«Flora alpina» di Bruno Peyronel


Per flora alpina non s'intende la flora delle Alpi (che viene invece chiamata «flora alpiana»), bensì la flora che cresce oltre il limite di latitudine raggiunto dagli alberi, ovvero oltre il limite che gli alberi stessi raggiungono a Nord e a Sud. E' evidente che questo limite della vegetazione arborea corrisponde a un limite climatico, oltre il quale le condizioni ambientali sono tali da non consentire più lo sviluppo degli alberi, bensì soltanto quello di specie di dimensioni più o meno ridotte, adattate alle condizioni ambientali medesime. Le zone in cui, appunto, esistono queste condizioni ambientali vengono designate con il termine «zone alpine», siano esse sulle Alpi, sull'Hymalaia, sulle Ande, oppure all'estremo Nord dell'Europa o all'estremo Sud del continente americano.
La flora alpina è dunque strettamente collegata a un determinato ambiente, del quale è necessario esaminare almeno sommariamente le caratteristiche prima di vedere quali siano i caratteri della flora stessa. Ricordiamo anzitutto che in linea generale la temperatura è tanto più bassa quanto pìù si sale in quota o quanto più ci si porta verso latitudini elevate. L'escursione termica, sia diurna, sia annuale, nelle regioni alpine è pure molto elevata. Di giorno la radiazione solare intensa può far salire la temperatura, soprattutto in prossimità del suolo, sino a 50°C e oltre, mentre di notte il calore viene disperso rapidamente e la temperatura, anche d'estate, oltre una certa altezza scende al disotto dello zero. Sono quindi comuni escursioni termiche diurne dell'ordine dei 50-60°C, e ancora più ampie sono le escursioni estate-inverno, che possono superare gli 80°C (da 50°C in estate a -30°C e oltre d'inverno). Questo fenomeno è connesso con l'atmosfera rarefatta, povera di vapore acqueo e di polveri, che si riscontra alle alte quote, per cui il cosiddetto, «effetto serra» provocato dall'atmosfera viene ad essere molto attenuato.
La radiazione solare raggiunge dunque il suolo con intensità molto maggiore di quanto non avvenga in pianura, e abbonda particolarmente in raggi ultravioletti. La scarsità di vapore acqueo e la frequenza del vento provocano poi una intensa evaporazione e una attiva traspirazione da parte delle piante. Grande importanza ha la durata della buona stagione, ossia del periodo durante il quale le condizioni climatiche consentono alle piante di vegetare. E' chiaro che questo «periodo vegetativo» è tanto più ridotto quanto più si sale (o si va verso i poli); sulle Alpi si può valutare all'incirca in 5-6 mesi verso i 1500 m in 3 mesi verso i 2000 m, e in un mese, e talora meno, fra i 3000 e i 3500 m.
Il terreno in alta montagna è per lo più un terreno giovane, ancora grezzo, ricco di sassi più o meno grandi («scheletro») e di sabbia, e povero invece di sostanze organiche: è perciò un terreno sempre molto permeabile, che contiene scarse sostanze nutritizie utilizzabili dalle piante. L'acqua generalmente non scarseggia, perché le precipitazioni sono abbondanti; tuttavia essa è soltanto in parte e per limitati periodi disponibile per la vegetazione, perché le piante possono assorbirla soltanto allo stadio liquido, mentre le basse temperature la mantengono per lunghi periodi allo stato di neve o di ghiaccio, quindi inutilizzabile. Si aggiunga che la permeabilità del suolo ne favorisce la penetrazione rapida in profondità, il che, insieme con l'evaporazione, ne provoca la scarsità in superficie.
Vi sono poi altri fattori peculiari dell'ambiente alpino, ma basterà qui fare riferimento a quelli citati e vedere come essi influiscono sulla vita vegetale. L'abbondanza di raggi ultravioletti, che sono particolarmente ricchi di energia, influisce da un lato sulla statura delle piante, poiché le sostanze che ne provocano l'accrescimento vengono in parte inattivate; d'altro canto aumenta la formazione di pigmenti colorati, che hanno funzione protettiva. Per conseguenza le piante alpine sono di solito di dimensioni ridotte, ma hanno fiori dalla colorazione particolarmente intensa. La bassa statura (che in parte ha anche ragioni ereditarie) consente alle piante alpine di risentire meno degli effetti del vento, e di usufruire invece più a lungo della copertura nevosa, che le protegge dal disseccamento e mantiene la temperatura più elevata. La secchezza dell'atmosfera, la frequenza del vento, la scarsità di acqua disponibile nel suolo fanno sì che le piante alpine spesso si trovino a vivere in un ambiente abbastanza simile a quello desertico. Frequenti sono perciò gli adattamenti tesi a limitare le perdite di acqua: soprattutto la pelosità, che mantiene intorno alla pianta uno strato di aria immobile satura di vapore acqueo, limitando così l'ulteriore evaporazione; oppure l'immagazzinamento di acqua di riserva nelle foglie o nei fusti (piante grasse).
Sia la permeabilità, sia la povertà del terreno di sostanze nutritizie fanno sì che nella maggior parte delle piante alpine, e in particolare in quelle che crescono su detriti poco consolidati (ghiaioni, morene), ad una parte aerea poco sviluppata (pochi centimetri) corrisponda un sistema sotterraneo di radici molto esteso (parecchi metri). Le radici così sviluppate vanno a cercare l'acqua in profondità, assorbono sostanze nutritizie in un grande volume di terra, ed ancorano validamente le piante anche su terreni mobili e inconsistenti. Quanto alla brevità della stagione utile per la vegetazione, essa fa sì che difficilmente nel giro di una sola buona stagione le piante alpine riescano ad accumulare riserve sufficienti per la fioritura e la fruttificazione; queste riserve vengono accumulate invece in molti anni successivi.
Mentre sul totale delle piante superiori del mondo intero le piante annue (che nel giro di una buona stagione germinano dal seme, fioriscono, fruttificano e maturano i nuovi semi) sono circa il 14%, nella flora alpina esse raggiungono appena il 4%. Alcune piante alpine impiegano molti anni per giungere dal seme alla prima fioritura. La Genziana gialla maggiore (Gentiana lutea), per esempio, nelle migliori condizioni impiega sei anni per giungere alla fioritura, e più spesso gliene occorrono otto o dieci, talora anche più.
Le piante alpine, dunque, sono in generale caratterizzate dalla statura ridotta, dai colori vivaci, dalla grande estensione delle radici, da svariati adattamenti alla secchezza. Frequente tra esse è la forma «pulvinata», cioè a cuscinetto: questa forma le rende resistenti al vento, al secco e ad altre avversità ambientali. Molte sono in grado di assimilare anche a temperature di diversi gradi sotto zero, e alcune fioriscono addirittura sotto la neve. Inoltre, in molte piante alpine, accanto alla normale riproduzione per semi troviamo altri mezzi di moltiplicazione (stoloni, bulbili, gemme, ecc.), così che la pianta riesce a moltiplicarsi anche quando le condizioni ambientali impediscono la fioritura e la maturazione dei semi. Come abbiamo visto, l'ambiente alpino pone condizioni estremamente severe alla vita vegetale; condizioni alle quali l'uomo non potrebbe assolutamente resistere senza l'impiego di mezzi e di tecniche particolari. L'ambiente esercita dunque sulla flora una rigorosa selezione, e le piante che superano questa selezione sono veramente degne di ammirazione e di rispetto. Pensiamoci, quando andiamo in montagna, prima di distruggere, con una raccolta inconsulta, anni di paziente lavoro compiuti dalla pianta in condizioni estremamente difficili!

 

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