, dieci giorni dopo l'inizio del ciclo mestruale. Il controllo mensile della mammella, oltre a creare l'abitudine all'effettuazione dell'autoesame, dà la massima garanzia per una diagnosi molto precoce di eventuali malattie che possono insorgere nella ghiandola. Inoltre nel periodo del ciclo sopra indicato le mammelle si presentano prive di quelle alterazioni funzionali che possono verificarsi negli altri periodi e che potrebbero far sorgere infondate preoccupazioni. Le donne non più in età feconda dovranno fissare un giorno del mese in modo da non dimenticare l'effettuazione dell'autopalpazione. Più precocemente verrà assunta tale abitudine, tanto più la donna conoscerà l'anatomia delle proprie mammelle normali e quindi sarà in grado di notare eventuali mutamenti nel contesto della ghiandola. La manualità è assai semplice, ma, per essere efficace e non creare falsi allarmi deve essere conosciuta nei particolari, per cui è bene che venga spiegata dal personale dei centri di senologia o dei consultori familiari in modo che la donna impari a conoscere la propria mammella sotto il controllo di personale altamente specializzato. La palpazione deve essere praticata in tre tempi: il primo, prevede la sua effettuazione sotto la doccia, in modo che la mano, scivolando sul corpo bagnato e insaponato, possa avvertire meglio la presenza di eventuali noduli; il braccio, dal lato della mammella che si sta esaminando, va tenuto sollevato in alto con la mano dietro la nuca. Il secondo esame dell'organo va effettuato davanti allo specchio, con le mani sui fianchi facendo leggera pressione verso il basso per far aderire la mammella sul piano costale, per evidenziare se i capezzoli sono simmetrici fra di loro e appaiono retrazioni degli stessi, oppure infossamenti lievi o piccole tumefazioni sulla pelle; infine, il terzo, prevede la palpazione della mammella stando distese sul letto, con un asciugamano ripiegato sotto la spalla omolaterale alla mammella da esaminare e il braccio dietro alla testa. La mano controlaterale, che procede alla palpazione con i polpastrelli delle quattro dita tenuti a piatto deve eseguire movimenti rotatori, in senso orario e in modo concentrico dall'esterno della mammella fino al capezzolo. Qualunque nodulo sospetto, o qualunque alterazione della mammella deve essere fatta esaminare tempestivamente da un medico capace di giudicare se si rende necessario o meno procedere a ulteriori accertamenti, oppure indirizzare la paziente verso Centri specializzati. Abbiamo parlato di ulteriori accertamenti e ritengo neccessario elencare brevemente i principali metodi strumentali oggi in uso per questa diagnostica, in considerazione dell'abuso o dell'uso errato di alcuni di questi anche da parte del medico. L'unico mezzo diagnostico che oggi dia una reale affidabilità nella patologia neoplastica della mammella è la «mammografia», la quale permette di rilevare la presenza anche di addensamenti parenchimali assai piccoli e di porre diagnosi sicura con una affidabilità superiore al 90% (le statistiche mondiali oscillano dal 90 al 98%). Gli apparecchi oggi usati, inoltre, danno così basse dosi di radiazioni da rendere praticamente innocuo l'esame e la sua eventuale ripetizione a scadenze più o meno lunghe secondo il suggerimento sanitario. Rimane fermo il concetto che ogni mammografia deve essere praticata dopo che la visita medica abbia fatto rilevare la presenza di noduli quanto meno sospetti e che eventuali controlli devono essere razionalmente programmati caso per caso in rapporto al mutare dell'obiettività dell'organo. La «xeromammografia», che sottopone la donna a una dose maggiore di radiazioni, deve essere utilizzata solo nel caso che ci si trovi di fronte a una mammella densa, cioè giovane o con ampie cicatrici, e quindi deve essere suggerita dal medico solo in base a queste precise indicazioni. Tutti gli altri accertamenti sono considerati accessori e devono essere utilizzati solamente nei casi in cui permane qualche dubbio diagnostico. Tra questi quelli oggi più in voga sono la termografia e l'ecografia. La «termografia», per il grande numero di diagnosi false, sia positive che negative, non dà grande affidabilità e pertanto la sua utilizzazione non trova pratico impiego nella diagnosi precoce e nello screening di massa, ma può essere utilizzata accessoriamente alla mammografia nei casi dubbi; l'ecografia è utile solamente per evidenziare la presenza di forme cistiche e quindi nel caso specifico la risposta fornita è di utilità assai limitata. E' bene, altresì, che la donna conosca l'esistenza di alcune cause, che vengono chiamate «fattori di rischio», le quali predispongono maggiormente la donna ad ammalarsi di tumore alla mammella. Uno dei principali fattori di rischio è rappresentato dalla familiarità, cioè dalla presenza nella stessa famiglia di un certo numero di casi di neoplasie dell'organo. Chi sa di avere in famigiia degli ascendenti o dei collaterali che hanno sofferto per tale malattia, pertanto, deve a maggior ragione sottoporsi a periodici controlli. Altri fattori di rischio sono rappresentati da una più lunga esposizione agli estrogeni: una vita feconda assai lunga, cioè una menarca precoce (prima mestruazione al di sotto dei dodici anni) e una menopausa tardiva (oltre i 50 anni), per il maggior numero di anni di produzione estrogenica, rende più facile l'insorgenza di tumori alla mammella; una primiparità tardiva o una nulliparità (cioé una gravidanza dopo i 35 anni o il non aver affatto gravidanze) porta agli stessi effetti in quanto l'esposizione agli estrogeni è continua per molti anni; parimenti l'uso di estrogeni in menopausa, dunque per periodi prolungati, o l'obesità, che interferisce con il metabolismo di tali ormoni, sono fattori predisponenti per una eventuale insorgenza di tumori mammari. L'allattamento, infine, anche se la questione à ancora assai dibattuta, sembra un'ottima profilassi, e quindi protettivo delle mammelle. E' bene precisare che la presenza nella storia di una donna, di uno o più di questi fattori non rappresenta la certezza che dovrà ammalarsi di tumore alla mammella, ma solo che la percentule di tumori dell'organo è più elevata rispetto a donne che non presentano alcuno di questi fattori, così come una donna che non presenti nella sua storia alcuno di questi fattori suddetti non deve considerarsi indenne da tale malattia. Nessuna eccessiva preoccupazione, dunque, ma solo un controllo più assiduo della propria salute. Chiudo questa breve monografia con alcuni cenni di epidemiologia dei tumori mammari, per sottolineare l'incidenza di tale localizzazione neoplastica nella donna. Oggi i tumori della mammella rappresentano il 50% dei tumori nella sfera genitale femminile. Nella realtà finora la donna ha riposto grande cura alla propria salute solamente nei confronti dei tumori della cervice uterina sottoponendosi con una certa frequenza a visite ginecologiche o al pap-test, molto meno sembra preoccuparsi delle mammelle e la visita senologica è assai meno sentita. Tale diversità ha due ragioni: la prima è la non perfetta conoscenza della reale frequenza di tale malattia; la seconda è rappresentata dalla scarsa fiducia nelle possibilità terapeutiche attualmente a disposizione del medico. Quest'ultima considerazione è forse aggravata dal pensiero di una pesante mutilazione della propria femminilità che porta la donna a nascondere a se stessa una possibilità traumatizzante. Al riguardo vorrei sottolineare che con una ben condotta prevenzione, e quindi con una diagnosi precoce, si può attuare un intervento chirurgico non demolitore che permette di conservare la mammella. La sopravvivenza a venti anni in questi casi raggiunge le percentuali del 90% e più. La seconda considerazione epidemiologica riguarda la distribuzione delle neoplasie mammarie nelle varie fasce di età. I tumori della mammella cominciano ad avere un peso statistico nelle donne dopo i 35 anni (in quanto l'incidenza prima di tale età è insignificante) e le percentuali proseguono in aumento raggiungendo la massima incidenza nel periodo pre e post menopausa. Bisogna però considerare che la frequenza dei tumori della mammella non cessa di essere elevata dopo tale periodo, in quanto la percentuale dei casi diagnostici si mantiene elevata fino alla più tarda età e, sempre più, si vede insorgere questa malattia in donne ultraottantenni. L'età quindi è giustamente considerata un altro dei maggiori fattori di rischio per il cancro della mammella. Con una minima cura per la propria salute, quindi, le donne possono ridurre quasi a zero la mortalità per tumori della mammella.

 

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