«La psicologia in Italia dal Novecento a oggi» di Giuseppe de Luca


La psicologia è una scienza giovane, che solo di recente si è costituita su basi autonome e indipendenti, con un suo campo preciso di indagine, quello della psiche nelle sue molteplici espressioni (comportamento, emozioni, pensiero ecc.) e con una metodologia di ricerca molto precisa e rigorosa, basata su strumenti di misura e di quantificazione spesso mutuati da altre scienze come la statistica, la matematica e la neurofisiologia, ma che non per questo perdono valore e significato; infatti l'aspetto interdisciplinare è alla base di ogni seria ricerca psicologica. Mentre all'estero, soprattutto in Germania, Francia, Austria e anche in Russia con la psicologia dei riflessi condizionati di I. Pavlov si può dire che la psicologia, a cominciare dalla fine del secolo XVIII, ha ormai una lunga storia di contributi originali allo sviluppo del progresso scientifico, in Italia è da poco che essa si è affermata. Volendo tracciare nelle sue linee generali il costituirsi in Italia della psicologia come disciplina autonoma con proprie caratteristiche è utile suddividerne il breve cammino fin qui percorso in quattro periodi. Il primo periodo abbraccia il ventennio che va dal 1900 al 1920 e coincide con la fase introduttiva della psicologia in Italia: esso è contraddistinto dal sorgere di due indirizzi che caratterizzeranno tutto il futuro sviluppo della psicologia fino ai nostri giorni: quello clinico e quello sperimentale. Entrambi si rifanno alle esperienze e ai lavori di studiosi stranieri, in particoiare a quelli di Wundt, Janet e Freud. W. Wundt, psicologo sperimentale, fondatore a Lipsia, in Germania, dell'istituto di psicologia, si occupa di studi sugli stati di coscienza in rapporto ai fatti organici che li accompagnano ed a quelli fisici che li producono; egli, partendo dall'affermazione che due o più sensazioni raggruppantisi insieme producono una rappresentazione che è completamente diversa dagli elementi che la costituiscono (legge delle risultanti psichiche) concluse che oggetto di studio della psicologia erano questi fenomeni fondamentali irriducibili, i loro legami e le loro trasformazioni. J. Janet in Francia, allievo di Ribot, si occupò in un primo momento di psicopatologia, campo nel quale rimane famosa la sua elaborazione della teoria della sintesi mentale («le malattie mentali devono intendersi come una sorta di indebolimento del potere di sintesi proprio della coscienza»), per approdare in un secondo momento alla psicologia della condotta e al comportamentismo (da lui considerato un'espressione della prima) affermando che «la psicologia è la scienza della condotta che studia tutti gli spostamenti nello spazio, tutti i movimenti che può fare l'essere umano». S. Freud a Vienna, dopo essersi occupato di biologia ed aver completato a Parigi alla scuola di Charcot gli studi di psicopatologia, dette origine alla psico-analisi. Egli afferma che vi sono due piani nella vita psichica dell'individuo: uno cosciente, l'altro inconscio. Il primo si riferisce a manifestazioni, pensieri, bisogni di cui l'individuo è consapevole, il secondo all'insieme delle rappresentazioni e dei contenuti affettivi connessi con l'esperienza individuale di ciascuno, a cominciare dalla nascita, e con gl'istinti primordiali della specie; questi costituiscono il substrato profondo attraverso la cui analisi si possono spiegare atteggiamenti sociali, norme, costumi altrimenti incomprensibili. Sulla scia di queste ricerche condotte all'estero, in Italia si tenta di stabilire dei contatti con i centri di studio e le personalità più in vista; i primi psicologi italiani svolgono dunque soprattutto un'opera di volgarizzazione e di diffusione dei risultati dei lavori esteri. I rappresentanti più noti dell'indirizzo clinico e sperimentale in questo periodo sono da una parte R. G. Assagioli, L. Baroncini, G. Modena, tutti medici-psicologi, e dall'altra S. Desanctis e F. Ferrari, entrambi sperimentalisti. I centri geografici più importanti sono: Imola, nei cui Ospedale psichiatrico lavorano Assagioli e Ferrari; Ancona, dove lavora G. Modena, e Roma, dove Desanctis tiene la cattedra di psicologia. Si può affermare che in questa prima fase prevale una cauta esposizione della psicologia, non seguita da un preciso impegno di ricerca e di approfondimento da parte degli italiani. Il secondo periodo comprende il ventennio che va dal 1921 al 1940 e coincide con un poderoso sforzo di collocazione della psicologia all'interno della cultura italiana, presto però interrotto dall'avvento del fascismo, che ne ostacolò l'approfondimento. Quella più aspramente criticata ed attaccata è la psicologia clinica, che vede ridurre i propri rappresentanti ad uno sparuto gruppo in cui emergono le figure di E. Weiss. E. Servadio, N. Perrotti e C. Musatti (in un primo momento sperimentalista), i quali portarono avanti un'opera di divulgazione dei problemi di fondo della psicologia clinica su riviste specializzate. La psicologia sperimentale, proprio in quanto non ancora staccata dalla fisiologia e dalla neurologia, ebbe un più largo margine di azione, tanto che potè produrre dei contributi originali, anche se le condizioni di lavoro degli sperimentalisti erano disastrose a causa della mancanza di laboratori e di altri idonei strumenti di lavoro. In questo campo i contributi di V. Benussi e della sua scuola di Padova (Musatti, S. Demarchi, F. Metelli), con gli studi sulle allucinazioni negative, sugli stati puri emotivi affettivi, sul sonno-base (quest'ultimo sviluppato in America diede origine al lie-detector, ossia alla «macchina della verità») rimangono ancora ragguardevoli, i centri geografici di maggiore interesse culturale furono: Firenze, dove svolse la sua opera E. Bonaventura; Padova, dove agì la scuola di Benussi; Milano, dove Agostino Gemelli, fondatore dell'Università Cattolica del S. Cuore, aveva iniziato una lunga polemica su Freud e la psicologia clinica. Il terzo periodo è quello che abbraccia il ventennio dal 1941 al 1960. Esso è caratterizzato dal rifiorire degli studi di psicologia che la cultura idealistica aveva frenato; la psicologia clinica, e quella sperimentale, pur continuando nella loro annosa polemica circa la validità o la priorità dell'una o dell'altra, passano ad una fase produttiva e creativa. E. Servadio, N. Perrotti, C. Musatti (che aveva ormai abbandonato gli studi di psicologia sperimentale), sul versante clinico, approfondiscono gli studi su Freud, ormai tacitamente accettato anche dagli ambienti cattolici, e si dedicano, oltre che alla libera professione, anche alla formazione di nuovi quadri, mentre A. Massucco-Costa. G. Kanizsa, F. Metelli, G. Canziani continuano la lunga tradizione della psicoiogia sperimentale con studi sulla Gestalt o psicologia della forma (Kanizsa), sulla psicologia sociale (Massucco-Costa), sulla psicometria (Metelli) e sulla psicologia animale (Canziani). I centri più attivi in questo periodo sono quelli di Roma, Milano, Padova, Trieste. L'ultimo periodo, il quarto, è quello che va dal 1961 ai nostri giorni. Esso è contraddistinto da una notevole espansione della psicologia, ormai entrata anche nelle industrie con gli esami psicotecnici sul personale, e nel commercio mediante le ricerche di mercato, sulla pubblicità e sui mezzi di comunicazione di massa. In questo periodo fioriscono le scuole di specializzazione (ve ne sono a Milano, Torino, Bologna, Roma, Firenze e Padova), i centri di orientamento scolastico e professionale (in quasi in tutte le province), i centri medico-psico-pedagogici, anch'essi molto diffusi. Questi pongono con urgenza il problema dei superamento delle sterili polemiche tra medici-psicologi e filosofi, propugnando la formazione dello psicologo professionale attraverso un insegnamento interdisciplinare ed un lavoro di gruppo, praticato possibilmente in una facoltà di psicologia nuova, moderna e autonoma, in modo che lo studioso riesca a far fronte alle precise responsabilità che derivano dagli interventi sempre più qualificati e differenziati che la società gli richiede.

 

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