«L'invenzione del libro a stampa» di Alessandro Cutolo


L'invenzione della stampa a caratteri mobili fu preceduta dall'uso di incidere su tavolette lignee caratteri e figure che, cosparsi di inchiostro e messi sotto torchio, venivano riprodotti sulla carta. Questo genere di libro, al quale fu dato il nome di «Libro xilografato», aveva un grandissimo difetto: richiedeva tempo e materiale copiosissimo. Ben pochi libri xilografati sono giunti fino a noi; si conoscono solamente trentatre testi in circa cento esemplari. Poiché la maggior parte dei libri xilografati è sfornita di data, non è possibile stabilire una qualsiasi successione cronologica. Prevalgono i testi religiosi; ma non mancano quelli di contenuto profano. Il libro xilografato venne usato principalmente in Olanda ed in Germania e perdurò (anche dopo l'invenzione dei caratteri mobili) per le operette religiose. La prima edizione completa di un libro xilografato è quella della «Bibbia pauperum» stampata a Venezia da Giovanni Valvasone, forse nel 1510: una specie di riassunto dei fatti principali del Vecchio e del Nuovo Testamento narrati con figure e corredati di poche note esplicative. Il libro xilografato fu il passo decisivo che condusse all'invenzione della stampa a caratteri mobili. Con l'invenzione della stampa, il libro divenne il vero mezzo di diffusione della cultura perché si rese possibile la rapida produzione in molte copie delle opere del sapere umano. L'invenzione della stampa si ricollega agli sforzi e ai tentativi degli antichi per trovare il modo di produrre in più esemplari lettere, immagini e via dicendo. Gli Assiri usavano imprimere i singoli caratteri cuneiformi sull'argilla cruda; i Romani avevano lettere disegnate su cubetti che servivano ai bambini per imparare a leggere ed agli amanuensi per imprimere nei testi le iniziali a colori. Gli imperatori bizantini, per lo più analfabeti, usavano una loro firma incisa su di una lamina d'argento o d'oro con cui sottoscrivevano i diplomi. Notizie non precise né sicure ci sono pervenute circa un tipo di stampa esistente in Cina sin dal II secolo d.C. Non si ha alcun documento certo che permetta di stabilire la data ed il luogo d'invenzione della stampa a caratteri mobili. Mancano perfino prove sicure atte a identificare l'inventore del nuovo processo di impressione, che è una delle più significative conquiste della civiltà umana agli albori dell'età moderna, ma sembra ormai certo che l'arte della stampa sia sorta in Germania: donde si diffuse, prima in Italia, e poi nel resto dell'Europa. Inventore ne sarebbe stato Giovanni Gensfleisch, più noto sotto il nome di Gutenberg, nato a Magonza verso il 1400 e morto ivi nel 1468. Dopo il 1439 dimorò a Strasburgo e si dedicò ai primi tentativi della stampa, costituendo una società e la prima tipografia, nel monastero di S. Andrea. Morto uno dei soci, la società si sciolse in seguito a dissensi fra i superstiti e Gutenberg tornato a Magonza nel 1444 vi stampò un poemetto tedesco sul «Giudizio Universale», la «Grammatica latina» di Donato e un calendario per l'anno 1448. Poi si associò con Giovanni Fust che gli fornì i mezzi per condurre a termine altre imprese tipografiche. Le prime stampe che recano una data sicura sono le «Lettere d'indulgenze», stampate nel 1454, distribuite dai legati di papa Niccolò V ai fedeli che versavano elemosine per la lotta contro i Turchi. Nello stesso tempo fu iniziata la stampa di una grande Bibbia in due volumi in folio, rispettivamente di 324 e 319 carte, impresse con caratteri gotici rossi e neri, conosciuta sotto il nome di «Bibbia delle quarantadue linee», perché ogni foglio è formato da due colonne ed ogni colonna ha 40 o 42 righe. E' nota anche come «Bibbia Mazzarina» perché il primo esemplare descritto nelle biblioteche apparteneva al cardinale Giulio Mazzarino. Per la perfezione tecnica della composizione, per l'armonica fusione dei caratteri, può considerarsi il più antico capolavoro dell'arte tipografica. Nel corso della stampa, Gutenberg fu angustiato da difficoltà finanziarie e, soprattutto, tecniche. D'accordo con Fust, fece entrare nella società un amanuense, Pietro Schoffer di Gernsheim, che recò nuovi contributi e suggerì alcuni miglioramenti nella preparazione degli stampi e dei caratteri. In seguto a controversie giudiziarie, Gutenberg fu costretto a consegnare al Fust la proprietà di quella «Bibbia», che coronava la sua invenzione e che comparve, poco dopo, senza il nome di chi l'aveva faticosamente preparata. Della «Bibbia» di Gutenberg esistono, a tutt'oggi, solo quarantacinque esemplari di cui dodici in pergamena. Quasi contemporaneamente comparve una «Bibbia» di 36 linee, pure iniziata dal Gutenberg e finita in un'officina a Bamberga. Nessun libro a stampa ci resta che porti il nome di Gutenberg quale stampatore; forse perché Gutenberg non riteneva di fare opera tale da dover essere contrassegnata. Il Fust e lo Schoffer sono i primi a siglare con il loro nome un «Salterio» a Magonza nel 1457. Essi stampano inoltre, sempre a Magonza, una «Novella» del Boccaccio (1462), un «Ciceronis de Officiis et Paradoxa», (la più antica edizione di un classico latino, 1465) ed ina «Bibbia» nel 1462, che porta il nome dei tipografi, la data ed i loro due stemmi, primo esempio di una marca tipografica. Dalla Germania la stampa si diffuse subito in Europa. Nel 1461 Alberto Pfister pubblicò a Bamberga un libro di favole tedesche l'«Edelstein», che illustrò con xilografie. Ed è questo il primo esempio di libro illustrato. Nel 1646 Adolfo adoperò per primo il carattere romano per la stampa del «Rationale Divinorum Officiorum» del Durando, prendendo a modello la scrittura minuscola umanistica italiana. Ai primissimi libri stampati viene dato il nome di «incunabuli» oppure «paleotipi». Incunabulo significa «libro in cuna» e sta a indicare l'infanzia del libro. Sotto la definizione di «incunabuli» vengono compresi i libri stampati sino al '500. Nelle prime stampe si imitano i manoscritti non solo nell'adozione delle scritture e dei segni abbreviati, ma anche nella stesura del testo. L'incunabulo, quanto alla materia, era in carta ed eccezionalmnete in pergamena, e il formato massimo era il folio: veniva, cioè, stampato su fogli di carta di grandi dimensioni piegati in due. I più antichi libri non ebbero numerazione di pagine e di fogli. La numerazione fu introdotta nel 1470 da Giovanni da Spira e fu fatta dapprima con numeri romani. La data di stampa dell'incunabulo non è segnata al principio del libro, come nelle pubblicazioni moderne, ma nell'ultima pagina. In fondo alla composizione si trova uno spazio bianco e poi una specie di capoverso definito «colophon» (che significa compimento, chiusura) o sottoscrizione. Il «colophon» fu usato anche nei primi anni del secolo XVI finché non comparve il frontespizio. Il «colophon» contiene il nome dello stampatore, l'indicazione del luogo, la data e talvolta anche il mese e il giorno in cui la stampa venne ultimata.

 

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