Il cavallo da corsa, soprattutto oggi, rappresenta il prodotto più raffinato e qualitativo dell'ambiente sociale di un paese forse, meglio ancora, di una grande industria. Il cavallo si sviluppa e può prosperare solo nell'ambito di società solide, ordinate, ricche, così come poté verificarsi nella Grecia del V secolo e subito dopo nella Sicilia, nella Siria del Corano e in alcune regioni italiane nel fulgore del Rinascimento per toccare un vertice meraviglioso nell'Inghilterra dal tempo di Enrico VIII in poi, quando gli inglesi seppero mettere a disposizione del cavallo il loro gusto e il loro intuito di grandi allevatori. Si venne così formando, tra il XVII e XVIII secolo, quell'autentico fenomeno biologico che è il purosangue inglese, attraverso l'incrocio delle cinquanta fattrici reali, le royal mares, e il fortunato ingresso in Inghilterra dei tre famosi capostipiti, Beyrley Turk, nato verso il 1680, Darley Arabian, nato nel 1700, Goldolphin Arabian, nato intorno al 1724. Fissatisi i caratteri d'una razza nuova attraverso i tre grandi continuatori: Matchem (1748), di Goldphin, Herod (1758) di Byerley, Eclipse (1764), il più famoso, di Darley, il purosangue si diffuse anche nel Continente europeo e in America acquistando però caratteristiche diverse derivanti in gran parte dalla varia consistenza dei terreni, dalla mentalità e dal regime economico dei diversi popoli, dalle differenti condizioni sociali e politiche. La supremazia inglese nei secoli XVIII e XIX, oltre al fatto che il miglior sangue e il maggior numero di soggetti di purosangue viveva in Gran Bretagna, fu determinata dalle grandi possibilità materiali e dal puntiglio allevatorio e sportivo che animava i grandi proprietari inglesi. Vincere una grande corsa conferiva un prestigio particolare ad un nobile come ad un ricco borghese. Furono questi signori a stabilire i primi principi, sia pure empirici, di una metodologia del purosangue, osservando i risultati di certi incroci a successo - quelli detti degli americani «nicks» -, scartando soggetti tarati, badando con scrupolo a quel complesso di elementi - clima, ambiente, alimentazione, igiene, cure veterinarie, disciplina della scuderia e rigore dell'allenamento -, che soli permettono di ottenere i maggiori risultati riducendo al minimo il coefficiente degli errori. Si suole dire infatti che nell'ippica vince chi sbaglia meno. Cento anni fa la popolazione del purosangue era stimata in quelle poche migliaia di esemplari figuranti nel General Stud-book e in gruppi sparsi qua e là in diversi paesi.

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Oggi la popolazione equina contrassegnata da noi con la sigla p.s.i. (il termine purosangue è però improprio, deriva dal francese pur sang, simile al tedesco, Vollblut mentre gli inglesi chiamano questo tipo di corridore più appropriatamente thoroudhbred, cioè cavallo bene allevato, allevato in selezione) conta centinaia di migliaia di soggetti sparsi in tutto il mondo, ormai vicino al milione di capi. Lo sviluppo qualitativo ha portato a profondi spostamenti di equilibrio anche nella gerarchia qualitativa. C'è da chiedersi se la razza non abbia oltrepassato ormai lo zenith come espressività e sia fatalmente destinata a standardizzarsi, come è stato in tutte le popolazioni umane che, sino a un certo stadio di sviluppo, esprimevano figure molto caratterizzate, ma poi, salite numericamente, non più. Anche il purosangue sta seguendo questa linea, fatto molto importante non solo per la razza, ma anche nei confronti del pubblico. Infatti se un tempo ogni categoria esprimeva cavalli ben stimabili e riconoscibili, specialisti con un ruolo preciso, che interessavano le folle per una specie di struttura corporativa, oggi no.

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Come di fronte ai «mastri» artigiani di un tempo, oggi c'è la fiumana anonima dei pendolari che arriva e parte ogni giorno dalla stazione, così esiste una massa di cavalli standard, tanto che gli americani ormai tengono d'occhio soltanto un 3% di stakes winners - cioè vincitori classici - mentre l'altro 97% viene considerato puro materiale da riproduzione per riempire gli ippodromi, ormai salito ad un numero così grande che la nostra mente non arriva a catalogare. Si tratta di una generazione molto forte, se nel 1881 Vuillier, uno dei maggiori fautori della metodologia del purosangue, aveva identificato la razza in sei soggetti che esprimevano tutto quello che allora si poteva dire sul purosangue: Bend-or, Hermit, Isonomy, Hampton, Galopin e St. Simon (sei, o cinque, essendo St. Simon figlio di Galopin). Da questi cinque o sei capirazza - difatti tutti i capirazza odierni derivano da questi - siamo ora sul filo dei 120. Di questo passo alla fine del secolo raggiungeremo i 1000 capirazza da individuare, cioè quel 3% di stakes winners che rappresenta l'aristocrazia, la classe dirigente del cavallo da corsa, una categoria di cui possiamo parlare perché l'America ha creato una categoria statistica a suo riguardo, statistica che negli altri paesi non esiste ancora, procedendo gli allevatori ancora secondo i vecchi schemi tradizionali.

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E' evidente che, ad un certo momento, soltanto dei computers potranno decifrare e stabilire dei valori base per i rapporti geneacologici, e soprattutto occorrerà l'aiuto di calcolatrici celeri per quel 97% che ha perduto ogni identità e serve come massa di indagine statistica per fornire i dati di valori stallonieri nel senso dimensionale, o per la ricerca «motivazionale», cioè l'indagine del comportamento del cavallo comune in tutte le possibili situazioni: handicaps su pista di sabbia o d'erba, con terreno buono o pesante, in primavera, estate o inverno, su determinate distanze e piste, ecc., valori dai quali escono assi cartesiani indispensabili per definire una linea e un profilo del materiale d'uso comune. Ad aiutare l'allevatore oggi possono servire le tabelle, stabilite da Franco Varola, dei «dosaggi», pratica inventata da Vuillier attuata nelle scuderie dell'Aga Khan, e portata alle estreme conseguenze dallo studioso italiano.

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Si tratta di un capovolgimento del sistema tradizionale di valutazione di un pedigree. Divisi gli stalloni in cinque categorie: brillanti, intermedi, classici, robusti, professionisti, cinque gruppi attitudinali che vengono rilevati dalla produzione media degli stalloni (tenuta, velocità, resistenza, solidità, scatto ecc.), si cerca nell'incrocio di «dosare» questi valori cercando un risultato medio soddisfacente mentre il campione è un «genio» fatalmente squilibrato: vedi la legge tesiana dei massimi instabili. Il gruppo dei brillanti comprende stalloni che danno una produzione media adatta al miglio o sino ai 1800 metri. Vengono considerati tra i brillanti: Phalaris, Fairway, Hyperion, Nearco, Nasrullah, Pharis, Cicero, Fair, Trial, Panorama, Court Martial, Royal Charger, Tudor Minstrel, Grey Sovereign. Tra gli intermedi, dove si sono radunati i nomi di soggetti che, ad onta di un retaggio brillante, sono stati capaci di trasmettere solide qualità in una proporzione superiore all'aspettativa, si trovano stalloni come: The Tetrarch, Havreasac II, Pharos, Congreve, Ticino, King Salomon, Big Game, Djebel, Colorado, Princequillo, Traghetto, Polynesian, Khaled, Petition.

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Il gruppo classico è quello risultato da uno studio difficile in quanto si suppone che un sire, una volta entratovi, non debba più uscirne. I capirazza classici costituiscono infatti una aristocrazia in seno ad una aristocrazia (e devono essere scelti dopo un accuratissimo esame). Dagli originali Gainsborough, Blandford, Blenheim, Tourbillon, Bull Lea, si passa a Tracery, Swynford, Prince Rose, e quindi ai grandi padri di fattrici: Navarro, Mahmoud, Clarissimus, War Admiral, Sir Gallahad III, ai notevoli Brantome, Bahram, ai recenti Persian Gulf, Prince Bio, Prince Chevalier, Vieux Manoir, Mossborouorough, Sicambre, Aureole, Never Say Die, Ribot (ricordando che la distanza classica ideale resta il miglio e mezzo, cioè 2400 metri, distanza del Derby e delle Oaks inglesi). Gli stalloni «robusti» sono quelli che trasmettono forti qualità morali e una durevolezza e longevità non comuni mentre per quanto riguarda la distanza si trovano un pò al di là dell'optimum (Targhetto, Havresac II) un pò al di là (Le Pacha, Tenerani).

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Tra i robusti vediamo: Teddy, Asterus, Bois Roussel come capirazza originari, poi Chaucer, Rabelais, Spearmint, Alcantara, Sunstar, La Farina, Oleander, Ortello, Vatout, Chateau Bouscaut, Admiral Drake (Bachelor's Double rientra tra i padre di fattrici), Brouleur, Man O'War, e infine Wild Risk, Sunny Boy, Tantiéme, Alzier, Worden. Per professionisti si intendono soggetti capaci di esprimere, oltre a cavalli di grande solidità, frequenti vincitori classici, in genere con grande attitudine al fondo: Son-in-law, Hurry-on, Dark Ronald, Bayardo, Solario, Precipitation, Alycidon (tra i padri di fattrici: Sardanapale, Massine, Foxbridge, Mieuxé), quindi Vatellor e Vandale. Lo scopo ultimo della preparazione di una tabella di dosaggi è quella di bilanciare il numero di individui contenuti in ognuno dei cinque gruppi attitudinali, per amore del risultato finale, che è il diagramma del dosaggio così ottenuto, il quale si prefigge di assicurare l'armonico sviluppo dell'allevamento nel suo insieme, indicando, con una certa approssimazione, le qualità e quantità desiderabili di ciascun gruppo attitudinale nei pedigrees, e, più ancora, le proporzioni che è prudente osservare tra i gruppi stessi.

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