«L'industria in Italia: la tradizione tecnica dell'Alfa Romeo» di Gonzalo Alvarez Garcia


La tradizione tecnica creata da Vittorio Jano con l'applicazione alle normali vetture di serie della testa in alluminio, del doppio albero a camme in testa e delle camere di scoppio emisferiche è stata perfezionata nel corso degli anni dall'Alfa Romeo, ma non è stata mai abbandonata. Quando si sente dire che nei motori delle vetture di serie Alfa scorre sangue di vetture da corsa, si vuole dire una cosa molto concreta, cioè la fedeltà della casa milanese alla tecnica introdotta nel 1925 da Vittorio Jano. Le ragioni di tale fedeltà sono le seguenti: 1) la forma della camera emisferica raccolta attorno alla candela ottimizza il rendimento termico, con minore tempo per la combustione completa e minore perdita di calore verso le pareti della camera; 2) i due alberi a camme in testa consentono la migliore sfasatura fra aspirazione e scarico; 3) la conducibilità elevata dell'alluminio della testa consente potenze specifiche molto elevate senza che insorgano problemi di surriscaldamento. Pur rimanendo fedele a queste soluzioni di base, il motore Alfa Romeo ha subito notevoli perfezionamenti nella produzione di serie, principalmente dopo la seconda guerra mondiale, alcune delle quali citiamo qui di seguito: a) quasi la totalità delle vetture Alfa del dopoguerra hanno motori a quattro cilindri; la prima vettura su cui è stato adottato il motore a 4 cilindri fu la «1900» nel 1950; l'adozione del motore a 4 cilindri su una vettura di cilindrata piuttosto elevata costituì a quell'epoca una sfida alla tradizione dei 6 cilindri; poi venne applicata da tutti i costruttori per la sua praticità ed economicità; b) l'adozione di cuscinetti lisci di banco e biella a guscio sottile e spessore calibrato è anche del 1960 sulla «1900»; c) nello stesso anno e sulla stessa vettura furono adottati i pistoni autotermici in lega leggera d'alluminio con inserti d'acciaio, che riducevano al minimo o eliminavano lo sbattimento e la rumorosità dei pistoni, specialmente a motore freddo; il primo segmento cromato sul pistone per annullare l'usura della canna: e le candele a scarica semisuperficiale, le quali facilitano l'avviamento a freddo, riducendo al minimo il «fuelling» e hanno una durata eccezionale; d) la carburazione parzializzata fu applicata nel 1953 sulla «1900 TI» mettendo a punto particolari carburatori (2 a doppio corpo), che in seguito sono stati adottati da molti altri costruttori; l'adozione di una farfalla per cilindro consentiva ad una vettura destinata al normale traffico stradale e cittadino di ottenere prestazioni di vettura sportiva; e) a partire dalla Giulietta, nel 1954, fu adottato il bicchierino guidato e flottante fra camma e stelo di valvola, al posto del piattello vincolato allo stelo; in questo modo si riduceva al minimo il battito di distribuzione e si eliminavano possibili rotture di fatica ad alto regime; f) a partire dalla Giulia, nel 1962, furono adottate le valvole di scarico raffreddate al sodio; questa soluzione, derivata dalla lunga e profonda esperienza Alfa Romeo, nella costruzione di motori d'aviazione, evitava le eventuali bruciature delle valvole alle massime potenze e i punti caldi d'innesco preaccensione. La produzione automobilistica Alfa Romeo del dopoguerra si caratterizza principalmente col trasferimento al motore terrestre, ove possibile, dei severi criteri aeronautici per quanto riguarda i controlli metallurgici, dimensionali, le prove di durata, ecc. L'uso delle leghe leggere, che nelle vetture Alfa è particolarmente alto (90 chili di lega leggera su ogni 1000 chilogrammi di vettura, contro i 30 di media delle vetture europee e i 25 delle vetture americane), è una derivazione dell'esperienza aeronautica, dove le leghe leggere di progettazione Alfa Romeo venivano largamente usate. Ciò contribuisce ad aumentare la leggerezza della vettura senza intaccare la sua robustezza. Particolare attenzione ha dedicato sempre l'Alfa alla carrozzeria, non solo per quanto riguarda l'estetica, ma principalmente per ciò che si riferisce alla funzionalità, all'aerodinamica, al comfort e, soprattutto, alla sicurezza. La «1900» è una tra le prime automobili del mondo ad abbandonare i tradizionali longheroni, eccessivamente pesanti, e ad adottare la carrozzeria portante. Dal punto di vista di ciò che oggi si chiamano i «problemi della sicurezza», l'Alfa può vantare molti primati. Dal 1960 si preoccupava di assicurare al guidatore la massima visibilità, riducendo al minimo le zone cieche della vettura ed eliminando i riflessi sui cristalli, annerendo e opacizzando le superfici interne sotto il parabrezza e il lunotto, anche se ciò andava contro i criteri estetici del tempo, eliminando superfici interne cromate, inclinando gli strumenti illuminati e dotandoli di palpebre per evitare i riflessi sul parabrezza durante la marcia notturna. La cura dedicata all'assetto di guida delle vetture di serie si è ispirata all'assetto di guida delle vetture da corsa, seguendo il tradizionale criterio Alfa Romeo per cui ciò che favorisce la guida di una vettura da corsa favorisce quasi sempre anche la guida di una vettura da turismo. Grande cura è stata dedicata al sedile, per evitare l'affaticamento del guidatore. Alcuni tipi di sedile creati dall'Ufficio Style Alfa Romeo, come quello della «1750 G.T.V.», sono stati imitati o copiati dai costruttori di vetture sportive di tutto il mondo. Per quanto riguarda la frenatura, lo sforzo dell'Alfa Romeo in tutti i tempi, dall'applicazione dei freni sulle quattro ruote nel lontano 1923 sulla «R. L. Targa Florio», forse non è stato superato da nessun'altra fabbrica automobilistica. Molto prima che determinati standard di frenatura fossero imposti ai costruttori per legge, le vetture Alfa Romeo disponevano già di sistemi frenanti che davano il risultato ottenuto più tardi con il servofreno. E' famoso il freno a tre ceppi installato nel 1940 sulla vettura da corsa tipo «512». Dalle prime Mille Miglia lo standard che il sistema frenante di ogni vettura Alfa doveva superare era, ed è tuttora, la discesa del Passo della Cisa, sull'Appennino, effettuata alla massima velocità da un pilota collaudatore il quale doveva tenere premuto sempre a fondo uno dei due pedali: quello dell'acceleratore o quello del freno. La stessa attenzione è stata dedicata da parte dei tecnici Alfa ad altri organi essenziali dell'automobile, come i pneumatici e i fari. Negli ultimi anni Venti, quando nacque la Mille Miglia, l'impianto elettrico dell'automobile era del tutto insufficiente e di brevissima durata. Il fascio luminoso era molto corto e, dovuto alla superficie piana del vetro, si verificava spesso, in determinate circostanze, l'imbottigliamento della luce che lasciava nel buio i fianchi della strada. La collaborazione dei servizi sperimentali Alfa Romeo con gli uffici tecnici dei costruttori di fari consentì la messa a punto di nuovi fari a superficie striata, i quali impedivano l'imbottigliamento della luce, consentendo l'illuminazione uniforme di tutta la strada. Inoltre la durata delle lampadine era molto breve e occorreva cambiarle, spesso più volte, durante il tratto notturno di gare come la Mille Miglia. Grazie all'impegno dell'Alfa furono costruiti nuovi tipi di lampadine più potenti e di durata illimitata. Grazie a questo accoppiamento tra l'esperienza delle corse e lo studio tecnico, l'automobile oggi non è più un veicolo quasi esclusivamente diurno, come era fino agli anni Trenta. Identica è stata la collaborazione tra la Casa del Portello e i tecnici dei produttori di pneumatici, che ha portato, mediante studi e sperimentazioni continue, alla creazione delle gomme aderenti e resistenti di oggi. All'inizio degli anni Cinquanta i costruttori di automobili erano ancora molto perplessi di fronte all'adozione del pneumatico «radiale». L'Alfa Romeo lo adottò subito e oggi si è diffuso in tutto il mondo perché garantisce maggiore tenuta e scorrevolezza e diminuisce il consumo di carburante. Non è esagerato affermare che l'Alfa Romeo è una delle case automobilistiche di tutto il mondo che più hanno contribuito all'avvento dell'automobile veloce, confortevole e sicura dei giorni nostri. E questo si deve al fatto che l'impegno tecnico non si è mai discostato dalla passione sportiva. Nella tradizione Alfa Romeo l'ingegnere ed il pilota sono sempre stati un binomio inseparabile. Ognuno ha seguito il proprio ideale, ma tutti e due hanno dato un contributo prezioso alla sicurezza sulla strada. Molti di loro hanno sacrificato la propria vita in questa corsa al progresso e alla sicurezza. Chi cammina oggi su una vettura Alfa Romeo non dovrebbe dimenticare che Ugo Sivocci nel 1923, Antonio Ascari nel 1925, Luigi Arcangeli nel 1931, Guido d'Ippolito nel 1933, Giuseppe Campari nel 1933, Gui Moll nel 1934, Eugenio Siena nel 1936, Emilio Villoresi nei 1939, Giordano Aldrighetti nel 1939, Attilio Marinoni nel 1940 e Achille Varzi nel 1946, con la loro morte sui circuiti, hanno reso possibile che milioni e milioni di automobilisti possano oggi correre sulle autostrade del mondo a velocità che un tempo si potevano raggiungere solo negli autodromi.
 

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