«Campione di boxe» di Nino Benvenuti


La categoria dei pesi medi è, assieme a quella dei pesi massimi e a quella dei pesi leggeri, la più classica fra le divisioni di peso della boxe. Va da kg. 69.850 a 72.574, che sono la traduzione in chili delle 160 libbre, cioè delle misure americane o di quelle inglesi. Il peso medio deve possedere velocità, tecnica, potenza e forte resistenza, perciò deve essere un atleta completo e ferrato anche sul piano agonistico, cioè non deve fargli difetto il temperamento, sia nell'offesa sia nella difesa, che talora lo impegna con dura sofferenza. Chi ha avuto la fortuna di emergere in questa categoria sa che ci vogliono tutte queste doti e quando qualcuna di esse vien meno, il rendimento diminuisce notevolmente e con rapidità. Il colpo d'occhio va di comune accordo con i riflessi e quando questi diminuiscono, i colpi che prima si evitavano di misura, poi si ricevono in pieno, con effetti determinanti. Il primo campione del mondo dei pesi medi universalmente riconosciuto è stato Jack Dempsey, detto «the nonpareil», da non confondersi con il peso massimo omonimo, detto «Manassa Mauler». Prima di Dempsey si autoproclamarono campioni Nat Langham e Georgeg Rooke, poi Mike Donovan. Era l'epoca in cui si combatteva a pugni nudi e le regole del Marchese di Quensberry non erano ancora state adottate. Queste regole, con opportuni aggiornamenti e miglioramenti, sono tuttora in vigore. Dunque, Jack Dempsey, al contrario del favoloso campione dei massimi, che nacque a Manassa nel Colorado, era nato a County Kildare in Irlanda nel 1862. Non doveva essere un duro picchiatore, perché vinse per K.O. soltanto 8 dei 68 incontri disputati; ne vinse ai punti altri 42 e ne pareggiò 12. Impossibile stabilire ora la qualità dei suoi successi, ma rimane l'epiteto di «senza uguali» a farci credere che si sia trattato di un elemento eccezionale, almeno per l'epoca. Fu battuto dal primo pugile che detenne 3 titoli mondiali, quello dei medi, dei mediomassimi e dei massimi: Bob Fitzsimmons, pure nato in Gran Bretagna nel 1862, precisamente a Helston. Il fatto che abbia vinto il titolo mondiale dei mediomassimi nei 1903, cioè quando già aveva 41 anni, ci fa pensare che in quell'epoca la boxe fosse proprio... ancora da scoprire. Non sono pertanto sempre d'accordo con chi si riporta con nostalgia all'antico, declamando elogi sui pugili che in realtà non ha mai visto. Quando spuntano all'orizzonte Stanley Ketchell e Billy Papke già si è giunti all'epoca pre-moderna; già ci sono regole precise, già si pensa alle tattiche, non è più la «scazzottata». E' un progresso. Stanley Ketchell è un fortissimo picchiatore, ma Billy Papke, che passerà per il più tecnico dei due, neppure scherza. In realtà, essi sono due classi sopra gli altri pari peso del momento e per questo spesso liquidano alla maniera forte i loro rivali. Entrambi ebbero una morte drammatica. Ketchell fu assassinato mentre rincasava la sera del 15 ottobre 1910; Papke uccise la moglie e si suicidò a Newport in California il 26 novembre del'36. Scorrendo l'elenco dei grandi pesi medi della storia del «boxing», arriviamo ad Harry Greb. Fu il migliore di tutti i tempi, fino alla sua epoca. Un pugile elegante, con cipiglio autoritario, un po' rigido, come fino allora era caratteristica comune, magnifico esecutore dei tre colpi di base, il diretto, il gancio e il montante. Fu campione americano dei mediomassimi, battendo addirittura Gene Tunney, ma fu grande anche come peso medio, pur avendo combattuto in questa categoria quasi allo scadere della carriera. Conquistò la corona delle 160 libbre battendo Johnny Wilson a New York il 31 agosto 1923. Quando perdette questo primato, nel 1926, per mano di Tiger Flowers, aveva già subíto il distacco della retina e praticamente combatteva con un solo occhio. Il 21 ottobre dello stesso anno si sottopose a un intervento chirurgico, ma fu vittima di una errata anestesia e morì il giorno seguente, senza aver ripreso i sensi. Jack Kearns, che è stato uno dei manager più giustamente celebrati della boxe americana e che ha diretto fra gli altri Jack Dempsey, ha guidato - a giudizio di molti - il più forte peso medio di tutta la storia. Il nome di questo campione era Edward Patrick Walker, quello di battaglia Mickey Walker, detto anche «Toy Bulldog». Fu campione del mondo dei pesi welter e dei pesi medi e battè pesi mediomassimi e pesi massimi di chiarissima fama. Fra i primi, Paul Berlenbach, Maxie Rosenbloom, Mike McTigue; fra i giganti, Paulino Uzcudun, Johnny Risko, Jim Maloney. E pareggiò con Jack Sharkey, che poi divenne campione mondiale assoluto. Walker può considerarsi il primo pugile moderno con movimento di tronco, con finte, con ritmo programmato, anche se la base della difesa era ancora l'attacco, cioè i colpi d'incontro non erano ancora entrati nel quadro tecnico del pugilato. Marcel Thil fu uno dei grandi di un'epoca d'oro della boxe francese e anche se non si trattò di un fuoriclasse, bisogna riconoscere che ebbe lunga vita sportiva, grande dignità nella gloria e nella malasorte, e seppe sempre risollevarsi da dure sconfitte, fino all'ultima, quando, a New York, Fred Apostoli gli tolse la corona, inducendolo a ritirarsi dall'attività. La sua carriera è legata a nomi celebri della nostra boxe, come Leone Jacovacci, che a Roma riuscì anche a batterlo prima del limite, e come Mario Bosisio, che a Milano gli strappò la corona europea. Thil fu un duro combattente, ma senza la scintilla del fuoricasse autentico. Ed eccoci, con un breve salto, a Rocky Graziano e a Tony Zale, che a distanza di 40 anni, rinnovano le epiche imprese di Stanley Ketchell e di Billy Papke. Graziano, uscito dalla «little Italy», si chiama Rocco Barbella e ha rappresentato il tipo del «ragazzaccio» salvato dalla boxe. Di questi episodi è pieno ogni sport, ma il pugilato in particolare, perché la pratica dei guantoni insegna che non si può vivere di prepotenza e non c'è mai il più forte in assoluto. Graziano è ancor oggi popolare e benvoluto. Come campione è discutibile, pur con una notevole potenza, ma ha ottenuto sorprendenti risultati, come la vittoria su Zale nel campionato del mondo. Zale, di origine polacca, si chiama in realtà Florian Zaleski. Sia l'uno che l'altro sono entrati nell'albo d'oro della boxe mondiale, ma il fatto che non ne faccia parte Marcel Cerdan, forse il più grande pugile francese di tutti i tempi, depone poco favorevolmente nei riguardi degli elettori di questo prestigioso riconoscimento: Marcel Cerdan è lo scatto in meglio della tecnica pugilistica. Osservando il suo vittorioso incontro con Zale, si può stabilire che la sua è la vittoria del progresso tecnico. Morì, mentre rientreva dalla Francia negli Stati Uniti, in un incidente aereo; stava per disputare la rivincita con Jack La Motta - altro oriundo italiano - eccezionale peso welter, e come peso medio, un acclamato e degno campione del mondo. E venne Robinson, al quale ogni campione che ami la boxe, soprattutto nei suoi aspetti tecnici e tattici, si è ispirato. Robinson aveva tutto, velocità, potenza, purezza di stile, gambe da cervo, coraggio, solidità non eccezionale ma sufficiente, date le caratteristiche della sua boxe. Fu campionissimo dei welter e campione dei medi. Tentò anche la conquista del titolo mondiale dei medio-massimi, ma fu distrutto dal caldo storico - un record imbattuto - del 25 giugno 1952, quando svenne nel minuto di riposo fra il 13º e il 14º round del suo match, che sembrava doversi concludere vittoriosamente, con Joey Maxim a New York. Nell'epoca di Robinson si sono alternati altri veri campioni, offuscati dalla sua classe e dalla sua preponderante fama. Fra questi: Gene Fullmer, Carl «Bobo» Olson, Randolph Turpin, lo stesso Carmen Basilio, che conquistò proprio contro Robinson il campionato del mondo dei medi, dopo aver posseduto anni prima quello dei welter. Basilio, come poi Joey Giardello, altro titolare della categoria, è di origine italiana. Emil Griffith fa parte della mia epoca, è con lui che ho diviso per anni, quelli aurei della mia carriera, oneri e onori. Griffith era già stato campione del mondo dei welter e sarebbe stato un superwelter naturale, così come del resto ero io, che detenni quel titolo mondiale. Conquistò la corona dei medi battendo Dick Tiger al Madison Square Garden il 25 aprile del 1966 e perdette la prima volta la corona contro di me il 17 aprile dell'anno seguente. Disputammo tre incontri, che credo siano rimasti fra le pagine più importanti della boxe italiana. Vinsi il primo premio e il terzo match. E con questi successi posso fare un bilancio positivo della mia carriera sportiva, perché sono riuscito a vincere tutto; cioè, come dilettante, i titoli nazionale, continentale e olimpico; come professionista, i titoli nazionale ed europeo dei medi, nonché il mondiale e anche il mondiale dei medi junior, battendo in due occasioni il mio grande rivale Sandro Mazzinghi. Forse il mio fisico non era eccezionale, ma lo usai nel modo più conveniente, facendo la boxe più adatta; avevo soprattutto nel gancio sinistro l'arma vincente, quella di un colpo solo che basta, e questa possibilità mi aiutò in varie occasioni a sciogliere intricate matasse, come quella in cui stavo per essere invischiato dal cubano Luís Manuel Rodriguez al Palazzone romano. Mi batté clamorosamente, perché per lo sportivo sembrava impossibile che io potessi perdere, Carlos Monzón, un mostro di forza e anche di bravura, che, giunto al meglio dopo un lungo tirocinio, divenne meritatamente una grande vedetta e conservò il titolo assoluto finché decise di ritirarsi imbattuto, dopo aver respinto due volte l'assalto del colombiano Rodrigo Valdez. Devo precisare che ho il massimo rispetto del mio successore, tuttavia mi battei con lui quando ormai la mia lunghissima e densissima carriera era sul finire per un naturale processo di successione.

 

eXTReMe Tracker

Shiny Stat

free counters