La scuola militare alpina di Umberto Pelazza

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La scuola militare alpina di Umberto Pelazza














La scuola militare alpina di Umberto Pelazza

«La scuola militare alpina» di Umberto Pelazza


La Scuola centrale militare di alpinismo nacque in Aosta il mattino del 9 gennaio 1934. La tenne a battesimo, nel salone ducale del palazzo civico, il generale Celestino Bes, ispettore delle truppe alpine, mentre nelle immediate adiacenze della città si svolgeva la prima istruzione del primo corso di addestramento sciistico per ufficiali e sottufficiali. La nuova scuola si affacciava sulla scena della vita nazionale, nel modo sommesso con cui erano apparsi gli alpini sessantadue anni prima; e, come era accaduto per gli alpini, non ci sarebbe voluto molto tempo perché essa imponesse in modo probante, nel campo della didattica sci-alpinistica, la sua autorità e il suo prestigio. «Combattere e scorrere sui monti» «Gli alpini sono soldati che possono meglio di ogni altro combattere e scorrere sui monti»: così il vecchio Dizionario militare alla voce «Alpini», coniata nel 1882, dopo la loro fondazione. Quanto gli alpini abbiano tenuto fede all'impegno additato in modo così icastico ed efficace, lo testimoniano ancor oggi i nomi, resi illustri nella guerra 1915-18 dal loro ardimento e dal loro sacrificio, di cento cime e cento colli delle Alpi e delle Prealpi; ma è altresì indiscusso che le sorprese e le incognite della prolungata permanenza ad alta quota proponevano problemi nuovi e inattesi: le soluzioni. Se intraviste, cozzavano contro le difficoltà che erano insieme quelle del nemico e della spaventosa natura dei luoghi. Fu proprio un maggiore di complemento degli alpini, Umberto Balestreri, a comprendere, come dice il generale Faldella, «la necessità di un istituto che coordinasse, con unità di indirizzo e secondo le tecniche più avanzate, la preparazione dei quadri destinati ad addestrare e a guidare le truppe in scacchieri operativi di tali difficoltà, e ne studiasse l'equipaggiamento e l'armamento più idonei». Scriveva infatti il Balestreri nel 1924: «... il pensare oggi ancora, dopo l'insegnamento che ci è venuto dalla guerra recente, che gli alpini possano esimersi dall'obbligo di essere anche alpinisti, è un voler chiudere gli occhi in faccia alla realtà, è un preparare - non esito ad affermarlo - un triste avvenire alla nostra specialità.. E ancora: «Come non basta mettersi un elmo in testa per sapere andare a cavallo, così non basta mettersi una penna in testa per sapere andare in montagna». Già nel 1897 l'autorità militare aveva rivolto l'attenzione alle notizie sui primi timidi tentativi di introdurre in Italia i nuovi attrezzi sportivi che da tempo, col nome di ski, oltreché strumento di svago sulla neve, erano parte dell'equipaggiamento militare presso i popoli nordici. Ma i laboriosi travagli attraverso i quali si giunse alla graduale adozione dello ski presso alcuni reparti alpini (i vecchi ufficiali scettici, gli alpini che «skiavano» sulle colline piemontesi e si vergognavano come ladri quando cadevano sollevando polveroni bianchi e ilarità dei curiosi) non avevano conseguito lo sperato successo; nonostante alcune positive affermazioni nel campo agonistico, la nuova disciplina non era riuscita a oltrepassare i limiti del cerchio rappresentato da quella élite di nomi prestigiosi che nei primi trent'anni del secolo imporranno l'autorità della scuola italiana sulla scena europea. Si erano definite comunque le premesse e si era aperta la strada per la costituzione di una scuola militare di alpinismo che avesse il compito di istruire, con unicità di indirizzo, ufficiali e sottufficiali, destinati poi a introdurre presso i corpi la più moderna tecnica sci-alpinistica e in possesso delle capacità necessarie per preparare e dirigere le imprese alpinistiche più ardue. Ma non era sufficiente. L'autorità centrale attendeva anche gli elementi per la stesura di una regolamentazione tecnica unificata per tutte le specialità alpine. Occorreva studiare i problemi riguardanti vestiario ed equipaggiamento, addestramento e rifornimenti, atti a consentire a interi reparti di muoversi, vivere e combattere in alto, lontani dalle vie di comunicazione; tutti programmi da svolgere, evidentemente con metodo unico, a cura di un organismo posto alle dipendenze dirette dell'autorità centrale. Tutte queste esigenze trovarono il loro interprete nel capitano Giorgio Fino, addetto all'ispettorato, che nell'estate del 1933 presentò in proposito una dettagliata memoria, e un entusiastico sostenitore nel generale Bes, ispettore delle truppe alpine. Lo Stato Maggiore dell'Esercito approvò e, con provvedimento del 22 dicembre 1933, istituì la Scuola centrale militare di alpinismo. Perché in Aosta? Sorta dalla trasformazione del campo trincerato di Terenzio Varrone nel I secolo a.C. e già zona di passaggio per le legioni di Cesare dirette alla conquista della Gallia, la città di Aosta, ricca di monumentali resti della dominazione romana, è stata chiamata la «Roma delle Alpi». Alla caduta dell'Impero, dopo un periodo di invasioni barbariche, passa sotto il dominio dei Savoia e si arricchisce, durante quasi un millennio, di una tradizione di libertà e di fedeltà al sovrano, temperata e favorita dall'acquisizione di particolari condizioni di autonomia, tutt'oggi operanti. Già in epoca medievale le peculiari doti native avevano orientato gli abitanti della Valle verso attività alpinistiche: esistevano infatti delle vere e proprie corporazioni ante litteram di guide e portatori, che accompagnavano i viaggiatori e i pellegrini nei passi più impervi: chiamati «marroniers» e poi - «Soldats de la neige», godevano, per questa particolare attività, dell'esenzione dal servizio militare, prerogativa che durò fino al 1915. La Scuola trovò degna residenza nel castello di Beauregard che sorge su un'altura da cui domina la città, di fronte alle vette del Monte Emilius e della Becca di Nona. Circondato da uno stupendo parco ricco di alberi ad alto fusto, abbarbicato su un blocco roccioso trasformato poi in ottima palestra di roccia, il castello è sede ampia e signorile, perfettamente intonata alle funzioni educative e formative che la Scuola deve assolvere. Fu da allora chiamato «Castello Duca degli Abruzzi», in memoria del grande esploratore e alpinista, scomparso l'anno precedente in Somalia. Mediante la collaborazione generosa di enti militari e civili, fu possibile dotare il nuovo istituto di attrezzatura tecnica e scientifica, di una ricca collezione di flora, fauna e mineralogia alpina, mentre si provvedeva all'impianto di una biblioteca alpina che si arricchì poi di anno in anno e che purtroppo, dopo gli eventi dell'8 settembre 1943, fu saccheggiata e privata di cinquecento preziosi volumi. Il pontefice Pio XI, alpinista di vaglia, inviando un telegramma augurale, offrì al comando della Scuola una fotografia con dedica. Fu iniziata la raccolta di materiale sci-alpinistico, di equipaggiamento militare, di plastici, modelli e bozzetti di rifugi e di vecchie uniformi militari. Con pieno fervore di opere e con ardente entusiasmo prendeva così avvio la complessa opera organizzativa di base per il funzionamento dell'istituto, nato, come diceva il generale Bes, «... non per imitare quanto si sta facendo o si è fatto in altri Stati, ma per avere, oltreché un indirizzo unico, un carattere, uno stile, una ben precisa mèta...». Alle prime lezioni di addestramento sulla neve tenute, come abbiamo visto, già lo stesso giorno dell'inaugurazione, seguirono i corsi per abilitazione alle funzioni di guide, capi-cordata e attrezzatori di vie alpinistiche, quelli per la nomina di alpinista militare e lezioni di fisiologia per la vita in montagna. Nel giugno del 1936 fu svolto il 1º corso militare per alpinisti accademici, guide e portatori del C.A.I., ripetuto poi negli anni seguenti fino al 1939: vi troviamo i nomi più belli dell'alpinismo italiano, da Giusto Gervasutti a Renato Chabod, a Emilio Comici, a Jean Pelissier e altri, temporeneamente richiamati alle armi per aggiornamento tecnico-professionale. E' del giugno 1935 la prima grande impresa alpinistica, portata a termine da duecento fra ufficiali, sottufficiali, alpini e artiglieri alpini che, per vie diverse, scalarono ii Monte Bianco, dove le reclute prestarono giuramento alla presenza del comandante della Scuola. Nei primi mesi del 1936 si costituì il battaglione «Duca degli Abruzzi» comprendente, oltre a una compagnia su organici normali, una compagnia di alpieri, di particolare preparazione nel campo scialpinistico, e una compagnia di addestramento di allievi sottufficiali. Nel giugno dello stesso anno il personale dei corsi e del nuovo battaglione, costituito in un gruppo tattico di 600 uomini, svolse una memorabile esercitazione di alta montagna, che culminò con la traversata delle Grandes Murailles, tra la Valpelline e la Valtournanche; nel luglio dell'anno seguente una nuova grande manovra portò 500 uomini a occupare i valichi di confine sul gruppo del Monte Bianco, compresa la vetta. Negli anni seguenti, furono teatro di ascensioni in massa e di esercitazioni il Cervino e il Monte Rosa. Corollario inevitabile di un'attività che esaltava l'ardimento e l'emulazione fu l'impegno agonistico. Già subito dopo la fondazione, alla Scuola venne affidato l'incarico della preparazione della pattuglia alpina per i Giochi Olimpici invernali del 1936, che si sarebbero svolti a Garmisch-Partenkirchen. La clamorosa vittoria conseguita in quell'occasione dagli italiani in una specialità nordica suscitò entusiasmo e ammirato stupore: l'alfiere della squadra nazionale italiana, alla chiusura dei giochi, fu il tenente Vida che, negli anni seguenti, sarebbe stato uno dei protagonisti delle tre vittorie consecutive ottenute dalla Scuola nel Trofeo Mezzalama, la più dura e prestigiosa gara sci-alpinistica, il cui tracciato si snodava e si snoda tra Cervino e Monte Rosa su quote comprese fra i 3000 e i 4000 metri. Il riflesso più importante della vittoria conseguita a Garmisch fu la nascita del Nucleo pattuglie veloci sci-alpine, che negli anni successivi avrebbe arricchito il nostro esercito di innumerevoli successi sportivi e diffuso, sia a favore degli enti militari, sia dei civili, le concezioni più avanzate della tecnica sciistica. La Sezione studi ed esperienze affrontava intanto numerosi problemi riguardanti la specialità: fra i più interessanti, quello delle valanghe, che portò alla raccolta e alla catalogazione dei dati provenienti da tutti i minori comandi delle Forze Armate dislocati nelle vallate alpine e a una prima compilazione della carta delle valanghe. Il 27 dicembre 1938, con lettere patenti sovrane, veniva concesso alla Scuola lo stemma araldico con il motto «Ardisci e Credi». Nel 1940, all'atto della mobilitazione, i reparti della Scuola vengono rimaneggiati e acquistano una fisionomia tutta particolare. Il battaglione «Duca degli Abruzzi» assume un organico uguale a quello degli altri, mentre gli specialisti della compagnia alpieri vengono raggruppati nel Reparto Arditi Alpieri: sul fronte occidentale presidiano la zona di Col de la Seigne alle dipendenze prima della divisione alpina «Taurinense» e poi della «Tridentina». Le guide e i portatori della Valle d'Aosta, che negli anni precedenti avevano partecipato ai corsi guide e accademici della Scuola, costituiscono una specialissima unità sotto gli ordini del capitano Inaudi, che si avvale della collaborazione dei migliori ufficiali alpinisti d'Italia. Nasce così il «Reparto autonomo Monte Bianco» al quale è affidata la difesa della catena del Monte Bianco, dal Col de la Seigne al Col Ferret. Ma sui più alti monti d'Europa gli avversari non vennero a contatto e le armi da fuoco non turbarono il silenzio delle vette innevate. Il tempo, per tutta la durata del breve conflitto, si mantenne quasi sempre inclemente, con nevicate e nebbia, tanto che, a imitazione dei dirimpettai francesi, si dovette integrare il servizio di guardia con l'aiuto di cani sentinella, efficacissimi nelle ore di scarsa visibilità. Ma senza dubbio il figlio più illustre della Scuola è il battaglione «Monte Cervino» la cui storia è stata definita «la più incredibile e commovente dell'ultima guerra mondiale». Due volte formato e due volte distrutto, decorato di medaglia d'oro durante la seconda guerra mondiale, oggi non esiste più se non nel nome passato ormai nella leggenda. «Per una necessità profondamente sentita e inderogabile ai fini della preparazione e dell'aggiornamento dei Quadri giovani e delle truppe alpine...» lo Stato Maggiore dell'Esercito, il 10 luglio 1948, disponeva la ricostruzione della Scuola di Aosta «... assumendo la medesima denominazione di Scuola Militare Alpina per meglio definire, anche col nominativo, la sua essenziale e unica funzione che deve essere rivolta a scopi e attività esclusivamente militari...». Il 22 sgosto 1948 si svolgeva la cerimonia inaugurale e, come quattordici anni prima, aveva contemporaneamente inizio il 1º corso di addestramento alpinistico per ufficiali e sottufficiali. Nel maggio del '49, l'ispettorato della fanteria richiamava in vita il vecchio Nucleo pattuglie veloci sci-alpine e così il 1º gennaio 1950 nasceva il Nucleo speciale sciatori con sede a Courmayeur. Il Nucleo, divenuto poi «Gruppo sportivo truppe alpine» e dal 1960 «1º plotone speciale atleti» del Centro sportito esercito, doveva, negli anni seguenti, rinverdire con brillanti affermazioni i successi dell'anteguerra. Nel 1971 infatti, sullo stesso durissimo percorso che già aveva visto i trionfi dei tenenti Fabre e Vida, gli atleti della Scuola s'imponevano con i fratelli Stella nel 7º Trofeo Mezzalama. Anche nell'ottava edizione del Trofeo, svoltasi nel 1973, si ripeteva il successo contro agguerrite formazioni italiane e straniere. Il 1953 era stato l'anno risolutivo per il processo di trasformazione della Scuola con la comparsa della compagnia allievi sottufficiali di complemento, primo passo di una serie di provvedimenti adottati dallo Stato Maggiore perché i quadri di complemento, fin allora formati nelle scuole uniche di fanteria, venissero addestrati presso una scuola a carattere alpino e acquisissero quindi, già in fase preparatoria, i procedimenti tattici della specialità unitamente all'habitus mentale di chi deve inserirsi nel clima particolare e nella vita delle unità alpine. Il processo si estendeva negli anni seguenti agli allievi ufficiali e, nel 1961, mentre il comandante della Scuola, colonnello Ugo Corrado, con un ufficiale, tre sottufficiali e tre alpini scalava il Monte Cervino nel quadro delle celebrazioni per il 1º centenario dell'Unità d'ltalia, in Aosta nasceva il battaglione AUC-ACS, su quattro compagnie. All'inizio del '64 la Scuola militare alpina si articolava su: - Comando scuola; - Reparto corsi AUC-ACS; - Reparto corsi speciali (Sezione sci-alpinistica - I plotone esploratori - II plotone esploratori). Nel 1971 l'organico veniva completato con la costituzione del Reparto aviazione leggera; nel 1975 il Reparto corsi speciali diventava Battaglione esploratori e nello stesso anno, secondo ii piano di ristrutturazione delle Forze Armate, entrava a far parte della Scuola il glorioso battaglione «Aosta». Oggi le inevitabili leggi del combattimento hanno scalfito e scosso il silenzio e l'immobilità dei monti: bisogna essere più in fretta là, dove una volta si arrivava lentamente, per imporsi sull'avversario, essere più auautonomi mediante un sostegno logistico più elastico, avere gli occhi per vedere di là dalla cresta, occorre il pronto recupero e il rapido trasporto a valle dei feriti. E così sono giunti sulla montagna gli elicotteri, che permettono di fare queste e tante altre cose, risolvendo molti dei problemi addestrativi con insperata efficacia. Dal loro apparire alla Scuola alpina, hanno svolto un'intensa e preziosa attività a favore degli allievi e degli alpini impegnati in marce ed esercitazioni, d'estate e d'inverno; li hanno visti anche gli abitanti della valle quando, in collaborazione con le guide alpine, si lanciavano in ardite operazioni di salvataggio e di recupero sui ghiacciai e sulle corde, in perfetta intesa, con sicurezza e precisione assoluta. Nel 1973 la Scuola alpina è chiamata a un'impresa d'eccezione: la conquista della montagna più alta del mondo. Il 5 maggio alle 7.30 due militari della Scuola, il sergente Mirko Minuzzo e l'alpino Rinaldo Carrel piantano il tricolore in vetta all'Everest. Due giorni dopo, una seconda cordata ripete l'impresa: ne fanno parte il maresciallo Virginio Epis e il sergente maggiore Claudio Benedetti: è con loro il capitano Innamorati, dei Carabinieri, laureatosi esperto della montagna con gli alpini della Scuola.

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