Gorkij l'amaro di Leonardo Pampuri. Notizie del giorno per documentarsi su ciò che accade nel mondo !
«Gorkij l'amaro» di Leonardo PampuriLa fama rumorosa che già con le prime opere Gorkij si conquistò non soltanto in Russia ma in tutta Europa, non deve essere ascritta unicamente al fatto che esse si collocano come la testimonianza più precisa e diretta di quell'agitato periodo della storia russa che doveva portare allo scoppio e all'affermazione della rivoluzione socialista dell'ottobre 1917, ma anche al merito di essersi inserito, come apporto originale e fecondo di ulteriori importanti sviluppi, nel più generale clima europeo del realismo, del verismo, del naturalismo. Infatti pochi scrittori come Gorkij sono riusciti a tal punto a stringere il nodo dialettico che lega la vita alla letteratura. I tre periodi (o quattro) in cui viene normalmente divisa la sua produzione letteraria devono essere esaminati sotto questo profilo, tralasciando teorie preconcette sulla natura e sulla funzione dell'arte, se si vuol cogliere gli elementi più vivi e attuali di un autore che si è messo esclusivamente alla scuola della vita per imparare a scegliere, senza giudicare e condannare nessuno, ciò per cui val la pena di soffrire, di sorridere e anche di morire. Maxim Gorkij (pseudonimo di Aleksej Maksimovic Peskov) nacque da umile famiglia di artigiani il 16 marzo 1868 a Niznij-Novgorod. Rimasto orfano a sette anni, venne accolto nella casa dei nonni, che però non poterono provvedere alla sua educazione. Si vide costretto ad abbandonare il progetto di entrare nell'università di Kazan e cominciò a vagabondare nelle più disparate regioni della Russia, adattandosi a ogni sorta di mestieri. Suoi compagni di ogni giorno erano i disoccupati, i mendicanti, gente ridotta a vivere nei bassifondi e non ancora scoperta nemmeno dagli intellettuali progressisti che proclamavano la necessità di «andare al popolo».Fu appunto uno di questi «populisti» a guidare il giovane Maxim nelle imprese e nell'attività rivoluzionaria (propaganda antizarista nelle zone rurali e diffusione di libri proibiti dal regime zarista); dal punto di vista letterario egli coltivò e affinò le innate doti di scrittore sui testi del primo romanticismo tedesco e francese, sulle leggende popolari che aveva ascoltato dalla viva voce della nonna e dai battellieri del Volga nel periodo in cui faceva lo scaricatore di porto, o che aveva ripescato in antichi volumi ormai dimenticati. Si applicò contemporaneamente ai saggi degli agitatori russi, al manifesto comunista di Marx ed Engels, alla filosofia positivistica. Tutto ciò spiega l'eterogeneità della sua opera letteraria: eterogeneità tuttavia soltanto apparente, comunque superata da una concezione della letteratura come «tribuna per qualsiasi uomo che abbia nel cuore il desiderio ardente di confidare agli altri uomini che la vita è male organizzata e che grandi sono le sofferenze umane, che occorre rispettare l'uomo e che per tutti gli uomini è necessaria la libertà! La libertà! La libertà!». Venne arrestato e schedato dalla polizia zarista; da allora la sua rottura con l'ordine costituito divenne definitiva e radicale. Fu proprio in quel periodo che egli assunse lo pseudonimo di Gorkij, ossia «l'amaro», quasi ad attestare la sua posizione nei riguardi della società russa di fine Ottocento. Il suo primo racconto, Makar Cudra, pubblicato nel 1892 in una rivista di Tiflis, fu accolto con grande interesse. Seguì una serie di schizzi e racconti su giornali locali fino a che una rivista molto diffusa, Notizie Russe, pubblicò una sua novella rivelandolo come uno degli scrittori di primo piano nella letteratura contemporanea. Da principio liberaleggiante, Gorkij si avvicinò sempre di più alle idee dei rivoluzionari socialisti che si andavano affermando non soltanto negli ambienti dell'intellighentzija più sensibile alle sofferenze della gran massa del popolo russo, ma venivano recepite e seguite anche dalla classe dei contadini e degli operai. Appartengono a questo, che viene definito il primo periodo della produzione letteraria di Gorkij, cioè quello della descrizione della vita dei vagabondi russi e dei cosiddetti ex-uomini, due volumi di Schizzi e Racconti, il poemetto Il canto intorno al falco, i romanzi Fomà Gordeev, I tre e numerose opere teatrali, fra cui Piccoli Borghesi, Bassifondi, I villeggianti, I figli del sole. Protagonisti di queste vicende sono i vagabondi di Kazan, gli ex-uomini che vivono ai limiti della società di cui rifiutano le contraddizioni e le tare, i preannunciatori della redenzione totale nella catarsi rivoluzionaria. Considerando l'opera di Gorkij in un contesto europeo, viene spontaneo paragonare le descrizioni fedeli e minuziose dei bassifondi cittadini con quelle altrettanto fedeli dei naturalisti francesi e in particolare di Zola. Gorkij però supera, nella sua freschezza di autodidatta, i canoni del realismo francese, per dare alla vita dei suoi personaggi una dimensione nuova, capace di sollevarsi da posizioni puramente positiviste: gli slanci mistici, le prefigurazioni di un mondo migliore, la volontà di redimersi, che mancano del tutto nei francesi, si spiegano in Gorkij con l'educazione eterogenea che egli ebbe e fanno del suo realismo un atteggiamento del tutto originale. I vagabondi non sono considerati come elementi perturbatori, aspetti negativi della vita, non vengono descritti come esseri spregevoli, ma colti nella loro forza primordiale e assunti come simbolo della redenzione umana, come profeti del domani. Gli altri autori russi, che pure avevano tentato di calarsi nella condizione della miseria per coglierne le contraddizioni, avevano trattato questi vagabondi, che rifiutavano in blocco la società senza neanche porsi il problema della sua riforma, con indignazione o tutt' al più con pietà. Gorkij si avvicina a loro con simpatia, li coglie nella loro più immediata spontaneità, nella loro verità, non soltanto artistica. «Così bisogna vivere, dice Makàr Cudra, andare, andare; qui è tutto. Non restare a lungo nello stesso posto; che c'è di straordinario? Come il giorno e la notte corrono eternamente inseguendosi intorno alla terra, corri, evadi dalla vita quotidiana, per non cessare di amarla». Nei Coniugi Orlov, del 1897, l'impegno sociale si precisa in un più deciso e fondato rifiuto dell'ordine costituito: nel romanzo è raccontata la storia di un calzolaio che ha l'anima di uno dei vagabondi gorkiani avidi di libertà e di vaghi ideali; in lui l'autore vede un rappresentante della classe operaia e contadina abbrutita dal lavoro e dalla vodka, ma inquieta e anelante a una vita migliore. Il tentativo di soccorrere i malati durante un'epidemia perde per lui ogni valore di fronte al fatto che molti altri uomini vivono come bestie senza alcuna assistenza. Una vita peggiore del colera attende un operaio convalescente; e Orlov, disperato, rinuncia, rientra nella folta schiera dei «perduti». L'analisi economico-sociale della realtà presente in quest'opera ritorna con maggiore evidenza nel romanzo Fomà Gordeev, del 1899, che vuol essere una critica antiborghese condotta con procedimenti sociologici di stile positivistico: Fomà abbandona il mondo che ha in odio appunto perché ne è stato bestialmente sfruttato e, condannando la classe schiava della legge dell'utile a cui egli stesso appartiene, si dà al vagabondaggio spinto dalla sua tormentosa sete di conoscere la vita e di approfondirla. La validità letteraria dell'opera di Gorkij veniva riconosciuta, nel 1902, con la nomina a membro onorario dell'Accademia delle Scienze; ma lo zar revocò tale nomina per punire la sua attività contro il regime, suscitando lo sdegno di letterati famosi, come Cecov. in questo periodo l'attività di Gorkij non si limita ai lavori letterari e critici, ma si inserisce in maniera più attiva nelle correnti e nelle tendenze che animavano, talvolta con polemiche aspre quanto i dibattiti politici, la vita letteraria russa: egli infatti, nell'intento di rinnovare l'arte in armonia con gli ideali socialisti, dà vita ad una casa editrice, attraverso la quale si propone di scoprire interessanti opere di scrittori autodidatti, contadini, operai, cui era precluso il gran mondo moscovita. Della rivoluzione del 1905 fu uno dei più accesi sostenitori. Costretto all'esilio in seguito alla repressione, si recò a Capri, soggiornandovi fino al 1913 per curarsi da una malattia polmonare. In questo periodo aderì al cosiddetto «bagostoitelstvo» (letteralmente «costruzione di Dio»), che voleva associare alle tesi socialiste alcuni motivi di carattere prettamente religioso-metafisico, accentuando le componenti mistiche della rivoluzione proletaria. Il racconto Una confessione testimonia, nella sua impostazione filosofica, questo momento critico nell'evoluzione dello scrittore: l'eroe della vicenda è all'inizio cosciente della nullità della vita circostante e della mancanza di fede negli uomini; ma, per mettere in pace la propria coscienza, si dà a cercare la fede prima nelle chiese e nei monasteri, poi in sé stesso, finché riesce a raggiungere la serenità in una ipotetica fusione del popolo con Dio. La crisi venne superata in una appassionata adesione alla teoria marxista. Il passaggio dal primo Gorkij al secondo, quello che i critici a torto o a ragione, chiamano «propagandistico», quello cioè in cui la sua arte si fa strettamente sociale e la letteratura gli appare intimamente connessa con l'ideologia rivoluzionaria, può essere caratterizzato dal giudizio limitativo che ebbe a dare più tardi dei suoi vagabondi: «Essi si sono strappati alla propria classe e, liberi da ogni pregiudizio borghese, non si rammaricano di niente; ma ciò è il massimo a cui sanno arrivare. Di ribellarsi in nome della libertà del lavoro sono incapaci. Niente di nuovo possono portare alla vita». E' su questo punto che il romanticismo rivela i suoi limiti, quando viene messo a confronto con i bisogni e con le aspirazioni di un determinato periodo storico, quando cioè l'arte si misura con la realtà per poterla giudicare e superare. Il primo Gorkij si era limitato a descrivere dei personaggi, ricercando l'umanità anche in quelli che si definivano ex-uomini; essi superavano le loro insofferenza, la loro infelicità accettandosi completamente, accettando integralmente la realtà quale si presentava. Nell'evoluzione complessiva dell'arte di Gorkij questo era uno stadio iniziale, che gli permetteva di allargare il suo orizzonte fino a chi presentasse anche solo l'aspetto esteriore di uomo. Ma una volta recuperata tutta l'umanità, bisognava andare oltre. La condizione di inferiorità dei vagabondi, se veniva superata soggettivamente, oggettivamente rimaneva reale: di fronte al loro modo di essere uomini, c'erano altri modi, diversi e persino contrastanti. Il problema fondamentale era quello di recuperare, o meglio di costruire l'unità dell'uomo; l'arte doveva creare l'uomo nuovo. E' a questo punto della ricerca artistica che si inserisce l'ideologia: non come costruzione illusoria, ma come una delle forze reali che agiscono per cambiare la realtà e l'uomo. Questo assunto acquista una validità ancora maggiore se rapportato al decennio che travagliò la Russia dopo il fallimento della rivoluzione del 1905, determinando lo scoppio e il successo della Rivoluzione d'Ottobre. In questo clima Gorkij scrisse La madre (1907): i personaggi perdono il loro carattere di macchiette per divenire paradigmi di azione. Pelagia Vilovna, popolana avvezza alla miseria e alla diffidenza, ai duri maltrattamenti del marito che nella crudeltà e nell'alcol sfoga i suoi risentimenti di sfruttato, rimane sola con il figlio. Questi diventa socialista, e la madre teme seriamente per il suo avvenire; vede addirittura in questa sua fede politica il sintomo di una degenerazione analoga e qualla che aveva fatto del padre un ubriacone. Ma il figlio non annega la sua protesta nelle bettole: sorretto dalla forza dei tempi nuovi, reso cosciente dalla ideologia socialista, lavora attivamente nel movimento rivoluzionario. La madre allora diventa anch'essa una socialista e combatte la sua battaglia con le nuove generazioni. Al di là delle polemiche che questo romanzo suscitò fra critici e letterati di diversa formazione politica e di diverso indirizzo estetico, senza entrare nel merito di quanto la preoccupazione didattica, dettata allo scrittore dal suo impegno particolare nei confronti della società, prenda il sopravvento a scapito del risultato artistico, il romanzo resta il «monumento della sua epoca», il simbolo dell'idea rivoluzionaria russa, e costituirà un punto di riferimento essenziale, non solo della successiva produzione gorkiana, ma di tutto quel movimento letterario sovietico che viene compreso sotto il nome di «realismo socialista». Tornato in URSS nel 1915, Gorkij diresse la rivista «Cronaca», in cui condannò aspramente la guerra imperialista che stava sconvolgendo l'Europa. Aderì, ma piuttosto platonicamente, alla rivoluzione dell'ottobre 1917, e prese parte attiva soltanto nell'organizzazione culturale, cui impose gradualmente la propria impostazione non soltanto letteraria, scontrandosi, talora con polemiche molto aspre, con l'altra tendenza artistico-culturale che aveva partecipato in prima persona alla rivoluzione anche sul piano pratico: ii futurismo, che aveva in Majakovskij il suo maggiore esponente. Dopo un secondo soggiorno in Italia, che gli era stato consigliato dall'aggravarsi della sua malattia polmonare, si stabilì definitivamente a Mosca. Nel 1934 presiedette il I Congresso degli scrittori sovietici, delineandovi in un discorso programmatico le nuove norme che avrebbero regolato l'arte russa per tutto il periodo staliniano: si trattò di una presa di posizione definitiva per la sorte del futurismo e a favore del «realismo socialista». Morì a Mosca nel 1936 in circostanze misteriose. Nelle ultime opere di Gorkij l'impegno sociale, presentatosi inizialmente come una vaga aspirazione a una società migliore, determinatosi successivamente come pedagogia rivoluzionaria, si attua infine in una complessa ricerca socio-storica, che trova la sua più compiuta realizzazione nei romanzi Gli Ortamov e La vita di Klim Sanglin. Nel primo, pubblicato nel 1925, una famiglia borghese, sorta in seguito alla liberazione dei contadini dalla servitù della gleba, viene descritta con minuziosa analisi nel suo pervertimento psicofisico attraverso tre generazioni. Ma più che la perfetta descrizione psicologica del contadino che, una volta divenuto borghese, lotta con ogni mezzo per affermare i propri privilegi, interessa lo sfondo storico: dal periodo delle riforme dello zar Alesandro II, al sorgere dell'industria capitalistica, all'affermarsi del nuovo spirito rivoluzionario, l'ambiente è ritratto con una potenza di scrittura e una vigorosa spontaneità quali si trovano solo nelle migliori opere di Gorkij. La vita di Klim Sanglin, pubblicata nel 1932 con il sottotitolo l'amaro di Leonardo Pampuri Quarant'anni, sintetizza l'evoluzione sociale russa di un quarantennio, fino alla rivoluzione bolscevica, interpretata come la necessaria conclusione di una crisi di tutte le strutture sociali. Il romanzo, la più ampia e la più completa tra tutte le opere di Gorkij, ha il tono e l'andamento di una cronaca dove le vicende personali sono strettamente intrecciate con quelle sociali, economiche, politiche: vi è descritta l'affermazione lenta, ma continua del marxismo, vi sono i vari movimenti letterarerari, religiosi, sociali, dal cristianesimo razionalistico alla Tolstoj, all'affermarsi della nuova borghesia, che del vicino Occidente assume il gretto individualismo e la psicologia decadente; è tutto un succedersi di vari tipi di uomini, descritti ognuno nella propria mentalità, nel suo modo di fare, nella sua filosofia: in ultima analisi essi stanno a dimostrare come molto facilmente l'uomo sia o troppo istintivo o troppo razionale, senza mai riuscire a realizzare la sintesi. |
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Ultima modifica : 06/12/2024 04:43:09